Sentenza 15841/2014
La transazione novativa se interviene su un titolo nullo è annullabile
La transazione novativa, ovvero quella che ha per oggetto il titolo e non la sua esecuzione, se interviene su un titolo nullo è annullabile, ma il vizio del negozio, agli effetti dell’art. 1972, secondo comma, cod. civ., può essere fatto valere soltanto dalla parte che abbia ignorato la causa di nullità.
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 10-7-2014, n. 15841 (CED Cassazione 2014)
Art. 1972 cc (Transazione su un titolo nullo) – Giurisprudenza
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Ga. An. proponeva opposizione avverso il decreto con cui il tribunale di Torre Annunziata gli aveva ingiunto di pagare a favore di D.R. Um. la somma di L. 145.000.000 in virtù di transazione con la quale era stato fra le parti stabilito il corrispettivo dovuto per lavori edili.
Deduceva che l’atto di transazione era nullo in quanto riconducile a un contratto di appalto nullo.
L’opposto chiedeva il rigetto dell’opposizione rilevando che il contratto di appalto era valido, avendo avuto a oggetto lavori per i quali non era necessario il provvedimento concessorio. Riassunto il giudizio dagli eredi del Ga., nel frattempo deceduto, con sentenza n. 187/2005 il tribunale accoglieva l’opposizione, ritenendo la nullità della transazione che aveva riguardato la controversia relativa a un contratto di appalto nullo, perché avente a oggetto lavori edili per i quali non era stata rilasciata la necessaria concessione.
Con sentenza dep. il 18 dicembre 2007 la Corte di appello di Napoli, in riforma della decisione impugnata dall’opposto, rigettava l’opposizione proposta dal Ga..
Per quel che ancora interessa nella presente sede, i Giudici ritenevano quanto segue:
la transazione novativa con cui le parti avevano conciliato il primo giudizio, con il quale il D.R. aveva chiesto il pagamento della somma di L. 431.114.268, quale corrispettivo di tutte le opere realizzate in esecuzione dell’appalto, aveva a oggetto la corresponsione dell’importo di L. 145.000.000 previsto esclusivamente per le opere interne, per le quali non è necessaria la concessione;
– il Ga., che si era obbligato in via novativa a pagare detto ammontare per le opere interne, aveva rinunciato a sollevare al riguardo alcun eccezione;
– la transazione era pertanto valida e efficace.
2. – Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Astrino Angela, Flora Ga., Rita Ga., Maddalena Ga., Anna Ga. e Raffaele Ga. sulla base di quattro motivi illustrati da memoria.
Resistono con controricorso gli intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. – Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ., censura la decisione gravata che aveva posto a base della decisione la diversa causa petendi introdotta in appello dall’opposto che aveva per la prima volta in sede di gravame allegato fatti nuovi ovvero la natura novativa della transazione e che il corrispettivo ivi indicato si riferisse alle opere interne lecitamente realizzate, quando in precedenza aveva sempre sostenuto la validità della transazione e del contratto di appalto in relazione a tutte le opere eseguite, in quanto lecite. 1.2.- Il motivo è infondato.
Occorre chiarire che si configura la novità della domanda per modificazione della “causa petendi” quando i nuovi elementi, dedotti dinanzi al giudice di secondo grado, comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio.
Orbene, nella specie il fatto costitutivo posto a base della pretesa azionata con il ricorso per decreto ingiuntivo (causa petendi) era l’atto di transazione con il quale era stato concordato il preteso corrispettivo di L. 145.00.000;
la natura novativa della transazione e il suo oggetto rientravano nel thema decidendum dedotto in giudizio, posto che l’accertamento compiuto dai Giudici concerneva la verifica della eccepita nullità della transazione medesima.
Le deduzioni formulate con l’atto di appello avevano a oggetto mere difese in quanto sollecitavano i poteri officiosi del Giudice circa la interpretazione della transazione.
