Sentenza 16836/2015
Durata della fideiussione correlata al soddisfacimento della obbligazione principale – Termine di decadenza dell’azione del creditore – Inapplicabilità termine di decadenza previsto dall’art. 1957 c.c.
Nell’ipotesi in cui la durata di una fideiussione sia correlata non alla scadenza dell’obbligazione principale ma al suo integrale adempimento, l’azione del creditore nei confronti del fideiussore non è soggetta al termine di decadenza previsto dall’art. 1957 c.c.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 13 agosto 2015, n. 16836 (CED Cassazione 2015)
Articolo 1957 c.c. annotato con la giurisprudenza
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 16/5-4/6/2007, ha respinto l’appello proposto dal Comune di B. nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. in l.c.a., avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 2/7 – 18/9/2003 che, pronunciando sull’opposizione allo stato passivo della Liquidazione coatta amministrativa della (OMISSIS), dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alla pretesa del Comune relativa alla polizza fideiussoria M. 121273 del 14/1/1988, aveva respinto nel merito l’opposizione, intesa ad ottenere l’ammissione del credito del Comune in forza delle due polizze fideiussorie specificamente indicate, stipulate a garanzia del risarcimento del danno derivante al Comune dalla mancata esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria da parte degli obbligati contraenti indicati nelle singole polizze.
La Corte del merito, nello specifico, ha ritenuto:
erroneo il motivo di rigetto addotto dal Tribunale, di decadenza temporale dalla copertura in forza degli artt. 83 del d.p.r. 449/1959 e 74 della 1. 295/1978, per riferirsi dette norme non già ai contratti stipulati dalle compagnie assicuratrici, ma solo ai contratti di assicurazione, laddove la polizza fideiussoria costituisce una figura intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione;
sussistente la ragione di decadenza di cui all’art.1957 c.c., non esclusa dalla negoziata esclusione del beneficio della preventiva escussione (che importa semplicemente l’azionabilità della pretesa di pagamento sia nei confronti dei contraenti, diretti responsabili del pagamento di quanto previsto per la mancata realizzazione degli oneri di urbanizzazione, sia della (OMISSIS) garante), né dalla clausola sub art. 3 dell’appendice di polizza, secondo cui il contraente era tenuto al pagamento dei premi sino alla restituzione da parte del comune del simplo di polizza di spettanza o della dichiarazione liberatoria, che significava solo che la permanenza dell’obbligo di pagamento per premi ed accessori era correlata al riconoscimento del Comune dell’adempimento dell’obbligazione e non che il Comune, per poter beneficiare dell’ultrattività della garanzia prevista dall’art. 1957,10 comma, c.c., fosse esentato dalla proposizione dell’istanza giudiziale nei confronti diretti dei contraenti obbligati principali o della garante (OMISSIS), entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, che, nella fattispecie di natura risarcitoria, si era già verificata allorquando il Comune aveva rilevato l’inadempimento dei lottizzatori con i provvedimenti del 25/11/97 e del 4/9-9/11/2000.
Ricorre avverso detta pronuncia il Comune di B., con ricorso affidato a cinque motivi.
Si difende con controricorso la L.C.A., e propone ricorso incidentale affidato ad un solo motivo ed incidentale condizionato affidato ad un motivo.
Il Comune di B. ha depositato controricorso a ricorso incidentale.
Motivi della decisione
1.1.- Col primo mezzo, il Comune di B. si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1957, 1362 e 1363 c.c., atteso che le polizze in oggetto contengono una garanzia autonoma della società assicuratrice e non , accessoria all’obbligazione principale di esatta esecuzione delle opere di urbanizzazione, da cui l’inapplicabilità delle norme proprie della fideiussione; che l’interpretazione del tipo di garanzia pattuita va desunta non solo dalle espressioni adoperate, ma dalla concreta relazione in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e quella di garanzia; che nel caso, gli artt. 2 e 3 delle condizioni aggiuntive, 5, 8 e 11 delle condizioni generali delle polizze, ed in particolare l’ esclusione del beneficio della preventiva escussione e della legittimazione del debitore principale a chiedere al garante di opporre al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, neanche successivamente al pagamento effettuato dalla società, avrebbero dovuto indurre il Giudice del merito a ritenere l’autonomia dell’obbligazione di garanzia, e quindi l’inapplicabilità dell’art.1957 c.c., disposizione applicabile ai contratti autonomi di garanzia solo in presenza di uno specifico richiamo.
1.2.- Col secondo mezzo, il Comune si duole del vizio di omessa motivazione sul punto controverso e decisivo della qualificazione del contratto alla stregua delle disposizioni contrattuali.
1.3.- Col terzo motivo, il Comune censura la pronuncia per la violazione e falsa applicazione degli artt.1957, 1362, 1363, 1371 c.c., accedendo in ipotesi alla qualificazione delle polizze in oggetto come figure intermedie tra il versamento cauzionale e la fideiussione; deduce che era presente la deroga convenzionale all’art. 1957 c.c., come ampiamente argomentato nella comparsa conclusionale in appello, essendo la garanzia di polizza correlata non alla scadenza dell’obbligazione principale, ma all’integrale soddisfacimento della stessa; richiama in particolare, il contenuto degli articoli 2, 3 e 5 delle condizioni aggiuntive delle due polizza di cui si tratta.
1.4.- Col quarto motivo, il Comune si duole del vizio ex art.360 n.5 c.p.c., e sostiene che la Corte di merito avrebbe dovuto dare contezza delle ragioni per cui, applicando le regole di ermeneutica contrattuale, non ha ravvisato la deroga all’art. 1957 c.c.
1.5.- Col quinto, censura il vizio di omessa motivazione, per avere la Corte del merito ritenuto la scadenza dell’obbligazione principale allorquando il Comune aveva rilevato l’inadempimento dei lottizzatori con i provvedimenti citati, senza dare conto dei rilievi della parte.
2.1.- Con il primo motivo, autonomo, del ricorso incidentale, la (OMISSIS) si duole del vizio ex art.360 n.3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli artt.1 e 83 del d.p.r. 449/59 e degli artt. l e 74 della 1. 295/1978, nonché dell’ omessa motivazione, in relazione alla mancata applicazione della decadenza di cui agli artt. 83 e 74 cit. ai contratti rientranti nel ramo delle cauzioni assicurative.
2.2.- Col secondo motivo, condizionato, la (OMISSIS) si suole dell’errata ed insufficiente interpretazione di clausole contrattuali e del vizio di omessa motivazione, in relazione alla ritenuta natura mista del contratto, in parte assicurativa, in parte cauzionale.
3.1.- I due ricorsi, principale ed incidentale, vanno riuniti ex art.335 c.p.c.
Per ragioni di priorità di carattere logico-giuridico, va esaminato il primo motivo del ricorso incidentale.
Detto motivo è infondato.
Come affermato nella recente pronuncia 4751/2015, l’art. 83 del d.P.R. 13 febbraio 1959, n. 449, utilizzabile “ratione temporis”, secondo il quale, in caso di liquidazione coatta amministrativa di compagnia assicuratrice, i contratti di assicurazione in corso continuano a coprire i rischi fino a sessanta giorni dopo la pubblicazione del decreto di liquidazione nella Gazzetta Ufficiale, non si applica alla polizza fideiussoria, differenziandosi quest’ultima dai primi sia sotto il profilo funzionale, in quanto diretta non tanto alla copertura di un rischio ma specialmente a garantire al beneficiario l’adempimento degli obblighi assunti dal contraente, sia come disciplina, attesa l’irrilevanza delle modifiche del rischio assunto e l’esperibilità dell’azione di regresso.
3.2.- Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile per novità.
Ed infatti, il Comune di B. pone la questione della natura autonoma, e non accessoria all’obbligazione principale di esatta esecuzione delle opere di urbanizzazione, della garanzia prestata dalla società assicuratrice, alla stregua della corretta applicazione delle regole di ermeneutica di cui agli artt.1362 e 1363 c.c. alle clausole contrattuali indicate.
La parte pertanto sottopone a questa Corte di legittimità il profilo della qualificazione del contratto sulla base dell’interpretazione dello stesso, che costituisce un tipico accertamento di fatto,affidato al giudice del merito e che non risulta da questi trattato nella sentenza impugnata, né la ricorrente indica quando e come avesse la stessa sollevato detta questione nel giudizio di merito.
Ed è solo il caso di aggiungere che, ove fosse stata posta la questione della qualificazione del contratto avanti al giudice del merito,sarebbe stato censurabile l’accertamento di questi in sede di legittimità, per la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt.1362 e seguenti cod. civ. o per motivazione inadeguata ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione(così, tra le tante, le pronunce 10554/2010 e 22536/2007).
3.3.- Il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile.
Ed infatti, anche detto motivo postula che nel giudizio di merito fosse stata sollevata la questione della qualificazione del contratto, da cui la ragione di inammissibilità di cui si è detto sopra; inoltre, il quesito è privo del momento di sintesi, ex art.366 bis c.p.c.
Il ricorso è infatti soggetto al disposto di cui all’art.366 bis c.p.c., introdotto dal d.lgs. 40/2006, art.6, abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009, dalla 1. 69/2009, art. 47, ed applicabile ai ricorsi proposti avverso sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 ed il 4 luglio 2009 (art. 58,5° comma, 1.69/2009) e quindi anche nella specie, atteso che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 4 giugno 2007.
Orbene, come affermato nella pronuncia 1747/2011, questa Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis c.p.c. – e’ fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c. n. 5 allorchè, cioè, il ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione: ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., l ottobre 2007, n. 20603).
Al riguardo, ancora, e’ incontroverso che non e sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che e’ indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in termini, tra le tante, le pronunce 8897/2008, 8555/2010, 5794/2010 e, tra le ultime, 2219/2013 e 14355/2013).
3.4.- Il terzo motivo è fondato.
Il Comune ha sostenuto la deroga convenzionale alla decadenza di cui all’art.1957 c.c., richiamando norme contrattuali, ed in particolare l’art. 5, che disciplina la liberazione dei contraenti( i lottizzanti) nei confronti dell’assicuratrice in relazione al pagamento dei premi, nei seguenti termini: “Il contraente, per essere liberato dagli obblighi della presente polizza ed a documentazione della liberazione della garanzia deve consegnare alla società a) l’esemplare della polizza restituitagli dall’assicurato oppure una dichiarazione rilasciata dall’assicurato che liberi la società da ogni responsabilità in ordine alla garanzia prestata, fermo restando che, ai fini dell’art. 4, detta dichiarazione non avrà in alcun caso effetto retroattivo”.
Ne consegue, osserva il Comune, che nel caso la durata della polizza fideiussoria è correlata non alla scadenza dell’obbligazione principale, ma al suo integrale soddisfacimento, da cui l’inapplicabilità dell’art.1957 c.c.
Detto argomento è fondato.
Ed infatti, in tal senso, si sono espresse specificamente le pronunce 16758/2002 e 16233/2005, rilevando che nella ipotesi in cui la durata di una fideiussione sia correlata non alla scadenza dell’ obbligazione principale ma al suo integrale adempimento, l’azione del creditore nei confronti del fideiussore non è soggetta al termine di decadenza previsto dall’art. 1957 c. c.
3.5.- I motivi quarto e quinto del ricorso principale restano assorbiti.
3.6.- Il secondo motivo del ricorso incidentale, condizionato e quindi da esaminarsi nella specie, è inammissibile.
Il motivo, rubricato come vizio di motivazione, è privo del momento di sintesi, necessario ex art.366 bis c.p.c.
4.1.- Conclusivamente, riuniti i ricorsi, rigettato il primo motivo del ricorso incidentale, vanno dichiarati inammissibili i primi due motivi del ricorso principale, nonché il motivo condizionato del ricorso incidentale, va accolto il terzo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri; va conseguentemente cassata la pronuncia impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio, e che si atterrà al principio di diritto sopra formulato.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi principale ed incidentale, rigetta il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara inammissibili i primi due motivi del ricorso principale, nonché il secondo motivo del ricorso incidentale, accoglie il terzo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, in data 23 giugno 2015