Sentenza 1652/2016
Fondo patrimoniale – Iscrizione d’ipoteca
Qualora il coniuge, titolare di un bene conferito ad un fondo patrimoniale, agisca contro un suo creditore, chiedendo la declaratoria dell’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria perché eseguita sul bene al di fuori delle condizioni di cui all’art. 170 c.c., ha l’onere di allegare e provare che il debito sia stato contratto per uno scopo estraneo ai bisogni della famiglia e che il creditore fosse a conoscenza di tale circostanza, anche nel caso di iscrizione ipotecaria ex art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973.
Fondo patrimoniale – Iscrizione di ipoteca non volontaria
L’art. 170 c.c., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell’esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all’iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui all’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, sicché l’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, se il debito sia stato da loro contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero – nell’ipotesi contraria – purché il titolare del credito, per il quale l’esattore procede alla riscossione, non fosse a conoscenza di tale estraneità, dovendosi ritenere, diversamente, illegittima l’eventuale iscrizione comunque effettuata.
Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 29 gennaio 2016, n. 1652 (CED Cassazione 2016)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 7 novembre 2003, (OMISSIS) conveniva in giudizio la (OMISSIS) S.p.A., per sentir ordinare la cancellazione dell’ipoteca iscritta sull’immobile sito in (OMISSIS), costituito in fondo patrimoniale dall’attore e da sua moglie, (OMISSIS), con atto pubblico del 28 novembre 1996, trascritto il 20 dicembre 1996. Rappresentava l’attore che in data 10 marzo 2003 la predetta società gli aveva comunicato di aver iscritto ipoteca sulla metà indivisa del già indicato immobile per il recupero del credito tributario relativo alla somma di euro 78.418,99, oltre interessi, in totale euro 156.837,96, da lui dovuta a titolo di varie imposte e che aveva inutilmente chiesto bonariamente la cancellazione dell’ipoteca sul rilievo che il bene, in quanto costituito in fondo patrimoniale e, quindi, destinato a soddisfare i bisogni della famiglia, non potesse essere oggetto di azioni esecutive o cautelari.
La convenuta si costituiva contestando la domanda e ne chiedeva il rigetto.
Il Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Mesagne, con sentenza del 19 gennaio 2006, rigettava la domanda e condannava l’attore al pagamento delle spese di lite, sul rilievo che il (OMISSIS) non aveva fornito alcuna prova nè in relazione alla cosiddetta scientia creditoris nè in relazione al fatto che il credito erariale fosse stato contratto per esigenze estranee ai bisogni della famiglia.
Avverso tale decisione (OMISSIS) proponeva appello, cui resisteva la (OMISSIS) S.p.A.) alla quale subentrava, con successiva comparsa di costituzione, la (OMISSIS) S.p.a..
La Corte di appello di Lecce, con sentenza del 12 aprile 2011, rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese di quel grado.
Avverso la sentenza della Corte di merito (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, sulla base di due motivi.
Ha resistito con controricorso (OMISSIS) S.p.A., subentrata per atto di fusione per incorporazione a (OMISSIS) S.p.A..
MOTIVI DELLA DECISIONE
- Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 2697codice civile e art. 170codice civile, in relazione all’art. 360 codice procedura civile, comma 1, n. 3, nonchè motivazione illogica e comunque insufficiente, in relazione all’art. 360 codice procedura civile, comma 1, n. 5.
