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Cassazione Civile 1620/2016 – Espropriazione contro il terzo proprietario – Debitore diretto – Legittimazione passiva nell’azione esecutiva

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Sentenza 1620/2016

Espropriazione contro il terzo proprietario – Debitore diretto – Legittimazione passiva nell’azione esecutiva

In tema di espropriazione contro il terzo proprietario, il debitore diretto, pur non legittimato passivo dell’azione esecutiva avente ad oggetto il bene di proprietà del terzo, è tuttavia parte necessaria poiché partecipa al relativo procedimento a titolo diverso da quello del proprietario e deve essere sentito quando le norme regolatrici della procedura lo prevedano, in quanto portatore dell’interesse a far valere le sue eventuali ragioni nei confronti del creditore e, comunque, a far sì che l’espropriazione si concluda nel modo più vantaggioso per quest’ultimo. La dichiarazione di fallimento di quel debitore, inoltre, non impedisce l’instaurazione e la prosecuzione della procedura verso il terzo acquirente, assicurandosi la presenza ivi del primo tramite la partecipazione del curatore, salvo che non risulti configurabile un suo interesse a contrastare in proprio la pretesa azionata in giudizio per l’eventualità che la stessa sia fatta valere anche nei suoi confronti, una volta ritornato “in bonis”.

Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 28 gennaio 2016, n. 1620  (CED Cassazione 2016)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

  1. – Con convenzione del 27 giugno 1977, il Comune di Avellino cedette al Consorzio (OMISSIS) Coop a r.l., ai sensi della Legge 22 ottobre 1971, n. 865, articolo 35 le aree edificabili incluse nel piano di zona del comprensorio (OMISSIS), da destinare alla costruzione di alloggi per i lavoratori addetti alle industrie localizzate nell’agglomerato di (OMISSIS).

Per il finanziamento dell’opera, il 25 settembre 1980 l'(OMISSIS) stipulò con la (OMISSIS) S.p.a. un contratto di mutuo fondiario, garantito da ipoteca sui fabbricati in corso di realizzazione, iscritta il 29 settembre 1982.

Con delibera del 5 dicembre 1980, il consiglio di amministrazione dell'(OMISSIS) assegnò gli alloggi alla Cooperativa Edilizia (OMISSIS) a r.l. affinchè provvedesse alla assegnazione provvisoria ai soci, alla quale fece seguito l’assegnazione definitiva, disposta dalla competente Commissione con atti dell’8 marzo e del 22 maggio 1982.

Non avendo l'(OMISSIS) adempiuto gli obblighi derivanti dalla cessione, il Comune la convenne dinanzi al Tribunale di Avellino, con atto di citazione notificato il 3 marzo 1986 e trascritto il 27 aprile 1986, chiedendo la risoluzione dell’atto di cessione.

Con atto del 30 dicembre 1989, l'(OMISSIS) fu poi assorbito dal Consorzio di Cooperative (OMISSIS), che con scrittura privata del 6 agosto 1990 assegnò in proprietà gli alloggi alla Cooperativa Edilizia (OMISSIS) a r.l., la quale, con atto del 10 settembre 1990, trasferì a sua volta il complesso immobiliare alla (OMISSIS) S.r.l.

Con sentenza dell'(OMISSIS), il Tribunale di Roma dichiarò nullo l’atto d’incorporazione dell'(OMISSIS) nel Consorzio (OMISSIS) e pronunciò il fallimento dello (OMISSIS).

Ciò nonostante, con decreto del 31 luglio 1997, il Tribunale di Milano, su ricorso della (OMISSIS), ingiunse al Consorzio fallito il pagamento dell’importo di lire 9.171.538.687, oltre interessi, a titolo di rimborso della somma concessa in mutuo.

Sulla base del predetto decreto, notificato al Consorzio fallito e dichiarato esecutivo il 2 novembre 1997, la (OMISSIS) procedette poi ad esecuzione forzata nei confronti della (OMISSIS), in qualità di terzo acquirente degl’immobili ipotecati, con atto notificato il 3 giugno 1998 e trascritto l’11 giugno 1998.

Con sentenza del 22 maggio 2002, il Tribunale di Avellino pronunciò infine la risoluzione della convenzione stipulata tra il Comune e l'(OMISSIS).

  1. – Con ricorso depositato il 27 dicembre 2004, la (OMISSIS) propose opposizione di terzo all’esecuzione intrapresa dalla (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS), deducendo l’improcedibilità dell’azione esecutiva, promossa in pendenza del fallimento, la nullità del titolo esecutivo, emesso nei confronti del fallito, l’inopponibilità dell’iscrizione ipotecaria, non rinnovata, e l’inopponibilità del pignoramento nei confronti di essa ricorrente e del Comune, avuto riguardo all’intervenuta risoluzione della cessione e all’invalidità dei trasferimenti posti in essere dall’ (OMISSIS).

Si costituirono la (OMISSIS), che aderì all’opposizione, e l’ (OMISSIS) S.p.a. (in qualità di procuratrice della (OMISSIS) S.p.a., che aveva nel frattempo incorporato la (OMISSIS)), che resistette alla domanda.

Fu inoltre disposta la notificazione del ricorso al Comune di Avellino, che si costituì, aderendo all’opposizione.

2.1. – Il Tribunale di Avellino, dopo aver disposto la sospensione dell’esecuzione, con sentenza del 14 aprile 2008 accolse parzialmente la domanda.

