Ordinanza 14732/2022
Appello – Divieto domande nuove – Domanda di risarcimento danni fondata in primo grado ex art. 2043 cc – Successiva proposizione in appello di domanda ex artt. 2050 o 2051 cc
Qualora l’attore abbia invocato in primo grado la responsabilità del convenuto ai sensi dell’art. 2043 c.c., il divieto di introdurre domande nuove non gli consente di chiedere successivamente la condanna del medesimo convenuto ex artt. 2050 o 2051 c.c., a meno che egli non abbia sin dall’atto introduttivo del giudizio enunciato in modo sufficientemente chiaro situazioni di fatto suscettibili di essere valutate come idonee, perché compiutamente precisate, ad integrare la fattispecie contemplata dai detti articoli.
Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 10-5-2022, n. 14732 (CED Cassazione 2022)
Art. 2051 cc (Danno cagionato da cosa in custodia) – Giurisprudenza
Art. 2043 cc (Risarcimento per fatto illecito) – Giurisprudenza
Art. 2050 cc (Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose) – Giurisprudenza
Art. 345 cpc (Domande ed eccezioni nuove nel giudizio di appello) – Giurisprudenza
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO
1. Con atto notificato in data 20.10.1986 (OMISSIS) e (OMISSIS) citavano a comparire dinanzi al Tribunale di Messina (OMISSIS).
Chiedevano condannarsi il convenuto a risarcire i danni arrecati all’immobile di loro proprietà a seguito e per effetto dei lavori, dallo stesso convenuto intrapresi, di demolizione e di successiva ricostruzione del confinante immobile di sua proprietà.
2. Si costituiva (OMISSIS).
Eccepiva il proprio difetto di legittimazione, siccome i pretesi danni erano stati semmai cagionati dall’impresa cui aveva appaltato l’esecuzione delle opere. Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
3. Con successivo atto, notificato in data 24.10.1986, (OMISSIS) e (OMISSIS) citavano a comparire dinanzi al Tribunale di Messina (OMISSIS).
Chiedevano, tra l’altro, condannarsi il convenuto alla rimozione delle opere edificate in violazione delle distanze tra fabbricati.
4. Si costituiva (OMISSIS).
Invocava il rigetto dell’avversa domanda; esperiva domande riconvenzionali.
5. I giudizi, all’uopo riuniti, proseguivano dinanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto a seguito della sua istituzione.
6. Espletata la c.t.u. all’uopo disposta, si costituivano (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), comproprietario, quest’ultimo, dell’immobile di parte convenuta e nei confronti del quale era stata ordinata l’integrazione del contraddittorio.
Tra l’altro, eccepivano il proprio difetto di legittimazione passiva.
Instavano altresì per la chiamata in causa di (OMISSIS), titolare dell’impresa cui erano stati affidati in appalto i lavori di demolizione e ricostruzione del fabbricato già di comproprietà del loro dante causa.
7. Non si costituiva e veniva dichiarata contumace (OMISSIS), ulteriore erede di (OMISSIS).
8. Denegata l’autorizzazione alla chiamata in causa dell’appaltatore a motivo della maturata prescrizione della domanda risarcitoria nei suoi confronti formulata, disposta la rinnovazione della c.t.u., si costituivano, a seguito del decesso di (OMISSIS), gli eredi (OMISSIS) e (OMISSIS).
9. Espletata la c.t.u. ex novo disposta, con sentenza n. 384/2009 il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, ogni ulteriore istanza disattesa, faceva ordine ad (OMISSIS) ed agli eredi di (OMISSIS) – (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nonchè (OMISSIS) – di ridurre a m. 4,10 l’altezza del fabbricato costruito in adiacenza a quello attoreo e di arretrare di ulteriori m. 0,74 il medesimo manufatto; condannava altresì i convenuti in solido a risarcire il danno cagionato al fabbricato degli attori in conseguenza dei lavori di demolizione e di ricostruzione, danno liquidato in complessivi Euro 34.774,77, oltre interessi e rivalutazione.
10. Proponevano appello (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Si costituiva (OMISSIS); proponeva appello incidentale.