Sostiene il ricorrente che la Corte di merito, nel ritenere che spetta a colui che voglia “avvantaggiarsi dell’eccezione dell’opponibilità del vincolo” fornire la prova dell’estraneità del debito ai bisogni della famiglia e che nella specie tale prova non sarebbe stata fornita dall’attore in primo grado, avrebbe obliterato il principio di cui all’art. 2697 codice civile, secondo il quale chi vuoi far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
Ad avviso del (OMISSIS), per decidere la causa sarebbe stato necessario delibare due questioni di diritto, distinte tra loro ma legate da un inscindibile nesso logico, la prima concernente l’esistenza, la natura e la titolarità dei crediti garantiti dall’ipoteca e la seconda concernente l’opponibilità al creditore della particolare tutela dei beni costituiti in fondo patrimoniale prevista dall’art. 170 codice civile. Nella specie, secondo il ricorrente, la Corte di merito avrebbe “saltato” la prima questione ed avrebbe risolto direttamente ed erroneamente la seconda, dando per scontato che il ricorrente fosse stato messo in grado di conoscere con esattezza la natura e la titolarità dei crediti che controparte aveva inteso garantire con l’ipoteca, laddove, invece, era pacifico e palese che nulla era stato provato dalla concessionaria in ordine ai crediti che aveva avuto mandato di escutere, nonostante le contestazioni del ricorrente, in quanto la (OMISSIS) “si era limitata a trincerarsi” dietro le disposizioni ministeriali di cui alla nota prot. 15/10423 del 17 novembre 1983, senza fornire la dimostrazione circa la riconducibilità all’Amministrazione finanziaria dei crediti confluiti nel “calderone” di euro 78.418,99, di cui all’ipoteca, sicchè risulterebbe privo di fondamento l’assunto della sentenza impugnata secondo cui anche per i crediti di cui è causa esiste una presunzione di inerenza ai bisogni della compagine familiare del ricorrente. Parimenti erroneo sarebbe – ad avviso del (OMISSIS) – l’assunto secondo cui l’onere di provare la scientia creditoris incombesse sull’attore, in quanto creditori erano gli enti che avevano emesso i ruoli, i quali non avevano però iscritto ipoteca sui beni del fondo patrimoniale, mentre la predetta società era la concessionaria della riscossione dei tributi e, poichè la pretesa avanzata con l’iscrizione ipotecaria era della detta società, era onere di quest’ultima provare la legittimità dell’iscrizione. La Corte di merito non avrebbe preso in considerazione tali argomentazioni e si era rifatta al prevalente orientamento giurisprudenziale in tema di scientia creditoris che, ad avviso del ricorrente, non sarebbe applicabile nella fattispecie all’esame, in cui detto l’onere probatorio non incombeva sull’attuale ricorrente, che peraltro non aveva comunque la possibilità di assolverlo, ma era certamente a carico della predetta società, trattandosi di azione di accertamento negativo circa la sussistenza dei presupposti dell’iscrizione ipotecaria.
Inoltre, l’iter argomentativo della sentenza impugnata sarebbe, ad avviso del (OMISSIS), gravemente viziato anche sotto il diverso profilo della motivazione, che sarebbe talmente scarna e contraddittoria da rendere l’intera decisione del tutto illogica.
- Con il secondo motivo, rubricato “Omesso esame di un fatto decisivo; motivazione illogica ed insufficiente, in relazione all’art. 360 codice procedura civile, n. 5”, il ricorrente deduce che la Corte di merito avrebbe obliterato la circostanza decisiva che non vi era in atti alcuna prova circa rinvio al ricorrente, asserito dalla S.ES.T.I., di un “dettaglio addebiti con l’indicazione delle cartelle di pagamento, natura dei crediti e gli enti impositori”, come risulterebbe dal testo della stessa lettera del 10 marzo 2003 che non farebbe menzione di un simile allegato.
Non avendo, quindi, la società convenuta esplicitato quali fossero i crediti in contestazione e a quali enti essi fossero riconducibili, ad avviso del ricorrente, non sarebbe scattato per lui l’onere di dimostrare la non riferibilità degli stessi crediti ai bisogni del proprio nucleo familiare nè, conseguentemente, la conoscenza di tale circostanza da parte del creditore.
- I due motivi proposti, che per connessione possono essere esaminati congiuntamente, vanno disattesi.