A fondamento della decisione, il Tribunale, per quanto ancora rileva in questa sede, escluse innanzitutto la necessità d’integrare il contraddittorio nei confronti dell'(OMISSIS), ritenendo sufficiente la notifica dell’atto di opposizione al curatore del fallimento, in quanto il fallito non poteva assumere personalmente la veste di parte processuale. Rilevato inoltre che nella memoria di replica depositata ai sensi dell’articolo 190 cod. proc. civ. l’ (OMISSIS) aveva contestato la legittimazione della (OMISSIS), ritenne superfluo l’espletamento di un’apposita istruttoria al riguardo, in considerazione della tardività della contestazione e della conseguente esclusione della necessità di procedere ad accertamenti d’ufficio, osservando comunque che la legittimazione della ricorrente era comprovata dalla documentazione prodotta.

Premesso poi che, in qualità di terzo, l’opponente non era legittimata a far valere l’invalidità del titolo esecutivo ed i vizi formali della procedura, ma solo il proprio diritto reale sul bene assoggettato ad esecuzione, e precisato altresì che l’opposizione non era configurabile necessariamente come un’azione di rivendica o di accertamento della proprietà, rilevò che l’ipoteca a favore della (OMISSIS), pur essendo stata iscritta in epoca anteriore alla trascrizione della domanda di risoluzione, con la conseguente applicabilità dell’articolo 2652 c.c., n. 1, era divenuta inefficace fin dall’origine, non essendosi provveduto alla rinnovazione dell’iscrizione entro il ventennio, con la conseguenza che non era più opponibile al Comune di Avellino. Ritenne ininfluente, a tal fine, l’individuazione del soggetto tenuto alla rinnovazione dell’iscrizione, affermando comunque che l’istituto interessato era tenuto a vigilare sull’effettuazione di tale adempimento ed a provvedervi direttamente, in caso di omissione del Conservatore dei registri immobiliari. Dichiarò pertanto illegittima l’esecuzione, indipendentemente dalla mancata trascrizione della sentenza di risoluzione della convenzione stipulata tra l'(OMISSIS) e il Comune, osservando comunque che l’ipoteca concessa dall’assegnatario di aree espropriate ai sensi della Legge n. 865 del 1971, articolo 35 si costituisce e prende grado nel momento in cui il Comune acquista la proprietà dell’area, ma è destinata ad estinguersi in caso di decadenza o risoluzione della convenzione.

