Ordinanza 16087/2018
Transazione stipulata tra il creditore ed un coobbligato solidale
L’art. 1304, comma 1, c.c. si riferisce unicamente alla transazione che abbia ad oggetto l’intero debito, e non la sola quota del debitore con cui è stipulata, poiché è la comunanza dell’oggetto della transazione che comporta, in deroga al principio per cui il contratto produce effetti soltanto tra le parti, la possibilità per il condebitore solidale di avvalersene, pur non avendo partecipato alla sua stipulazione; né la conseguente riduzione dell’ammontare dell’intero debito, pattuita in via transattiva con uno solo dei debitori, ma operativa anche nei confronti del condebitore che dichiari di voler profittare, può essere impedita dalla pattuizione di una clausola di contrario tenore, essendo inibito alle parti contraenti disporre del diritto potestativo attribuito dalla legge ad un terzo estraneo al vincolo negoziale ed esercitabile, come tale, anche nel corso del processo, senza alcun requisito particolare di forma né limiti di decadenza.
Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 18-6-2018, n. 16087 (CED Cassazione 2018)
Art. 1965 cc (Transazione – Nozione) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
- Con atto di citazione notificato il 24 marzo 1997, (OMISSIS) convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Benevento, la (OMISSIS), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per effetto del comportamento illecito del dipendente della banca, (OMISSIS), concretatosi nell’impossessamento delle somme depositate su due libretti bancari, per un totale di Lire 500.000.000 circa. L’istituto di credito, onde essere manlevato dalla domanda attorea, evocava in giudizio il (OMISSIS), che si costituiva contestando gli addebiti rivolti nei suoi confronti. Interveniva altresì volontariamente, nel giudizio, (OMISSIS), titolare di uno dei due libretti e fideiussore di (OMISSIS), la quale aderiva alla domanda proposta dall’attore.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 1415/2007, accoglieva la domanda attorea, e per l’effetto condannava la (OMISSIS) a pagare, a favore di (OMISSIS), la somma di Euro 251.107,22, ponendo, quindi, in accoglimento della domanda di garanzia, tale importo a carico del (OMISSIS). Condannava, inoltre, il (OMISSIS) e la (OMISSIS) a pagare la somma di Euro 103.753,25, a favore della (OMISSIS), per l’utilizzo del conto corrente n. (OMISSIS), acceso presso il medesimo istituto di credito.
- Con sentenza n. 1018/2014, depositata il 6 marzo 2014, la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda proposta dal (OMISSIS) in prime cure, dichiarando assorbita la domanda di garanzia proposta dalla banca nei confronti del (OMISSIS), confermava la condanna del (OMISSIS) e della (OMISSIS) al pagamento somma di Euro 103.753,25, a favore della (OMISSIS) (poi (OMISSIS)), e dichiarava assorbito l’appello incidentale proposto da questi ultimi, diretto ad ottenere una diversa quantificazione degli interessi. Il giudice di appello riteneva che la transazione, stipulata in data 28 febbraio 2000, tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), avesse estinto ogni pretesa anche nei confronti della banca, avendo la medesima dichiarato – nel corso del giudizio di primo grado – di volersene avvalere, ai sensi dell’articolo1304 c.c., comma 1. Nel giudizio di appello interveniva la (OMISSIS) s.r.l., quale cessionaria del credito vantato dalla (OMISSIS).
- Per la cassazione di tale sentenza hanno, quindi, proposto ricorso (OMISSIS) ed (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS), di (OMISSIS) e della (OMISSIS) s.r.l., affidato a due motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
- Con il primo motivo di ricorso, (OMISSIS) ed (OMISSIS) denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1304 cod. civ. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
1.1. i ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte d’appello non abbia ritenuto tardiva la dichiarazione della banca di voler profittare della transazione in data 28 febbraio 2000 – intercorsa tra (OMISSIS) e (OMISSIS), a cui favore il tribunale aveva liquidato il risarcimento del danno subito per effetto dell’illecita appropriazione di somme, depositate su di un libretto bancario, da parte del (OMISSIS) – sebbene tale dichiarazione fosse stata effettuata dall’istituto di credito soltanto nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, e ad onta del fatto la transazione in questione fosse stata prodotta nel corso del giudizio.
1.2. Il motivo è infondato.
1.2.1. La dichiarazione del condebitore di voler profittare della transazione stipulata con il creditore dal condebitore in solido ai sensi dell’articolo 1304 c.c., comma 1, non costituisce, invero, un’eccezione da far valere nei tempi e nei modi processuali ad essa pertinenti, bensì un diritto potestativo esercitabile anche nel corso del processo, senza alcun requisito particolare di forma nè limiti di decadenza (Cass., 25/09/2014, n. 20250; Cass., 23/02/2005, n. 3747). Tale diritto – proprio in quanto è rimesso all’arbitrio del decidente, nel che si sostanzia il suo essere un diritto potestativo ben può essere esercitato, dunque, anche nell’ipotesi, ricorrente nella specie, in cui la parte abbia diversamente atteggiato, in precedenza, la propria difesa.
