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Cassazione Civile 15902/2014 – Fidejussione – Scadenza dell’obbligazione principale – Decorrenza del termine relativamente ad obbligazioni con scadenze periodiche  

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Sentenza 15902/2014

Fidejussione – Scadenza dell’obbligazione principale – Decorrenza del termine relativamente ad obbligazioni con scadenze periodiche  

In tema di decadenza del creditore dall’obbligazione fideiussoria per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, qualora il debito sia ripartito in scadenze periodiche, ciascuna delle quali dotata di un grado di autonomia tale da potersi considerare esigibili anche prima ed indipendentemente dalla prestazione complessiva, il “dies a quo”, agli effetti dell’art. 1957 cod. civ., va individuato in quello di scadenza delle singole prestazioni e non già dell’intero rapporto, in quanto scopo del termine di decadenza è quello di evitare che il fideiussore si trovi esposto all’aumento indiscriminato degli oneri inerenti alla sua garanzia, per non essersi il creditore tempestivamente attivato al primo manifestarsi dell’inadempimento, magari proprio contando sulla responsabilità solidale del fideiussore. (Nella specie la S.C. ha ravvisato l’autonomia delle prestazioni aventi ad oggetto le singole rate del canone annuo pattuito per la locazione, anche considerando che la legge autorizza il locatore ad agire per la risoluzione del contratto decorsi venti giorni dalla scadenza del canone ineseguito).

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 11 luglio 2014, n. 15902   (CED Cassazione 2014)

Articolo 1957 c.c. commentato con la giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 21 luglio 2004 (OMISSIS) ha convenuto davanti al Tribunale di Torino (OMISSIS), conduttore di un immobile di sua proprietà, come da contratto di locazione (OMISSIS), e (OMISSIS), che aveva prestato fideiussione in favore del (OMISSIS) per l’adempimento degli obblighi contrattuali. Ha chiesto la condanna dei convenuti in via solidale al pagamento di varie somme, per canoni arretrati e non corrisposti; per avere esercitato il recesso e restituito l’immobile senza rispettare il termine di preavviso di sei mesi, a norma di legge, ed a titolo di risarcimento dei danni arrecati ai locali.

Il (OMISSIS) ha resistito alle domande, eccependo di avere pagato le somme richieste, salvo una differenza di euro 1.930,00 che ha offerto in pagamento e versato in giudizio. Ha poi dichiarato che la locatrice aveva aderito alla risoluzione anticipata del rapporto.

La (OMISSIS) ha eccepito la decadenza dell’attrice dalla garanzia per non avere proposto le sue istanze contro il debitore principale nel termine di cui all’articolo 1957 cod. civ.. Esperita l’istruttoria, il Tribunale ha condannato il (OMISSIS) al pagamento dei canoni arretrati, nell’importo di euro 4.306,62, oltre rivalutazione Istat e rimborso spese arretrate, ed ha assolto la (OMISSIS).

La (OMISSIS) ha proposto appello, insistendo per il pagamento dei canoni relativi alla mancata disdetta in tempo utile e per la condanna della (OMISSIS). Questa ha resistito e così anche il (OMISSIS), il quale ha proposto appello incidentale.

Con sentenza 31 maggio – 19 sett. 2007 n. 858 la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha respinto l’appello principale ed, in accoglimento dell’appello incidentale, ha ridotto ad euro 1.593,04 la somma dovuta dal (OMISSIS) ed ha posto a carico della (OMISSIS) le spese dei due gradi del giudizio, confermando ogni altra statuizione.

Con atto notificato il 2 ottobre 2008 quest’ultima propone quattro motivi di ricorso per cassazione, illustrati da memoria, a cui resistono il (OMISSIS) e la (OMISSIS) con separati controricorsi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione nel capo in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la (OMISSIS) abbia prestato acquiescenza all’anticipata risoluzione del contratto di locazione, non avendo essa fatto opposizione, nè formulato alcuna riserva, all’atto della riconsegna, avendo anzi proposto le sue domande in giudizio oltre sette mesi dopo il rilascio dell’appartamento.

Assume che il conduttore ha lasciato i locali di sua iniziativa, restituendone le chiavi per posta e senza lasciare il suo indirizzo, sicchè essa locatrice non avrebbe saputo a chi indirizzare le sue riserve. Soggiunge nella memoria di replica che la mera restituzione delle chiavi non vale a produrre l’effetto della riconsegna dell’immobile, occorrendo allo scopo offerta formale ai sensi dell’articolo 1216 cod. civ., e richiama a supporto le sentenze di questa Corte n. 25136/2006 e 1887/2013.

