Sentenza 1724/2016
Assicurazione fideiussoria – Applicabilità disciplina della fideiussione
La cosiddetta assicurazione fideiussoria costituisce una figura contrattuale intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione ed è contraddistinta dall’assunzione dell’impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente; peraltro, essendo caratterizzata dalla stessa funzione di garanzia della fideiussione, ad essa è applicabile, ove non derogata dalle parti, la disciplina legale tipica di tale contratto.
Istanza del creditore contro il debitore entro sei mesi dalla per l’adempimento dell’obbligazione
L’art. 1957 c.c., nell’imporre al creditore di proporre la sua “istanza” contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza per l’adempimento dell’obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest’ultimo, tende a far sì che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa; pertanto, il termine “istanza” si riferisce ai vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro idoneità a sortire il risultato sperato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non costituire “istanza” ai fini dell’art. 1957 c.c. la denuncia di inadempimento effettuata più volte alla società italiana cauzioni).
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 29 gennaio 2016, n. 1724 (CED Cassazione 2016)
Art. 1957 c.c. annotato con la giurisprudenza
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 10.6.1994 (OMISSIS), proprietario di un terreno edificabile posto in comune di (OMISSIS), stipulava con l’Impresa (OMISSIS) s.n.c. un contratto in virtù del quale quest’ultima, in cambio del trasferimento della proprietà dei 2/3 di tale area, si obbligava a costruire sulla restante frazione di 1/3 alcune unità immobiliari; successivamente, il 19.11.1994 le medesime parti stipulavano un contratto d’appalto col quale l’Impresa (OMISSIS) si impegnava a costruire sul predetto terzo del terreno di proprietà (OMISSIS) tre capannoni per il corrispettivo di lire 2.300.000.000, dichiarato come già versato all’atto di sottoscrizione del contratto. A garanzia dell’obbligazione assunta, l’Impresa (OMISSIS) rilasciava in favore del (OMISSIS) una polizza fideiussoria di uguale importo stipulata con la (OMISSIS) ( (OMISSIS)) s.p.a.. Il 16.3.1995 (OMISSIS) e l’Impresa (OMISSIS) stipulavano il contratto di vendita dei 2/3 del terreno edificabile, che la (OMISSIS) provvedeva, poi, a rivendere all’ (OMISSIS) s.p.a. con atto del 22.3.1995. Seguiva il 18.9.1995 il rilascio della concessione edilizia da parte del comune di (OMISSIS) e l’inizio dei lavori, tuttavia non ultimati nel termine pattuito.
Sulla base di tali fatti, (OMISSIS), chiesto ed ottenuto un sequestro conservativo sui beni della società (OMISSIS) e dei soci di essa (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), agiva in giudizio, davanti al Tribunale di Verona, nei confronti di detta società e dei soci per la risoluzione per inadempimento di entrambi i contratti stipulati con l’Impresa (OMISSIS), nonchè per il pagamento della somma di lire 2.500.000.000, pari al valore delle prestazioni oggetto del contratto del 10.6.1994, e la restituzione della somma di lire 2.300.000.000, corrispettivo dell’appalto del 19.11.1994, decurtata del valore delle opere eseguite dalla società appaltatrice. Chiedeva, inoltre, la condanna della (OMISSIS) s.p.a. al pagamento della cauzione corrispondente a quest’ultimo importo, e la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni per il ritardo nell’esecuzione dei lavori, danni che quantificava in lire 600.000.000.
L’Impresa (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) resistevano in giudizio, assumendo che l’area in questione era stata alienata all’ (OMISSIS) s.p.a. per la somma di lire 657.639.180, non corrispondente al suo effettivo valore di mercato, ed eccepivano la nullità dei contratti anzi detti per illiceità dell’oggetto e della causa, in quanto stipulati in contrasto con la Legge n. 1150 del 1942, articoli 31 e 41, Legge n. 765 del 1967, articoli 10 e 13 e della Legge n. 10 del 1977. Chiedevano, pertanto, il rigetto della domanda, previa chiamata in causa della (OMISSIS) s.p.a., e in via riconvenzionale la condanna dell’attore al risarcimento dei danni, nella misura di lire 5.000.000.000.
Anche la (OMISSIS) s.p.a. resisteva in giudizio, sostenendo l’invalidità della polizza fideiussoria, in quanto emessa a garanzia del contratto d’appalto del 19.11.1994, che deduceva essere fittizio, mentre l’unico contratto che effettivamente regolava i rapporti tra il (OMISSIS) e l’Impresa (OMISSIS) era quello precedente, di permuta di cosa presente (cioè il terreno) con cosa futura (i fabbricati da costruire). Deduceva, inoltre, la scadenza della polizza (avente durata fino al 30.11.1997) e la decadenza del (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 1957 codice civile, ovvero l’inefficacia sopravvenuta della polizza stessa, per essere venuta meno l’obbligazione principale, sia per la sostituzione dell’appaltatore (che era risultato essere la (OMISSIS) s.p.a.), sia per la modifica oggettiva del contratto d’appalto (sostituzione degli iniziali progetti).
