Sentenza 15599/2021
Responsabilità professionale del notaio – Stipulazione di compravendita e mutuo ipotecario collegato – Accertamento dello stato civile delle parti – Obbligo del notaio
Il notaio, che stipuli una compravendita e il collegato mutuo ipotecario, deve accertarsi dello stato civile delle parti secondo criteri di diligenza, prudenza e perizia professionale ed è adempiente a tale obbligo ove non si limiti ad esaminare la carta d’identità (o altro documento equipollente), ma proceda al confronto dei dati ivi indicati con quelli riportati nella documentazione approntata dalla banca per l’istruttoria della pratica di mutuo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, con la quale era stata esclusa la responsabilità del notaio che, pur avendo effettuato i menzionati accertamenti, non aveva rilevato che la mutuataria era coniugata, e non nubile, contrariamente a quanto indicato nella carta d’identità e nell’ulteriore documentazione esaminata, le cui risultanze erano pure garantite dal mediatore finanziario, poi rivelatosi un truffatore).
Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 4-6-2021, n. 15599 (CED Cassazione 2021)
Art. 1176 cc (Diligenza nell’adempimento) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
1. La (OMISSIS), con atto di citazione del 19/10/2009, convenne in giudizio il notaio (OMISSIS) per sentir accertare che il medesimo, incaricato della stipula di atti di mutuo e compravendita, aveva omesso gli accertamenti necessari all’esatta identificazione delle parti, con particolare riguardo allo stato civile della parte acquirente e mutuataria (OMISSIS) e che, per effetto di dette omissioni, l’ipoteca iscritta dalla banca in danno degli acquirenti-mutuatari (OMISSIS) e (OMISSIS) era risultata priva di effetto giuridico. Ciò premesso la Banca chiese di essere risarcita dal notaio della somma di Euro 221.235,49 oltre interessi, e di ulteriori spese sostenute per approfondimenti resisi necessari a causa della accertata falsa identità dei contraenti.
Il notaio (OMISSIS) si costituì in giudizio resistendo alle domande e chiedendo, in via gradata, la chiamata in causa di (OMISSIS), mediatore responsabile di aver creato il contatto tra le parti garantendo circa la loro identità, e della compagnia di assicurazioni (OMISSIS).
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 8286 del 2012, accolse la domanda ritenendo che il notaio fosse responsabile, in particolare, per non aver accertato lo stato civile di (OMISSIS), dichiaratasi nubile ma in effetti coniugata e condannò il notaio a risarcire il danno nella misura richiesta dalla attrice.
La Corte d’Appello di Napoli, adita dal notaio (OMISSIS), con sentenza n. 4330 del 24/10/2017, ha accolto l’appello ritenendo che l’appellante avesse svolto tutti gli accertamenti idonei in ordine all’identità dei contraenti, riscontrando i loro documenti di identità e facendo altresì affidamento su quanto garantito dal mediatore finanziario, poi rivelatosi un truffatore, e dalla Banca. In particolare, ad avviso della Corte territoriale, l’acquisita disponibilità dell’istruttoria svolta dalla Banca in ordine alla identità delle parti contraenti e dell’immobile su cui accendere l’ipoteca, nonchè l’affidamento costituito da quanto riferito dal mediatore finanziario, esoneravano il notaio dal fare ricorso a testi fidefacienti.
Avverso la sentenza che, in accoglimento dell’appello, ha rigettato l’originaria domanda, condannando la Banca alle spese del doppio grado, la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. Il notaio (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
La causa è stata assegnata per la trattazione in pubblica udienza ma, a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legge n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni in L. n. 170 del 2020, non avendo nè la parte ricorrente nè il P.G. depositato istanza per la trattazione in pubblica udienza, la causa è stata tratta in adunanza camerale non partecipata.
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 1913, art. 49, e dell’art. 1176 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la banca ricorrente assume che l’impugnata sentenza non abbia applicato correttamente le norme dettate dalla legge professionale alla luce della peculiare diligenza di cui all’art. 1176 c.c., comma 2. Dalle predette disposizioni deriverebbe la configurazione di un rapporto di prestazione d’opera professionale con il conseguente obbligo, a carico del notaio, di porre in essere tutti gli accorgimenti idonei a conseguire, con pienezza e stabilità di effetti, il regolamento di interessi voluto dalle parti. Tale obbligazione non potrebbe essere soddisfatta con un controllo meramente for male dell’identità delle parti attraverso l’acquisizione ed il controllo dei loro documenti di identità ma implicherebbe un’attività di accertamento più rigorosa eventualmente corroborata dal ricorso a testimoni fidefacienti, attività nel caso di specie del tutto omessa e non idoneamente sostituita dall’affidamento riposto dal notaio nei confronti del mediatore finanziario.
1.1. Il motivo è infondi: to. L’obbligo di accertamento della identità delle parti, incombente sul notaio ai sensi dell’art. 49 della legge professionale, va interpretato nel senso che, nell’attestare detta identità, il professionista, in assenza di conoscenze: personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza conseguibile in base ai criteri di diligenza, prudenza e perizia e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento anche di natura presuntiva (Cass., n. 29321 del 7/1272017, Cass., n. 9757 del 10/72005), non potendo a tale scopo ritenersi sufficiente l’acquisizione della carta di identità (Cass., n. 11767 del 12/5/2017). In questa prospettiva l’identificazione della parte, fondata, oltre che sull’esame della carta d’identità (o di altro documento equipollente), anche sul confronto della corrispondenza dei dati identificativi della persona con quelli riportati nella documentazione approntata dalla banca ai fini dell’istruttoria del mutuo, consente di ritenere adempiuto l’obbligo professionale, mentre è contrario a buona fede o correttezza il comportamento della banca che, dopo aver predisposto la documentazione per la stipula del mutuo comprensiva anche dei dati identificativi del mutuatario, si dolga dell’erronea identificazione compiuta dal notaio sulla base dell’apparente regolarità della carta d’identità (Cass., 3, n. 13362 del 29/5/2018).
Premessi questi princir i deve riaffermarsi che l’accertamento della correttazza dell’attività volta ad accertare la identità delle parti è demandato al giudice del merito, il cui giudizio è incensurabile in cassazione se motivato in maniera congrua e logica (Cass. 3, n. 29321 del 7/12/2017).
Nel caso di specie la Co te territoriale ha motivato la propria decisione in modo più che ragionevole e logico, facendo leva sulla presenza di elementi forti e convincenti, tutti concorrenti a costruire un quadro di ragionevole certezze circa l’identità delle parti. sentenza ha valorizzato in particolare, con ciò conformandosi al richiamato orientamento di questa Corte, la comparazione effettuata tra i documenti di identità forniti dalle parti e la documentazione approntata dall’istituto di credito mutuante in sede di istruttoria per la stipulazione del mutuo, alla quale attività di comparazione si è aggiunta, nella concreta fattispecie anche la garanzia del mediatore finanziario, solo successivamente rivelatasi inveritiera.
Ove si volessero, di contro, svalutare gli importanti elementi acquisiti dal professionista, si dovrebbe ritenere che, al di fuori dei casi di conoscenza personale degli stipulanti, il notaio debba sempre fare ricorso a testi fidefacienti, il che non corrisponde nè alle previsioni normative nè alla logica della corretta e rapida stipulazione di mutui ipotecari.
2. Conclusivamente il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del cd. raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5000 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 200, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di: Ha ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello
stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, n:Ala Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile del 27/1/2021