Con il secondo motivo denuncia violazione della Legge 27 luglio 1978, n. 392, articolo 4, assumendo che la Corte di appello ha illegittimamente attribuito rilievo al mero silenzio della locatrice, quale manifestazione della volontà di aderire alla risoluzione anticipata del rapporto, mentre la legge esclude che possa attribuirsi al silenzio della parte un qualunque significato, salvi i casi in cui sia prospettabile a suo carico un vero e proprio obbligo di parlare.

2.- I due motivi, che vanno congiuntamente esaminati perchè connessi, sono inammissibili sotto più di un aspetto.

2.1.- Le censure di vizio di motivazione sono inammissibili ai sensi dell’articolo 366 bis cod. proc. civ. – norma applicabile al caso di specie, perchè in vigore alla data del deposito della sentenza impugnata – poichè manca la formulazione del c.d. quesito di fatto, cioè di un momento di sintesi analogo al quesito di diritto, da cui risulti la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione è da ritenere omessa, insufficiente o contraddittoria, ovvero l’indicazione delle ragioni per cui essa è inidonea a giustificare la soluzione adottata (Cass. civ. Sez. Un. 1 ottobre 2007 n. 20603 e 18 giugno 2008 n. 16258; Cass. Civ. Sez. 3, 4 febbraio 2008 n. 2652; Cass. Civ. Sez. 3, 7 aprile 2008 n. 8897, n. 4646/2008 e n. 4719/2008; Cass. civ. Sez. 2, 7 dicembre 2012 n. 22169, fra le tante). Tale requisito non si può ritenere rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore, anzichè su indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle doglianze (Cass. civ., Sez. 3, ord. 16 luglio 2007 n. 16002, n. 4309/2008 e n. 4311/2008 ed altre).

2.2.- Quanto alle asserite violazioni di legge, la ricorrente prospetta come tali censure che in realtà attengono al merito della controversia: cioè al significato da attribuire al comportamento delle parti, ed in particolare a quello della locatrice, ed all’accertamento dei presupposti di fatto rilevanti al fine di dimostrare l’adesione della stessa alla risoluzione anticipata del rapporto: questioni il cui accertamento è rimesso esclusivamente alla discrezionale valutazione del giudice di merito ed è suscettibile di censura in sede di legittimità solo sotto il profilo delle eventuali insufficienze, illogicità o contraddittorietà della motivazione, che nella specie non sono state specificamente dedotte ed illustrate, nè sono state sintetizzate in appositi quesiti.

La ricorrente non precisa, per esempio, se, in quale sede e tramite quali atti abbia sottoposto all’attenzione del giudice di merito le circostanze di fatto che dimostrerebbero la sua impossibilità di formulare riserve all’atto della restituzione dell’immobile: cioè il fatto che il conduttore se ne sarebbe andato alla chetichella, riconsegnando le chiavi solo per posta e rendendosi irreperibile.

Solo a fronte di tali specifiche deduzioni avrebbe potuto addebitare alla Corte di appello l’insufficiente od illogica motivazione sul punto.

Risulta piuttosto dall’espositiva in fatto della sentenza impugnata che la restituzione dell’immobile era stata preannunciata dal conduttore alla locatrice con lettera raccomanda 8.11.2003 – cioè quasi due mesi prima del rilascio, avvenuto il 31.12.2003 – termine indubbiamente inferiore a quello prescritto dalla legge per il preavviso, ma tuttavia sufficiente a consentire alla locatrice di formulare per tempo tutte le sue riserve e manifestare la sua opposizione all’anticipata risoluzione.

La giurisprudenza citata dalla ricorrente non è significativa, poichè attiene alle modalità prescritte dalla legge per provvedere alla formale restituzione dell’immobile, qualora la controparte vi faccia opposizione (cfr. Cass. 28 gennaio 2013 n. 1887).

Nella specie è indubbio che l’immobile sia tornato in possesso della locatrice alla fine del 2003; tanto è vero che essa ebbe a visitarlo, dopo la restituzione, per accertare in quali condizioni si trovasse.

La questione qui controversa attiene invece all’accertamento se la locatrice abbia o meno manifestato il suo consenso alla restituzione anticipata, rinunciando ad esigere il rispetto del termine di preavviso: questione a cui la Corte di appello ha dato risposta positiva, con accertamento in fatto congruamente motivato, non censurabile e di fatto non censurato, considerata l’inammissibilità dei motivi di ricorso fondati sul vizio di motivazione.

La Corte di appello ha precisato di avere attribuito effetti non al mero silenzio della locatrice, bensì al suo comportamento di accettazione incondizionata della restituzione dell’immobile e delle chiavi, senza formulare riserva alcuna: in un caso simile la Corte di cassazione è giunta a soluzione opposta sullo specifico rilievo che “La proprietaria dell’immobile…….aveva accettato con riserva la riconsegna anticipata (Cass. civ. Sez. 3, 12 aprile 2006 n. 8616).

3.- Il terzo ed il quarto motivo denunciano entrambi l’erronea applicazione dell’articolo 1957 cod. civ., per avere la Corte di appello ritenuto la norma applicabile al caso di specie, pur se la clausola n. 20 del contratto di locazione dispone che la fideiussione doveva garantire “il completo assolvimento di ogni onere diretto e indiretto, derivante dalla conduzione …dell’appartamento in epigrafe, con relative pertinenze”.

Il terzo motivo richiama Cass. n. 16233/2005 e n. 6520/1996), secondo cui l’articolo 1957, non si applica, qualora la durata della fideiussione sia correlata non alla scadenza dell’obbligazione principale, ma al suo integrale soddisfacimento e sostiene che la garante era tenuta al pagamento in solido anche degli eventuali obblighi risarcitori, il cui adempimento sarebbe scaduto solo a seguito del loro accertamento.

Il quarto motivo sostiene che – essendo stato convenuto fra le parti un canone annuale, che solo per comodità del conduttore è stato suddiviso in rate mensili – il termine di decadenza avrebbe dovuto farsi decorrere dalla scadenza annuale del canone e non dalle singole rate mensili. (Richiama a supporto Cass. n. 2301/2004).

4.- I due motivi non sono fondati.

4.1.- Il terzo motivo pone un problema di interpretazione del contratto di locazione, ed in particolare della clausola n. 20, problema che la Corte di appello ha risolto nel senso che il riferimento al “completo assolvimento di ogni onere…” ha la funzione di specificare l’oggetto della garanzia; non quella di protrarre la durata dell’obbligo del fideiussore.

La ricorrente non prospetta alcuna ragione per la quale tale interpretazione – che peraltro è frutto della discrezionale valutazione del giudice di merito – sarebbe in contrasto con le norme di legge.

Si limita a richiamare alcune decisioni giurisprudenziali che non appaiono in termini, poichè attengono a fattispecie peculiari – come i contratti di appalto di costruzioni o di opere complesse – ove l’esigenza di assicurare al committente l’esatta e completa esecuzione dell’opera ha condotto ad individuare contratti atipici di garanzia sottratti all’applicazione dell’ordinaria disciplina della fideiussione. In caso di specie non prospetta alcuna esigenza del genere.

4.2.- Quanto alla decorrenza del termine di garanzia ed al problema posto con il quarto motivo di ricorso, il principio applicabile è che il termine comincia a decorrere dalla data in cui il creditore è posto in condizione di esigere dal debitore la prestazione garantita.

Lo scopo del termine di decadenza di cui all’articolo 1957 cod. civ., è quello di evitare che il fideiussore si trovi esposto all’aumento indiscriminato degli oneri inerenti alla sua garanzia, per il fatto che il creditore non si sia tempestivamente attivato al primo manifestarsi dell’inadempimento, lasciando incrementare l’importo del debito, magari proprio contando sulla responsabilità solidale del fideiussore.

Il termine di decadenza, pertanto, decorre dalla data in cui la prestazione garantita diviene legittimamente esigibile. Ciò può avvenire sia con riguardo al mancato pagamento del debito nel suo complesso, sia con riguardo al mancato pagamento delle singole rate in cui il pagamento sia stato suddiviso, qualora l’obbligo della prestazione presenti un sufficiente grado di autonomia per potersi considerare esigibile anche prima ed indipendentemente della scadenza della prestazione complessiva (cfr. Cass. civ. Sez. 3, 6 febbraio 2004 n. 2301).

Una tale autonomia è ravvisabile nella prestazione avente ad oggetto il pagamento delle singole rate del canone annuo pattuito per la locazione (cfr., proprio con riferimento a questo caso, Cass. civ. Sez. 3, 6 agosto 2002 n. 11759); tanto più quando si consideri che la legge autorizza il locatore ad agire per la risoluzione del contratto decorsi venti giorni dalla scadenza del canone inadempiuto (Legge 27 luglio 1978, n. 392, articolo 5).

5.- Il ricorso deve essere respinto.

6.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in euro 3.200,00 – di cui euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi – in favore di (OMISSIS) ed euro 2.800,00 – di cui euro 200,00 per esborsi ed euro 2.600,00 per compensi – in favore di (OMISSIS); oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori di legge.

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