Resistevano (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);
esperivano appello incidentale.
11. Con sentenza n. 616 dei 4/20.10.2016 la Corte d’Appello di Messina, in parziale accoglimento dell’appello principale e dell’appello incidentale proposto da (OMISSIS), espungeva la condanna all’arretramento di m. 0,74 del fabbricato di parte convenuta e disponeva che la somma di Euro 34.774,77, liquidata a titolo risarcitorio, fosse rivalutata a decorrere dal 24.11.2000 alla data della decisione e che gli interessi legali fossero da corrispondere sulla medesima somma, devalutata al 30.3.1985, a decorrere da tale data e sull’importo di anno in anno rivalutato sino alla data della decisione e sull’importo rivalutato alla data della decisione dal di della decisione al soddisfo; rigettava l’appello incidentale proposto da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Evidenziava la corte, in ordine al difetto di legittimazione passiva eccepito da (OMISSIS) e dagli eredi di (OMISSIS) in rapporto alla pretesa risarcitoria ex adverso esperita, che legittimamente costoro erano stati convenuti in giudizio per i danni che i confinanti, ovvero gli iniziali attori, avevano assunto sofferti a seguito e per effetto dei lavori dai primi eseguiti, mercè affidamento in appalto, nel proprio immobile; che sarebbe stato eventualmente onere dei (OMISSIS), presunti danneggianti, chiamare in causa l’appaltatore, onde agire in rivalsa nei suoi confronti.
Evidenziava altresì la corte, quanto al disconoscimento, invocato dagli appellanti principali, di qualsivoglia loro responsabilità, siccome i pretesi danni erano scaturiti da attività svolta dall’appaltatore in piena autonomia, che correttamente il tribunale aveva fatto riferimento alle regole non scritte di doverosa cautela, la cui osservanza si impone allorchè venga intrapresa l’attività di demolizione e di ricostruzione di un fabbricato aderente ad altro fabbricato.
Evidenziava in particolare che correttamente il tribunale aveva opinato per la violazione di siffatte regole e per la scelta “infelice” di apposizione di una trave, causa dell’aggravamento delle preesistenti lesioni e della verificazione di nuove lesioni nel fabbricato degli originari attori, e dunque per la responsabilità di (OMISSIS) e degli eredi di (OMISSIS).
12. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); ne hanno chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.
(OMISSIS) ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale, articolato in tre motivi, in adesione al ricorso principale; ha chiesto parimenti la cassazione della sentenza n. 616/2016 della Corte d’Appello di Messina con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale adesivo; con il favore delle spese.
13. I ricorrenti principali hanno depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria il ricorrente incidentale.
Parimenti hanno depositato memoria i controricorrenti.
14. Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1655 e 2043 c.c. e dell’art. 43 c.p..
Deducono che ha errato la corte d’appello ad opinare per la loro responsabilità, viepiù che l’avversa pretesa non era correlata nè alla responsabilità per cose in custodia nè alla possibile “culpa in eligendo” dei committenti nella scelta dell’appaltatore nè alla circostanza per cui l’appaltatore avesse agito in qualità di nudus minister.
Deducono che del resto la causa dei danni all’immobile degli iniziali attori è stata ravvisata nelle sollecitazioni provocate dalla demolizione del fabbricato già di proprietà del loro dante causa e di (OMISSIS) e dunque nelle sollecitazioni prodotte dalle attività esecutive cui era preposto l’appaltatore.
15. Con il secondo motivo i ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., la nullità della sentenza o del procedimento.
Premettono che gli iniziali attori hanno proposto domanda risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 c.c.; che, segnatamente, gli originari attori non hanno nell’iniziale citazione dato ragione di situazioni di fatto suscettibili di essere valutate come idonee ad integrare l’ipotesi di cui all’art. 2050 c.c..
Deducono quindi che la corte di merito ha riconosciuto la pretesa risarcitoria ai sensi dell’art. 2050 c.c., ed è così incorsa nel vizio di ultrapetizione.
