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Cassazione Civile 15877/2019 – Decreto ingiuntivo pronunciato in danno di società di persona – Efficacia anche nei riguardi dei soci illimitatamente responsabili

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Ordinanza 15877/2019

 

Decreto ingiuntivo pronunciato in danno di società di persona – Efficacia anche nei riguardi dei soci illimitatamente responsabili

Il decreto ingiuntivo pronunciato a carico di una società di persone, ed a favore di creditore sociale, estende i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, ricorrendo una situazione non diversa da quella che, ai sensi dell’art. 477 c.p.c., consente di porre in esecuzione il titolo nei confronti di soggetti diversi dal soggetto contro cui è stato formato e risolvendosi, altresì, l’imperfetta personalità giuridica della società di persone in quella dei soci, i cui patrimoni sono protetti dalle iniziative dei terzi solo dalla sussidiarietà; ciascun socio, pertanto, ha l’onere di proporre opposizione contro il suddetto titolo, con la conseguenza che l’intervenuta definitività del provvedimento monitorio anche nei suoi confronti gli preclude di far valere in sede di opposizione all’esecuzione le eccezioni di merito che avrebbe dovuto proporre in sede di opposizione.

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 13-6-2019, n. 15877   (CED Cassazione 2019)

Art. 647 cpc (Esecutorietà del decreto ingiuntivo) – Giurisprudenza

Art. 645 cpc (Opposizione a decreto ingiuntivo) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. L’esposizione dei fatti di causa sarà limitata alle sole circostanze ancora rilevanti in questa sede.

2. La società (OMISSIS) s.r.l. intervenne nella procedura di espropriazione forzata immobiliare iniziata dalla società (OMISSIS). s.a.s. nei confronti di (OMISSIS).

A fondamento dell’intervento allegò un credito vantato nei confronti della società (OMISSIS) s.a.s., della quale assumeva che (OMISSIS) fosse socio accomandatario.

3. (OMISSIS) propose opposizione all’esecuzione sostenendo che all’epoca in cui sorse il credito azionato dalla (OMISSIS) egli non era più socio accomandatario della (OMISSIS).

Il Tribunale di Viterbo con sentenza 14.7.2009 accolse l’opposizione.

4. La Corte d’appello di Roma, adita dalla (OMISSIS), con sentenza 23.10.2014 n. 6510 accolse il gravame e rigettò l’opposizione all’esecuzione proposta da (OMISSIS).

La Corte d’appello.

RITENNE che:

-) all’epoca in cui sorse il credito della (OMISSIS), il nome di (OMISSIS) – che in quel momento era soltanto un socio accomandante compariva ancora nella ragione sociale della (OMISSIS), e di conseguenza egli doveva rispondere delle obbligazioni sociali ai sensi dell’art. 2314 c.c., comma 2;

-) l’opponente non aveva provato che la (OMISSIS) sapesse che egli era solo un socio accomandante;

-) in ogni caso, la circostanza che (OMISSIS) fosse o non fosse responsabile per i debiti sociali della (OMISSIS) s.a.s. andava dedotta in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, non in sede di opposizione all’esecuzione.

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.

Ha resistito la (OMISSIS) s.r.l. con controricorso illustrato da memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2314 c.c., comma 2.

Sostiene che la Corte d’appello l’avrebbe erroneamente ritenuto responsabile per i debiti della (OMISSIS), in quanto:

-) il socio accomandante d’una s.a.s., il cui nome sia inserito nella ragione sociale, risponde dei debiti sociali solo quando la spendita del nome avvenga col suo consenso;

-) il consenso non può presumersi, ma deve essere provato da chi lo invoca;

-) in ogni caso la (OMISSIS) sapeva bene che lui era solo un socio accomandante.

1.2. Il motivo è infondato.

La tesi del ricorrente, secondo cui il socio accomandante il cui nome sia stato inserito nella ragione sociale risponde dei debiti sociali solo quando il suddetto inserimento sia avvenuto col suo consenso, è già stata ritenuta da questa Corte non condivisibile, con orientamento dal quale non v’è ragione per discostarsi.

Ha stabilito, in particolare, Sez. 1 -, Ordinanza n. 30882 del 29/11/2018, Rv. 651887 – 01, che “al fine di valutare se l’inserimento del nominativo del socio accomandante nella ragione sociale sia idoneo a determinare gli effetti previsti dall’art. 2314 c.c., comma 2, rendendolo illimitatamente responsabile per le obbligazioni della società, il giudice di merito deve limitarsi a valutare il contenuto oggettivo della ragione sociale, verificando che l’accomandante sia presentato alla stessa stregua di un socio accomandatario, in modo da ingenerare oggettiva confusione sul ruolo da lui svolto nella società, dovendo restare estranea a tale valutazione ogni considerazione relativa ad elementi estrinseci all’aspetto formale della ragione sociale come, ad esempio, il comportamento dell’accomandante.

1.3. Nella parte, poi, in cui prospetta che la società (OMISSIS) ben sapeva che (OMISSIS) non era il socio accomandatario della (OMISSIS), la censura è inammissibile, perchè non si confronta con l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata: e cioè che i documenti prodotti dall’opponente a dimostrazione della conoscenza, da parte della (OMISSIS), della qualità di accomandante in capo a (OMISSIS), erano privi di sottoscrizione o comunque successivi all’insorgenza del credito.

2 Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 643, 644 e 645 c.p.c..

Deduce che la sentenza impugnata è erronea nella parte in cui ha ritenuto che (OMISSIS), per far valere la propria irresponsabilità per i debiti sociali della (OMISSIS), avrebbe dovuto proporre tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo chiesto dalla (OMISSIS) e pronunciato nei confronti della (OMISSIS).

Sostiene il ricorrente che, essendo stato quel decreto chiesto ed emesso nei soli confronti della (OMISSIS), egli non aveva titolo nè legittimazione ad opporvisi. Pertanto la sopravvenuta inoppugnabilità di quel decreto non poteva nuocergli, ed erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto il contrario.

2.2. Il motivo è infondato.

Questa Corte ha infatti già stabilito che il decreto ingiuntivo pronunciato a carico di una società di persone estende i suoi effetti anche contro i soci illimitatamente responsabili, derivando dall’esistenza dell’obbligazione sociale necessariamente la responsabilità dei singoli soci e, quindi, ricorrendo una situazione non diversa da quella che, ai sensi dell’art. 477 c.p.c., consente di porre in esecuzione il titolo in confronto di soggetti diversi dalla persona contro cui è stato formato.

Da ciò discende che ciascun socio illimitatamente responsabile, se vuole evitare questi effetti, ha l’onere di proporre opposizione al decreto ingiuntivo pronunciato nei confronti della sola società di persone: anche, se necessario e ricorrendone i presupposti, nelle forme dell’opposizione tardiva. Ove a ciò non provveda, non gli sarà consentito far valere in sede di opposizione all’esecuzione le eccezioni di merito che avrebbe dovuto proporre in sede di opposizione (anche tardiva) al decreto ingiuntivo (in tal senso si veda già Sez. 3, Sentenza n. 6734 del 24/03/2011, Rv. 617488 – 01, alla cui motivazione può in questa sede rinviarsi).

3. Le spese.

3.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

3.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna (OMISSIS) alla rifusione in favore di (OMISSIS) s.r.l. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.300, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di (OMISSIS) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione , addì 19 marzo 2019.