Ordinanza 15822/2023
Espropriazione presso terzi – Ordinanza di assegnazione ex art. 553 cpc – Opposizione ex art. 617 cpc – Contestazione del diritto di procedere ad esecuzione forzata – Opposizione ex art. 615 cpc – Esclusione
In tema di espropriazione presso terzi, avverso l’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 c.p.c. è esperibile unicamente l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., per contestare i vizi formali propri del provvedimento o degli atti che l’hanno preceduto, atteso che, una volta concluso il procedimento esecutivo con l’assegnazione del credito pignorato, non è più possibile contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata, nelle forme dell’opposizione ex art. 615 c.p.c..
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 6-6-2023, n. 15822 (CED Cassazione 2023)
Art. 615 cpc (Opposizione all’esecuzione)
Art. 617 cpc (Opposizione agli atti esecutivi)
FATTI DI CAUSA
1. L’espropriazione presso terzi promossa, sulla base di un
decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, da Banca Popolare di
Vicenza s.c.p.a. in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS) (nella
quale terzi pignorati erano la medesima Banca Popolare di Vicenza e
Veneto s.p.a.) fu sospesa dal giudice dell’esecuzione in seguito alla
sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo da
parte del giudice investito della sua opposizione.
A seguito della definizione del giudizio di opposizione con
condanna dei debitori e della riassunzione del procedimento esecutivo
ad opera della stessa Banca Popolare di Vicenza (che aveva agito nella
qualità di procuratrice speciale di Ambra SPV s.r.l., cui aveva ceduto i
propri crediti), il giudice dell’esecuzione assegnò alla creditrice la
somma di Euro 44.476,99.
Avverso l’ordinanza di assegnazione i debitori esecutati,
(OMISSIS) e (OMISSIS), proposero opposizione agli atti esecutivi:
deducendo l’assenza di prova della titolarità, in capo ad Ambra SPV
s.r.l., del credito fatto valere nei loro confronti; evidenziando la perdita
della capacità processuale della Banca Popolare di Vicenza in
conseguenza della sua sopravvenuta sottopozione a liquidazione coatta
amministrativa; ed eccependo l’improcedibilità dell’esecuzione, in
ragione delle procedure concorsuali parimenti avviate nei confronti
delle banche terze pignorate.
2. Con sentenza 14 dicembre 2020, n. 1815, il Tribunale di
Treviso, nel contraddittorio con S.G.A. s.p.a. (costituitasi quale
procuratrice di Ambra SPV s.r.l.), accolse l’opposizione e revocò
l’ordinanza di assegnazione, sul rilievo che la riassunzione del processo
esecutivo, in danno degli opponenti, fosse stata effettuata da soggetto
non titolare del diritto di credito.
3. La Corte di appello di Venezia, con sentenza 24 marzo 2022,
n. 680, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da Amco – Asset
Management Company s.p.a. (già S.G.A. s.p.a.), in qualità di
procuratrice di Ambra SPV s.r.l., avverso la decisione del Tribunale di
Treviso.
La Corte territoriale, per un verso, in via generale, ha ritenuto
che l’ordinanza di assegnazione ex art. 553 cod. proc. civ., quale atto
esecutivo conclusivo del procedimento per espropriazione forzata di
crediti, è soggetta esclusivamente al rimedio dell’opposizione agli atti
esecutivi ex art.617 cod. proc. civ.; per altro verso, con particolare
riferimento alla fattispecie in esame, ha rilevato che in tali termini era
stato qualificato, sia dai debitori opponenti sia dal Tribunale investito
dell’opposizione, l’atto di impugnazione dell’ordinanza emessa dal
giudice dell’esecuzione, che era stata oggetto di contestazioni
puramente formali.