  1. – Avverso la predetta sentenza l’ (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tredici motivi, illustrati anche con memoria. Hanno resistito con controricorsi, illustrati anche con memorie, il Comune di Avellino e la (OMISSIS), quest’ultima proponendo anche ricorso incidentale, affidato ad un solo motivo. La (OMISSIS) ed il curatore del fallimento non hanno svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. – Con i primi due motivi d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione degli articoli 101, 291 e 619 cod. proc. civ., del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articolo 43 e del Regio Decreto n. 646 del 1905, articolo 42 nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la necessità d’integrare il contraddittorio nei confronti dello (OMISSIS), senza considerare che, nel caso di azione esecutiva individuale promossa da un istituto di credito fondiario in pendenza del fallimento del debitore, la legittimazione passiva spetta esclusivamente a quest’ultimo, anzichè al curatore.
  2. – Con il terzo ed il quarto motivo, la ricorrente deduce la violazione o la falsa applicazione degli articoli 99, 100, 101, 291 e 619 cod. proc. civ., nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel riconoscere alla (OMISSIS) la legittimazione a proporre opposizione di terzo all’esecuzione, la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell’intervenuta assegnazione degli alloggi ai soci, pacificamente divenuti proprietari degli immobili pignorati.
  3. – Con il quinto motivo, la ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione dell’articolo 2900 cod. civ. e degli articoli 81 e 100 cod. proc. civ., affermando che, nel ritenere la (OMISSIS) legittimata ad agire in surroga del Comune di Avellino, la sentenza impugnata non ha tenuto conto del difetto di legittimazione di quest’ultimo, che, avendo trasferito ai soci della Cooperativa la proprietà dei beni ipotecati, non aveva titolo a proporre opposizione nè a spiegare intervento nel giudizio a sostegno delle domande proposte in sua sostituzione, essendo stata la procedura promossa correttamente nei confronti della (OMISSIS), che all’epoca del pignoramento risultava proprietaria degli immobili.
  4. – Con il sesto motivo, la ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione del Regio Decreto n. 646 del 1905, articolo 19 e della L.F., articoli 45, 94 e 96, osservando che, nel dichiarare inefficace l’iscrizione ipotecaria, la sentenza impugnata non ha considerato che la stessa aveva avuto luogo a garanzia di un mutuo fondiario assoggettato alla disciplina dettata dall’articolo 19 cit., il quale, prevedendo la rinnovazione d’ufficio dell’iscrizione, escludeva la possibilità di porre a carico di essa creditrice le conseguenze dell’omissione del Conservatore. L’inefficacia sopravvenuta dell’iscrizione non escludeva d’altronde la possibilità di procedere ad una nuova iscrizione, non incidendo sull’esistenza e sulla natura del credito, derivante da un atto avente efficacia di titolo esecutivo.
  5. – Con il settimo e l’ottavo motivo, la ricorrente deduce la violazione o la falsa applicazione degli articoli 2847, 2913, 2914, 2915, 2916 e 2943 cod. civ. e della L.F., articolo 45, nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel dichiarare l’inefficacia dell’ipoteca, la sentenza impugnata si è limitata a richiamare un precedente giurisprudenziale di merito, che ricollegava tale effetto alla mancata rinnovazione dell’iscrizione, senza considerare che l’intervenuta scadenza del relativo termine dev’essere valutata in riferimento alla data d’inizio della procedura esecutiva, la cui instaurazione si configura, sotto il profilo sostanziale, come atto interruttivo della perenzione.
  6. – Con il nono ed il decimo motivo, la ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione degli articoli 2697 e 2851 cod. civ., nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nel dichiarare l’inefficacia dell’iscrizione ipotecaria, la sentenza impugnata non ha tenuto conto del rilievo, formulato da essa ricorrente nella memoria di replica depositata ai sensi dell’articolo 190 cod. proc. civ., secondo cui la prova della mancata rinnovazione dell’iscrizione non era stata fornita mediante una certificazione rilasciata dall’ufficio competente, ma attraverso una relazione notarile, che, oltre a non avere carattere ufficiale, risultava palesemente incompleta, in quanto redatta sulla base di visure eseguite soltanto nei confronti dell'(OMISSIS) e priva di qualsiasi riferimento ai successivi proprietari, nei confronti dei quali l’iscrizione avrebbe dovuto essere rinnovata.
  7. – Con l’undicesimo motivo, la ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione degli articoli 2643, 2644, 2645, 2650, 2651, 2652 e 2655 cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto superflua la verifica dell’avvenuta trascrizione della sentenza di risoluzione della convenzione stipulata tra l'(OMISSIS) ed il Comune, senza considerare che, in mancanza di detta trascrizione, gli effetti prenotativi della trascrizione della domanda giudiziale sarebbero rimasti inopponibili ai terzi.
  8. – Con il dodicesimo ed il tredicesimo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli articoli 2822, 1357, 938, 1458 e 2816 cod. civ., della Legge 25 marzo 1982, n. 94, articolo 5 del Decreto Legge 13 agosto 1975, n. 376, articolo 10 ter convertito in Legge 16 ottobre 1975, n. 492 della Legge 1 novembre 1975, n. 166 e della Legge 27 ottobre 1988, n. 458, articolo 3 nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel ricollegare alla risoluzione della convenzione l’estinzione dell’ipoteca, la Corte di merito non ha considerato che, in quanto concessa a garanzia di un mutuo agevolato, l’ipoteca era stata validamente iscritta dopo la trascrizione della convenzione, in deroga all’articolo 2822 cit., ed era destinata ad acquistare efficacia al momento stesso dell’acquisizione delle aree da parte del Comune, senza ulteriori formalità. La sentenza impugnata ha inoltre omesso di rilevare che l’acquisto della proprietà dei suoli da parte del Comune aveva avuto luogo a titolo originario, per effetto dell’irreversibile trasformazione determinata dalla realizzazione degli alloggi da parte dell'(OMISSIS), con la conseguente impossibilità della caducazione dell’iscrizione ipotecaria a seguito della risoluzione della convenzione. In ogni caso, trattandosi di un rapporto di durata, la risoluzione per inadempimento non spiegava efficacia retroattiva, e non poteva pertanto pregiudicare i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione, nella specie eseguita successivamente all’iscrizione dell’ipoteca. Peraltro, l’acquisto della proprietà del suolo da parte del Comune, determinando la riunione del diritto di proprietà e di quello di superficie, comportava l’applicabilità dell’articolo 2816 c.c., comma 2, con la conseguente sopravvivenza dell’ipoteca.
  9. – Il secondo, il quarto, l’ottavo, il decimo ed il tredicesimo motivo, con cui la ricorrente ripropone, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, le medesime censure sollevate in riferimento al n. 3 della medesima disposizione rispettivamente con il primo, il terzo, il settimo, il nono ed il dodicesimo motivo, sono inammissibili, non rispettando le prescrizioni dettate dall’articolo 366 bis cod. proc. civ. ai fini della deduzione del vizio di motivazione.

L’illustrazione dei motivi non risulta infatti accompagnata dall’indicazione dei fatti controversi in relazione ai quali la ricorrente lamenta l’omissione o la contraddittorietà della motivazione nè dalla specificazione delle ragioni per cui la dedotta insufficienza della motivazione la renderebbe inidonea a giustificare la decisione adottata. Tale indicazione, prescritta a pena d’inammissibilità dall’articolo 366-bis cit., postula che le censure sollevate con il ricorso per cassazione siano precedute o seguite da un momento di sintesi, omologo al quesito di diritto richiesto dalla medesima disposizione nei casi di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 1 – 4, idoneo a circoscrivere l’oggetto ed i limiti dell’impugnazione, e quindi ad evitare che la formulazione del ricorso ingeneri incertezze in sede di valutazione della sua ammissibilità e fondatezza (cfr. Cass., Sez. lav., 25 febbraio 2009, n. 4556; Cass., Sez. 3, 4 febbraio 2008, n. 2652; 7 aprile 2008, n. 8897). L’osservanza di tale requisito, pur non essendo soggetta a rigidi canoni formali, presuppone che in una parte del motivo o comunque del ricorso a ciò specificamente e riassuntivamente destinata la parte enuclei, dal complesso delle argomentazioni svolte a sostegno della censura, il fatto al cui accertamento la stessa si riferisce e le ragioni che la sorreggono, in modo da consentire di individuare ictu oculi la questione sottoposta all’esame del Giudice di legittimità (cfr. Cass., Sez. 111, 30 dicembre 2009, n. 27680; Cass., Sez. lav., 25 febbraio 2009, n. 4556, cit.). Questa esigenza non può quindi ritenersi soddisfatta allorquando, come nella specie, tale individuazione non costituisca oggetto di un’opera di puntualizzazione compiuta dallo stesso ricorrente, ma sia possibile soltanto attraverso la lettura integrale della complessiva illustrazione del motivo, configurandosi pertanto come il risultato di un’attività interpretativa rimessa al lettore.

