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Cassazione Civile 17020/2022 – Eccezione d’inadempimento – Continuazione del godimento del conduttore – Sospensione del pagamento del canone – Reciproci inadempimenti 

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Ordinanza 17020/2022

Eccezione d’inadempimento – Presupposti – Continuazione del godimento del conduttore – Sospensione del pagamento del canone – Reciproci inadempimenti 

In tema di inadempimento contrattuale vale la regola che l”exceptio non rite adimpleti contractus”, di cui all’art. 1460 c.c., si fonda su due presupposti: l’esistenza dell’inadempimento anche dell’altra parte e la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, bensì in relazione alla situazione oggettiva. In applicazione di tale principio, qualora un conduttore abbia continuato a godere dell’ immobile locato, pur in presenza di vizi, non è legittima la sospensione da parte sua del pagamento del canone, perchè tale comportamento non sarebbe proporzionale all’inadempimento del locatore.

Cassazione Civile, Sezione 6-3, Ordinanza 26-5-2022, n. 17020   (CED Cassazione 2022)

Art. 1460 cc

 

 

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 9/4/2021 (n. 380/2021), la Corte d’appello di Palermo ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato l’opposizione proposta da (OMISSIS), in proprio e nella qualità di legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., avverso il decreto ingiuntivo ottenuto nei relativi confronti da (OMISSIS) per il pagamento di taluni canoni relativi al contratto di locazione concluso tra le parti;

a fondamento della decisione assunta, la Corte territoriale – premessa l’irrilevanza della transazione conclusa tra le parti nel corso del giudizio in relazione al rapporto de quo (attesa l’esclusione, espressamente convenuta tra le parti, dell’efficacia di detta transazione in relazione al giudizio in esame) – ha rilevato come, a fronte del pacifico mancato pagamento, da parte del conduttore, dei canoni dovuti nel periodo dedotto in giudizio, il (OMISSIS) aveva infondatamente invocato l’efficacia dirimente dell’eccezione di inadempimento sollevata ai sensi dell’art. 1460 c.c., avendo il conduttore incontestatamente continuato a godere dell’immobile locato nel periodo corrispondente alla morosità maturata;

con la stessa decisione, il giudice d’appello ha evidenziato l’infondatezza della contestazione sollevata dal conduttore in ordine all’asserita nullità della decisione di primo grado in ragione dell’avvenuto compimento di taluni atti, nel contesto di tale giudizio, da un giudice ricusato, tenuto conto della mancata dimostrazione della precedenza della proposta ricusazione rispetto agli atti contestati, e, in ogni caso, della sostanziale irrilevanza della circostanza dedotta;

avverso la sentenza d’appello, (OMISSIS), in proprio e nella qualità di legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;

(OMISSIS) ha depositato controricorso;

a seguito della fissazione della camera di consiglio, la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna adunanza camerale, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, il ricorrente si duole della nullità della sentenza impugnata, nonchè dell’omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5), per avere il giudice a quo dettato una motivazione illogica o apparente (in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4), e, in ogni caso, inidonea ad integrare gli estremi del c.d. “minimo costituzionale” di cui all’art. 111 Cost., in relazione al punto concernente l’omessa considerazione della transazione stipulata tra le parti in data 13/8/2018, tanto in relazione alla relativa mancata considerazione, quanto in relazione alla relativa pretesa irrilevanza ai fini del giudizio;

il motivo è manifestamente infondato;

al riguardo, osserva il Collegio come, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, il difetto del requisito della motivazione si configuri, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza (nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione), ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum;

infatti, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poichè intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili;

in ogni caso, si richiede che tali vizi emergano dal testo del provvedimento, restando esclusa la rilevanza di un’eventuale verifica condotta sulla sufficienza della motivazione medesima rispetto ai contenuti delle risultanze probatorie (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 609353 – 01);

ciò posto, nel caso di specie, è appena il caso di rilevare come la motivazione dettata dalla Corte territoriale a fondamento della decisione impugnata sia, non solo esistente, bensì anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo la Corte d’appello dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, delle ragioni connesse alla mancata acquisizione al processo della transazione dedotta dal locatore (a causa dell’evidente tardività della relativa produzione nel corso del giudizio di primo grado), nonchè, in ogni caso, dell’irrilevanza di tale documento ai fini del giudizio, tenuto conto dell’espressa volontà manifestata dalle parti transigenti di escludere proprio il presente giudizio dall’ambito di efficacia di detta transazione;

l’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse è pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente; e ciò, tanto in relazione al parametro normativo di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, quanto con riguardo alla prospettata idoneità, del discorso giustificativo articolato nel provvedimento impugnato, a sottrarsi all’ambito di rilevanza del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dovendo escludersi radicalmente che il giudice a quo si sia reso autore, nel caso di specie, di un’elaborazione argomentativa di carattere meramente apparente o dall’andamento illogico o contraddittorio;

con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1575 c.c., n. 2, artt. 1576, 1578, 1460 e 2033 c.c., nonchè degli artt. 52 e 298 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte territoriale erroneamente escluso la fondatezza dell’eccezione di inadempimento sollevata dal conduttore in relazione ai gravi vizi dell’immobile manifestatisi solo successivamente alla conclusione del contratto di locazione, e tali da alterare in modo decisivo il godimento dell’immobile e l’equilibrio contrattuale, pervenendo illegittimamente a escludere la legittimità del comportamento inadempiente del conduttore nel mancato pagamento dei canoni dovuti ai sensi dell’art. 1460 c.c.;

il motivo è inammissibile;

al riguardo, osserva il Collegio come, ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, il ricorso è inammissibile quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa;

in particolare, in tema di giudizio di legittimità, anche un solo precedente, se univoco, chiaro e condivisibile, integra l’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di cui all’art. 360-bis c.p.c., n. 1, con conseguente dichiarazione di inammissibilità del relativo ricorso per cassazione che non ne contenga valide critiche (Sez. 6 3, Ordinanza n. 4366 del 22/02/2018, Rv. 648036 – 02);

nel caso di specie, il giudice a quo ha negato l’invocabilità, da parte del conduttore, della difesa di cui all’art. 1460 c.c. (c.d. eccezione di inadempimento), in relazione al mancato pagamento dei canoni di locazione, uniformandosi al consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio, al fine di assicurarne continuità), ai sensi del quale, in tema di inadempimento contrattuale vale la regola che l’exceptio non rite adimpleti contractus, di cui all’art. 1460 c.c., si fonda su due presupposti: l’esistenza dell’inadempimento anche dell’altra parte e la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, bensì in relazione alla situazione oggettiva; in applicazione di tale principio, conseguentemente, qualora un conduttore abbia continuato a godere dell’immobile locato pur in presenza di vizi, non è legittima la sospensione da parte sua del pagamento del canone, perchè tale comportamento non sarebbe proporzionale all’inadempimento del locatore (Sez. 3, Sentenza n. 8425 del 11/04/2006, Rv. 589183 – 01);

rispetto a tale insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’odierno ricorrente ha sostanzialmente omesso di confrontarsi in termini diretti, limitandosi ad esprimere unicamente il proprio dissenso attraverso il richiamo di argomentazioni articolate in termini di puro fatto, del tutto prive di decisività e, in ogni caso, non pertinenti in questa sede di legittimità;

con il terzo motivo, il ricorrente si duole della nullità della sentenza impugnata (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere il giudice a quo omesso di dar rilievo all’avvenuto compimento, nel corso del giudizio di primo grado, di atti del processo da parte di un giudice ricusato, e dunque a seguito dell’intervenuta sospensione del giudizio, senza dedurne la conseguente nullità della sentenza pronunciata;

il motivo è inammissibile;

fermo il valore dirimente dell’argomentazione riferita alla mancata dimostrazione, da parte dell’odierno istante, della precedenza temporale della proposizione dell’istanza di ricusazione rispetto al compimento degli atti processuali contestati in questa sede (non avendo il ricorrente mai prodotto agli atti del giudizio l’istanza di ricusazione: cfr. pag. 9 della sentenza impugnata), varrà considerare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tuteli l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisca solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione: sicchè deve ritenersi inammissibile l’impugnazione con cui si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito, dovendo ribadirsi il generale principio di diritto processuale, ai sensi del quale nessuno ha diritto al rispetto delle regole del processo in quanto tali, ma solo se, appunto in dipendenza della loro violazione, ha subito un concreto pregiudizio (cfr., ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 3432 del 22/02/2016, Rv. 638918 – 01);

nel caso di specie, non avendo l’odierno ricorrente evidenziato alcuna forma di pregiudizio come conseguenza della pretesa violazione delle norme processuali allegate, l’odierna censura deve ritenersi inammissibile;

sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate, deve essere pronunciato il rigetto del ricorso;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

dev’essere attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente (in proprio e nella qualità), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente (in proprio e nella qualità), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione del 7/4/2022.