Ordinanza 14213/2022
Atto interruttivo della prescrizione – Iscrizione di ipoteca
La mera iscrizione di ipoteca, pur dimostrando l’intenzione del creditore di esercitare il suo diritto, non è diretta al debitore e, pertanto, anche se è da quest’ultimo conoscibile (ed eventualmente conosciuta) a seguito della consultazione dei registri immobiliari, non può essere considerata un atto interruttivo della prescrizione, poiché l’art. 2943, comma 4, c.c., nello stabilire che la prescrizione è interrotta da “ogni atto che valga a costituire in mora il debitore”, implica la necessità che intervenga una intimazione o di una richiesta scritta, rivolta al debitore o a un suo rappresentante, non essendo sufficiente il compimento di un atto da questi ultimi semplicemente conoscibile.
Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 5-5-2022, n. 14213 (CED Cassazione 2022)
Art. 2943 cc (Interruzione della prescrizione) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
Equitalia Sardegna S.p.A. – poi incorporata in Equitalia Centro S.p.A. – propose domanda di ammissione al passivo dell’insolvente Laterizi Torres S.p.A. per complessivi C 9.635.469,43 sulla base di numerose cartelle esattoriali Il giudice delegato accolse parzialmente la domanda, con esclusione dell’importo di C 2.938.943,15 relativo a crediti ritenuti prescritti – in accoglimento della relativa eccezione del curatore – perché le pertinenti cartelle di pagamento erano state notificate più di cinque anni prima della dichiarazione di fallimento; inoltre, con riferimento agli interessi, il giudice delegato ammise al passivo la somma di C 1.212.674,69, tutta in chirografo, disattendendo la domanda di parziale ammissione in privilegio (per C 981.891,80), in mancanza di un prospetto che permettesse la verifica dei conteggi effettuati dalla parte ricorrente. Equitalia Centro S.p.A. propose opposizione sostenendo, da un lato, che il termine di prescrizione dei crediti iscritti a ruolo, una volta notificata e non opposta la cartella di pagamento, è quello decennale ai sensi dell’art. 2953 c.c.; dall’altro lato, che il termine era stato interrotto dall’iscrizione di ipoteca in data 30.11.2009. Quanto agli interessi, la parte ricorrente corresse la domanda, indicando in € 149.825,67 la richiesta di ammissione in privilegio e in € 1.062.849,02 quella di ammissione in chirografo. Il Tribunale di Sassari respinse l’opposizione, condannando parte opponente alla rifusione delle spese di lite. Contro il decreto del tribunale Equitalia Centro S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La curatela del fallimento Laterizi Torres S.p.A. ha resistito con controricorso – chiedendo che l’impugnazione di controparte sia dichiarata inammissibile o, in subordine, respinta nel merito, con vittoria di spese – e ha ulteriormente illustrato le proprie ragioni con memoria depositata nei termini.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La curatela del fallimento Laterizi Torres S.p.A. eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso perché tardivo, evidenziando che esso venne consegnato all’ufficio postale per la notificazione il 14.9.2015, mentre i trenta giorni di cui all’art. 99, comma 12, legge fall, sarebbero scaduti il 12.9.2015, senza che si possa tenere conto della sospensione feriale, perché i crediti recati dalle cartelle esattoriali sarebbero tutti relativi a contributi previdenziali. A prescindere da qualsiasi considerazione sulla fondatezza della ritenuta inapplicabilità della sospensione feriale dei termini processuali, l’eccezione è comunque infondata per l’assorbente motivo che il 12.9.2015 era un sabato, con conseguente spostamento del termine per il compimento di atti processuali svolti fuori dall’udienza al lunedì successivo, appunto il 14.9.2015, ai sensi dell’art. 155, commi 4 e 5, c.p.c.
2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 I. 335/1995, 2946 ie. 2953 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.».
2.1. Il motivo è incentrato sulla pretesa applicazione estensiva o analogica dell’art. 2953 c.c. (prescrizione decennale dell’actio iudicati, a prescindere dall’eventuale previsione di un termine di prescrizione più breve per il credito oggetto di condanna con sentenza passata in giudicato) al cred to iscritto a ruolo e recato da cartella di pagamento notificata al debitore e non opposta nel termine di legge.
2.2. Il motivo è inammissibile. Sul punto è intervenuta, almeno a partire dalla sentenza n. 25790/2009 delle Sezioni Unite, costante e condivisibile giurisprudenza di questa Corte, confermata più recentemente da Cass. s.u. n. 23397/2016 e da molteplici pronunce successive delle sezioni semplici (ord. n. 31817/2018; sent. n. 5577/2019; ord. n. 11335/2019; ord. n. 11760/2019; ord. n. 1826/2020; sent. n. 25028/2020), secondo cui «la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve … in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.»
2.2.1. Non offrendo l’esame del motivo elementi per mutare tale orientamento, la declaratoria di inammissibilità si impone, ex art. 360bis, n. 1, c.p.c. 3. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2946 e 2948 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.».