  1. – Il primo motivo è invece infondato.

È infatti pacifico che il procedimento esecutivo avverso il quale la (OMISSIS) ha proposto opposizione è stato promosso nei confronti della (OMISSIS), in qualità di soggetto che all’epoca della sua instaurazione risultava proprietario degl’immobili pignorati, avendoli acquistati dalla Cooperativa (OMISSIS), che li aveva ottenuti in assegnazione dal Consorzio (OMISSIS); quest’ultimo ne era poi divenuto proprietario per effetto dell’incorporazione del Consorzio (OMISSIS), che, dopo averli realizzati sulle aree assegnategli in diritto di superficie dal Comune, li aveva a sua volta assegnati alla Cooperativa (OMISSIS). Il titolo in virtù del quale la (OMISSIS) ha proceduto ad esecuzione forzata è invece costituito dal decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti dell'(OMISSIS) per il pagamento delle rate del mutuo fondiario concesso al Consorzio e garantito da ipoteca iscritta sugli immobili pignorati.

Trova pertanto applicazione il principio, più volte affermato da questa Corte in riferimento all’espropriazione contro il terzo proprietario, secondo cui il debitore diretto, pur non essendo legittimato passivo dell’azione esecutiva, avente ad oggetto il bene di proprietà del terzo, è parte necessaria del procedimento esecutivo, al quale partecipa a titolo diverso da quello del proprietario, dovendo essere sentito, ai sensi dell’articolo 604 c.p.c., comma 2, ogni qualvolta le norme regolatrici del procedimento prevedano questa garanzia a favore del debitore (cfr. Cass., Sez. 3, 17 gennaio 2012, n. 535). Tale partecipazione trova la sua giustificazione nell’interesse, indubbiamente vantato dal debitore diretto, a far valere le proprie eventuali ragioni nei confronti del creditore, e comunque a far sì che l’espropriazione si concluda nel modo più vantaggioso per quest’ultimo, così che lo stesso possa soddisfarsi interamente o nella maggior misura possibile sul bene del terzo, e le conseguenze negative sul suo patrimonio rimangano escluse, o comunque limitate al massimo: è per questo motivo che al debitore è stata riconosciuta anche la posizione di legittimo e necessario contraddittore in sede di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi (salvo che queste ultime riguardino esclusivamente la regolarità formale degli atti della procedura), con la conseguenza che le sentenze emesse senza che egli sia stato evocato in giudizio debbono considerarsi inutiliter datae (cfr. Cass., Sez. III, 29 dicembre 2011, n. 29748; 29 settembre 2004, n. 19562). Il principio in esame è stato ritenuto applicabile anche all’ipotesi in cui il debitore diretto sia stato dichiarato fallito, essendo stato affermato che, in quanto riguardante un soggetto diverso dal proprietario del bene pignorato, tale evento non impedisce l’instaurazione e la prosecuzione della procedura nei confronti del terzo acquirente, con la precisazione che la presenza del fallito nell’ambito della stessa è assicurata dalla partecipazione del curatore (cfr. Cass., Sez. 1, 7 marzo 1975, n. 838). La giurisprudenza più recente ha poi chiarito che tale partecipazione deve considerarsi sufficiente ad escludere la necessità dell’integrazione del contraddittorio nei confronti del fallito, a meno che non risulti configurabile un interesse di quest’ultimo a contrastare in proprio la pretesa azionata in giudizio, per l’eventualità che la stessa sia fatta valere anche nei suoi confronti, una volta che egli sia ritornato in bonis: tale interesse può essere tuttavia ravvisato soltanto nell’ipotesi, nella specie non ricorrente, in cui il creditore opposto adduca l’insufficienza dei pagamenti conseguiti in sede fallimentare, a fronte del più ampio oggetto del proprio credito rispetto ai limiti della pretesa azionabile verso il curatore, ovvero il terzo assoggettato all’esecuzione opponga il carattere pienamente satisfattivo dei pagamenti conseguiti nella predetta sede (cfr. Cass., Sez. 3, 22 marzo 2011, n. 6546).

Non può dunque condividersi la tesi, sostenuta dalla ricorrente anche attraverso il richiamo ad una pronuncia ormai risalente, secondo cui, nell’ipotesi di prosecuzione dell’esecuzione individuale da parte di un istituto di credito fondiario, nonostante la dichiarazione di fallimento del debitore, l’autonomia delle due procedure impone di riconoscere esclusivamente a quest’ultimo, anzichè al curatore, la legittimazione a ricevere gli atti della procedura ed a proporre opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi (cfr. Cass., Sez. 1, 11 marzo 1987, n. 2532: tale affermazione non risulta d’altronde pertinente alla fattispecie in esame, riferendosi ad un caso diverso, e precisamente a quello in cui l’esecuzione individuale, avente ad oggetto un bene di proprietà del fallito, sia instaurata o proseguita nei confronti di quest’ultimo, nonostante la dichiarazione di fallimento, in virtù della speciale facoltà accordata agli istituti di credito fondiario dal Regio Decreto 16 luglio 1905, n. 646, articolo 42 riprodotto dal Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 41, comma 2. Non merita pertanto censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che la partecipazione al giudizio del curatore del fallimento fosse sufficiente ad assicurare il contraddittorio nei confronti del Consorzio (OMISSIS), non potendo quest’ultimo assumere direttamente la veste di parte processuale, per effetto della perdita della capacità di stare in giudizio, prevista dalla L.F., articolo 43.

