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Cassazione Civile 17482/2018 –  Domanda di arricchimento introdotta dall’opposto in comparsa di risposta

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Ordinanza 17482/2018


 Domanda di arricchimento introdotta dall’opposto in comparsa di risposta

La domanda di adempimento contrattuale e quella di arricchimento senza causa si differenziano strutturalmente e tipologicamente, pertanto la seconda integra, rispetto alla prima originariamente formulata, una domanda nuova con la conseguenza che nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo al creditore opposto, che riveste la posizione sostanziale di attore, è consentito avanzare con la comparsa di costituzione e risposta domanda di arricchimento senza causa soltanto qualora l’opponente abbia introdotto nel giudizio, con l’atto di citazione, un ulteriore tema di indagine che possa giustificare tale esigenza. (Nella specie la S.C. ha escluso che il creditore opposto, che aveva agito in sede monitoria per il pagamento di prestazioni professionali nascenti da titolo contrattuale, potesse avanzare, in sede di opposizione, un’autonoma domanda di arricchimento senza causa, poiché l’opponente si era limitato ad eccepire l’inesistenza del titolo contrattuale a sostegno della pretesa, non estendendo il tema di indagine).

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Ordinanza 4 luglio 2018, n. 17482   (CED Cassazione 2018)

 

 

RILEVATO CHE:

– il presente giudizio trae origine dal ricorso notificato il 28.11.2014 dalla Provincia di Vercelli nei confronti di (OMISSIS) avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 2047/2013 depositata il 18/10/2013;

– la Corte territoriale aveva, in parzialmente accoglimento dell’appello principale proposto da (OMISSIS), riformato la sentenza del Tribunale di Vercelli che all’esito dell’opposizione proposta dall’Amministrazione provinciale aveva revocato il decreto ingiuntivo per il pagamento del corrispettivo dovuto all’ingegnere (OMISSIS) a seguito dell’incarico professionale di direzione di lavori, suddivisi in due lotti, allo stesso affidati;

– l’opposizione era stata accolta dal giudice di prime cure sull’assunto che nessun contratto scritto, forma richiesta ad substantiam, era stato provato (sia con riguardo al primo che la Delib. n. 220 del 1993 (riguardante peraltro il solo secondo lotto di lavori);

– il giudice di prime cure aveva inoltre, per quanto qui rileva, dichiarato inammissibile la domanda ex articolo 2041 c.c. formulata in via subordinata dal convenuto opposto nella comparsa di costituzione e risposta a seguito dell’opposizione e quantificata in misura identica a quella richiesta con il decreto ingiuntivo;

– la Corte d’appello, invece, aveva condannato l’Amministrazione provinciale appellata al pagamento di Euro 37.138,30 in relazione al primo lotto di lavori e aveva accolto la domanda subordinata ex articolo 2041 c.c., riconoscendo a titolo di indennizzo la somma di Euro 40.056,90;

– la cassazione di tale ultima pronuncia è chiesta dalla Provincia di Vercelli sulla base di cinque motivi cui resiste con controricorso l’ing. (OMISSIS); in prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha depositato memoria ex articolo 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO CHE:

– va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso svolta dal controricorrente in relazione alla qualificazione dei motivi poichè l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nè determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass. 20 febbraio 2014 n. 4036);

– tanto premesso, il ricorso è fondato e va accolto per le considerazioni che seguono;

– il primo ed il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente dal momento che sostanzialmente censurano profili strettamente connessi della sentenza impugnata e sono entrambi fondati;

– in particolare con il primo motivo si deduce formalmente il vizio di omesso esame di un fatto decisivo ai sensi del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– in realtà si censura, in termini ammissibili come specificato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 11 marzo 2014 n. 8053 (poichè si tratta di un vizio di motivazione che si riverbera in un vizio di violazione di legge) l’irriducibile contraddittorietà della motivazione (cfr. pag. 13 del ricorso);

– la censura è fondata perchè, in effetti, pur avendo riconosciuto il giudice del gravame (cfr. pag. 5) che non risulta impugnata la pronuncia di primo grado riguardante la nullità del contratto di affidamento dell’incarico professionale per mancanza di forma scritta con il conseguente passaggio in giudicato sul punto della sentenza, inspiegabilmente poi, a pagina 8 attribuisce un compenso per il primo lotto di lavori, dando così per scontata l’esistenza di un contratto scritto fra il professionista e la Provincia di Vercelli, contratto che neppure specifica quando starebbe stato prodotto in atti;

– così facendo la Corte incorre, come censurato con il secondo motivo, nella violazione dell’articolo 2909 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere considerato il giudicato interno formatosi sulla statuizione formulata dal giudice di prime cure riguardante la mancata produzione di alcun contratto scritto (sia con riguardo al primo che al secondo lotto di lavori);

– il terzo motivo, con cui si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 101 c.p.c., articolo 183 c.p.c., comma 5 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la Corte d’appello ritenuta ammissibile la domanda di arricchimento senza causa svolta dall’opposto, è pure fondato;

– costituisce a questo proposito, infatti, principio interpretativo affermato dalla Suprema corte a Sezioni Unite (cfr. sentenza 27/12/2010 n. 26128) che la domanda di arricchimento senza causa e di adempimento contrattuale sono strutturalmente e tipologicamente diverse sicchè la prima integra, rispetto a quest’ultima originariamente formulata, una domanda nuova;

– si è altresì riconosciuto che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, al creditore opposto è consentito proporre la domanda di arricchimento senza causa soltanto se tale esigenza nasce dalle difese dell’ingiunto-opponente contenute nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo; tale principio è stato nella motivazione della sentenza da ultimo citata ulteriormente chiarito precisandosi che “non sarà, viceversa, consentito alla parte opposta di proporre, nel suo primo atto difensivo (cioè la comparsa di risposta) – e ancor di più, evidentemente, nel corso del giudizio – un’autonoma domanda di arricchimento senza causa, neppure dato il carattere sussidiario dell’azione-cautelativamente, in via subordinata, per l’ipotesi che sia negata l’esistenza o la validità del titolo specifico, in base al quale è stata proposta la domanda principale di ingiunzione. E ciò per la sua veste di attore sostanziale nel giudizio fondato sull’ingiunzione proposta tutela di una situazione soggettiva nascente dal titolo contrattuale”;

– costituisce inoltre ulteriore principio interpretativo rilevante ai fini della decisione quello secondo il quale la domanda di arricchimento senza causa è inammissibile ove proposta dall’opposto nel giudizio di cognizione che consegua alla proposizione di un opposizione a decreto ingiuntivo da lui richiesto per il pagamento di prestazioni professionali, non potendo egli far valere in tale sede domande nuove rispetto a quella di adempimento contrattuale posta alla base della richiesta di provvedimento monitorio, salvo quelle conseguenti alla domande ed alle eccezioni in senso stretto proposte dall’opponente, determinanti un ampliamento dell’originario “thema decidendum” fissato dal ricorso ex articolo 633 c.p.c. (Cass. 9 aprile 2013 n.8582);

– l’applicazione dei suddetti principi nel caso di specie, in cui l’opponente ha eccepito l’inesistenza del titolo contrattuale monitoriamente dedotto a sostegno della pretesa creditoria, senza tuttavia estendere il tema di indagine, non consente, diversamente da quanto deciso dalla Corte territoriale, di ritenere ammissibile la domanda di arricchimento senza causa;

– il motivo quarto e quinto – con cui si deducono, rispettivamente, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2042 c.c. in relazione al principio di sussidiarietà e la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2042 c.c. in relazione all’articolo 23 Decreto Legge 3 marzo 1989, n. 66 convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 1989, n. 144 che ha previsto l’imputazione diretta alla sfera giuridica dell’amministratore o funzionario degli effetti dell’attività contrattuale da loro posta in essere in violazione delle regole contabili in merito la gestione degli enti locali – sono assorbiti dall’accoglimento dei motivi che precedono;

– il giudice del rinvio riesaminerà inoltre le somme non contestate che per le quali il controricorrente ha riproposto la domanda a pag. 22 del controricorso;

– l’accoglimento dei due motivi sin qui esaminati comporta che la sentenza impugnata debba essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Torino, diversa sezione, per il riesame in relazione ai motivi accolti, oltre che per le spese di lite.

P.Q.M.

la Corte accoglie i motivi 1, 2 e 3 del ricorso, dichiara assorbiti i motivi 4 e 5; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Torino, altra sezione, anche per le spese.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 20 aprile 2018.

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