3.1. Lamenta che il Tribunale di Sassari abbia confermato la fondatezza dell’eccezione di prescrizione già accolta dal giudice delegato applicando «un non meglio definito termine di prescrizione quinquennale» e rileva che ai crediti erariali d’imposta (imposte sui redditi, IRAP, IVA e ritenute alla fonte) si applica, invece, a prescindere dalla equiparazione iudicati, la prescrizione ordinaria decennale, non trattandosi di ratei annuali di un’unica prestazione periodica (art. 2948, n. 4, c.c.), bensì di autonome obbligazioni che sorgono in base ai distinti presupposti di imposta che si verificano di anno in anno.
3.2. Il motivo è inammissibile, perché pone una questione che non è stata esaminata dal tribunale e che nor risulta dal provvedimento impugnato essere stata posta a Fondamento dell’opposizione avverso il provvedimento del giudice delegato. Né ciò risulta smentito dal ricorrente, come sarebbe stato suo onere (cfr., ex multis, Cass. ord. n. 7499/2019; ord. n. 15430/2018), risultando piuttosto dalla stessa narrativa del ricorso (pag. 7) che le «ragioni fondanti e necessitanti l’opposizione» consistettero solo nella convinzione che «il termine di prescrizione dei crediti iscritti a ruolo, una volta intervenuta la notifica della cartella di pagamento, è soggetto al termine decennale ai sensi dell’art. 2935 [recte: 2953] c.c.». Né risulta aver formato oggetto di specifica censura in ricorso la affermazione, contenuta nel decreto impugnato, secondo cui «il decorso del termine prescrizionale» era «pacifico e non contestato»; il che trova, ove necessario, ulteriore conferma nella trascrizione delle conclusioni in sede di opposizione contenuta a pag. 8 del ricorso, ove non risultano specifiche richieste, nemmeno in via subordinata, dirette ad accertare che la prescrizione quinquennale fosse maturata solo per alcuni dei crediti insinuati al passivo (quelli relativi a contribh.iti INAIL e imposte locali) e non per altri (quelli relativi a imposte erariali).
3.2.1. Ne deriva che il decorso quinquennale della prescrizione per tutti i crediti azionati dalla odierna ricorrente, implicitamente affermato dal giudice delegato, è passato in giudicato, in difetto di specifica impugnazione in sede di opposizione, distinta da quella esaminata dal tribunale (cfr. Cass. ord. n. 25864/2020).
4. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2943, 2808 e 2827 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.».
4.1. Equitalia Centro S.p.A. lamenta che il Tribunale di Sassari non abbia attribuito efficacia interruttiva della prescrizione all’iscrizione di ipoteca da lei effettuata in data 30.11.2009. Rileva, a tal fine, che l’iscrizione di ipoteca è atto che contraddice quell’inerzia del creditore che giustifica la prescrizione del diritto e, al tempo stesso, è atto efficace erga omnes e conoscibile da chiunque («e quindi, anche dal debitore iscritto a ruolo»), mediante la pubblicazione nei pubblici registri immobiliari.
4.2. Il motivo è infondato. L’invocata disposizione, contenuta nell’art. 2943, comma 4, c.c., stabilisce che la prescrizione è interrotta da «ogni … atto che valga a costituire in mora il debitore». Deve dunque trattarsi di una «intimazione o richiesta fatta per iscritto» (art. 1219, comma 1, c.c.) e, in quanto tale, diretta al debitore o al suo rappresentante, non semplicemente da lui conoscibile, qual’ è l’atto iscritto in un pubblico registro. In linea con il chiaro dato testuale delle disposizioni citate, una statuizione ormai risalente di questa Corte Suprema afferma, da un lato, il principio secondo cui l’atto di costituzione in mora, ai sensi dell’art. 1219 c.c., rilevante ai fini dell’interruzione della prescrizione ex art. 2943, comma 4, c.c., per produrre i suoi effetti, deve essere indirizzato al suo legittimo destinatario; dall’altro lato, che tale princip o non trova deroga neppure nel caso in cui il debitore ne acquisti aliunde la conoscenza (Cass. n. 3261/1989). Più di recente, la giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che «L’atto di costituzione in mora è un atto giuridico unilaterale recettizio» (ord. n. 27412/2021; ord. n. 12182/2021; sent. n. 1.4251/2019; ord. n. 12658/2018; ord. n. 1159/2018; sent. n. 25861/2010). Non vale a contraddire tale costante orientamento la sentenza n. 15766/2006, citata nel ricorso, nella quale l’art. 2943, comma 4, c.c. è stato interpretato estensivamente solo per quanto riguarda il contenuto dell’atto interruttivo della prescrizione (essendosi ritenuta sufficiente «una semplice offerta di soluzione stragiudiziale della controversia» e non necessaria una vera e propria «intimazione o richiesta di adempimento»), senza alcuna deroga al diverso requisito che quell’atto fosse contenuto in una «missiva … inviata» dal creditore al debitore.