Tale causa era riunita ad altre due, entrambe proposte dalla (OMISSIS) s.p.a. contro il (OMISSIS). Una, per il pagamento delle opere realizzate, nella quale (OMISSIS) aveva resistito negando la propria legittimazione passiva, data l’assenza di un rapporto contrattuale diretto con detta società; l’altra, per l’accertamento della proprietà dell’area immobiliare di cui al mapp. 474 del NCT, su cui era stato eretto un fabbricato intestato al (OMISSIS), il quale aveva chiamato in causa l’Impresa (OMISSIS) e il geom. (OMISSIS), progettista, per esserne tenuto indenne in caso di soccombenza.
Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, con sentenza non definitiva n. 2427/02 il Tribunale dichiarava la nullità, ai sensi dell’articolo 1418 codice civile, comma 1, dei contratti del 10.6.1994 e del 19.11.1994, respinte le domande del (OMISSIS) e revocato il sequestro conservativo, in quanto la concessione edilizia era stata rilasciata soltanto il successivo 18.5.1995, disponendo con separata ordinanza per la prosecuzione della causa.
Proposto appello dal (OMISSIS), la Corte distrettuale di Venezia con sentenza non definitiva n. 401/07 dichiarava inammissibile l’appello riguardante le domande e le eccezioni che erano ancora sub iudice in primo grado, rigettava “l’eccezione di nullità della convenzione 10.6.1994 e del contratto di appalto 19.11.94 di cui dichiarava la validità ed efficacia” (regolava le spese del grado tra il (OMISSIS) e (OMISSIS) ponendole a carico del primo) e disponeva per il prosieguo. Quindi, con sentenza definitiva n. 1808/10, pubblicata il 28.9.2010, rigettava la domanda di risoluzione dei contratti del 10.6.1994 e del 19.11.1994 proposta dal (OMISSIS), condannava l’Impresa (OMISSIS) nonchè (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento a favore del (OMISSIS) della somma di euro 1.396.129,00 a titolo di risarcimento dei danni, condannava la (OMISSIS) s.p.a. al pagamento in favore del (OMISSIS) della somma di euro 1.187.850, e regolava le spese, in favore di quest’ultimo.
Rilevava la Corte territoriale che sul terreno di proprietà del (OMISSIS) i lavori erano stati eseguiti per la maggior parte dall’Impresa (OMISSIS) e a completamento da altra impresa ( (OMISSIS)); che i lavori risultavano essere stati interrotti il 30.3.1998; che erano stati eseguiti lavori per lire 3.094.276.660, a fronte di un importo complessivo delle opere di lire 7.323.220.000; che pertanto, “essendo la percentuale delle opere di proprietà del (OMISSIS) del 34,07%, il totale delle opere di sua spettanza ancora da eseguire era pari a lire 1.440.800.996”; e che “conclusivamente (…) accertato che le opere ancora da eseguire – e poste contrattualmente a carico dell’Impresa (OMISSIS) – era pari a lire 1.440.800.966, che quelle effettivamente eseguite a parziale completamento erano di lire 406.275.687, che al (OMISSIS), a seguito delle modifiche del progetto originario spettava un quid corrispondente a lire 102.436.000, ma che, a causa dei ritardi, esso non incamerava la somma di euro 447.482, (erano) ad esso appaltante dovuti euro 1.396.129,00 oltre rivalutazione a far data dal deposito della ctu (…) sino alla pubblicazione della sentenza e interessi legali, al saldo” (così, testualmente, nella quarta pagina della parte motiva). Osservava, al riguardo, che il diritto del committente alla risoluzione del contratto di appalto a fronte dell’inadempimento dell’appaltatore doveva ritenersi oggetto d’implicita rinuncia qualora il committente stesso avesse manifestato la volontà di acquisire l’opera così come incompleta, come era avvenuto nella specie. Concludeva che “(d)a tutto quanto esposto discendeva anche la condanna della (OMISSIS) spa, fideiussore e garante delle obbligazioni assunte dalla (OMISSIS), in via solidale con i debitori principali, al pagamento, in favore del (OMISSIS), della somma di lire 2.300.000.000 – pari a euro 1.187.850,87 – posto che il committente aveva versato all’impresa detto importo al momento della stipula del contratto di appalto solo parzialmente adempiuto”. Rilevava che non avevano pregio le eccezioni d’invalidità della polizza fideiussoria per il mutamento del progetto edilizio, atteso che non era intercorsa nessuna modifica oggettiva del contratto intercorso tra il (OMISSIS) e l’Impresa (OMISSIS), e la fideiussione era legata al contratto d’appalto e non alla concessione edilizia; e che il (OMISSIS) aveva tempestivamente denunciato il rallentamento delle opere e il loro definitivo abbandono, reiterando periodicamente nei confronti della (OMISSIS) l’attivazione della garanzia.
Per la cassazione di tale sentenza propongono separati ricorsi la soc. (OMISSIS). s.n.c. e (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) e la (OMISSIS) N.V., quale cessionaria del ramo d’azienda cauzioni ed assicurazioni della (OMISSIS) s.p.a..
Ricorsi cui resistono con altrettanti controricorsi e ricorsi incidentali (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS).
Il ricorso della (OMISSIS) è stato notificato anche alla (OMISSIS) e a (OMISSIS), i quali non hanno svolto attività difensiva.
La soc. (OMISSIS). s.n.c. e (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), la (OMISSIS) N.V. e la sola (OMISSIS) (che in prossimità dell’udienza di discussione ha separato la propria difesa da quella degli altri eredi di (OMISSIS)) hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
- – Preliminarmente i ricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS) vanno riuniti ex articolo 335 codice procedura civile in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
- – Sempre in via preliminare va respinta l’eccezione, sollevata dagli eredi (OMISSIS), d’improcedibilità del ricorso (OMISSIS) per non essere stata depositata la sentenza non definitiva n. 401/07 in copia autentica. Detta pronuncia non forma oggetto d’impugnazione, essendo stata impugnata unicamente la sentenza definitiva n. 1808/10, di guisa che essa rileva in causa come atto del processo e non come oggetto del giudizio di cassazione; onde l’inapplicabilità dell’articolo 369 codice procedura civile, comma 2, n. 2.
- – Il primo motivo del ricorso (OMISSIS), che per la priorità di notificazione deve qualificarsi principale, lamenta la violazione dell’articolo 112 codice procedura civile e il conseguente vizio d’omessa pronuncia, non essendosi la Corte territoriale pronunciata sulle domande subordinate di nullità dei contratti del 10.6.1994 e del 19.11.1994 per indeterminabilità delle controprestazioni gravanti sull’Impresa (OMISSIS) e per simulazione della dichiarazione con la quale nel contratto del 19.11.1994 detta parte aveva rilasciato quietanza del pagamento della somma di lire 2.300.000.000, a saldo delle opere pattuite. La sentenza impugnata, si sostiene nel motivo, sembra non aver provveduto in merito, sul presupposto che tali domande subordinate sarebbero state già decise dalla sentenza non definitiva n. 401/07, la quale, invece, riguardava solo la nullità eccepita per violazione dellaLegge n. 1150 del 1942, articoli 31 e 41,Legge n. 765 del 1967, articoli 10 e 13 e della Legge n. 10 del 1977.
- – Il secondo motivo deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli1418, 1325, 1346 e 1470 codice civile, in quanto, si sostiene, la convenzione del 10.6.1994 è nulla per difetto di oggetto, non essendo determinata o determinabile la controprestazione dell’Impresa (OMISSIS). Come si legge nella clausola n. 4, in allora le parti non erano in grado di individuare in via definitiva le unità immobiliari che detta impresa avrebbe dovuto cedere in corrispettivo della permuta al (OMISSIS).
- – Il terzo motivo deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli1655 e 1414 codice civile, in quanto, si sostiene, il contratto d’appalto del 19.11.94 era nullo per difetto dell’elemento essenziale del corrispettivo, e inefficace per simulazione quanto alla dazione del prezzo di lire 2.300.000.000, in realtà mai corrisposto. Parte ricorrente deduce al riguardo che l’anomalia di aver le parti previsto una fideiussione a garanzia (della restituzione) di un importo non corrisposto, è spiegabile esclusivamente all’interno di un accordo in base al quale era stata trasferita la proprietà dell’area edificabile dal (OMISSIS) all’Impresa (OMISSIS) e da questa alla (OMISSIS), con l’obbligo di edificare il complesso edilizio, sussistendo la garanzia fideiussoria in capo ad ambedue le società.
- – Il quarto motivo lamenta il vizio d’omessa o insufficiente motivazione, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, n. 5 relativamente alle seguenti circostanze di fatto: a) il versamento effettivo del corrispettivo dell’appalto; tale circostanza è stata richiamata nella prima comparsa conclusionale del 19.12.2006 (precedente la sentenza non definitiva n. 401/07: n.d.r.) e successivamente reiterata con puntuale riferimento alla dichiarazione resa da (OMISSIS) nell’interrogatorio formale all’udienza del 20.12.2000; b) la determinazione degli importi necessari per il completamento degli immobili di proprietà (OMISSIS), poichè le risultanze istruttorie portano a conclusioni opposte a quelle cui è pervenuta la Corte d’appello, e forniscono la prova che diversi erano gli importi necessari al completamento delle opere; c) la liquidazione in euro 447.482,00 del risarcimento dei danni da ritardo nell’ultimazione dei lavori, avendo la Corte territoriale preso in esame per il decorso del termine di consegna la prima concessione edilizia, n. 174 del 18.5.1995, ignorando la seconda concessione in variante di tutto il complesso, la n. 53 del 17.3.1997; d) i danni per euro 1.396.129, oltre rivalutazione, per ritardo ed opere ineseguite, poichè non è dato comprendere se nei confronti dell’Impresa (OMISSIS) sia stata emessa una singola condanna per l’importo anzi detto ovvero una duplice condanna per questo e per euro 1.187.850,87, stante la contraddizione tra motivazione e dispositivo.
- – Il primo, il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale (OMISSIS) sono inammissibili (oltre che per difetto di autosufficienza sul contenuto della sentenza non definitiva, che ne costituisce l’imprescindibile tertium comparationis, anche e soprattutto) perchè introducono censure che avrebbero dovuto essere proposte contro la sentenza non definitiva n. 401/07, che invece non è stata invece impugnata (v. l’epigrafe del ricorso).
7.1. – L’esame di detti motivi richiama l’applicazione coordinata di due principi del tutto pacifici nella giurisprudenza di questa Corte.
Il primo afferma che nel caso di pronuncia di sentenza non definitiva, il giudice si spoglia della potestas iudicandi relativa alle questioni decise, delle quali gli resta precluso il riesame – sia in ordine alle questioni definite che in ordine a quelle da esse dipendenti – salvo che detta sentenza non venga riformata con pronuncia passata in giudicato, a seguito di impugnazione immediata; ne consegue che tale giudice non può risolvere le medesime questioni in senso diverso con la sentenza definitiva e, ove lo faccia, il giudice del gravame, anche di legittimità, può rilevare d’ufficio la violazione del giudicato interno originante dalla sentenza non definitiva, a nulla rilevando che la violazione non abbia costituito oggetto di specifica impugnazione (Cass. nn. 18898/09, 10889/06, 18510/04, 12346/03, 5860/99 e 4821/99). Ciò in quanto la non definitività concerne soltanto la non integralità della decisione della controversia, ma non anche la mutabilità, da parte dello stesso giudice, di ciò che è stato deciso (così, Cass. n. 2332/01).
Il secondo principio espone che le questioni esaminabili d’ufficio che abbiano formato oggetto, nel corso del giudizio di primo grado, di una ben precisa domanda (od eccezione) non possono più esser riproposte nei gradi successivi del giudizio (sia pur sotto il profilo della sollecitazione dell’organo giudicante ad esercitare il proprio potere di rilevazione ex officio) qualora la decisione (o l’omessa decisione) di tali questioni da parte del primo giudice non abbia formato oggetto di specifica impugnazione, per essersi ormai verificata una preclusione processuale (derivante da giudicato cosiddetto “interno”) che il giudice dei gradi successivi deve indefettibilmente rilevare (cfr. Cass. n. 2388/98).
Ne deriva che l’error in iudicando o in procedendo in cui sia incorsa la sentenza non definitiva, non potendo essere eliminato dal medesimo giudice con la pronuncia definitiva, nè direttamente attraverso la revoca della statuizione viziata, nè indirettamente adottando sui capi dipendenti da quello già deciso una statuizione incompatibile con esso, richiede di necessità l’impugnazione (immediata o differita previa riserva) della sentenza non definitiva.
Tale principio, elaborato principalmente con riferimento ai capi dipendenti dal capo pregiudiziale deciso con la sentenza non definitiva, non soffre eccezione ove quest’ultima sia stata emessa non dal giudice di primo grado ma da quello d’appello, e sia affetta da un’omessa pronuncia su di un’eccezione o su di un punto interferente con la questione oggetto della sentenza non definitiva. Il che si verifica allorchè la pronuncia omessa abbia ad oggetto un fatto storico o normativo, contrario alla pronuncia non definitiva resa, che non può essere affermato o negato se non a patto di rimettere in discussione un capo già deciso con quest’ultima sentenza, che il medesimo giudice non ha il potere di ritrattare in sede di decisione definitiva.
(Non diversamente è a dire nel caso di pronuncia non definitiva di rigetto implicito delle medesime eccezioni, poichè ugualmente l’unico rimedio esperibile resta l’impugnazione avverso detta sentenza e non contro quella definitiva, impugnabile a sua volta soltanto per vizi propri).
7.1.1. – Con la sentenza non definitiva n. 401/07 la Corte distrettuale nel respingere l’eccezione di nullità dei contratti del 10.6.1994 e del 19.11.1994 per difetto di concessione edilizia, non ha riservato in prosieguo l’esame degli ulteriori profili d’invalidità dedotti dalla soc. (OMISSIS), ma al contrario: (1) ha riformato la sentenza di primo grado (provvedendo per “motivi di celerità ” con sentenza non definitiva) attraverso l’espressa “conferma” della “validità ” dei citati contratti; quindi, (2) ha altrettanto espressamente ritenuto che, non ricorrendo un’ipotesi di remissione della causa al primo giudice, occorreva provvedere sulle domande “consequenziali” il cui esame era rimasto assorbito in primo grado per effetto della dichiarazione di nullità; di seguito, (3) ha valutato indispensabile a tal fine nominare un c.t.u.; e, infine, (4) nel dispositivo ha così provveduto: “rigetta l’eccezione di nullità della convenzione 10.6.1994 e del contratto di appalto 19.11.1994 di cui dichiara la validità ed efficacia (corsivo nostro)”; per poi, coerentemente a quanto sopra, (5) rimettere la causa sul ruolo come da separata ordinanza (v. pagg. 22 e 23 sentenza n. 401/07).
Pertanto, nessun dubbio è lecito nutrire sul fatto che provvedendo in tal modo la Corte territoriale abbia esaurito la propria potestas iudicandi sul tema della validità dei due contratti, incorrendo in un’omessa pronuncia sugli ulteriori profili di nullità dedotti dalla soc. (OMISSIS) (ai sensi degli articoli 1418, 1346, 1470 e 1414 c.c.: v. le conclusioni riportate nella citata sentenza n. 401/07). Di riflesso e in applicazione dei principi di diritto sopra richiamati, per tale error in procedendo l’odierna parte ricorrente avrebbe dovuto proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza non definitiva n. 401/07, e non contro la sentenza definitiva n. 1808/10.
- – Il quarto motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
8.1. – Inammissibile quanto alle censure sub a), b) e c), che involgono questioni di puro fatto, il cui esame è per sua stessa natura incompatibile con i limiti interni del sindacato di legittimità.
8.2. – Infondato relativamente alla censura sub d), poichè non è ravvisabile alcuna contraddizione tra motivazione e dispositivo della sentenza impugnata. Come in motivazione, così anche in dispositivo è chiaro che la soc. (OMISSIS) s.n.c. e (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati condannati solo al pagamento della somma di euro 1.396.129,00 (oltre rivalutazione ed interessi legali), poichè l’importo di euro 1.187.850,87 (oltre interessi) costituisce null’altro che la parte di detto debito posta a carico solidale della (OMISSIS) s.p.a.. Il capo separato col quale tale società assicuratrice è stata condannata, quale “fideiussore e garante delle obbligazioni assunte dalla (OMISSIS), in via solidale con i debitori principali, al pagamento in favore del (OMISSIS) della somma di lire 2.300.000.000 – pari a euro 1.187.850,87, oltre interessi legali, al saldo” (così, in dispositivo), costituisce null’altro che una diversa e un pò contorta modalità espressiva di un’unica condanna in solido.
- – I primi due motivi del ricorso incidentale della (OMISSIS) deducono, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 112 codice procedura civile, lamentando l’omessa pronuncia sull’eccezione di nullità del contratto preliminare del 10.6.1994 ai sensi dell’articolo1418 codice civile, comma 2, articolo 1325 codice civile, n. 2 e articolo1346 codice civile, e sull’eccezione di simulazione assoluta ex articolo 1414 codice civile, comma 1 del contratto d’appalto 19.11.1994.
Motivi che, per le medesime ragioni svolte supra nei paragrafi nn. da 7. a 7.1.1., sono inammissibili.
- – Il terzo motivo del ricorso incidentale (OMISSIS) denuncia, ancora in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, n. 4 la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 112 codice procedura civile, non essendosi la Corte territoriale pronunciata sull’ulteriore eccezione d’invalidità della polizza sollevata dalla (OMISSIS) s.p.a. anche sotto l’aspetto della mancanza d’un contratto d’appalto da garantire. Con tale eccezione, sostiene parte ricorrente incidentale, la (OMISSIS) aveva sostenuto che la polizza era stata prestata espressamente a garanzia del contratto d’appalto 19.11.1994 intercorso tra il (OMISSIS) e la soc. (OMISSIS), mentre, se bene si analizzano i rapporti tra dette parti, si rileva che ciò che queste avevano inteso realizzare non era un contratto d’appalto ma una permuta di cosa presente con cosa futura.
- – Il motivo è infondato.
L’inesistenza dell’obbligazione garantita non integra un’eccezione ma una difesa, perchè nega le condizioni originarie del diritto di garanzia. Per contro, l’eccezione per sua stessa natura implica un fatto sopravvenuto che sia allegato in funzione estintiva, impeditiva o modificativa del diritto azionato.
In quanto difesa, rispetto ad essa non si pone un problema d’omessa pronuncia, che presuppone la formulazione di una domanda o di un’eccezione, ma semmai l’alternativa tra reiezione implicita derivante dall’accoglimento della domanda avversa, non essendo il giudice di merito tenuto ad esaminare ogni singola difesa delle parti (cfr. Cass. nn. 856/74, 2534/73 e 1047/73), e l’omissione o l’insufficienza motivazionale.
Infatti, la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’articolo 112 codice procedura civile e l’omessa motivazione ex articolo 360 codice procedura civile, comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, si coglie nel senso che, nella prima, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa, mentre nella seconda ipotesi l’attività di esame del giudice, che si assume omessa, concerne una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione (cfr. Cass. nn. 25761/14, 25714/14 e 5444/O6).
- – Le considerazioni appena esposte valgono ad escludere la fondatezza anche del quarto motivo, che lamenta l’omessa pronuncia sulla “invalidità ” della polizza fideiussoria per il mutamento del soggetto garantito, “cioè la (OMISSIS) snc”, essendo stati effettuati i lavori dalla (OMISSIS) s.p.a..
In disparte l’improprio richiamo al concetto di invalidità (posto che la polizza non diviene invalida ove per fatti sopravvenuti non ricorrano le condizioni della sua escussione) e l’inesatta indicazione del soggetto garantito (che è il creditore in favore del quale è emessa la polizza fideiussoria); ciò a parte, va osservato che anche in tal caso la critica è erroneamente veicolata sotto il profilo dell’omessa pronuncia, e dunque della nullità processuale, non configurabile ove la sentenza impugnata non abbia valutato espressamente una o più difese della parte.
- – Il quinto ed il sesto motivo allegano, rispettivamente, la violazione o falsa applicazione degli articoli1351 e 1470 codice civilee il vizio d’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, nn. 3 e 5. Nell’affermare che la vendita stipulata il 16.3.1995 avrebbe completato l’unico rapporto costituito dalle due fasi rappresentate dai due contratti del 10.6.1994 e del 19.11.1994, la sentenza impugnata avrebbe palesemente violato le norme che regolano gli effetti del contratto definitivo. Il quale ultimo, affinchè possa considerarsi esecuzione e conferma di un precedente preliminare deve avere un contenuto sostanzialmente coincidente con questo. Viceversa, nel caso in esame sarebbe evidente la sostanziale differenza fra il contratto del 10.6.1994 (che integra una permuta di cosa presente con cosa futura) e il rogito del 16.3.1995 (che invece è una vera e propria vendita); e l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui il rogito del 16.3.1995 rappresenta l’adempimento delle obbligazioni contenute nella permuta del 10.6.1994 e nell’appalto del 19.11.1994, sarebbe del tutto priva di giustificazione.
