Sentenza 1683/2016
Imposta sostitutiva sui capital gains
In tema di imposta sostitutiva sui “capital gains”, nel caso in cui il contribuente, dopo essersi avvalso, ai sensi dell’art. 5 della l. n. 448 del 2001, della facoltà di determinazione alla data del 1 gennaio 2002 del valore di una partecipazione non negoziata nei mercati non regolamentati, abbia ceduto una quota di tale partecipazione, la rideterminazione del valore della partecipazione alla data del 1 gennaio 2003, come consentito dall’art. 2 del d.l. n. 282 del 2002, è possibile soltanto per la quota rimasta in possesso del contribuente, mentre per la quota ceduta il valore della partecipazione resta irretrattabilmente fissato in misura proporzionale al valore determinato per l’intera partecipazione alla data del 1 gennaio 2002. Ne consegue che, con il meccanismo della “compensazione”, introdotto dal d.l. n. 70 del 2011, è possibile scomputare dall’imposta dovuta per la nuova rivalutazione quella già versata per il precedente, mentre per le situazioni anteriori è ammesso il rimborso dell’imposta pagata in passato nei limiti dell’importo dovuto a seguito del nuovo affrancamento.
Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Sentenza 29 gennaio 2016, n. 1683 (CED Cassazione 2016)
RITENUTO IN FATTO
(OMISSIS) propone ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 41/37/2008, depositata in data 9/05/2008, con la quale è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.
La controversia concerne l’impugnazione del silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad un’istanza di rimborso dell’importo della prima rata (“Euro 54.711,00”) versata, per l’anno 2002, Legge n. 448 del 2001, ex art. 5, sulla base di una prima perizia giurata di stima del valore del patrimonio netto della società (OMISSIS) spa (di cui il (OMISSIS) era socio), a titolo di imposta sostitutiva sui redditi per la rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate sui mercati regolamentati.
In particolare, il contribuente, detentore, alla data dell’1/1/2002, di una partecipazione del capitale sociale di detta società, pari al 24.87% e dunque qualificata, aveva rideterminato il valore delle proprie partecipazioni al gennaio 2002, versando la prima delle tre rate annuali dell’imposta (con un’aliquota del 4%), stabilite dalla Legge n. 448 del 2001, e presentando la dichiarazione dei redditi Unico 2003, relativa all’anno d’imposta 2002, completa del quadro RT; successivamente, lo stesso, a fronte dell’entrata in vigore del Decreto Legge n. 282 del 2002, art. 2, contemplante aliquote più favorevoli, aveva provveduto ad una nuova rideterminazione delle partecipazioni, alla data del 1/01/2003, e, sulla base della nuova perizia di stima del capitale sociale, aveva versato le tre rate dell’imposta sostitutiva, come ricalcolate, sulla base del valore del patrimonio netto della società stimato nella seconda perizia, con l’aliquota del 2%, essendo egli risultato titolare di una partecipazione pari al “19,9485%”, non più qualificata, a seguito di donazioni di quote sociali operate dal medesimo. Lo stesso aveva quindi, nel febbraio 2006, presentato istanza di rimborso della prima rata versata, ai sensi della Legge n. 448 del 2001, pari ad “Euro 54.711,00”.
I giudici d’appello hanno sostenuto che l’unica valida rideterminazione “del valore della partecipazione rimane quella calcolata e versata per l’anno d’imposta 2002”, con conseguente illegittimità dell’istanza di rimborso, considerato che “il versamento di euro 12.736,00”, effettuato nel 2003, asseritamente allo stesso titolo, sulla base di nuova perizia di stima del valore del capitale sociale e dell’entrata in vigore del Decreto Legge n. 282 del 2002 (contemplante aliquota del 2% in luogo del 4%), “non è stato inserito nella dichiarazione dei redditi “Unico 2004″” e tale mancanza non potrebbe essere sanata “con la dichiarazione integrativa, presentata – nel 2007 – a distanza di tre anni e quindi oltre il termine previsto dalla norma” (di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8 bis).