Sulla base di tali rilievi ha, dunque, concluso che la sentenza di
primo grado, quale decisione pronunciata su opposizione agli atti
esecutivi, a norma dell’art.617 cod. proc. civ., concretasse un
provvedimento non appellabile, ai sensi dell’art.618 dello stesso
codice, non senza osservare che, nel caso di specie, non poteva
operare il meccanismo della translatio iudicii né l’appello poteva essere
convertito in ricorso per cassazione, in conformità all’orientamento
della giurisprudenza di legittimità.
4. Avverso la sentenza della Corte lagunare propone ricorso per
cassazione Amco – Asset Management Company s.p.a., sulla base di
due motivi.
Rispondono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS).
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale,
ai sensi dell’art.380-bis.1 cod. proc. civ..
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo (violazione degli artt. 617 e 618 cod.
proc. civ.) viene dedotta l’erronea qualificazione, da parte della Corte
territoriale, del mezzo di impugnazione esperito dai debitori esecutati
avverso l’ordinanza di assegnazione.
La società ricorrente deduce che tale impugnazione non sarebbe
rientrata nell’esclusivo paradigma dell’opposizione agli atti esecutivi ex
art.617 cod. proc. civ., ma (anche) in quello dell’opposizione
all’esecuzione, ex art.615 cod. proc. civ.: ciò, sia in ragione del
contenuto sostanziale dell’impugnazione medesima, in quanto volta a
paralizzare l’azione esecutiva esercitata contro gli opponenti; sia in
ragione della circostanza che il giudice di primo grado, nella sentenza
appellata, non aveva operato una formale qualificazione nel primo
senso, mentre nella precedente ordinanza di rimessione degli atti al
Presidente del Tribunale per la riassegnazione della controversia alla
sezione competente, era piuttosto presente una qualificazione del
mezzo esperito nel secondo senso.
1.2. Con il secondo motivo (violazione dell’art.112 cod. proc.
civ.) la sentenza impugnata viene censurata per avere omesso di
provvedere sui motivi di appello, limitandosi alla declaratoria di
inammissibilità dello stesso.
2. Entrambi i motivi – da esaminare congiuntamente per evidenti
ragioni di connessione – sono inammissibili.
2.1. La Corte di appello, in primo luogo, ha rilevato che il
Tribunale aveva espressamente qualificato il rimedio esperito da
(OMISSIS) e (OMISSIS) come opposizione agli atti esecutivi,
sottolineando come l’esercizio del potere di qualificazione attribuito al
giudice dell’opposizione incida sul regime impugnatorio del
provvedimento e come, in funzione di tale incidenza, se il potere di
qualificazione non sia stato esercitato dal giudice a quo, esso ben può
essere esercitato dal giudice ad quem; in secondo luogo, ha
espressamente preso posizione sul merito di tale qualificazione,
reputandola corretta alla luce del carattere formale delle doglianze
proposte dagli opponenti, tendenti a contestare la rituale riassunzione
del processo esecutivo, già sospeso, da parte di soggetto a ciò non
legittimato; in terzo luogo, ha osservato che il provvedimento opposto
(ordinanza ex art.553 cod. proc. civ.) non avrebbe potuto essere
altrimenti impugnato se non con l’opposizione agli atti esecutivi, tanto
più correttamente esperita, nella fattispecie, in quanto l’ordinanza di
assegnazione non esorbitava dal suo contenuto istituzionale, essendosi
limitata a risolvere sommariamente le contestazioni sollevate dai
debitori sulla titolarità del credito.
2.2. Tutti i predetti rilievi, svolti dalla Corte di merito, sono
corretti in iure.
2.2.a. Da un lato, infatti, va ricordato che l’identificazione del
mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento
giurisdizionale deve essere operata in base al c.d. principio
dell’apparenza, ovverosia con esclusivo riferimento alla qualificazione
giuridica dell’azione effettuata dal giudice nello stesso provvedimento,
a prescindere dalla sua esattezza o dalle indicazioni della parte, fermo
il potere del giudice ad quem di operare una autonoma qualificazione
non solo ai fini del merito, ma anche dell’ammissibilità stessa
dell’impugnazione (tra le molte, cfr. Cass. 22/06/2016, n. 12872; Cass.