2.- Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ., censura la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto che la transazione sarebbe stata limitata alle opere di ristrutturazione e non invece al complesso dei lavori eseguiti in virtù dell’appalto, senza tenere conto di quanto espressamente previsto dalle parti che avevano liquidato l’importo di L. 145.000.000 a saldo di ogni lavoro e a magistero dei lavori fin qui eseguiti e in assenza di alcuna traccia letterale nel testo dell’accordo alla limitazione individuata dai Giudici. 3.- Il terzo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 1972 cod. civ. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, denuncia:
1) l’omesso esame di circostanze decisive ovvero: a) che l’importo di L. 145.000.000 era versato a saldo di ogni lavoro e a magistero dei lavori fin qui eseguiti; b) nella premessa dell’atto era richiamata la lite intercorsa fra le parti e che aveva avuto a oggetto tutte le opere effettuate; c) nell’art. 6 della scrittura del 7-11-1997 le parti avevano affermato che si era tenuto conto della natura delle opere nella determinazione del saldo;
2) la motivazione era insufficiente e contraddittoria laddove la sentenza aveva dato rilevo alla sola circostanza di cui all’art. 6 citato, in cui si faceva riferimento alla rinuncia da parte del Ga. alla eccezione relativa alla abusività delle opere, trattandosi di ristrutturazione autorizzata; la ricostruzione della volontà negoziale compiuta dai Giudici era in contrasto con quanto indicato dalle parti come menzionato sopra sub a) non essendo menzionato nel testo della transazione alcun elemento in base al quale si potesse ritenere che le parti avessero fatto riferimento alla liquidazione delle sole opere interne.
4.1 Il quarto motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 1972 c.c., comma 1) denuncia che l’atto transattivo era comunque nullo nel
suo complesso e inidoneo a fondare la richiesta di adempimento avanzata dall’opposto, tenuto conto che, ai sensi dell’art. 1972 c.c., comma 1, tutte le pattuizioni, anche quelle relative al
pagamento delle opere interne, erano travolte dalla nullità della transazione che si verifica ogni volta essa riguardi un contratto illecito, ancorché le parti abbiano trattato della nullità. 4.2. – Va innanzitutto esaminato il quarto motivo che ha priorità logico- giuridica rispetto al secondo e al terzo.
Il motivo è infondato, anche se va corretta, ex art. 384 c.p.c., u.c., la motivazione della sentenza impugnata il cui dispositivo è conforme a diritto.
La sentenza ha accertato che: a) il contratto di appalto aveva a oggetto non soltanto opere per le quali è necessaria la concessione ma anche i lavori di ristrutturazione per i quali non è invece richiesta, ritenendo l’autonomia e la scindibilità delle relative pattuizioni;
b) la transazione, qualificata dai Giudici come novativa, aveva a oggetto soltanto le opere interne.
Ciò premesso, deve ritenersi indiscutibile che il titolo sul quale era intervenuta la transazione era rappresentato dal contratto di appalto, il quale aveva carattere di unicità e non era suscettibile di essere scisso al suo interno in distinte e autonome clausole contrattuali, a seconda della natura dei lavori edili, come del resto era confermato dal riferimento contenuto nell’atto transattivo al “saldo di ogni lavoro e……”.
La accertata natura novativa della transazione comportava il venir meno del titolo e delle obbligazioni da esso derivanti con la sostituzione di quelle previste con l’atto transattivo. Orbene, va considerato che l’art. 1972 cod. civ., comma 1 prevede l’ipotesi in cui la transazione non abbia avuto a oggetto il titolo ma la sua esecuzione ovvero gli effetti da esso derivanti (transazione non novativa): la nullità del titolo (rimasto in vita) travolge rendendo nulla anche la transazione, seppure le parti abbiano trattato della nullità;
il comma 2 della norma citata – che disciplina invece il caso in cui la composizione della lite abbia riguardato il titolo (transazione c.d. novativa) – ne prevede l’annullabilità (e non la nullità), che può essere chiesta “solo dalla parte che ignorava la causa di nullità del titolo”: evidentemente, la questione della nullità (o inesistenza) del titolo non deve essere stata in discussione fra le parti. In sostanza, la transazione novativa ovvero quella che interviene sul titolo è annullabile, ma il vizio del negozio può essere fatto valere soltanto dalla parte che sia in errore sulla nullità del titolo.
Ne consegue che nella specie non poteva essere fatta valere l’annullabilità della transazione novativa, essendo le parti pienamente a conoscenza della nullità del contratto di appalto, che era stata eccepita dal Ga. nel giudizio nel quale venne posta in essere la transazione.
Pertanto, andava riconosciuto il diritto azionato con la richiesta del decreto ingiuntivo.
Il secondo e il terzo motivo sono assorbiti per le considerazioni sopra formulate.
Il ricorso va rigettato.
Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti, risultati soccombenti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2014