16. Con il terzo motivo i ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2050 c.c..
Deducono – subordinatamente al mancato accoglimento del secondo motivo – che l’attività edilizia può essere considerata pericolosa ex art. 2050 c.c., unicamente allorchè si sostanzia nell’esecuzione di opere di trasformazione e di spostamento di masse terrose e nell’esecuzione di scavi profondi ed interessanti vaste aree.
Deducono quindi che le opere eseguite nella specie per nulla si connotano nei termini anzidetti.
17. Con il primo motivo il ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1655 e 2043 c.c..
Deduce le stesse censure di cui al primo motivo del ricorso principale.
Deduce ulteriormente che le risultanze di causa e segnatamente la relazione di c.t.u. a firma dell’ingegner (OMISSIS) inducono ad escludere la responsabilità concorrente sua e, in origine, di (OMISSIS), viepiù che gli originari attori non hanno mai dimostrato la sussistenza delle condizioni per disconoscere la responsabilità esclusiva dell’appaltatore.
18. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., la nullità della sentenza o del procedimento.
Deduce le stesse censure di cui al secondo motivo del ricorso principale.
19. Con il terzo motivo il ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2050 c.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1.
Deduce – subordinatamente al mancato accoglimento del secondo motivo – le stesse censure di cui al terzo motivo del ricorso principale.
20. Il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale sono evidentemente sovrapponibili; se ne giustifica la disamina congiunta; ambedue i motivi sono fondati e meritevoli di accoglimento.
21. Questa Corte spiega che il proprietario, che faccia eseguire opere di escavazione nel proprio fondo, risponde direttamente del danno che derivi alle proprietà confinanti, anche se ha dato in appalto l’esecuzione delle opere, e ciò indipendentemente dal suo diritto ad ottenere la rivalsa nei confronti dell’appaltatore, la cui responsabilità si aggiunge alla sua, ma non la esclude (cfr. Cass. 20.3.2006, n. 6104; Cass. 17.1.2012, n. 538; Cass. 25.9.2012, n. 16254).
In questo quadro correttamente la Corte di Messina ha opinato per la legittimazione passiva di (OMISSIS) e di (OMISSIS) (ed ora degli eredi di quest’ultimo, oltre che di (OMISSIS)), i quali ebbero ad affidare in appalto l’esecuzione dei lavori di demolizione e di ricostruzione del manufatto di loro proprietà, lavori dalla cui realizzazione sono scaturiti i danni all’adiacente immobile di proprietà degli originari attori.
Ineccepibilmente, dunque, (OMISSIS) e (OMISSIS), iniziali attori, ebbero a prospettare la legittimazione a resistere di (OMISSIS) e poi di (OMISSIS), nei confronti del quale si ebbe a disporre l’integrazione del contraddittorio.
22. Questa Corte spiega altresì che, di regola, l’appaltatore, poichè nella esecuzione dei lavori appaltati opera in autonomia, con propria organizzazione ed apprestando i mezzi a ciò necessari, è esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi nella esecuzione dell’opera, fatte salve (a parte l’ipotesi di “culpa in eligendo”), rispettivamente, la esclusiva responsabilità del committente, se questi si sia ingerito nei lavori con direttive vincolanti che abbiano ridotto l’appaltatore al rango di “nudus minister”, ovvero la corresponsabilità dello stesso committente, qualora costui si sia ingerito con direttive che abbiano soltanto ridotto l’autonomia dell’appaltatore (cfr. Cass. 12.7.2006, n. 15782; Cass. 20.9.2011, n. 19132).