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 codice procedura civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
- Il ricorrente lamenta: 1) con il primo, il secondo ed il quarto motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 codice procedura civile, n. 3, del Decreto Legge n. 282 del 2002, art. 2, comma 2, convertito con modifiche in Legge n. 27 del 2003, della Legge n. 448 del 2001, art. 5 e delDecreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, art. 38, avendo i giudici della C.T.R. ritenuto insussistente una duplicazione d’imposta e non dovuto il rimborso d’imposta, laddove la nuova disposizione (dettata dal Decreto Legge n. 282 del 2002, art. 2) richiama l’applicabilità della Legge n. 448 del 2001, art. 5, ai fini della rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati, possedute alla data del 1/01/2003, e consente di procedere nuovamente alla rivalutazione del valore delle partecipazioni ad una data successiva, con il versamento dell’imposta sostitutiva, con diversa aliquota e nuove scadenze (secondo anche quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate nellaCircolare n. 27/E del 2003), con conseguente diritto del contribuente al rimborso della prima rata versata, sulla base della pregressa normativa; il ricorrente lamenta inoltre che gli stessi giudici abbiano ritenuto necessaria la compilazione e l’allegazione del quadro RT, ai fini della validità della seconda rivalutazione del valore di acquisto delle partecipazioni sociali, nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2003; 2) con il terzo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 codice procedura civile, n. 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, art. 163 T.U.I.R., quale norma che vieta l’applicazione più volte dell’imposta in dipendenza dello stesso presupposto; 3) con il quinto motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 codice procedura civile, n. 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, art. 2 commi 8 e 8 bis, in ordine ai termini per produrre una dichiarazione dei redditi integrativa (nella specie, presentata dal (OMISSIS), ad integrazione della dichiarazione Unico 2004, completa “del quadro RT”, “in data 3/05/2007”), avendo i giudici ritenuto erroneamente applicabile il comma 8 bis in luogo del comma 8 (contemplante il termine del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione); 4) con il sesto motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 codice procedura civile, n. 3, della Legge n. 212 del 2000, art. 10, con riferimento al principio di correttezza e buona fede e tutela del legittimo affidamento del contribuente; 5) con il settimo motivo, l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, ex art. 360 codice procedura civile, n. 5, circa un fatto decisivo e controverso, rappresentato dal pagamento dell’imposta sostitutiva in relazione alle due procedure di rideterminazione dei valori delle partecipazioni ed alla conseguente duplicazione di imposta.
- I primi tre motivi, da esaminare congiuntamente, attenendo alla stessa questione, sono fondati, nei sensi di cui appresso.
2.1. Questa Corte si è già pronunciata su controversia che presentava analogie con la presente, con la sentenza n. 24057/2014, affermando che “in tema di imposta sostitutiva sui “capital gains”, il contribuente, dopo aver effettuato una prima rivalutazione del bene (nella specie, partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati), con conseguente versamento dell’imposta, può chiedere, a seguito del sopraggiungere di una disciplina fiscale più favorevole, una nuova determinazione del valore qualora il bene sia ancora in suo possesso ed in tal caso, ha diritto, nella vigenza del Decreto Legge 13 maggio 2011, n. 10, art. 7, convertito dalla Legge 12 luglio 2011, n. 106, ad effettuare la compensazione tra la nuova e la precedente imposta, mentre, anteriormente all’entrata in vigore della norma, poteva usufruire solo del rimborso, stante il divieto di doppia imposizione”, ma “qualora, il contribuente, tra la prima e la seconda rivalutazione, abbia ceduto una parte dei beni, il diritto al rimborso va determinato facendo riferimento, ai fini di calcolarne l’importo, alla precedente imposta versata sull’intero valore del bene posseduto, e non già su quello della sola quota residuata a seguito della parziale cessione, in quanto, atteso il carattere “volontario” dell’imposta sostitutiva, frutto di una libera scelta del contribuente, va evitata la revoca di una scelta già operata, dopo avere già usufruito dei vantaggi fiscali con la vendita parziale del bene”.
In fattispecie simile, in quanto concernente sempre la disciplina dell’imposta sostitutiva prevista dalla Legge n. 448 del 2001, art. 7, ma parzialmente diversa, in quanto la contribuente, dopo avere versato la prima rata dell’imposta sostitutiva per la rivalutazione di partecipazione societaria, ne aveva richiesto il rimborso, semplicemente non intendendo più procedere alla suddetta rivalutazione, questa Corte (Cass. 3410/2015) ha ulteriormente chiarito che “la scelta del contribuente di optare (attraverso la perizia giurata di stima ed il versamento anche solo della prima rata dell’imposta sostitutiva) per la rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni costituisce atto unilaterale dichiarativo di volontà, che, giunto a conoscenza del destinatario Amministrazione Finanziaria (attraverso il detto pagamento dell’imposta sostitutiva, comporta di per sè quale suo effetto (per quanto detto sopra) la rideterminazione del valore della partecipazione, e, pertanto, in base ai principi generali di cui all’art. 1324 codice civile e art. 1334 codice civile e segg., non può essere revocato per scelta unilaterale del contribuente”.