24/06/2021, n. 18182; Cass. 06/12/2021, n. 38587).
2.2.b. Dall’altro lato, va pure ribadito, sulla scorta di principi
reiteratamente espressi da questa Corte, che, avverso l’ordinanza ex
art. 553 cod. proc. civ., l’opposizione agli atti esecutivi è l’unico rimedio
esperibile per contestare i vizi formali propri del provvedimento o degli
atti che l’hanno preceduto, mentre tale rimedio non è, invece,
utilizzabile allorché si intenda contestare il diritto del creditore di
procedere all’esecuzione forzata, in relazione al quale, anche
nell’esecuzione presso terzi, il rimedio esperibile è quello
dell’opposizione all’esecuzione. La contestazione del diritto di
procedere ad esecuzione forzata, peraltro, può essere svolta fintanto
che tale diritto è minacciato o viene esercitato dal creditore, e non dopo
che il processo esecutivo si è definitivamente concluso con
l’assegnazione del credito pignorato.
Il rimedio dell’opposizione all’esecuzione non può, dunque,
esperirsi contro l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 553 cod. proc. civ.,
la quale chiude il processo di espropriazione presso terzi, cosicché il
debitore non può più avvalersi del predetto strumento, perché la
procedura è ormai esaurita (in tema, Cass. 24/02/2011, n. 4505, in
motiv.; più recentemente, cfr. Cass. 20/09/2022, n. 27478, non
mass.).
2.2.c. La Corte territoriale, dopo avere esattamente osservato,
in termini generali, che le contestazioni afferenti ai vizi del
provvedimento di assegnazione possono essere fatte valere soltanto
con l’opposizione agli atti esecutivi – e dopo avere rilevato, in
particolare, che il primo giudice, nella motivazione della sentenza,
aveva confermato la qualificazione in tali termini dell’impugnazione
concretamente esperita da (OMISSIS) e (OMISSIS),
(qualificazione già testualmente effettuata da parte degli opponenti
nell’intestazione dell’atto di citazione) –, correttamente è pervenuta,
dunque, alla declaratoria di inammissibilità dell’appello, stante
l’espressa previsione di non impugnabilità delle sentenze pronunciate
a norma dell’art.617 cod. proc. civ..
La predetta declaratoria, ovviamente, rendeva, poi, precluso
l’esame dei motivi di gravame, sicché nessuna omessa pronuncia
rispetto ad essi è ravvisabile nella decisione impugnata, anche in
ragione della circostanza, pure questa debitamente rilevata dal giudice
territoriale in piena conformità al consolidato orientamento di questa
Corte, che nell’ipotesi di appello proposto avverso una sentenza
pronunciata ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., essendo stato
utilizzato inammissibilmente un strumento processuale radicalmente
diverso da quello corretto, non può operare la translatio iudicii perché
l’impugnazione proposta è inidonea, anche solo in astratto, a
configurare l’instaurazione di un regolare rapporto processuale, né
l’appello può convertirsi in ricorso per cassazione, giacché difetta dei
requisiti di validità dell’atto nel quale dovrebbe essere convertito,
essendo il ricorso di legittimità, mezzo di impugnazione a critica
vincolata (a maggior ragione, se proposto in via straordinaria ai sensi
dell’art. 111, settimo comma, Cost.), strutturalmente diverso (cfr., in
termini, Cass. 03/03/2020, n. 5712).
3. In definitiva, il ricorso per cassazione proposto da Amco –
Asset Management Company s.p.a. va dichiarato inammissibile.
4. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e
vengono liquidate come da dispositivo.
5. Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto – ai
sensi dell’art.13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 – della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte
della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo
unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione,
se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la società ricorrente al pagamento, in favore dei
controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
Euro 4.300,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie, agli esborsi
liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del
comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il
giorno 6 febbraio 2023.