  1. – Sono parimenti infondati il terzo ed il quinto motivo, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto la comune problematica relativa alla legittimazione della società attrice.

Premesso che la legitimatio ad causam, il cui difetto è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, trattandosi di una condizione dell’azione, consiste nel diritto potestativo di ottenere non già una sentenza favorevole, bensì una decisione di merito, e va riscontrata in base alla mera prospettazione compiuta dalla parte con riferimento al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, indipendentemente dall’effettiva titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, il cui accertamento attiene invece al merito della controversia (cfr. Cass., Sez. 2, 27 giugno 2011, n. 14177; 10 maggio 2010, n. 11284; Cass., Sez. 1, 29 settembre 2006, n. 21192; 27 luglio 2005, n. 15721), si osserva che nella specie la Cooperativa (OMISSIS) ha agito in giudizio in qualità di creditrice del Comune di Avellino, in virtù del diritto di credito derivante dall’assegnazione degli alloggi realizzati dall'(OMISSIS), facendo valere in via surrogatoria il diritto di proprietà vantato dal proprio debitore sui medesimi alloggi, per effetto della risoluzione della convenzione stipulata con il Consorzio, e contestando il diritto della (OMISSIS) di procedere ad esecuzione forzata sugl’immobili in virtù dell’ipoteca iscritta a garanzia del mutuo fondiario contratto dall'(OMISSIS).

Nel ritenere sufficiente, ai fini della proposizione dell’opposizione all’esecuzione, la deduzione della qualità di assegnataria degli alloggi, la sentenza impugnata ha richiamato il principio, più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il riferimento alla proprietà e agli altri diritti reali, contenuto nell’articolo 619 cod. proc. civ., ha carattere meramente esemplificativo, e non esclude quindi che l’opposizione di terzo all’esecuzione possa essere proposta anche sulla base di altri diritti, trattandosi non già di un’azione reale di revindica, ma di un’azione di accertamento dell’illegittimità dell’esecuzione in rapporto al suo oggetto e nei confronti del terzo che vanti sullo stesso un diritto prevalente su quello spettante al creditore procedente, avente pertanto natura personale (cfr. Cass., Sez. 3, 31 agosto 2011, n. 17876; 15 novembre 1974, n. 3649; Cass., Sez. 1, 4 novembre 1982, n. 5789). Tale principio, in realtà, non appare del tutto pertinente alla fattispecie in esame, la cui riconduzione all’ambito applicativo dell’articolo 619 cit. non richiede alcuno sforzo interpretativo, dal momento che l’opposizione della Cooperativa trova fondamento soltanto in parte nell’assegnazione degli alloggi, dedotta e-sclusivamente ai fini della surroga nelle ragioni del Comune, essendo invece volta a far valere il diritto reale vantato da quest’ultimo sugl’immobili, che, in quanto realizzati sulle aree assegnate al Consorzio in diritto di superficie ai sensi della Legge 22 ottobre 1971, n. 865, articolo 35 sono divenuti di proprietà del concedente, ai sensi dell’articolo 954 cod. civ., per effetto dell’estinzione del predetto diritto conseguente alla risoluzione della convenzione.

Tale diritto, così come la legittimazione sostitutiva della Cooperativa, non può dirsi venuto meno per effetto dell’assegnazione degli alloggi ai singoli soci, la quale non è di per sè sufficiente a determinare il trasferimento della proprietà degli immobili, ai fini del quale risulta necessario un ulteriore adempimento: nelle cooperative che fruiscono di contributo statale, tale adempimento è rappresentato dalla stipulazione del contratto di mutuo individuale, prevista dal Regio Decreto 28 aprile 1938, n. 1165, articolo 229 come fase conclusiva del procedimento pubblicistico che conduce al definitivo acquisto della proprietà dell’alloggio (cfr. Cass., Sez. 1, 5 luglio 2012, n. 11264; 11 giugno 2005, n. 12382; Cass., Sez. 2, 26 luglio 2011, n. 16305); nelle altre cooperative, è invece necessaria la conclusione di un contratto sinallagmatico di scambio, assimilabile alla compravendita, in mancanza del quale il socio deve considerarsi titolare esclusivamente di un diritto di credito nei confronti della società (cfr. Cass., Sez. 2, 24 luglio 2012, n. 12924; 23 gennaio 1982, n. 447). L’avvenuta effettuazione di tali adempimenti nella specie non risulta in alcun modo dedotta nè provata, essendosi la ricorrente limitata ad insistere anche in questa sede sulla natura della (OMISSIS) quale cooperativa a proprietà divisa, certamente incompatibile con la conservazione della titolarità degli alloggi da parte della società, ma altrettanto evidentemente inidonea a dimostrare che la fattispecie traslativa si sia già perfezionata, con il conseguente venir meno del diritto di proprietà del Comune e del diritto di credito da cui trae origine la legittimazione surrogatoria dell’attrice.

Quanto poi all’ulteriore affermazione della ricorrente, secondo cui la legittimazione a proporre l’opposizione di cui all’articolo 619 cod. proc. civ., in caso di espropriazione contro il terzo proprietario, spetta unicamente al titolare di un bene diverso da quello ipotecato, il quale deduca che il proprio bene è stato erroneamente assoggettato all’esecuzione, è sufficiente osservare che, in quanto accordato a qualsiasi soggetto diverso da quello nei confronti del quale è stata promossa l’azione esecutiva, che vanti un diritto prevalente su quello azionato dal creditore procedente, il predetto rimedio può essere utilizzato anche dal terzo che, come nella specie, affermi di essere proprietario del bene ipotecato, erroneamente sottoposto ad esecuzione nei confronti di un altro soggetto. Nessun rilievo può assumere, a tal fine, la circostanza che, nonostante l’estinzione del diritto di superficie ed il conseguente acquisto della proprietà degli alloggi da parte del Comune, per effetto della risoluzione della convenzione stipulata con l'(OMISSIS), l’ipoteca continui a gravare sugl’immobili, ai sensi dell’articolo 2816 c.c., comma 2, e possa quindi essere fatta valere anche nei confronti dell’opponente, dal momento che il creditore è tenuto a procedere ad esecuzione nei confronti del soggetto che risulta effettivamente proprietario del bene pignorato.

  1. – È altresì infondato il sesto motivo, avente ad oggetto la dichiarazione d’inefficacia dell’iscrizione ipotecaria, in conseguenza della mancata rinnovazione alla scadenza del termine ventennale fissato dall’articolo 2847 cod. civ..

La norma speciale dettata dal Regio Decreto n. 646 del 1905, articolo 19 che prevede la rinnovazione d’ufficio delle iscrizioni ipotecarie effettuate a garanzia di mutui fondiari, si limita infatti a derogare al disposto dell’articolo 2850 cod. civ., che pone a carico del creditore l’onere di richiedere la rinnovazione mediante la presentazione di apposita nota al conservatore dei registri immobiliari, senza introdurre alcuna eccezione al principio generale stabilito dal secondo periodo dell’articolo 2847 cit., secondo cui l’effetto dell’iscrizione cessa automaticamente se la stessa non è rinnovata prima che scada il predetto termine. In tal senso depone l’espresso richiamo dell’articolo 19, comma 1, ai termini stabiliti dalla legge, nonchè l’imposizione a carico dei conservatori della responsabilità per la rinnovazione d’ufficio, alla quale non potrebbe attribuirsi alcun concreto significato qualora, accedendosi alla tesi sostenuta dalla ricorrente, dovesse ritenersi che l’iscrizione conserva la sua efficacia o è destinata a rinnovarsi automaticamente alla scadenza, indipendentemente dall’effettuazione di qualsiasi adempimento da parte del conservatore. Non merita pertanto censura la sentenza impugnata, nella parte in cui, dato atto che l’iscrizione ipotecaria non era stata rinnovata prima della scadenza del relativo termine di efficacia, l’ha ritenuta inoperativa, nonostante la mancata estinzione del credito derivante dal contratto di mutuo fondiario, ed ha conseguente-mente dichiarato l’inopponibilità della garanzia al Comune, divenuto nel frattempo proprietario degli alloggi ipotecati, escludendo il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata sugli stessi. Se è vero, infatti, che, ai sensi dell’articolo 2848 cod. civ., il decorso del termine di cui all’articolo 2847 cod. civ. non impedisce al creditore di procedere ad una nuova iscrizione, in quanto la mancata rinnovazione dell’iscrizione originaria non determina l’estinzione del titolo dell’ipoteca, è anche vero, però, che la reiscrizione da luogo ad una nuova ipoteca, la quale prende grado dalla data della stessa, con la conseguente inopponibilità della garanzia ai terzi che abbiano acquistato diritti sull’immobile con atto trascritto in data anteriore alla nuova iscrizione (cfr. Cass., Sez. 3, 12 marzo 2014, n. 5628).

  1. – Quanto al settimo motivo, con cui la ricorrente contesta la necessità della reiscrizione dell’ipoteca, in virtù dell’avvenuta instaurazione del procedimento esecutivo in epoca anteriore alla scadenza del termine di cui all’articolo 2847 cod. civ., questa Corte ha già avuto modo di escludere che l’esercizio dell’azione esecutiva o l’intervento in un processo esecutivo intrapreso da altri contro il medesimo debitore costituiscano atti equipollenti alla rinnovazione dell’iscrizione o comunque idonei ad impedire il venir meno dell’efficacia della stessa.