E soggiunge, poi – questa Corte – su tale scorta, che non sussiste responsabilità del committente ove non sia accertato che questi, avendo in forza del contratto di appalto la possibilità di impartire prescrizioni nell’esecuzione dei lavori o di intervenire per chiedere il rispetto della normativa di sicurezza, se ne sia avvalso per imporre particolari modalità di esecuzione dei lavori o particolari accorgimenti antinfortunistici che siano stati causa (diretta o indiretta) del sinistro (cfr. Cass. 12.7.2006, n. 15782; Cass. 20.9.2011, n. 19132. Cfr. altresì Cass. 17.1.2012, n. 538, secondo cui la responsabilità del proprietario committente non opera tuttavia in senso oggettivo, ma richiede una condotta colposa, poichè l’autonomia con cui vengono eseguiti i lavori, determina, di regola, una responsabilità esclusiva in capo all’appaltatore, a meno che il committente non si sia ingerito con direttive vincolanti, così da ridurre l’appaltatore, attenuandone o escludendone la responsabilità, al rango di “nudus minister”, in parte o “in toto” ovvero quando la responsabilità del committente si fondi su una “culpa in eligendo”, per aver affidato l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea; cfr. Cass. (ord.) 12.3.2021, n. 7027, secondo cui la responsabilità del proprietario di un fondo per i danni derivanti da attività di escavazione, ex art. 840 c.c., non opera in senso oggettivo, ma richiede una condotta colposa, sicchè, nell’ipotesi in cui i lavori di escavazione siano affidati in appalto, è l’appaltatore ad essere, di regola, l’esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi nell’esecuzione dell’opera, salvo che non risulti accertato che il proprietario committente, avendo – in forza del contratto di appalto – la possibilità di impartire prescrizioni o di intervenire per richiedere il rispetto delle normative di sicurezza, se ne sia avvalso per imporre particolari modalità di esecuzione o particolari accorgimenti antinfortunistici che siano stati causa (diretta o indiretta) del sinistro, nel qual caso la responsabilità dell’appaltatore verso il terzo danneggiato può aggiungersi a quella del proprietario, ma non sostituirla o eliminarla).
23. In questo quadro non possono che formularsi i rilievi che seguono.
La corte distrettuale ha dato atto, sì, che correttamente il tribunale aveva opinato per la violazione delle regole non scritte di doverosa cautela e per la scelta “infelice” di apposizione di una trave, causa dell’aggravamento delle preesistenti lesioni e della verificazione di nuove lesioni nel fabbricato degli originari attori.
E tuttavia la corte distrettuale, nonostante la prospettazione degli appellanti principali e dell’appellante incidentale adesivo circa la riconducibilità dei danni “solo all’attività svolta in piena autonomia dall’appaltatore” (così sentenza d’appello, pag. 6), non ha fatto luogo ai doverosi accertamenti.
Ossia non ha accertato se ai committenti fosse ascrivibile una “culpa in eligendo” – ben vero, qualora invocata dagli iniziali attori – in dipendenza dell’affidamento dell’esecuzione delle opere ad un’impresa assolutamente inidonea.
Ossia non ha accertato se (OMISSIS) e (OMISSIS) avessero in forza del contratto di appalto la possibilità di impartire prescrizioni nell’esecuzione dei lavori o di intervenire per chiedere il rispetto della normativa di sicurezza e se di tale facoltà si fossero avvalsi per imporre particolari modalità di esecuzione dei lavori o particolari accorgimenti antinfortunistici che fossero stati poi causa (diretta o indiretta) del pregiudizio lamentato.
Ossia non ha accertato se (OMISSIS) e (OMISSIS) si fossero ingeriti nei lavori con direttive vincolanti, tali da ridurre l’appaltatore al rango di “nudus minister”.
Ossia non ha accertato se (OMISSIS) e (OMISSIS) si fossero ingeriti nei lavori con direttive idonee, comunque, a ridurre l’autonomia dell’appaltatore.
24. In tal guisa vanno, sì, condivisi i rilievi di erroneità della motivazione formulati dal ricorrente principale (cfr. ricorso principale, pag. 14) e dal ricorrente incidentale (cfr. ricorso incidentale, pag. 20).
Ma ancor prima si configura e sussiste l'”error in iudicando” sub specie di falsa applicazione di legge denunciato con il primo mezzo e dell’impugnazione principale e dell’impugnazione incidentale.
25. Il secondo motivo del ricorso principale e del secondo motivo del ricorso incidentale sono analogamente sovrapponibili; se ne giustifica l’esame contestuale; entrambi i motivi sono del pari fondati e meritevoli di accoglimento.