In altra pronuncia (Cass. 26845/2014), sempre in tema di capital gains, è stato respinto il vizio motivazionale dedotto, in ricorso per cassazione, dall’Agenzia delle Entrate, avverso decisione d’appello che aveva confermato l’accoglimento della domanda del contribuente di rimborso delle somme versate (le prime due rate) dell’imposta sostitutiva per la determinazione del valore di acquisto, alla data del l/01/2002, delle partecipazioni sociale, Legge n. 448 del 2001, ex art. 5, essendosi lo stesso avvalso del disposto della 1.47/2004, per la rivalutazione della quota di partecipazione al 1/07/2003.
2.2. Ora, procedendo con l’esame del quadro normativo, la Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 5, rubricato “Rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati”, ha disposto, per quanto qui rileva, che: “a) Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all’art. 81, comma 1, lettera c) e c bis), del testo unico delle imposte sui redditi (…), per i titoli, le quote o i diritti non negoziati nei mercati regolamentati posseduti alla data del 1 gennaio 2002, può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data della frazione del patrimonio netto della società, associazione o ente, determinato sulla base di una perizia giurata di stima (…), a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi (…)” (comma 1); b) “L’imposta sostitutiva di cui al comma 1 è pari al 4 per cento per le partecipazioni che risultano qualificate, ai sensi dell’art. 81, comma 1, lettera c), del citato Testo Unico imposte sui redditi, alla data del 1 gennaio 2002, e al 2 per cento per quelle che, alla predetta data, non risultano qualificate ai sensi del medesimo art. 81, comma 1, lettera c bis), ed è versata, con le modalità previste dal capo 3 del Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 16 dicembre 2002” (comma 2); c) “L’imposta sostitutiva può essere rateizzata fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a partire dalla predetta data del 16 dicembre 2002 (…)” (comma 3); d) “L’assunzione del valore di cui ai commi da 1 a 5 quale valore di acquisto non consente il realizzo di minusvalenze utilizzabili ai sensi dell’art. 82, commi 3 e 4 del cit. Testo Unico delle imposte sui redditi” (comma 6). Il Decreto Legge 24 dicembre 2002, n. 282, art. 2, comma 2, (convertito dalla Legge 21 febbraio 2003, n. 27), ha esteso la detta facoltà di rivalutazione ai valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati possedute alla data del 1 gennaio 2003 e il Decreto Legge 24 dicembre 2003, n. 355, art. 6 bis (convertito dalla Legge 27 febbraio 2004, n. 47), a quelle possedute alla data del 1 luglio 2003.
Altre riaperture dei termini (implicanti esercizio di nuova facoltà di rideterminazione dei valori dei beni posseduti a determinate date) sono state stabilite con leggi successive.
In particolare, va rilevato che il Decreto Legge 13 maggio 2011, n. 70, art. 7 (convertito dalla Legge 12 luglio 2011, n. 106) ha stabilito che i soggetti che si avvalgono della rideterminazione dei valori di acquisto dei beni in questione, “qualora abbiano già effettuato una precedente rideterminazione del valore dei medesimi beni, possono detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata” (comma 2, lettera e); e che coloro i quali non effettuano la detrazione “possono chiedere il rimborso della imposta sostitutiva già pagata, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, e il termine di decadenza per la richiesta di rimborso decorre dalla data del versamento dell’intera imposta o della prima rata relativa all’ultima rideterminazione effettuata. L’importo del rimborso non può essere comunque superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata” (comma 2, lett. ff). Va rilevato che l’Amministrazione finanziaria, con varie circolari (ad es. Circ. 27/E del 2003 e Circolare n. 236/E del 2008), aveva, in passato, escluso l’applicazione del meccanismo della compensazione e limitato il diritto al rimborso, facendo decorrere il termine di decadenza dal pagamento dell’imposta relativa alla prima rivalutazione.
Va ricordato, infine, per completezza, che analoga facoltà di rideterminazione del valore di acquisto, ai fini della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui al T.U.I.R, art. 81, comma 1, lettera a) e b), è stata introdotta, per i terreni edificabili e con destinazione agricola, dalla Legge n. 448 del 2001, art. 7, comma 3, n. 3.