4.3. Ne consegue che la mera iscrizione di ipoteca, non essendo un atto diretto al debitore, pur dimostrando l’intenzione del creditore di esercitare il suo diritto, non è un atto interruttivo della prescrizione, anche se conoscibile – ed eventualmente conosciuta – dal debitore mediante la consultazione dei registri immobiliari. Del resto, anche con riguardo all’interruzione della prescrizione da parte del titolare mediante un atto giudiziale, la disposizione contenuta nel primo comma dell’art. 2943 c.c. dà rilievo alla «notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio», a prescindere dalla forma dell’atto introduttivo, che ben potrebbe essere un ricorso rivolto al giudice e solo successivamente notificato alla controparte. Allo stesso modo, fissano l’efficacia interruttiva della prescrizione nel momento in cui l’atto è portato a conoscenza della controparte le disposizioni in materia di mediazione (art. 5, comma 6, d. legisl. n. 28 del 2010) e di negoziazione assistita (art. 8 dl. 132 del 2014, conv. con mod. in I. 162 del 2014). Rappresenta invece un’eccezione, evidentemente giustificata da specifiche esigenze di maggior tutela per il consumatore, la diversa regola contenuta nell’art. 141-quinquies del Codice del Consumo (d. legisl. n. 206 del 2005).
4.4. Né potrebbe essere valorizzata, in senso contrario, la giurisprudenza della sezione tributaria di questa Corte che sembra attribuire efficacia interruttiva della prescrizione proprio all’iscrizione di ipoteca. Infatti, secondo la speciale disciplina contenuta nell’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, l’Agente della riscossione «è tenuto a notificare al proprietario dell’immobile una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca». In altri termini, l’iscrizione dell’ipoteca da parte dell’Agente della riscossione deve essere obbligatoriamente abbinata a una preventiva comunicazione diretta al debitore, il che spiega l’efficacia interruttiva attribuita, indirettamente, alla stessa iscrizione (v. Cass. sent. n. 3346/2017, in cui, dalla descrizione del fatto, risulta che le iscrizioni ipotecarie «erano state portate regolarmente a lo conoscenza del contribuente debitore»; Cass. ord. n. 11624/2018, nella motivazione della quale l’efficacia interruttiva è esplicitamente attribuita alle «comunicazioni di iscrizione ipotecaria»; Cass. ord. n. 850/2021, dove effettivamente sembra essersi attribuita efficacia interruttiva alla mera iscrizione ipotecaria, ma senza alcuna motivazione diversa dal richiamo dei due citati precedenti).
4.4.1. Nel caso qui in esame, sebbene si tratti di iscrizione ipotecaria «in materia tributaria», parte ricorrente non ha allegato che essa sia stata in qualsiasi modo comunicata alla società debitrice e lo ha anzi implicitamente escluso, avendo invocato, quale presupposto del preteso effetto intenuttivo della prescrizione, soltanto l’efficacia erga omnes e la generalizzata conoscibilità delle pubblicazioni nei registri immobiliari.
5. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la «nullità del decreto per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 99 L.F. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 [recte: 3], c.p.c.»
5.1. Equitalia Centro S.p.A. lamenta che il tribunale abbia ritenuto nuova e quindi inammissibile, perché «non esaminata dal GD», la domanda di ammissione al passivo parzialmente in privilegio degli interessi di mora, ammessi tutti in chirografo dal giudice delegato. Evidenzia che l’importo degli interessi di mora richiesto in privilegio venne solo precisato e ridotto, da C 981.891,80 a C 149.825,67, rispetto a quanto preteso nell’originaria istanza rivolta al giudice delegato, che l’aveva rigettata (cfr. pag.7 ricorso) «in mancanza di un prospetto di calcolo che consentisse alla curatela di verificare i conteggi eseguiti».
5.2. Il motivo è inammissibile. Sebbene la riduzione quantitativa della domanda (in particolare con riferimento all’entità del credito di cui viene richiesta l’ammissione in privilegio) sia attività da considerare di per sé consentita anche in sede di opposizione allo stato passivo (v., a contrario, per la descrizione delle domande nuove e delle modificazioni sostanziali delle domande, che sono inammissibili, Cass. sent. n. 6279/2022), tuttavia il ricorso non è conforme, sul punto, al necessario requisito di specificità e autosufficienza, perché non chiarisce in base a quali diverse prospettazioni la domanda rivolta al giudice dell’opposizione venne ridotta rispetto a quella originaria (se si sia trattato di diverse decorrenze oppure, essendo in discussione il privilegio accessorio ex art. 2749 c.c., di diverse imputazioni ai singoli importi capitali privilegiati). Il ricorso non contiene un conteggio descrittivo della domanda come sottoposta al collegio (alle pagg. 5 e 6 vi è, invece, una tabella che dà il dettaglio degli interessi richiesti in privilegio e in chirografo nella domanda come era stata formulata davanti al giudice delegato) e nemmeno la specifica indicazione degli atti processuali in cui la domanda venne riformulata o dei documenti a tal fine utilizzati (art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c.).
6. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese di questo grado di giudizio, che liquida in € 13.200 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli accessori di legge; ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 17.3.2022.