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Cassazione Civile 1631/2016 – Giudice competente per l’apertura della tutela di chi si trovi in stato di interdizione legale – Pena dell’ergastolo

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Ordinanza 1631/2016

Giudice competente per l’apertura della tutela di chi si trovi in stato di interdizione legale – Pena dell’ergastolo

Il giudice competente per l’apertura della tutela di chi si trovi in stato di interdizione legale per essere stato definitivamente condannato alla pena dell’ergastolo, va individuato in quello del luogo in cui, alla data dell’apertura, coincidente con l’informativa della condanna al giudice tutelare, l’interdetto abbia la sede principale dei suoi affari ed interessi. Tale luogo, da individuarsi in concreto, è, secondo l'”id quod plerumque accidit”, quello della sua residenza anagrafica, salva la prova contraria, ed in particolare della circostanza che, per effetto della eventuale detenzione cautelare, nel luogo in cui risiedeva (anagraficamente o effettivamente) prima dell’arresto, l’interdetto non abbia più i propri rapporti o interessi principali, e che, dunque, il centro degli stessi si sia spostato nel luogo di detenzione.

Cassazione Civile, Sezione 6, Ordinanza 28 gennaio 2016, n. 1631  (CED Cassazione 2016)

 

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. – L’art. 32 c.p., comma 4, prevede che “all’interdizione legale si applicano per ciò che concerne la disponibilità e l’amministrazione dei beni nonchè la rappresentanza negli atti ad esse relativi le norme della legge civile sull’interdizione giudiziale”. L’art.662 c.p.p., comma 1, prevede perciò che il pubblico ministero, in sede di esecuzione, invii l’estratto della sentenza penale di condanna definitiva al giudice civile, il quale provvede quindi alla nomina del tutore ai sensi dell’art. 346 c.c..

L’art. 424 c.c. stabilisce che alla tutela degli interdetti si applicano le stesse disposizioni dettate per la tutela dei minori; rinvia quindi implicitamente all’art. 343 c.c., comma 1, secondo cui la tutela si apre “presso il tribunale del circondario ove è la sede principale degli affari e interessi del minore”.

  1. – Cass. 3712/2008 ha affermato che occorre pertanto valutare dove l’interdetto abbia la sede principale dei propri interessi, e tale luogo di regola coincide con quello di residenza, deponendo in tal senso l’art.712 c.p.c., che attribuisce la competenza sulla procedura d’interdizione al tribunale del luogo di residenza dell’interdicendo; che, in applicazione dell’art.5 c.p.c., la competenza anche in materia di tutela viene radicata in ragione dello stato di fatto esistente al momento dell’inizio del procedimento; che la presunzione di coincidenza della residenza effettiva con quella anagrafica deve ritenersi superabile in virtù di un’indagine diretta ad individuare l’esistenza di un domicilio effettivo in luogo diverso da quello risultante all’anagrafe; che il superamento di tale presunzione era integrato, nella specie, dall’internamento dell’interessato in un istituto di detenzione risalente a qualche mese prima dell’apertura della procedura di tutela, pur non comportando tale internamento una collocazione territoriale definitiva del detenuto, sempre soggetto alla possibilità di trasferimenti in altri istituti penitenziari.

Cass. 8875/2013 ha poi affermato che la competenza per l’apertura della tutela nei confronti dell’interdetto legale appartiene al tribunale nel cui circondario è situato il domicilio del condannato, il quale, ai sensi dell’art. 44 c.c., si presume coincidente con il luogo di residenza anagrafica, ancorchè sia stata iniziata la procedura di cancellazione del residente dal registro anagrafico a seguito della sua sopravvenuta irreperibilità, ed ha pertanto stabilito la competenza del tribunale del luogo di residenza anagrafica dell’interdetto.