26. Gli iniziali attori ebbero a domandare, con l’atto di citazione in data 14.10.1986, il “risarcimento di tutti i danni subiti (…) a qualsiasi titolo in dipendenza dei lavori intrapresi dal convenuto” (cfr. controricorso, pag. 28; cfr. memoria dei controricorrenti, pag. 9).
Questa Corte spiega che, qualora l’attore abbia invocato in primo grado la responsabilità del convenuto ai sensi dell’art. 2043 c.c., il divieto di introdurre domande nuove non gli consente di chiedere successivamente la condanna del medesimo convenuto ex artt. 2050 o 2051 c.c., a meno che egli non abbia sin dall’atto introduttivo del giudizio enunciato in modo sufficientemente chiaro situazioni di fatto suscettibili di essere valutate come idonee, perchè compiutamente precisate, ad integrare la fattispecie contemplata dai detti artt. (cfr. Cass. (ord.) 6.12.2017, n. 29212; Cass. 20.8.2009, n. 18520, ove si precisa che deve ritenersi insufficiente un generico richiamo alle norme di legge che disciplinano le responsabilità speciali, ove tale richiamo non sia inserito in una argomentazione difensiva chiara e compiuta).
27. Ebbene, negli enunciati termini, è da escludere senza dubbio contrariamente all’assunto dei controricorrenti (cfr. controricorso, pag. 28, e memoria dei controricorrenti, pag. 9) – che gli iniziali attori, in dipendenza della mera deduzione “a qualsiasi titolo” con cui ebbero – nel primo atto di citazione – a domandare il ristoro dei danni, hanno per ciò solo invocato l’affermazione di responsabilità ex art. 2050 c.c. (ciò tanto più che, così come prospettano i ricorrenti principali ed il ricorrente incidentale con il terzo motivo, la particolare responsabilità prevista dall’art. 2050 c.c., incombe esclusivamente su chi esercita l’attività pericolosa e non anche su colui che tale attività ha affidato ad altri in base ad un rapporto che non determina un vincolo di subordinazione fra committente ed esecutore: cfr. Cass. (ord.) 5.7.2017, n. 16638).
Ne discende dunque che il fugace riferimento operato (seppur unitamente all’art. 2043 c.c.) dalla Corte di Messina, nel corpo della motivazione dell’impugnato dictum, all’art. 2050 c.c. (“l’affermazione della responsabilità per detti danni nei confronti dei (OMISSIS) passa proprio per l’addebito a loro carico di dette violazioni secondo i principi generali di cui all’art. 2043 c.c. e art. 2050 c.c.”: così sentenza d’appello, pag. 6) è di per sè sufficiente a sostanziare il denunciato vizio di ultrapetizione.
28. Il buon esito del secondo motivo del ricorso principale e del secondo motivo del ricorso incidentale assorbe e rende vana la disamina del terzo motivo del ricorso principale e del terzo motivo del ricorso incidentale (motivi, questi ultimi, espressamente esperiti in via subordinata).
29. In accoglimento e nei limiti dell’accoglimento, quindi, del primo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale nonchè del secondo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale la sentenza n. 616 dei 4/20.10.2016 della Corte d’Appello di Messina va cassata con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
30. In dipendenza specificamente dell’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, all’enunciazione, in ossequio alla previsione dell’art. 384 c.p.c., comma 1, del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – può farsi luogo per relationem, nei medesimi termini espressi dalle massime desunte dagli insegnamenti di questa Corte n. 15782/2006, n. 19132/2011, n. 538/2012 e n. 7027/2021 dapprima citati.
31. In dipendenza del buon esito e del ricorso principale e del ricorso incidentale non sussistono i presupposti perchè, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i ricorrenti principali ed il ricorrente incidentale siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per le stesse impugnazioni a norma dell’art. 13, comma 1, Decreto del Presidente della Repubblica cit..
P.Q.M.
La Corte così provvede:
accoglie il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale nonchè il secondo motivo del ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa in relazione e nei limiti dei motivi accolti la sentenza n. 616 dei 4/20.10.2016 della Corte d’Appello di Messina e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
dichiara assorbiti il terzo motivo del ricorso principale ed il terzo motivo del ricorso incidentale.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, l’8 febbraio 2022.