Ordinanza 15714/2018
Interruzione della prescrizione – Idoneità dell’atto ad avere efficacia interruttiva – Condizioni
Per produrre l’effetto interruttivo della prescrizione, un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, che – sebbene non richieda l’uso di formule solenni né l’osservanza di particolari adempimenti – sia idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora. Ne consegue che non è ravvisabile tale requisito in semplici sollecitazioni prive del carattere di intimazione e dell’espressa richiesta di adempimento al debitore.
Cassazione Civile, Sezione 6-1, Ordinanza 14-6-2018, n. 15714 (CED Cassazione 2018)
Art. 2943 cc (Interruzione della prescrizione) – Giurisprudenza
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 2523/2016 la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’impugnazione proposta da (OMISSIS) avverso la sentenza con cui il Tribunale di Roma aveva dichiarato inammissibile la sua domanda di insinuazione tardiva nella procedura di liquidazione coatta amministrativa di (OMISSIS) S.p.a. per un credito avente ad oggetto il trattamento di fine rapporto e i relativi accessori dal medesimo maturati nei confronti della società, e aveva contestualmente rigettato, per intervenuta prescrizione (ex art. 2948 c.c., n. 5), la domanda di accertamento del medesimo credito nei confronti di (OMISSIS) s.r.l. (subentrata nel patrimonio della (OMISSIS) in l.c.a.).
A sostegno della decisione la Corte d’appello ha rilevato, per quanto interessa, che non poteva essere riconosciuta efficacia interruttiva della prescrizione alla missiva che il (OMISSIS) aveva inviato in data 30.01.2000 nei confronti della (OMISSIS), perchè detta missiva non conteneva l’esplicitazione di una precisa pretesa nè l’intimazione o la richiesta di adempimento idonea a produrre l’effetto sostanziale di costituzione in mora del debitore, trattandosi di un “pro memoria” con cui il (OMISSIS) rammentava alla società che era depositaria del proprio libretto di lavoro e della propria liquidazione.
Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione Pietro (OMISSIS). Ha resistito con controricorso, accompagnato da memoria adesiva alla proposta di decisione depositata, (OMISSIS) s.r.l..
Con l’unico motivo di ricorso (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1219 c.c., 2934 e 2943 c.c., perchè il giudice d’appello non ha tenuto in debita considerazione la sostanziale differenza che sussiste tra gli effetti provocati dall’atto di costituzione in mora e quelli provocati dall’atto interruttivo della prescrizione, perchè quest’ultimo non necessariamente deve contenere l’intimazione ad adempiere (che è un requisito proprio della costituzione in mora), potendo anche consistere in una semplice dichiarazione, non soggetta ad alcun rigore di forme ad eccezione della scrittura, dalla quale emerga, anche implicitamente, l’intenzione di ottenere il soddisfacimento del credito. L’unica interpretazione possibile della missiva inviata dal ricorrente era la contestazione alla (OMISSIS) s.p.a. della mancata corresponsione del t.f.r.
Il motivo è in parte manifestamente infondato, in parte inammissibile. La giurisprudenza di questa Corte, cui in questa sede si intende aderire, in materia di interruzione della prescrizione ex art. 2943 c.c., ha statuito che un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo). Quest’ultimo requisito non è soggetto a rigore di forme, all’infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l’uso di formule solenni nè l’osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto. Ne consegue che non è ravvisabile tale requisito in semplici sollecitazioni prive di carattere di intimazione e di espressa richiesta di adempimento al debitore (Cass. 17123/2015, 3371/2010).
Nella specie la sentenza impugnata è del tutto conforme all’orientamento appena richiamato, avendo accertato insindacabilmente che il contenuto della missiva inviata era del tutto priva delle caratteristiche anche minime che avrebbero potuto consentirne la qualificazione giuridica come atto interruttivo della prescrizione.
L’accertamento di fatto svolto dal giudice di merito è del tutto sottratto al sindacato di legittimità, non potendo le censure relative alla motivazione della sentenza (nella specie, peraltro, non formulate specificatamente ex art. 360 c.p.c., n. 5) basarsi sulla difformità di apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice di merito rispetto a quello preteso dalla parte.
Ne consegue il rigetto del ricorso, con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3000 per compensi e in Euro 100 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così è deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 22 marzo 2018.