3.1. Va anzitutto rilevato che dalla sentenza impugnata non risulta che il (OMISSIS) abbia tempestivamente contestato la sussistenza del credito tributario di cui si discute in causa e che alla lettera raccomandata del 10 marzo 2003 fosse stata allegata documentazione, evidenziandosi che il ricorso difetta, al riguardo, di autosufficienza, essendosi in detto atto il ricorrente limitato a riportare uno stralcio della comparsa conclusionale di primo grado ed uno stralcio della comparsa conclusionale di secondo grado (v. ricorso pp. 7 e 8), senza neppure precisare se, quando e in quali termini abbia specificamente contestato, nei gradi di merito, l’allegazione, sostenuta da controparte, alla nota raccomandata sopra ricordata, “del dettaglio degli addebiti”. Del resto, anche la controricorrente ha dedotto tale mancata contestazione (v. controricorso pp. 4 e 5) e ha evidenziato che il (OMISSIS) non ha neppure mai sostenuto di non aver ricevuto le cartelle di pagamento in forza delle quali l’ipoteca in questione era stata iscritta, sicchè risultano inammissibili le doglianze sollevate, anche sotto il profilo motivazionale, in tema di prova circa la natura dei crediti in questione, osservandosi sul punto che, comunque, il contribuente ben avrebbe potuto chiedere il rilascio di un estratto del ruolo al Concessionario ovvero eventualmente presentare istanza per ottenere dal giudice di merito adito l’ordine di esibizione.
3.2. Va poi ribadito il principio affermato da questa Corte, e correttamente applicato dal giudice di merito, per il quale l’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art.170 codice civile, ed in particolare, per quanto rileva in questa sede, che il debito per cui si procede sia stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia e che il creditore sia a conoscenza di mie estraneità, grava sulla parte che intende avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale (Cass. 19/02/2013, n. 4011;Cass. 30/05/2007, n. 12730; Cass. 31/05/2006, n. 12998).
Questa Corte, con la sentenza del 5/03/2013, n. 5385, proprio in relazione ad una iscrizione ipotecaria effettuata dall’esattore sui beni di un fondo patrimoniale, ha affermato che l’art. 170 codice civile, nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell’esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all’iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 3 marzo 1973, n. 602, art. 77 – di cui all’evidenza (v. anche memoria del ricorrente p. 4) si discute nella controversia all’esame -, con la conseguenza che l’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, qualora il debito facente capo a costoro sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, e quando, ancorchè sia stato contratto per uno scopo estraneo a tali bisogni, il titolare del credito, per il quale l’esattore procede alla riscossione, non conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia; viceversa, l’esattore non può iscrivere l’ipoteca su detti beni e l’eventuale iscrizione è illegittima se il creditore conosceva tale estraneità.
Con la sentenza appena citata questa Corte ha anche ribadito che il coniuge (o il terzo) titolare del bene facente parte del fondo patrimoniale che si faccia attore contestando la legittimità dell’iscrizione ipotecaria perchè avvenuta al di fuori delle condizioni legittimanti previste dall’art. 170 codice civile, assume l’onere di allegare e dimostrare i fatti costitutivi dell’illegittimità dell’iscrizione, evidenziando che tra tali fatti vi è, innanzi tutto, l’essere stato il debito del coniuge (o del terzo) in relazione al quale si è proceduto all’iscrizione, contratto per uno scopo estraneo ai bisogni della famiglia, e che siffatto attore deve, inoltre, allegare e dimostrare che tale estraneità era conosciuta dal creditore che abbia iscritto l’ipoteca. La predetta Corte ha pure precisato, nell’arresto richiamato, che tali oneri di allegazione e di prova si configurano anche quando si proponga contro l’esattore domanda di declaratoria della illegittimità dell’iscrizione di un’ipoteca iscritta ai sensi dell’art. 77 citato.
3.3. La Corte territoriale, con motivazione al riguardo sintetica, ma congrua ed immune da vizi logici e giuridici, risulta aver fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati e pienamente condivisi da questo Collegio, sicchè risultano infondate le censure sollevate dal (OMISSIS) (v. in particolare p. 8 e sgg. del ricorso) in relazione alle questioni appena esaminate.
- Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
- Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge.