Sentenza 17185/2018
Concessioni di derivazione di acque pubbliche – Sovracanoni da impianti di pompaggio – Fondamento
In tema di concessioni di derivazione di acque pubbliche, i sovracanoni provenienti dagli impianti di produzione per pompaggio competono, ex art. 28, comma 9, lett. b), della l. n. 388 del 2000, ai soli Comuni che abbiano la qualifica di “rivieraschi” e non anche a quelli privi di tale qualifica, nonostante l’ubicazione in essi degli impianti medesimi giacché, accedendo il sovracanone in questione a quelli di cui all’art. 53 del r.d. n. 1775 del 1933, non è illogico che il legislatore abbia considerato non tanto il sito degli impianti, quanto la finalità di distribuire la ricchezza da questi prodotta sui Comuni, essenzialmente quelli rivieraschi, che subiscono un pregiudizio per il depauperamento del corso d’acqua.
Corte di Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 28 giugno 2018, n. 17185 (CED Cassazione 2018)
FATTI DI CAUSA
Il comune di Capitignano ha ingiunto ad (OMISSIS) spa il pagamento di 281.752,954 Euro per sovracanoni rivieraschi e BIM dovuti L. n. 136 del 1999, ex articolo 28, comma 4 in base alla concessione di due impianti idroelettrici denominati “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)”, utilizzatori delle acque dei fiumi (OMISSIS) per la produzione di energia elettrica mediante accumulo per pompaggio.
Il Tribunale Regionale delle acque pubbliche presso la Corte di appello di Roma ha riconosciuto il diritto del comune al pagamento di una minor somma per i sovracanoni annuali BIM, ma ha accolto l’opposizione della società ingiunta con riguardo al calcolo dei sovracanoni e alla spettanza ai comuni rivieraschi.
Il Tribunale Superiore delle acque con sentenza n. 12 del 216 ha rigettato l’appello del Comune, il quale ha proposto ricorso per cassazione con due motivi.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2) Con il primo motivo di ricorso il Comune denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 1367 del 1999, articolo 28, comma 4 e della L. n. 388 del 2000, articolo 28, comma 8. Sostiene che erroneamente il tribunale ha ritenuto che il canone debba essere determinato in relazione all’acqua pompata e sulla base dell’energia impiegata per il pompaggio.
Sostiene che secondo la norma interpretativa del 2000 ai fini del calcolo va considerata la portata d’acqua utilizzata in fase produttiva di caduta e non quella della fase di pompaggio.
La tesi è infondata e ha trovato esauriente risposta nelle sentenze n. 260 del 2015 e n. 74 del 2016 del Tribunale Superiore.
Quest’ultima ha precisato il quadro normativo di riferimento.
Ha ricordato che la L. n. 959 del 1953, articolo 1, comma 8, ha istituito la soggezione dei concessionari di grandi derivazioni d’acqua per produzione di forza motrice, le cui opere di presa fossero situate, in tutto o in parte, nell’ambito del perimetro imbrifero montano, al pagamento di un sovracanone annuo di Lire 1300 per ogni chilowatt di potenza nominale media, risultante dall’atto di concessione in sostituzione degli oneri di cui al testo unico n. 1775 del 1933, articolo 52.
Ha poi ricordato che la L. n. 136 del 1999, all’articolo 28, comma 4, ha disposto che “a decorrere dal 1 gennaio 1999, gli impianti idroelettrici di accumulo per pompaggio, aventi il serbatoio di carico nell’ambito di un bacino imbrifero montano delimitato ai sensi della L. 27 dicembre 1953, n. 959, ai fini anche della riqualificazione dell’energia prodotta, sono soggetti ai sovracanoni previsti dalla L. 22 dicembre 1980, n. 925, articoli 1 e 2 in ragione dello 0,15 della potenza nominale media risultante dal decreto di concessione e riferita al pompaggio.
Quest’ultimo riferimento è alla base della tesi della società resistente, accolta dalla sentenza impugnata.
Parte ricorrente invoca la L. n. 388 del 2000, all’articolo 28, commi 8 e 9, la quale contiene un riferimento alla portata produttiva e al salto tra le quote. Tale legge, come ricordato anche nel citato precedente del 2016, ha stabilito che “la potenza nominale media di cui alla L. 30 aprile 1999, n. 136, articolo 28, comma 4 deve essere intesa come prodotto della portata massima utilizzata in fase produttiva, per il salto quantificato pari alla differenza tra le quote massime di regolazione degli invasi superiore ed inferiore; per l’accelerazione di gravità” (comma 8) e che “i sovracanoni provenienti dagli impianti di produzione per pompaggio sono liquidati nel modo seguente: a) quelli riguardanti i bacini imbriferi montani, ai sensi della L. 22 dicembre 1980, n. 925, articolo 1 per il 50 per cento ai consorzi costituiti tra i comuni compresi nel bacino imbrifero montano, come delimitato con decreti del Ministro dei lavori pubblici, e per il restante 50 per cento ai Comuni non consorziati in base alle percentuali loro attribuite con decreto del Ministro dei lavori pubblici; b) quelli riguardanti i comuni rivieraschi ai sensi della L. 22 dicembre 1990, n. 925, articolo 2 per 1’80 per cento a favore dei comuni territorialmente interessati dagli impianti e in base alle percentuali di cui alla lettera a) e per il restante 20 per cento a favore delle relative province”.
Il quadro normativo è completato però, ricorda TSAP 74/16, dal Decreto Legge n. 239 del 2003, articolo 1 quinquies, comma 4, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 290 del 2003, che ha modificato il comma 4 della L. n. 388 del 2000, articolo 28 stabilendo che “le parole da “intesa come prodotto” fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: “calcolata annualmente quale rapporto fra il consumo da pompaggio di ciascun impianto nell’anno precedente, come risultante dai contatori di assorbimento, e il numero convenzionale di 2.850 ore medie di funzionamento annuo per tale tipologia di impianti. La metodologia di calcolo di cui al presente comma decorre dal 1 gennaio 2004″”. Per effetto di tale modificazione, l’articolo 28, comma 4, citato dispone ora che “la potenza nominale media di cui alla L. 30 aprile 1999, n. 136, articolo 28, comma 4 deve essere calcolata annualmente quale rapporto fra il consumo da pompaggio di ciascun impianto nell’anno precedente, come risultante dai contatori di assorbimento, e il numero convenzionale di 2.850 ore medie di funzionamento annuo per tale tipologia di impianti. La metodologia di calcolo di cui al presente comma decorre dal 1 gennaio 2004”.
3) Parte resistente in memoria ha evidenziato le conseguenze tratte dalle citate sentenze del Tsap del 2015 e del 20016, sostanzialmente corrispondenti, nell’odierna controversia, a quanto ritenuto dal Tribunale regionale e dalla sentenza impugnata.
In primo luogo è stato correttamente rilevato che con la L. n. 136 del 1999, articolo 28, comma 4, il legislatore non ha istituito un nuovo ed ulteriore sovracanone a carico dei concessionari di grandi derivazioni di acque pubbliche, rispetto a quelli (BIM e per comuni rivieraschi) già esistenti, bensì più semplicemente a carico degli impianti di pompaggio una maggiorazione dei sovracanoni di cui agli articoli 52 e 53 t.u. acque, se e in quanto dovuti. La norma ha eliminato l’esenzione di cui in precedenza tali impianti godevano ed ha stabilito le peculiari modalità di calcolo.
In secondo luogo sulla base delle consulenze tecniche (si badi che anche nell’odierna controversia il tribunale regionale ha acquisito consulenza tecnica che ha descritto l’attività di pompaggio in senso conforme alla tesi dell'(OMISSIS)) è stato osservato che il riferimento normativo deve essere inteso con riferimento alla sola acqua sollevata dal bacino inferiore e immessa in quello superiore. Si avrebbe altrimenti un terzo canone giacchè la “portata dell’acqua in caduta è già sottoposta all’applicazione dei sovracanoni di cui al Regio Decreto n. 1775 del 1933, articoli 52 e 53 e dalla richiamata L. n. 959 del 1953 e successive modificazioni e integrazioni (L. n. 1254 del 1959 e L. n. 925 del 1980)”.
Queste argomentazioni valgono a smentire la tesi dedotta dal comune con il primo motivo.
4) Con il secondo motivo il comune di Capitignano denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, articolo 28, comma 9, lettera B.
