Ordinanza 16871/2022
IRPEF – Redditi prodotti in forma associata – Società in nome collettivo – Recesso del socio – Opponibilità all’amministrazione finanziaria
In tema di IRPEF, e con riguardo ai redditi prodotti in forma associata, il socio di società in nome collettivo che non provveda tempestivamente – in conseguenza di recesso, esclusione, cessione della quota – a richiedere l’iscrizione nel registro delle imprese della modifica dell’atto costitutivo, o non provi che l’amministrazione finanziaria ne fosse a conoscenza, non può opporre, ai fini dell’applicazione dell’imposta sul suo reddito di partecipazione, la perdita della qualità di socio non iscritta e non comunicata.
Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Ordinanza 25-5-2022, n. 16871 (CED Cassazione 2022)
RILEVATO CHE
-l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva accolto l’appello proposto da Sa. Cr. avverso la sentenza n. 6152/09/2017 della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo di rigetto del ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento n. TY301E801901/2016 con il quale l’Ufficio aveva contestato nei confronti di quest’ultimo, quale socio accomandante della (OMISSIS) s.n.c., maggiore reddito da partecipazione, ai fini Irpef, ai sensi dell’art. 5 del TUIR per l’anno di imposta 2011;
-il contribuente resiste con controricorso;
-sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
CONSIDERATO CHE
– con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2193,2290, 2295, 2296 , 2300 c.c. per avere la CTR annullato l’avviso sul presupposto dell’efficacia del recesso del contribuente dalla società, ancorché il socio di una società in nome collettivo che abbia perso tale qualità risponda delle obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui il recesso sia stato iscritto nel registro delle imprese;
-in dissonanza con la proposta del relatore (Cass., sez. un., Sez. U, Ordinanza n. 8999 del 16/04/2009; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 27305 del 07/10/2021), il ricorso è fondato;
-va premesso che la causa può accedere all’esame del merito del motivo in quanto, alla stregua dei principi affermati da Cass., sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815, nella specie, si esula dalla fattispecie del litisconsorzio necessario essendo la doglianza di opposizione del contribuente-socio accomandante fondata su ragioni personali afferenti alla asserita perdita della qualità di socio per effetto del recesso per giusta causa ex art. 2285 c.c. che si assume essere stato comunicato al socio accomandatario con lettera raccomandata del 30 dicembre 2009, dunque, prima dell’anno di imposta in questione (2011);
-invero, la perdita della qualità di socio nella società di persone (in conseguenza di recesso, esclusione, cessione della quota) integrando modificazione dell’atto costitutivo (per la società in nome collettivo art.2295 cc) è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese a pena di inopponibilità ai terzi, a meno che si provi che questi ne fossero a conoscenza (art.2300 c.c., comma 3). Così il regime di cui agli artt.2290 e 2300 c.c., in forza del quale il socio di una società in nome collettivo che cede la propria quota risponde, nei confronti dei terzi, delle obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino al momento anteriore in cui il terzo sia venuto a conoscenza della medesima, è di generale applicazione, non riscontrandosi alcuna disposizione di legge che ne circoscriva la portata al campo delle obbligazioni di origine negoziale con esclusione di quelle che trovano la loro fonte nella legge (cfr. Cass. n. 20447/2011; id. n. 2215/2006; id. 2.2.2007 n. 2284; id. sez. lav. 12.4.2010 n. 8649 – con riferimento all’obbligo di fonte legale relativo al versamento di contributi previdenziali). Tanto premesso in forza delle previsioni di cui agli artt. 2207, 2290 e 2300 c.c., il socio di una società in nome collettivo che abbia perduto tale qualità risponde, nei confronti dei terzi, delle obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino al momento (anteriore) in cui il terzo sia venuto a conoscenza della cessione (ed e appena il caso di rilevare che l’Amministrazione finanziaria assume la posizione di soggetto terzo rispetto al rapporto sociale ed all’atto di cessione delle quote sociali posto in essere dal socio di una società di persone). L’indicata pubblicità costituisce, dunque, fatto impeditivo di una responsabilità altrimenti normale che deve essere allegata e provata dal socio che opponga la cessione al fine di escludere la propria responsabilità per le obbligazioni sociali: con la conseguenza che rientra tra i poteri ufficiosi del giudice valutare, a fronte di una tale deduzione difensiva, se l’anzidetto onere sia stato o meno assolto (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 1.2.2006 n. 2215; analogamente, relativamente alla ipotesi di recesso volontario del socio, Cass. 5^ sez. 26.2.2002 n. 2812; id. 2.8.2002 n. 11569; Cass. n. 7688 del 2013);
– nella specie, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi nell’annullare l’atto impositivo sul presupposto dell’avvenuto recesso del contribuente-socio dalla società in nome collettivo senza verificare l’assolvimento da parte di quest’ultimo dell’onere della pubblicità con riguardo alla iscrizione del recesso nel registro delle imprese; al riguardo, questa Corte ha avuto modo di chiarire come il recesso del socio di società di persone, di cui non sia stata data pubblicità, ai sensi dell’art. 2290 c.c., comma 2, non è opponibile ai terzi, non producendo esso i suoi effetti al di fuori dell’ambito societario (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1046 del 2015; Cass, sez. 1, n. 4865 del 2010);
– in conclusione, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 12 aprile 2022