Si è infatti osservato che la causa di prelazione acquista il rilievo che le è proprio non tanto nei rapporti tra creditore e debitore, quanto nei rapporti tra creditori concorrenti, vale a dire in sede di distribuzione del ricavato, dal momento che è solo in questa sede che viene in considerazione il diritto del creditore di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione. Per giungere a tale risultato, è tuttavia necessario che il presupposto della partecipazione al concorso con la preferenza derivante dalla prelazione ipotecaria, ovverosia la permanenza degli effetti dell’iscrizione, si mantenga fino al momento in cui al bene pignorato non si sostituisce definitivamente il prezzo ricavato dall’espropriazione. Ai fini di tale sostituzione, non sono peraltro sufficienti nè l’aggiudicazione nè la riscossione del prezzo, le quali non esauriscono le possibilità di iniziativa del creditore rispetto alla vendita coattiva, ma è necessario il trasferimento della proprietà del bene ipotecato, che si verifica soltanto a seguito del relativo decreto. L’emissione di tale provvedimento rappresenta pertanto il dato temporale di riferimento essenziale per la valutazione dell’efficacia dell’iscrizione ipotecaria, come confermano anche l’articolo 586 cod. proc. civ., che impone al giudice di disporre contestualmente la cancellazione delle iscrizioni ipotecarie, e l’articolo 2878 c.c., n. 7, che ricollega l’estinzione dell’ipoteca proprio al decreto che trasferisce all’acquirente il diritto espropriato (cfr. Cass., Sez. 3, 19 dicembre 2014, n. 26926; 14 maggio 2012, n. 7498).

  1. – Inammissibili risultano poi le censure sollevate con il nono motivo, che, in quanto aventi ad oggetto l’efficacia probatoria attribuita dalla sentenza impugnata alla documentazione attestante la mancata rinnovazione dell’iscrizione ipotecaria, mirano a sollecitare, attraverso l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, un nuovo apprezzamento degli elementi di prova, non consentito a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica e la coerenza logica della valutazione compiuta dal giudice di merito, al quale è conferito in via esclusiva il potere d’individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1, 4 novembre 2013, n. 24679; Cass., Sez. 5, 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass., Sez. 3, 9 agosto 2007, n. 17477).
  2. – Conseguentemente, non possono trovare accoglimento neppure le censure proposte con l’undicesimo motivo, le quali, riflettendo l’erronea esclusione della necessità di acquisire la prova dell’avvenuta trascrizione della sentenza con cui è stata pronunciata la risoluzione della convenzione tra il Comune e l'(OMISSIS), da cui dipende l’inopponibilità di un’eventuale nuova iscrizione all’opponente, presuppongono logicamente che si sia proceduto alla rinnovazione dell’iscrizione, che la sentenza impugnata ha ritenuto invece non effettuata, con statuizione irritualmente censurata dalla ricorrente.
  3. – Il dodicesimo motivo è infine in parte inammissibile, in parte non meritevole di accoglimento, pur dovendosi procedere, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., u.c. alla correzione della motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo risulta conforme al diritto.

Nel censurare l’affermazione secondo cui la pronuncia di risoluzione della convenzione tra il Comune e l'(OMISSIS) ha determinato l’estinzione o l’inefficacia dell’ipoteca concessa dal Consorzio a garanzia del mutuo erogato dalla (OMISSIS), la ricorrente contesta il collegamento istituito dal Tribunale tra l’acquisto a titolo derivativo del diritto di superficie sulle aree espropriate e la costituzione della garanzia, affermando che l’efficacia di quest’ultima era subordinata all’acquisizione della proprietà da parte del Comune, avvenuta invece a titolo originario, per effetto della trasformazione irreversibile conseguente alla realizzazione degli alloggi. In tal modo, peraltro, essa fa valere una circostanza che non risulta accertata dalla sentenza impugnata, e non può quindi trovare ingresso in questa sede, presupponendo un’indagine di fatto in ordine al titolo di acquisto delle aree occupate e non essendo stato precisato in quale fase ed in quale atto del precedente grado di giudizio la relativa questione sia stata sollevata (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1, 18 ottobre 2013, n. 23675; 1 marzo 2007, n. 4843; Cass., Sez. 6, 9 luglio 2013, n. 17041; Cass., Sez. 2, 29 maggio 2007, n. 12506).

L’eventuale acquisto della proprietà delle aree per effetto della c.d. accessione invertita, anzichè all’esito di un regolare procedimento di espropriazione, risulta d’altronde assolutamente indifferente ai fini della sopravvivenza della garanzia alla risoluzione della convenzione. È infatti pacifico che l’ipoteca è stata costituita sul diritto di superficie, nell’esercizio delle facoltà attribuite al Consorzio (OMISSIS) in qualità di concessionario del medesimo diritto, ed è divenuta efficace a seguito dell’acquisizione della proprietà delle aree da parte del Comune, come previsto dal Decreto Legge 23 gennaio 1982, n. 9, articolo 5, comma 15, convertito con modificazioni dalla Legge 25 marzo 1982, n. 94: ciò non significa peraltro che l’efficacia della garanzia fosse subordinata alla legittimità delle modalità di acquisto delle aree, nè che in assenza di un provvedimento ablatorio ritualmente emesso essa potesse considerarsi costituita sul diritto di proprietà, anzichè sul diritto di superficie.

L’incidenza dell’ipoteca su quest’ultimo diritto ha indotto il Tribunale a ritenere che il venir meno dello stesso, in conseguenza della pronuncia di risoluzione della convenzione stipulata tra il Consorzio ed il Comune, abbia comportato anche l’estinzione dell’ipoteca, e ciò in base all’osservazione che gli eventi ai quali la Legge n. 865 del 1971, articolo 35, comma 8, lettera y) ricollega la decadenza o la risoluzione della convenzione operano come condizioni risolutive, il cui verificarsi determina il venir meno dell’acquisto del concessionario, con effetto retroattivo, e la conseguente inefficacia degli atti di disposizione da lui compiuti, ai sensi dell’articolo 1357 cod. civ. Tale affermazione, fondata sulla disciplina generale della risoluzione, non tiene peraltro conto della norma speciale dettata in materia di superficie dall’articolo 2816 cod. civ., che nel ricollegare all’estinzione di tale diritto il venir meno delle ipoteche iscritte nei confronti del superficiario, circoscrive tale effetto alla sola ipotesi di devoluzione della superficie al proprietario del suolo per scadenza del termine di durata del relativo diritto (comma 1), prevedendo invece che in caso di riunione per altre cause dei diritti del proprietario e del superficiario nella medesima persona le ipoteche iscritte sull’uno e sull’altro diritto continuano a gravare separatamente i diritti stessi (comma 2). A quest’ultima disposizione, che la dottrina ritiene applicabile anche alla risoluzione del contratto costitutivo del diritto di superficie, fa riscontro, in materia di edilizia residenziale pubblica, quella dettata dalla Legge n. 865 del 1971, articolo 37 secondo cui, in tutti i casi di decadenza e risoluzione della convenzione stipulata tra il concessionario ed il Comune, quest’ultimo subentra nei rapporti obbligatori derivanti da mutui ipotecali concessi dagli istituti di credito per il finanziamento delle costruzioni, con l’obbligo di soddisfare sino all’estinzione le ragioni di credito dei detti istituti. Pertanto, diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata, la risoluzione della convenzione non comporta il venir meno dell’efficacia dell’ipoteca costituita dal concessionario, la quale, pur non estendendosi alla proprietà, continua a gravare sul diritto di superficie, e quindi sugli alloggi realizzati dal superficiario, a garanzia delle obbligazioni derivanti dal mutuo fondiario, per le quali il Comune è chiamato a rispondere direttamente, in conseguenza del subingresso nel relativo rapporto. La sopravvivenza dell’ipoteca alla pronuncia di risoluzione non dispensa tuttavia il creditore dall’onere di procedere alla rinnovazione dell’iscrizione nel termine stabilito dall’articolo 2847 cod. civ., la cui inosservanza, pur non escludendo la possibilità di agire nei confronti del Comune, in forza del contratto di mutuo e nei limiti segnati dall’applicabilità dell’ordinario termine di prescrizione, determina il venir meno dell’efficacia dell’ipoteca, ferma restando la facoltà del creditore di procedere ad una nuova iscrizione, nei limiti e con gli effetti previsti dall’articolo 2848 cod. civ. L’inefficacia sopravvenuta dell’ipoteca impedisce a sua volta di agire esecutivamente nei confronti del terzo acquirente dell’immobile, il quale non è direttamente obbligato nei confronti dell’istituto mutuante, ma è tenuto soltanto a rispondere con il proprio bene dell’inadempimento del mutuatario, nella misura e nei limiti temporali in cui l’iscrizione risulti a lui opponibile. La perdurante responsabilità del Comune non consente infine di ritenere che, ove il creditore ipotecario abbia agito esecutivamente nei confronti del concessionario o dei suoi aventi causa, il procedimento possa senza altro proseguire validamente nei confronti degli stessi, nonostante l’intervenuta risoluzione della convenzione, dovendosi a tal fine valutare se il pignoramento risulti opponibile al Comune, in base all’anteriorità della relativa trascrizione rispetto a quella della domanda di risoluzione, e dovendosi in caso negativo instaurare un nuovo procedimento nei confronti dell’effettivo debitore.

Corretta pertanto in tal senso la motivazione della sentenza impugnata, non meritano censura le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale, nella parte in cui ha ritenuto illegittima la prosecuzione del procedimento esecutivo nei confronti della (OMISSIS), in qualità di terzo acquirente degli immobili ipotecati: la mancata rinnovazione alla scadenza, comportando l’inefficacia dell’iscrizione ipotecaria, risultava infatti di per sè sufficiente ad escludere la possibilità di procedere ad esecuzione forzata nei confronti di quest’ultimo, indipendentemente dall’eventuale inopponibilità alla creditrice procedente della risoluzione della convenzione stipulata tra il Comune e l'(OMISSIS), per effetto della mancata trascrizione della relativa sentenza, e dalla facoltà della creditrice di procedere ad una nuova iscrizione nei confronti del Comune, subentrato nel rapporto di mutuo, e di agire esecutivamente nei confronti dello stesso, in qualità di effettivo proprietario dei beni pignorati.

17.- Con l’unico motivo del ricorso incidentale, il Comune lamenta l’omessa, erronea e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nel dichiarare interamente compensate tra le parti le spese processuali, in considerazione dell’esito del giudizio, la sentenza impugnata non ha tenuto conto della prevalente soccombenza dell’opponente, oltre ad aver omesso di pronunciare in ordine alle spese del reclamo proposto avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecuzione.

17.1. – Il motivo è inammissibile, ai sensi dell’articolo 366-bis cod. proc. civ., in quanto, pur avendo ad oggetto la denuncia del vizio previsto dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non risulta accompagnato dall’indicazione dei fatti controversi in relazione ai quali il controricorrente lamenta l’omissione della motivazione nè dalla specificazione delle ragioni per cui la dedotta erroneità o insufficienza della motivazione la renderebbe inidonea a giustificare la decisione adottata.

  1. – Entrambi i ricorsi vanno pertanto rigettati, con la dichiarazione dell’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti, avuto riguardo alla complessità della fattispecie esaminata ed alla peculiarità delle questioni giuridiche trattate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, e dichiara interamente compensate tra le parti le spese processuali.