- – Detti motivi sono inammissibili perchè non colgono il senso della decisione, che nella parte denunciata non mira affatto a ricomporre un regolamento contrattuale reso incerto dal confronto tra preliminare e definitivo, ma a individuare gli effetti finali di un procedimento negoziale indiretto, le cui cadenze temporali sono ricostruite nella parte immediatamente seguente della motivazione. Del resto non è casuale (e ciò costituisce un ulteriore profilo d’inammissibilità delle censure, per difetto di decisività) che la critica formulata nei motivi in esame non chiarisca quali conseguenze giuridiche si trarrebbero dall’asserita violazione di legge o dal preteso vizio motivazionale, visto che la garanzia prestata dalla (OMISSIS) s.p.a. copre il segmento intermedio (id est, il contratto d’appalto del 19.11.1994) della sequenza negoziale indiretta ricostruita dalla Corte territoriale.
- – Il settimo e l’ottavo motivo deducono la nullità del contratto del 10.6.1994 in relazione all’articolo1418 codice civile, comma 2, articolo1325 codice civile, nn. 2 e 3, articoli1414, 1470 e 1552 codice civile, e sono, per le medesime ragioni svolte supra nei paragrafi nn. da 7. a 7.1.1., da intendersi integralmente richiamate, inammissibili.
- – Il nono motivo allega la violazione o falsa applicazione dell’articolo1936 codice civile, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, n. 3. Deduce parte ricorrente che la polizza fideiussoria fu rilasciata in favore del (OMISSIS) sino a concorrenza della somma di lire 2.300.000.000, per garantirne la restituzione in caso d’inadempimento della (OMISSIS), sul falso presupposto che tale somma fosse stata corrisposta. Sennonchè l’attività istruttoria espletata ha consentito di appurare che le costruzioni furono eseguite non dalla (OMISSIS) ma dalla soc. (OMISSIS). Pertanto, tale sostituzione unilaterale del “soggetto garantito”, ben nota al (OMISSIS), beneficiario della polizza, ma mai conosciuta e accettata dalla (OMISSIS), avrebbe comportato, conclude parte ricorrente, il venire meno della garanzia fideiussoria.
- – Il motivo è infondato.
La cosiddetta assicurazione fideiussoria costituisce una figura contrattuale intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione ed è contraddistinta dall’assunzione dell’impegno, da parte (di una banca o) di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente. È, poi, caratterizzata dalla stessa funzione di garanzia del contratto di fideiussione, per cui è ad essa applicabile la disciplina legale tipica di questo contratto, ove non derogata dalle parti (Cass. nn. 12871/09, 11261/05 e 6823/01). Ne deriva che a) soggetto “garantito” dalla polizza fideiussoria non è il contraente, ma il beneficiario della garanzia stessa, cioè il creditore della prestazione oggetto dell’obbligazione che grava sul contraente; b) l’adempimento parziale di quest’ultima da parte di un soggetto terzo (fattispecie disciplinata dall’articolo 1180 c.c.) non interferisce minimamente sull’assicurazione fideiussoria, che resta valida ed efficace quali che siano le vicende del rapporto obbligatorio tra il creditore-beneficiario e il debitore-contraente.
- – Il decimo motivo lamenta la violazione o falsa applicazione degli articoli1936 e 1957 codice civile, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, n. 3. La fideiussione prestata dalla (OMISSIS) decorreva dall’1.12.1995 e scadeva il 30.11.1997, e ai sensi dell’articolo 1, comma 2 delle condizioni generali di polizza gli eventuali inadempimenti verificatisi entro il periodo di validità della polizza dovevano essere accertati e comunicati all’assicuratore non oltre tre mesi dalla scadenza. Pertanto, per evitare il venir meno della fideiussione, il (OMISSIS) avrebbe dovuto proporre nel suddetto termine le sue istanze contro il debitore. Sulla relativa eccezione di decadenza dalla garanzia, formulata dalla (OMISSIS) sin dalla comparsa di risposta di primo grado, la Corte d’appello si è limitata ad osservare che il (OMISSIS) aveva tempestivamente denunciato il rallentamento delle opere e il loro definitivo abbandono, periodicamente reiterando nei confronti della (OMISSIS) l’attivazione della garanzia. Tale decisione, prosegue parte ricorrente, contiene un’applicazione erronea dell’articolo 1957 codice civile, costantemente interpretato da questa Corte Suprema nel senso che per proposizione delle istanze contro il debitore si intende non una semplice diffida stragiudiziale, ma il promovimento di una vera e propria azione giudiziaria.
- – Il motivo è fondato.