Cass. 10373/2013 ha osservato che il giudice competente all’apertura della tutela dell’interdetto legale è, ai sensi dell’art. 343 c.c., comma 1, quello del luogo in cui si trova la sede principale degli affari e degli interessi dell’interdetto al momento dell’apertura; che è irrilevante la volontà dell’interessato di stabilire colà detta sede, coincidendo essa, ai sensi dell’art. 45 c.c., con il domicilio del tutore; che va dunque esclusa, ai fini della competenza, l’applicabilità del criterio del domicilio, coincidendo quest’ultimo, per l’interdetto, con quello del tutore, il quale pero viene nominato solo in un momento successivo a quello dell’apertura della tutela – identificato con il momento in cui perviene al giudice tutelare la notizia del verificarsi dei presupposti che tale apertura giustificano, ai sensi dell’art. 345 c.c. – e deve seguirsi invece il criterio della abituale dimora. Pertanto, nel conflitto negativo di competenza tra due tribunali in funzione di giudice tutelare (il primo dei quali, dopo aver aperto la tutela, aveva, a seguito del trasferimento del detenuto in altro istituto, rimesso gli atti al tribunale del circondario in cui si trovava l’istituto penitenziario di destinazione) ha stabilito la competenza del primo tribunale, trovandosi il detenuto, al momento dell’apertura della tutela, ristretto in un istituto penitenziario situato nel suo circondario e non rilevando, per il principio della perpetuatio iurisdictionis (art. 5 c.p.c.), ai fini della determinazione del giudice competente, i mutamenti di fatto avvenuti nel corso del procedimento.

Il giudice remittente richiama, a sua volta, Cass. 9389/2013, ma incongruamente perchè essa si riferisce alla ben diversa fattispecie del trasferimento dell’amministrazione di sostegno a seguito del trasferimento dell’amministrato.

  1. – Ritiene il Collegio che, nell’applicazione della regola -univocamente riconosciuta dai precedenti rapidamente passati in rassegna – dell’attribuzione della competenza sulla tutela dell’interdetto legale al tribunale del luogo in cui è “la sede principale degli affari e interessi” (formula che ricalca la definizione del domicilio di cui all’art.43 c.c., ma senza l’elemento volontaristico evocato dal verbo “ha stabilito”) dell’interdetto stesso, vada seguito, in concreto, il criterio della residenza anagrafica quale dato presuntivo della collocazione geografica di quei rapporti e interessi, secondo quanto sostanzialmente ritenuto nei primi due precedenti sopra richiamati. Criterio ovviamente superabile, come di regola avviene per le presunzioni, in presenza di prova contraria.

Detta prova, tuttavia, deve avere ad oggetto non solo e non tanto il luogo di effettiva residenza quale “dimora abituale” ai sensi dell’art. 43 c.c., comma 2, quanto piuttosto la collocazione della sede principale dei rapporti e interessi del condannato, ossia il radicamento di questi in un luogo diverso da quello di residenza anagrafica, compreso il luogo ove si trova l’istituto penitenziario nel quale l’interessato è detenuto. In altri termini, può presumersi che la sede principale dei rapporti e interessi dell’interdetto legale coincida, secondo l’id quod plerumque accidit, con il luogo di residenza (normalmente coincidente con quello risultante all’anagrafe), salvo la prova del contrario, e in particolare della circostanza che, per effetto della eventuale detenzione cautelare, nel luogo in cui risiedeva (anagraficamente o effettivamente) prima dell’arresto l’interdetto non abbia più i propri rapporti o interessi principali alla data dell’apertura della tutela, coincidente con l’informativa della condanna al giudice tutelare, e che dunque il centro dei suoi rapporti e interessi si sia spostato nel luogo di detenzione.

Facendo applicazione del criterio così individuato al caso che ci occupa, deve concludersi che la competenza appartiene al Tribunale di Potenza, nel circondario del quale si trova il luogo di residenza anagrafica del sig. (OMISSIS) alla data di apertura della tutela. Se è vero, infatti, che il (OMISSIS) è stato allontanato da detto luogo a seguito dell’arresto e della successiva detenzione, e che alla data dell’apertura della tutela egli si trovava ristretto presso la casa circondariale di Benevento, non è tuttavia certo che nel luogo di residenza anagrafica avessero cessato di collocarsi, a quella stessa data, per effetto della detenzione, i suoi rapporti ed interessi. Si consideri, del resto, che la stessa Cass. 3712/2008, cit, pur dichiarando la competenza del tribunale del luogo di reclusione, da tuttavia atto che il tribunale del luogo di residenza anagrafica del condannato, di nazionalità straniera, aveva inutilmente convocato l’unico parente da lui indicato, residente nel circondario, e aveva accertato che l’interdetto non aveva alcun interesse nel medesimo circondario.

  1. – Va in conclusione dichiarata la competenza del Tribunale di Potenza in funzione di giudice tutelare.

P.Q.M.

La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Potenza in funzione di giudice tutelare.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e i dati identificativi dell’interessato, ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, art. 52.