2.3. L’imposta sostitutiva in esame è, pertanto, un’imposta “volontaria”, in quanto è frutto di una libera scelta del contribuente, il quale opta per la rideterminazione del valore del bene (nel caso in esame, partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati), con conseguente versamento dell’imposta sostitutiva, nella prospettiva, in caso di futura cessione, di un risparmio sull’imposta ordinaria altrimenti dovuta sulla plusvalenza non affrancata; l’Amministrazione finanziaria, a sua volta, riceve un immediato introito fiscale.
Invero, il valore cosi rideterminato, sulla base di una perizia giurata, delle partecipazioni sociali, per quanto qui interessa, in relazione alla frazione di patrimonio netto della società partecipata a determinate date, può essere utilizzato dal contribuente ai fini della determinazione delle plusvalenze realizzate in occasione della cessione a titolo oneroso delle partecipazioni, in luogo del costo o del valore di acquisto, a condizione del pagamento di un’imposta sostitutiva, versata in unica soluzione ovvero rateizzata, in un massimo di tre rate annuali di pari importo, nella misura del 2 o del 4 per cento, a seconda che si tratti di partecipazione non qualificata o qualificata.
Trattasi tuttavia di “facoltà” di avvalersi del valore così rideterminato, tant’è che in ipotesi di mancato utilizzo di detto valore, in sede di determinazione delle plusvalenze realizzate per effetto della cessione a titolo oneroso delle partecipazioni o dei terreni, non sorgerà comunque, per il contribuente, il diritto al rimborso dell’imposta già pagata e, nell’ipotesi di pagamento rateale, saranno sempre dovuti i versamenti successivi.
Il tutto in forza del carattere irrevocabile dell’opzione volontaria di pagamento dell’imposta sostitutiva.
2.4. La questione che è posta, nuovamente, all’esame della Corte consiste, dunque, nello stabilire cosa accade nel caso in cui il contribuente, dopo aver effettuato la prima rivalutazione, sia ancora in possesso, in tutto o in parte, del bene e ne chieda una nuova rideterminazione del valore in virtù della legge sopravvenuta.
Come già chiarito nel precedente citato (Cass. 24057/2014), la facoltà di richiedere una nuova valutazione in applicazione delle disposizioni di legge sopravvenute deve ritenersi senz’altro ammessa.
Deve, tuttavia, rilevarsi che la possibilità di operare la detrazione, “dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione”, dell'”importo relativo all’imposta sostitutiva già versata”, cioè di effettuare la compensazione tra la nuova e la precedente imposta, è stata introdotta soltanto con il citato Decreto Legge n. 70 del 2011, art. 7 (conv. dalla Legge n. 106 del 2011), laddove, in precedenza, doveva ritenersi ammesso soltanto il diritto al rimborso, il quale, pur se non esplicitamente previsto dalla legge, deriva dal principio generale del divieto di doppia imposizione.
L’art. 163 T.U.I.R., rubricato “Divieto della doppia imposizione”, recita infatti: “La stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi”.
Va chiarito che, nell’ipotesi di successiva rivalutazione delle partecipazioni sociali (o del valore dei terreni) possedute, il primo versamento dell’imposta sostitutiva è legittimamente effettuato in forza della precedente disciplina di rideterminazione del valore e la duplicazione si verifica solo al momento del secondo versamento dell’imposta sostitutiva, sulla base del nuovo valore stimato, per effetto della riapertura dei termini introdotta dal legislatore.
Infatti, l’opzione per la rideterminazione dei valori e la correlata obbligazione tributaria si perfezionano con il versamento dell’intero importo dell’imposta sostitutiva ovvero, in caso di pagamento rateale, con il versamento della prima rata, tanto che, come già sopra detto, il contribuente può immediatamente avvalersi del nuovo valore di acquisto ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui all’art. 67 (art. 81, secondo la vecchia numerazione) T.U.I.R..
Questa Corte (Cass. 24057/2014, sopra già citata) ha escluso che la norma del 2011 abbia portata retroattiva, in assenza di espressa previsione, o che comunque la compensazione fosse in ogni caso già possibile in virtù della previsione della Legge n. 212 del 2000, art. 8 (statuto dei diritti del contribuente), il quale recepisce per l’obbligazione d’imposta i generali canoni del codice civile sull’estinzione per compensazione (comma 1), trattandosi di istituto, secondo la normativa tributaria in vigore, applicabile solo nei casi specificamente contemplati, tanto che la normativa rinvia gli effetti dell’innovazione a decorrere dall’anno d’imposta 2002, previa emanazione di apposita disciplina di attuazione (comma 8), così inequivocabilmente confermando che l’estinzione per compensazione del debito tributario si determina allo stato della legislazione tributaria solo se espressamente stabilita.
Nella disciplina in esame ciò è avvenuto solo nel 2011, dovendosi così intendere che prima l’istituto non fosse contemplato (Cass. nn. 14579 del 2001, 15123 e 22872 del 2006, 4246 del 2007, 12262 del 2007, 8716 e 17001 del 2013).
2.5. Ne deriva che, all’epoca dei fatti di causa, il versamento rateizzato dell’imposta sostitutiva dovuta, a seguito della prima rivalutazione, andava assolto sino all’esercizio della seconda opzione e del nuovo affrancamento.
La Legge n. 282 del 2002, art. 2, comma 2 (rubricato: “Riapertura di termini in materia di rivalutazione di beni di impresa e di rideterminazione di valori di acquisto”), nel testo vigente ratione temporis, ha sostanzialmente riaperto i termini per l’esercizio della facoltà di rideterminazione, stabilendo che “le disposizioni della Legge 28 dicembre 2001, n. 448, artt. 5 e 7 e successive modificazioni, si applicano anche per la rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1 gennaio 2003”, con facoltà di rateizzazione dell’imposta sostitutiva “fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo”, a decorrere dalla data del 16 maggio 2003, determinata sulla base di perizia giurata.
Come chiarito poi dalla legge del 2011, l’importo del rimborso non può essere superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata: ciò significa che il rimborso – ed ora la compensazione – opera fino a concorrenza dei due importi.
Non si può quindi ottenere il rimborso dell’imposta assolta sulla base del maggior valore stabilito dalla precedente perizia e quindi non si può ottenere un rimborso di imposta maggiore di quella dovuta per l’ultima rideterminazione. Invero, con il meccanismo della “compensazione”, introdotto dal Decreto Legge n. 70 del 2011, e costituente attualmente la regola (essendo il rimborso solo eventuale, essenzialmente valevole per le situazioni pregresse), l’importo già versato viene imputato fino al nuovo importo dovuto: se l’importo dovuto in base alla seconda rivalutazione è maggiore, si verserà solo la differenza, se è minore (in quanto la seconda perizia di stima riporti un valore del bene posseduto inferiore a quello risultante dalla perizia precedente) non si verserà nulla (ma non ci sarà diritto al rimborso di quanto originariamente versato).
Ancora, deve aggiungersi che il rimborso dell’originaria imposta sostitutiva versata – sulla base, si ripete, di opzione volontaria ed irrevocabile -, per effetto della riapertura dei termini e del nuovo affrancamento reso possibile, nella specie, dal Decreto Legge n. 282 del 2002, va riconosciuto, al fine di evitare il fenomeno della doppia imposizione, ma nei limiti (e non, dunque, in misura superiore) dell’imposta sostitutiva dovuta a seguito della nuova rideterminazione di valore della partecipazione sociale ed anche in rapporto alla quota residuata di partecipazione alla data del l/07/2003 (presupposto di fatto della nuova facoltà di affrancamento).
Il tema della doppia imposizione presuppone, infatti, che la consistenza della partecipazione sia rimasta immutata alle date cui sono riferite la prima e la seconda determinazione di valore.
Qualora, invece, la consistenza sia diminuita, come è accaduto nella specie, la doppia imposizione non è logicamente configurabile per quella quota della partecipazione posseduta al momento della prima determinazione del valore e non anche al momento della seconda determinazione.
Coerentemente si deve osservare che la facoltà di rideterminazione del valore di una partecipazione presuppone che la partecipazione sia rimasta immutata nella sua consistenza, altrimenti, in caso di diminuzione, la rideterminazione del valore è riferibile soltanto a quella misura della partecipazione che continua ad essere posseduta dal contribuente e non anche a quella misura della partecipazione che è stata nel frattempo ceduta e rispetto alla quale la prima determinazione di valore alla data del 1 gennaio 2002, ricavabile in proporzione rispetto all’intero, non è suscettibile, proprio perchè non più posseduta dal contribuente, di una rideterminazione alla data del 1 gennaio 2003.
In conclusione, in tema di capital gains, nel caso in cui il contribuente, dopo essersi avvalso, ai sensi della Legge n. 448 del 2001, art. 5, della facoltà di determinazione alla data del 1 gennaio 2002 del valore di una partecipazione non negoziata nei mercati non regolamentati, abbia ceduto una quota di tale partecipazione, la rideterminazione del valore della partecipazione alla data del 1 gennaio 2003, come consentito dal Decreto Legge n. 282 del 2002, art. 2 è possibile soltanto per la quota di partecipazione rimasta in possesso del contribuente, mentre per la quota ceduta il valore della partecipazione resta irretrattabilmente, fissato nella quota proporzionale del valore – determinato per l’intera partecipazione alla data del 1 gennaio 2002.
2.6. In conclusione, mentre, dopo il 2011, è possibile scomputare dall’imposta dovuta per la nuova rivalutazione quella già versata per la precedente (così versando solo la differenza, se la nuova rideterminazione è in aumento, o nulla, se è in diminuzione), per la situazioni anteriori alla legge del 2011 “è ammesso il rimborso dell’imposta pagata in passato, ma nei limiti dell’importo dovuto a seguito del nuovo affrancamento”, dovendo la ratio di tale disciplina rinvenirsi nell’intenzione del legislatore di evitare che il contribuente possa ritrattare, revocare la scelta già operata in passato, ciò che non sarebbe coerente con le finalità – di interesse reciproco tra fisco e contribuente – della disciplina in esame, sopra descritte.
Nella specie, è pacifico che la prima rata versata, in base alla iniziale rideterminazione del valore delle partecipazioni, ex Legge n. 443 del 2001, è inferiore alle tre rate successivamente versate, per effetto dell’entrata in vigore della Legge n. 282 del 2002 e della nuova, legittima, rideterminazione delle partecipazioni.
Valgono tuttavia le considerazioni espresse al paragrafo 2.5.
- Anche il quarto motivo è fondato.
Questa Corte (Cass. 3410/2015) ha già chiarito che “agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81 (ora art. 67), comma 1, lettera c) e c-bis), per il perfezionamento della procedura di rideterminazione del valore di acquisto di partecipazioni prevista dalla Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 5, non assume alcuna rilevanza la compilazione del quadro “RT” della dichiarazione dei redditi, ma ha rilievo decisivo la redazione della perizia giurata di stima, nonchè l’assoggettamento all’imposta sostitutiva del valore cosi definito – attraverso il versamento, entro il 16 dicembre 2002, dell’intero importo o, nel caso di rateizzazione, anche della sola prima rata – sicchè, a seguito di tale manifestazione unilaterale di volontà del contribuente, portata a conoscenza dell’Amministrazione finanziaria, si produce l’effetto della rideterminazione del valore della partecipazione, non più unilateralmente revocabile”.
In base al su citato art. 5, infatti, assumono efficacia determinante, ai fini del perfezionamento dette procedura in questione, da un lato, la redazione di una perizia giurata di stima, e, dall’altro, l’assoggettamento del detto valore ad imposta sostitutiva attraverso il versamento della stessa nel termine su precisato; nessuna rilevanza può invece assumere, nell’ambito di tale iter, la compilazione del quadro RT di detta dichiarazione dei redditi, assolutamente non menzionata dalla disposizione in esame, o il pagamento, in seguito alla consentita opzione per il pagamento rateizzato, solo della prima rata, costituendo detta dilazione solo una mera agevolazione di pagamento; tanto è confermato anche dal comma 4 dell’art. in esame, che, nel precisare i documenti da conservare a cura del contribuente, indica solo la perizia e le ricevute di versamento dell’imposta sostitutiva, senza in alcun modo menzionare la dichiarazione dei redditi.
- Ne deriva che l’istanza di rimborso presentata dal contribuente della sola prima rata versata, di euro 54.711,00″, sulla base della prima rideterminazione del valore della partecipazione societaria, è legittima, alla luce dei principi di diritto sopra individuati, nei limiti della quota residuata di partecipazione alla data del 1/07/2003.
In sostanza, il rateo da rimborsare non è dovuto per la quota di partecipazione non più posseduta, nella fattispecie, al 2003, per effetto di cessione (sia pure per donazione) della partecipazione sociale.
- I restanti motivi sono assorbiti.
- In conclusione, vanno accolti, nei sensi di cui in motivazione, i primi quattro motivi del ricorso, assorbiti i restanti motivi quinto, sesto e settimo, con conseguente cassazione della sentenza, con rinvio, per nuovo esame, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, quanto ai primi quattro motivi, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia diversa composizione.