La sentenza impugnata nella parte qui espressamente censurata ha ritenuto che “a norma della L. n. 136 del 1999, articolo 28, comma 9, lettera B, il sovracanone per il pompaggio è dovuto in parte ai comuni dei bacini imbriferi montani, L. 22 dicembre 1980, n. 925, ex articolo 1 ed in parte ai comuni rivieraschi, ai sensi della L. 22 dicembre 1990, n. 925, articolo 2 e, cioè, “per l’80 per cento a favore dei comuni territorialmente interessati in base alle percentuali di cui alla lettera a) e per il restante 20 per cento a favore delle relative province”.
Nella specie, comunque, il sovracanone rivierasco per pompaggio non compete al comune ricorrente per una ragione preliminare rispetto a quella rilevata in sentenza, posto che dalla lettera della legge (articolo 28 L. cit., comma 9) emerge con chiarezza che il sovracanone da pompaggio è dovuto, anzitutto, solo ai comuni che abbiano la qualifica di rivieraschi (qualifica generale), a prescindere dalla questione se il canone stesso sia dovuto a tutti i comuni rivieraschi o solo a quelli che siano anche interessati territorialmente dagli impianti (qualifica speciale). Non avendo, quindi, il Comune appellante la qualifica di Comune “rivierasco”, deve escludersi in radice la possibilità che lo stesso sia destinatario del sovracanone in questione ed è, di conseguenza, irrilevante che il Comune sia interessato territorialmente dagli impianti di pompaggio. Del resto risulta pacificamente dalla C. T. U. e dalla sentenza impugnata che il Comune ricorrente non è stato inserito dal Decreto Ministeriale n. 33534 del 1979 tra i comuni rivieraschi ossia di quelli ubicati lungo le rive (o sulle sponde) dell’alveo da cui vengono derivate le acque destinate alla produzione di energia elettrica”.
Il ricorso deduce che per mero errore il Decreto n. 33534 del 1979 ha omesso di richiamare il comune di Capitignano e che questa esclusione sia stata ritenuta decisiva. Sostiene che in relazione alle condotte forzate prese in considerazione non sarebbero configurabili comuni rivieraschi e che i sovracanoni si riferirebbero ai comuni sul cui territorio insistono gli impianti funzionanti per pompaggio. Sarebbe irrilevante pertanto una ripartizione dei sovracanoni che riguardasse i comuni che si affacciano sui corsi di acqua interessati dal ciclo di produzione di energia, dovendosi aver riguardo alle caratteristiche dell’impianto e alle località che ospitano gli impianti.
4.1) Anche questa doglianza è infondata.
Come rilevato da parte resistente, non risulta che il decreto che esclude il comune ricorrente dall’elenco di quelli rivieraschi sia stato impugnato amministrativamente nella sede e nei tempi opportuni, cosicchè non ha peso la tesi del “mero errore” esposta in ricorso.
Quanto all’espressione “comuni territorialmente interessati dagli impianti” non può essere intesa nel senso che i beneficiari della maggior somma sarebbero stati non già tutti i comuni rivieraschi, ma quelli in cui sono ubicati gli impianti necessari per il pompaggio.
Se infatti il sovracanone di pompaggio accede ai sovracanoni di cui all’articolo 53 per i comuni rivieraschi non è illogico che il legislatore abbia considerato non tanto il sito degli impianti, quanto la finalità (v TSAP 260/15) di distribuire la ricchezza prodotta dagli impianti sui comuni, essenzialmente quelli rivieraschi, che subiscono (in questo senso va inteso il concetto di “comuni territorialmente interessati dagli impianti”, su cui fa leva il ricorso) un pregiudizio per il depauperamento del corso d’acqua. È stato quindi corretto, nei limiti della residua questione controversa, affermare che solo agli enti locali cui competono i sovracanoni rivieraschi, che debbono essere inclusi nell’elenco ministeriale, spetti il sovracanone di pompaggio correlato, restando irrilevante la diversa ratio (ubicazione degli impianti) che è alternativamente proposta dal ricorso.
5) Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia.
Va dato atto della sussistenza delle condizioni per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro ottomila per compenso, Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge, rimborso delle spese generali (15%).
Dà atto della sussistenza delle condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, per il versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.