Sentenza 1520/2016
Ricorso per cassazione avverso una decisione di rigetto della revocazione – Inammissibilità
Il ricorso per cassazione proposto contro la sentenza che ha rigettato la richiesta di revocazione è inammissibile, per carenza di interesse ad una ulteriore pronuncia di legittimità, qualora la sentenza revocanda sia stata già annullata in accoglimento di un precedente ricorso per cassazione.
Ricorso per cassazione avverso sentenza del Consiglio di Stato su impugnazione per revocazione – Questione di giurisdizione
Nel ricorso per cassazione avverso una sentenza del Consiglio di Stato pronunciata su impugnazione per revocazione può sorgere questione di giurisdizione solo con riferimento al potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione medesima, in quanto ogni diversa censura sulla decisione di merito non avrebbe ad oggetto una violazione dei limiti esterni alla giurisdizione del giudice amministrativo, rispetto alla quale soltanto è consentito ricorrere in sede di legittimità.
Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 27-01-2016, n. 1520 (CED Cassazione 2016)
Art. 360 cpc (Ricorso per cassazione) – Giurisprudenza
RITENUTO IN FATTO
- Nel giugno 1973 il Comune di Andria concesse a società privata, (OMISSIS) ora (OMISSIS), la distribuzione metanifera nel territorio comunale. Indi promosse arbitrato per l’accertamento della durata del rapporto e dell’obbligo di restituire gli impianti a cura della concessionaria.
La scadenza del predetto rapporto fu fissata per il 31 dicembre 2005 con lodo del primo giugno 2004 dichiarato esecutivo dal Tribunale di Trani il 5 ottobre 2005, e poi fu prorogata sino al 21 giugno 2012 con determinazione amministrativa del 20 settembre 2009. Nel contempo gli arbitri riconobbero all’ente territoriale il diritto di acquisire, senza corrispettivo, la proprietà della rete di distribuzione realizzata dalla concessionaria.
Tra il 2009 e il 2011, il Comune chiese a (OMISSIS) la consegna della rete, la cessazione del servizio e il pagamento del canone annuale, portato a settecentomila euro dal primo gennaio 2006.
- (OMISSIS) impugnò di tali provvedimenti dinanzi al Tar-Puglia, che li annullò con sentenza n. 575 del 2012 riguardo alla determinazione dirigenziale del 20 settembre 2009 e alla lettera inviata dall’ente territoriale il 10 agosto 2011.
Per la riforma di tale decisione il Comune propose appello denunciando il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Il gravame fu accolto dal Consiglio di Stato con sentenza n. 235 del 16 gennaio 2013. Il giudice d’appello – premessa la natura cautelare dell’ordinanza n. 360 del 2011 emessa dal Tribunale di Trani in precedente analogo contenzioso contro (OMISSIS), negò che ivi si fosse formato un giudicato vincolante sull’individuazione del giudice dotato di giurisdizione e dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
- Per la revocazione e per la cassazione della decisione del Consiglio di Stato, (OMISSIS) presentò separati ricorsi.
3.1. Quello n. 9485/2013, proposto innanzi a questa Corte, fu accolto dalle sezioni unite che, con sentenza n. 13881 del 14 gennaio – 18 giugno 2014, dichiararono la giurisdizione del giudice amministrativo.
I giudici di legittimità osservarono che il Consiglio di Stato, nel riformare la sentenza del Tar-Puglia, aveva esaminato l’ordinanza del Tribunale di Trani correttamente rilevando che conteneva una statuizione sulla giurisdizione, ma cadendo in errore nel ritenere che la statuizione non fosse vincolante.
Precisarono, a tal proposito, come l’errore fosse “…conseguenza della indebita sovrapposizione tra un (preteso) procedimento cautelare introdotto ex articolo 700 codice di rito civ. ed un procedimento sommario di cognizione (di cui alla legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 51) introdotto ai sensi dell’articolo 702 bis e seguenti del medesimo codice, e destinato a concludersi con ordinanza che, per espressa previsione normativa, è provvisoriamente esecutiva, costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale e per la trascrizione (art. 702 ter, comma 6), e, soprattutto, è destinata a produrre, se non appellata entro 30 giorni dalla sua comunicazione o notificazione, gli effetti di cui all’articolo 2909 codice civile, (così recitando, testualmente, il disposto dell’articolo 702 quater codice penale)”. Stabilirono, quindi, che la statuizione del Tribunale di Trani sulla devoluzione della vertenza alla giustizia amministrativa a fosse provvedimento decisorio tale da far stato tra le parti con effetto di giudicato perchè il processo civile fu instaurato tra gli stessi soggetti, il Tribunale di Trani si pronunciò senz’altro sulla giurisdizione ordinaria per escluderla e l’ordinanza non fu appellata sul punto. Infine i giudici di legittimità conclusero la disam del caso affermando che “il giudicato formatosi sul difetto di giurisdizione del giudice ordinario in conseguenza della ricordata ordinanza non potesse, pertanto, essere in alcun modo ridiscusso, in qualsivoglia, successiva sede giurisdizionale”.
3.2. La domanda di revocazione della stessa decisione del Consiglio di Stato n. 235 del 16 gennaio 2013 fu, invece, dichiarata inammissibile dal massimo organo della giustizia amministrativa. Con sentenza n.3822 del 10 giugno – 17 luglio 2014 osservò che effettivamente il primo collegio del Consiglio di Stato era incorso in una svista laddove aveva qualificato come cautelare ex articolo 700 codice procedura civile l’ordinanza di merito pronunciata dal Tribunale di Trani ex articolo 702 bis codice procedura civile, ma ciò “non aveva influito sul contenuto del dispositivo della decisione nè nella sua complessiva ratio deciderteli”, dato che “tale giudicato si era formato… su un oggetto estraneo al thema decidendum su cui si era incentrata la controversia decisa con la sentenza n. 235 del 2013”. Precisò che non si configurava neppure contrasto con precedente giudicato perchè quelle invocate erano “affermazioni meramente incidentali formulate dal giudice civile in merito alla natura pubblicistica degli atti amministrativi oggetto di impugnazione arbitrale”. 4. Per la cassazione della decisione del Consiglio di Stato n.3822 del 17 luglio 2014, la (OMISSIS) ha proposto ricorso affidato a due motivi e inoltrato per la notifica il primo dicembre 2014 (cioè in data posteriore alla sentenza delle sezioni unite n. 13881 del 18 giugno 2014 che ha cassato la decisione revocanda). Il Comune di Andria resiste controricorso. Le parti si difendono con memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
- Con il primo motivo, denunciando plurime violazioni di norme di diritto articolo395 codice penale, nn. 4 e 5 e articolo 2909 codice civile in relazione all’articolo 360 codice penale, n. 1, articolo362 codice penale, comma 1 e articolo 110 codice penale, la ricorrente (OMISSIS) assume che, con la sentenza n. 3822 del 10 giugno 2014, il Consiglio di Stato non avrebbe pronunziato sulla revocazione della decisione n. 235 del 16 gennaio 2013 ma avrebbe nuovamente pronunziato sulla giurisdizione affermando quella del giudice civile in contrasto con i due giudicati costituiti dall’ordinanza n. 360 del 2011 del Tribunale di Trani e dalla sentenza n. 13881 del 2014 delle sezioni unite di questa Corte.
- Con il secondo motivo, denunciando plurime violazioni di norme di diritto articolo 133, comma 1, lettera b)-c), nonchè articoli 7-8 codice penale, in relazione all’articolo 360 codice penale, n. 1 e articolo362 codice penale, comma 1, la ricorrente (OMISSIS) sostiene che la pronuncia sulla giurisdizione, a suo dire contenuta nella sentenza n. 3822 del 10 giugno 2014, sarebbe errata laddove trascura che l’oggetto del contendere sarebbe costituito dai canoni per la concessione del pubblico servizio e per l’uso degli impianti che il Comune avrebbe imposto agendo in via unilaterale e autoritaria sulla concessione. Ciò implicherebbe una decisione discrezionale dell’ente locale, il che comporterebbe l’esclusiva giurisdizione amministrativa con cognizione, anche incidentale, di ogni questione attinente a interessi legittimi e diritto soggettivi.
- Il ricorso è inammissibile.
La Corte ha, da tempo, affermato il principio secondo cui, proposti contro la stessa sentenza sia il ricorso per revocazione che il ricorso per cassazione, qualora la sentenza stessa sia annullata in accoglimento del ricorso per cassazione, diventa inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso per cassazione precedentemente proposto contro la sentenza che abbia rigettato la richiesta di revocazione (Sez. L, Sentenza n. 10759 del 12/08/2000, Rv.539548).
La ragione di tale orientamento è data dal rilievo che la sentenza che giudica sulla domanda di revocazione è travolta dall’annullamento della sentenza revocanda.
A maggior ragione ciò vale se la pronunzia di annullamento della sentenza revocanda sia stata già pronunziata dalla Corte quando, come nella specie, sia proposto il ricorso per cassazione contro la sentenza che ha rigettato la richiesta di revocazione. In casi tale genere viene meno l’interesse della parte ricorrente ad una ulteriore pronuncia di legittimità (conf. in generale e in motivazione Sez. L, Sentenza n. 9861 del 15/06/2012, e Sez. 2, Sentenza n. 22539 del 05/09/2008).
3.1. Inoltre, va ribadito che, in sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza del Consiglio di Stato che ha pronunciato sull’impugnazione per revocazione, può insorgere questione di giurisdizione solo con riguardo al potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione medesima (Sez.U, Sentenza n. 16754 del 23/07/2014, Rv. 631805; conf. Sez. U, Ordinanza n. 20600 del 30/07/2008, Rv. 604589; Sez. U, Sentenza n. 6891 del 24/11/1986, Rv. 448995; Sez. U, Sentenza n. 1049 del 19/02/1982, Rv. 418917).
Più in dettaglio qualora vi sia stata la valutazione delle condizioni di ammissibilità dell’istanza di revocazione da parte del Consiglio di Stato, non è consentito il ricorso per cassazione giacchè con esso non verrebbe in rilievo la sussistenza o meno del potere giurisdizionale di operare detta valutazione e, dunque, una violazione di quei limiti esterni alla giurisdizione del giudice amministrativo rispetto alla quale soltanto è ammesso ricorrere in sede di legittimità. (Sez. U, Sentenza n. 9150 del 08/04/2008, Rv. 602489).
3.2. Nella specie è testualmente affermato dal Consiglio di Stato, con riguardo alla domanda di revocazione avanzata da (OMISSIS), che “il ricorso in esame va dichiarato inammissibile”, e ciò afferma perchè l’errore, che è stato commesso dal collegio che ha pronunziato la decisione revocanda, “non ha influito sul contenuto dispositivo della decisione nè sulla complessiva ratio decidendi”. Tutte le altre asserzioni contenute nella sentenza n. 3822 del 17 luglio 2014 sono meramente esplicative della ritenuta inammissibilità della domanda di revocazione e nulla di più.
Poi è sopravvenuta la sentenza n. 13881 del 18 giugno 2014 delle sezioni unite di questa Corte che ha prodotto l’annullamento della sentenza revocanda e, consequenzialmente, ha travolto anche la decisione sulla domanda di revocazione, fissando in via definitiva la giurisdizione del giudice amministrativo e togliendo ogni interesse all’ulteriore e successivo ricorso di (OMISSIS). Nè vale addurre la pendenza di altra domanda di revocazione e di diverso ricorso per cassazione avverso la sopravvenuta decisione del Consiglio di Stato n. 869 del 23 febbraio 2015, che pronunziando in sede di riassunzione della causa a seguito della sentenza delle sezioni unite n. 13881 del 18 giugno 2014, ha rigettato l’appello del Comune contro con sentenza del Tar-Puglia n. 575 del 2012 di annullamento degli atti impugnati da (OMISSIS). Si tratta infatti di nuova pronunzia questa volta sul merito della vicenda e quindi del tutto estranea al perimetro decisorio della sentenza n. 3822 del 17 luglio 2014 per cui non residuano ulteriori margini d’interferenza e d’interesse rispetto al ricorso in esame.
- Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità liquidate in euro 8000,00 (ottomila), di cui euro 200,00 (duecento) per esborsi, oltre agli oneri di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto che della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, il primo dicembre 2015.