L’articolo 1957 codice civile, nell’imporre al creditore di proporre la sua “istanza” contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza per l’adempimento dell’obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest’ultimo, tende a far sì che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa. Il termine “istanza”si riferisce ai vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro idoneità ad sortire il risultato sperato (nel caso di specie la Corte ha ritenuto non costituire “istanza” ai fini dell’articolo 1957 un precetto non seguito da esecuzione) (Cass. nn. 6823/01, 203/97 e 6604/94).
La Corte territoriale si è discostata da tale univoco indirizzo, lì dove ha ritenuto sufficiente per evitare la decadenza del beneficiario dalla garanzia la sola denuncia d’inadempimento fatta alla (OMISSIS), non seguita da altro che dalla sua mera reiterazione.
- – L’accoglimento del suddetto motivo, lasciando ancora sub indice la questione di decadenza ex articolo 1957 codice civile dalla garanzia fideiussoria, e dunque l’an debeatur, determina l’assorbimento dell’undicesimo, del dodicesimo e del tredicesimo motivo, con i quali è dedotta, rispettivamente, l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione quanto al fatto controverso e decisivo dell’effettivo pagamento del corrispettivo di lire 2.300.000.000 da parte di (OMISSIS) alla soc. (OMISSIS); l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa l’accertamento e l’entità dei lavori eseguiti in favore del (OMISSIS); e la nullità della sentenza impugnata per vizio di ultrapetizione, avendo quest’ultima condannato la (OMISSIS) al pagamento della somma di lire 2.300.000.000, invece che al solo differenziale tra detta somma e le opere eseguite, come chiesto dallo stesso (OMISSIS).
- – Delle due impugnazioni incidentali proposte dagli eredi di (OMISSIS), l’una notificata il 22.2.2011 contro la ricorrente soc. (OMISSIS) s.n.c. e (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), l’altra notificata l’11.3.2011 in seguito alla notifica del ricorso (incidentale, per quanto premesso supra al par. 3) della (OMISSIS) N.V., è ammissibile solo la prima.
Infatti, non è consentito, in base al principio di consumazione del diritto di impugnazione che sia stato validamente esercitato, che la stessa parte proponga un secondo ricorso avverso la medesima sentenza, nè per introdurre ulteriori e diversi motivi, nè per impugnare, in presenza di impugnazione incidentale della controparte, i capi della sentenza che esso ricorrente principale aveva esclusi dall’iniziale impugnazione. A maggior ragione resta inammissibile un nuovo ricorso, sia pur occasionato dal ricorso della controparte, ma identico (e quindi del tutto inutile) a quello già proposto in via principale dalla stessa parte; ferma restando, beninteso, l’ammissibilità del controricorso contenuto nel medesimo atto (Cass. n. 2243/73).
Tale principio è perfettamente estensibile al caso di specie, caratterizzato dalla successiva notifica di due controricorsi ciascuno contenente un ricorso incidentale, rispettivamente proposti a seguito della notifica del ricorso principale (OMISSIS) e del ricorso incidentale (OMISSIS); e dunque (ferma l’ammissibilità di ciascun controricorso) è ammissibile soltanto il primo ricorso incidentale degli eredi di (OMISSIS).
- – Tale impugnazione si articola su cinque motivi, sviluppati su più punti e accomunati da un’unica intitolazione che censura, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, n. 5 la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in via derivata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio avendo la sentenza fatto rinvio, quanto alla quantificazione di alcune voci di danno, alla relazione del c.t.u. nella quale tali omissioni, insufficienze e contraddittorietà sono palesate”.
Il primo motivo contesta la risposta del c.t.u. al quesito n. 1 (inerente all’individuazione della ditta che, dagli atti ufficiali, risulti aver realizzato le opere sul terreno di proprietà (OMISSIS)). Lamenta che questi non avrebbe considerato la Legge n. 1086 del 1971, articolo 4 (denuncia dei lavori nelle opere in conglomerato cementizio armato) e la concessione n. 174/95 e relativa denuncia d’inizio dei lavori, indicanti come impresa costruttrice la (OMISSIS) s.n.c. e la (OMISSIS) s.r.l.; che non avrebbe considerato che successivamente alla convenzione per cui è causa la (OMISSIS) s.n.c. aveva trasferito alla (OMISSIS) s.r.l. la proprietà del terreno, onde le lamentate dissonanze nella lettura da parte del c.t.u. dei provvedimenti autorizzativi; che avrebbe immotivatamente omesso di inserire tra la documentazione fiscale prodotta tutte le fatture di parte (OMISSIS) indicategli dall’arch. (OMISSIS) nella seduta peritale del 12.3.2008, nonchè il contratto d’appalto (OMISSIS) e la relativa documentazione fiscale; e che la ricostruzione dei fatti operata dal c.t.u. è parziale perchè basata su di un documento che non è la copia della fideiussione originale (OMISSIS) n. GE 0019458, ma su quello depositato agli atti della perizia del 18.7.2007 arch. (OMISSIS). Infine, il motivo si conclude con la richiesta di “cassare i primi due capoversi del punto D di pag. 14 della Relazione sulla base ed in relazione alle censure qui svolte”.