1.2.2. Ne discende che correttamente il giudice di appello ha considerato tempestiva la dichiarazione dell’istituto di credito di volersi avvalere della transazione suddetta. La doglianza va, di conseguenza, disattesa.
- Con il secondo motivo di ricorso, il (OMISSIS) e la (OMISSIS) denunciano la violazione e falsa applicazione e dell’art. 1304 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.
2.1. Gli istanti censurano l’impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la transazione, stipulata in data 28 febbraio 2000, tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), avesse estinto ogni pretesa anche nei confronti della banca, benchè il (OMISSIS) avesse agito esclusivamente nei confronti di quest’ultima, e non nei confronti del dipendente (OMISSIS), con estensione della domanda nei confronti dell’istituto di credito datore di lavoro. La diversità della responsabilità fatta valere dal (OMISSIS) in giudizio, derivante dal disposto dell’articolo 2049 c.c., rispetto a quella del dipendente agente, scaturente dall’articolo 2043, ancorchè originate dallo stesso illecito, comporterebbe, pertanto, che l’estinzione della seconda – in forza di transazione – non potrebbe estendersi alla prima.
2.2. La doglianza è infondata.
2.2.1. Premesso, infatti, che le responsabilità del datore di lavoro e del dipendente danneggiante hanno natura di responsabilità solidali, ai sensi degli articoli 2049 e 2055 c.c. (Cass., 05/07/2017, n. 16512; Cass., 01/12/2016, n. 24567), va osservato che l’articolo 1304 c.c., comma 1, si riferisce unicamente alla transazione che abbia ad oggetto l’intero debito, e non la sola quota del debitore con cui è stipulata, poichè è la comunanza dell’oggetto della transazione che comporta, in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetti solo tra le parti, la possibilità per il condebitore solidale di avvalersene pur non avendo partecipato alla sua stipulazione. Nè la conseguente riduzione dell’ammontare dell’intero debito, pattuita in via transattiva con uno solo dei debitori, ma operativa anche nei confronti del condebitore che dichiari di volerne profittare, può essere impedita dalla pattuizione di una clausola di contrario tenore, essendo inibito alle parti contraenti disporre del diritto potestativo attribuito dalla legge ad un terzo estraneo al vincolo negoziale (Cass. Sez. U, 30/12/2011, n. 30174; Cass., 07/10/2015, n. 20107; Cass., 17/11/2016, n. 23418).
2.2.2. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha – con ampia ed adeguata motivazione in fatto – accertato che, nell’atto di transazione del 28 febbraio 2000, premesso che il (OMISSIS) aveva nei confronti del (OMISSIS) “varie partite già azionate in sede civile e penale”, il medesimo espressamente affermava “di non aver altro a pretendere per nessun titolo o ragione nei confronti di (OMISSIS) (…) o di chiunque altro possa avere causa dalla creditoria originaria, ad eccezione della (OMISSIS) nei cui confronti è già pendente giudizio di accertamento di responsabilità oggettiva” (p.12). Ebbene, la Corte territoriale ha, in primis, correttamente ritenuto – facendo applicazione dei principi suesposti – che la clausola di esclusione della banca dalla transazione non possa impedire alla medesima di esercitare il proprio diritto potestativo di profittare della transazione, ai sensi dell’articolo 1304 c.c., comma 1.
Il giudice di appello ha, inoltre, condivisibilmente ritenuto che l’oggetto della transazione fosse l’intera posizione debitoria gravante sul (OMISSIS) e sulla banca datrice di lavoro, e non la sola quota del condebitore solidale con l’istituto di credito, atteso l’inequivoco riferimento a tutti gli aventi causa dalla “creditoria originaria”, ossia della pretesa creditoria originaria vantata dal (OMISSIS), dalla quale sono scaturite sia le diverse azioni (opposizione a decreto ingiuntivo, denunce penali) proposte dal (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS), sia lo stesso giudizio incardinato dal medesimo nei confronti della banca, nel quale il dipendente è stato evocato in garanzia. La Corte ne ha tratto, pertanto, il ragionevole e motivato convincimento che non vi fossero dubbi in ordine all’estinzione anche della pretesa azionata dal (OMISSIS) nei confronti dell’istituto di credito.
2.3. La censura non può, di conseguenza, trovare accoglimento.
- Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione degli intimati.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 20 aprile 2018