Il secondo motivo contrasta la risposta data dal c.t.u. al quesito 2 (avente ad oggetto la data di interruzione dei lavori), giudicandola equivoca. Lamenta che l’ausiliario del giudice non abbia considerato che la diffida ad adempiere era stata notificata da (OMISSIS) a mezzo ufficiale giudiziario il 13.3.1998; diffida che, sostiene parte ricorrente incidentale, in assenza di risposta costituirebbe data certa dell’interruzione dei lavori opponibile all’impresa appaltatrice. Deduce, riguardo alle osservazioni del c.t.u., che in presenza di varie fatture emesse da fornitori nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. 1998 ha ipotizzato un rallentamento dei lavori tra il 1.7.1995 e il 15.5.1998, che il c.t.u. avrebbe dovuto accertare quali di tali fatture e quali stati d’avanzamento lavori (SAL) si riferivano ai lavori eseguiti sul terreno del (OMISSIS).
Il terzo motivo, che esamina la risposta del c.t.u. al quesito n. 10 (circa la sottrazione o non alla proprietà (OMISSIS) di un’area fronte ovest, e all’eventuale danno sofferto), contesta l’affermazione del c.t.u. secondo cui nella planimetria generale allegata alla concessione edilizia n. (OMISSIS) compare la strada privata con diritto di passaggio sul mapp. 45. Ciò, sostiene parte ricorrente incidentale, non risponde al vero perchè si fonda su di un documento che, probabilmente per mero errore, il c.t.u. ha riferito essere la “tavola 1” allegata alla variante n. (OMISSIS). In realtà il c.t.u. ne avrebbe riportato solo una parte, sicchè detta affermazione si baserebbe invece sulla planimetria dello stato approvato di cui alla concessione n. 174/95. Lamenta, inoltre, che il c.t.u. non avrebbe considerato vari impegni, risultanti dalla convenzione e dal contratto d’appalto, che enumera, non onorati dalla soc. (OMISSIS).
Il quarto motivo, concernente la risposta al quesito n. 11 (relativo alle modifiche apportate al progetto originario), lamenta il fatto che il c.t.u. avrebbe operato la propria quantificazione (lire 102.436.000) ignorando la convenzione e i suoi allegati, dove le parti avevano stabilito i criteri cui si sarebbe dovuto far riferimento. Elenca, quindi, le differenze tra le misurazioni effettuate dal c.t.u. e quanto verificato dal direttore dei lavori.
Il quinto motivo contesta la risposta data dal c.t.u. al quesito n. 12 (ammontare dei canoni di locazione ritraibili dal (OMISSIS) in base ai prezzi di mercato) con riferimento alle date entro cui avrebbero dovuto essere ultimati i lavori e consegnate le opere.
- – Tutti i motivi di detta impugnazione incidentale sono inammissibili, in quanto manifestamente volti a provocare in parte qua un rinnovato esame di merito della controversia.
Con essi la parte ricorrente incidentale mostra di non considerare il noto e fermo indirizzo di questa Corte secondo cui il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ex articolo 360 codice procedura civile, comma 1, n. 5, si configura solamente quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione, non consistendo nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte rispetto a quello operato dal giudice di merito. La sua deduzione con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (così e per tutte, Cass. n. 828/07).
L’intento di sollecitare un sindacato sui profili di puro fatto della controversia è perseguito in maniera così evidente che detta parie ripropone, inalterate, le medesime deduzioni critiche all’elaborato tecnico del c.t.u. svolte in appello, incluse le richieste istruttorie affinchè il c.t.u. rivedesse il proprio operato; le intervalla con la riproduzione fotostatica di vasta documentazione prodotta in causa (verosimilmente per un malinteso ossequio al principio di autosufficienza del ricorso); ed arriva, infine, a chiedere che questa Corte Suprema “cassi” singole parti della relazione del c.t.u. (v. pag. 130 del ricorso).
Basati sull’idea che l’affermazione del vizio motivazionale, ai sensi dell’articolo 360 codice procedura civile, n. 5 (nel testo precedente al Decrerto Legge n. 83 del 2012, convertito inLegge n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis), consista nel dimostrare come vera o veridica una ricostruzione e una valutazione alternativa dei fatti, detti motivi si pongono in contrasto frontale con la funzione che l’ordinamento assegna a questa Corte Suprema, che giudica della legittimità e non già della giustezza della sentenza di merito.
- – Per le considerazioni svolte la sentenza impugnata va cassata, in relazione al solo motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che nel decidere il merito si atterrà al seguente principio di diritto: “L’articolo 1957 codice civile, nell’imporre al creditore di proporre la sua “istanza” contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza per l’adempimento dell’obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest’ultimo, tende a far sì che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa. Il termine “istanza”si riferisce ai vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro idoneità ad sortire il risultato sperato”.
- – Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese di cassazione limitatamente al rapporto processuale tra gli eredi (OMISSIS) e la (OMISSIS) N.V..
- – La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione tra gli eredi (OMISSIS) e la soc. (OMISSIS) s.n.c. e (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale (OMISSIS), accoglie il decimo motivo del ricorso incidentale (OMISSIS), respinti i primi nove motivi ed assorbiti i restanti, rigetta il primo ricorso incidentale degli eredi (OMISSIS), inammissibile il secondo ricorso incidentale degli stessi, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che provvederà anche sulle spese di cassazione limitatamente al rapporto processuale tra gli eredi (OMISSIS) e la (OMISSIS); compensa le spese tra gli eredi (OMISSIS) e la soc. (OMISSIS) s.n.c. e (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS).