Sentenza 17485/2012
Contratti commutativi – Assunzione di rischio supplementare – Pattuizione espressa o implicita – Contratto aleatorio
Anche per i contratti cosiddetti commutativi le parti, nel loro potere di autonomia negoziale, possono prefigurarsi la possibilità di sopravvenienze, che incidono o possono incidere sull’equilibrio delle prestazioni, ed assumere, reciprocamente o unilateralmente, il rischio, modificando in tal modo lo schema tipico del contratto commutativo e rendendolo per tale aspetto aleatorio, con l’effetto di escludere, nel caso di verificazione di tali sopravvenienze, l’applicabilità dei meccanismi riequilibratori previsti nell’ordinaria disciplina del contratto (art. 1467 e 1664 cod. civ.). L’assunzione del detto rischio supplementare può formare oggetto di una espressa pattuizione, ma può anche risultare per implicito dal regolamento convenzionale che le parti hanno dato al rapporto e dal modo in cui hanno strutturato le loro obbligazioni. (Nella specie, la S.C., affermando l’enunciato principio, ha assunto che la peculiare pattuizione, connotante di parziale aleatorietà il contratto di vendita “inter partes”, portava ad escludere l’applicabilità dell’art. 1497 cod. civ., non potendo dirsi promesse tra le parti, ma solo prefigurate come possibile rischio futuro, determinate qualità della cosa venduta, e cioè, segnatamente, la resa ottimale dell’impianto).
Ricorso per cassazione – Notificazione – Mancata identificazione della parte richiedente
La mancata indicazione della persona, a richiesta della quale la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita, importa nullità della stessa solo quando produce incertezza assoluta su detta persona, rimanendo, in ogni caso, la nullità sanata con effetti “ex tunc” dalla presentazione del controricorso.
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 12-10-2012, n. 17485 (CED Cassazione 2012)
Art. 1467 cc (Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta) – Giurisprudenza
Art. 1469 cc (Contratto aleatorio) – Giurisprudenza
RITENUTO IN FATTO
1. – La (OMISSIS) S.p.A. (di seguito anche: (OMISSIS)), nel convenire in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bologna, la (OMISSIS) S.c.a.r.l. (di seguito anche: (OMISSIS)) e la (OMISSIS) S.p.A. (poi (OMISSIS) S.p.A. e, successivamente, (OMISSIS) S.p.A.), esponeva:
– che in data (OMISSIS) era intervenuto tra la (OMISSIS) e l’ (OMISSIS) (Ente Nazionale per l’Energia Alternativa; di seguito anche: (OMISSIS)) un contratto per la progettazione, la realizzazione e la qualificazione di un innovativo sistema industriale per la produzione di laterizi, che si prefiggeva un rilevante risparmio energetico; alla realizzazione del prototipo aveva contribuito, ancorchè estranea al contratto d’associazione, la società (OMISSIS) S.p.A. (di seguito anche: (OMISSIS));
che con contratto di “comodato e compravendita condizionata”, in data (OMISSIS), era intervenuto tra essa (OMISSIS), comodataria, e la (OMISSIS), comodante, un accordo per cui la comodante si era impegnata a consegnare franco stabilimento alla comodataria il macchinario, fino al termine del 31 dicembre dello stesso anno, prorogabile fino al 31 dicembre 1993, e la comodataria si era impegnata ad acquistarlo al termine del comodato e dopo un dettagliato collaudo del macchinario, esteso alla verifica dei parametri di produttività, consumo, impiego del personale e all’eventuale carenza o difetti della macchinario, al prezzo di lire 2.300.000.000;
che per il finanziamento del progetto le ditte contraenti avevano stipulato con la Comunità Economica Europea un “contratto per azioni comunitarie nel campo della promozione delle tecnologie energetiche del programma (OMISSIS)”, nel cui contesto la (OMISSIS) si poneva, tra l’altro, come proponente principale e la (OMISSIS), di volta in volta, responsabile del progetto di costruzione dell’essiccatoio-forno, fornitrice di impianti e servizi per la realizzazione del macchinario e sub-contraente del contratto di finanziamento;
– che, nel corso del comodato, il macchinario aveva manifestato difetti ai quali le parti avevano più volte, ma inutilmente, cercato di porre rimedio, inducendole alla proroga dello stesso comodato e ad interventi mensili, senza però ottenere la funzionalità prevista, nè sotto il profilo qualitativo, nè sotto quello quantitativo;
– che ciò nonostante, per le assicurazioni ricevute dalle predette ditte, la (OMISSIS) si decideva, ancor prima della scadenza del comodato, all’acquisto e al leasing di alcune parti complementari dell’impianto (segnatamente, di una di linea di montaggio e di distribuzione ausiliaria e di stampi per il realizzo di mattoni pressati);
– che alla scadenza del comodato essa (OMISSIS), nonostante che i difetti dell’impianto produttivo fossero evidenti e conosciuti dai contraenti tanto da indurli a desistere da ogni tentativo di collaudo, ma riponendo ancora fiducia nelle assicurazioni date dalla comodante e dalla (OMISSIS) di riuscire in breve tempo ad eliminarli, manifestava l’intenzione, con lettera inviata alla (OMISSIS) il (OMISSIS), di acquistare il macchinario, a condizione che (OMISSIS) e (OMISSIS) riuscissero in un breve lasso di tempo a porre rimedio ai suoi difetti, obbligandosi pertanto a versare il corrispettivo di lire 2.300.000.000 in parte a mezzo di pagherò cambiari, in parte mediante leasing;
– che, a seguito di interventi inutilmente operati dalla (OMISSIS) nel periodo tra il (OMISSIS), essa (OMISSIS) preannunciava un’azione giudiziaria per danni, per evitare la quale si svolse, nel febbraio del 1995, una riunione tra tutte le ditte, ivi stabilendosi le modifiche ulteriori all’impianto per garantirne la funzionalità;
– che, malgrado tali modifiche, la persistenza dei difetti costringeva essa (OMISSIS) a preannunciare la sospensione dei pagamenti, che veniva contestata dalla (OMISSIS), ancora intenta ai lavori di riparazione;
– che anche tali lavori si rilevavano inutili, tanto che essa (OMISSIS), con fax del 30 giugno 1995, denunciava gli inconvenienti collegati alla riaccensione del forno, che avevano portato al blocco della produzione per 15 giorni, allo scarto del materiale per tre infornate complete e all’utilizzo di numerose persone per alcuni giorni per sgombrare il forno dai detriti.
Ciò premesso, la (OMISSIS) S.p.A. chiedeva che fosse dichiarata la risoluzione della vendita del macchinario relativa al contratto di comodato e compravendita condizionata per vizi e mancanza di qualità promesse della cosa venduta e in particolare per l’inidoneità del macchinario a produrre 50.000 mattoni faccia vista pressati al giorno e condannata la (OMISSIS) S.c.ar.l. alla restituzione della somma di lire 1.788.205.151, versata per il pagamento del macchinario, oltre a rivalutazione e interessi, nonchè al risarcimento dei danni indicati in lire 19.898.907.388, oltre rivalutazione e interessi; in via subordinata, che fosse condannata la (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.p.a., in solido tra loro, al risarcimento dei danni come sopra indicati per non avere saputo eliminare i vizi dell’impianto; perchè fosse annullato l’anzidetto contratto misto per errore, indotto dalla (OMISSIS) e dalla (OMISSIS), sull’emendabilità dei vizi del macchinario, con conseguente condanna solidale delle convenute alle restituzioni e al risarcimento dei danni; perchè fosse dichiarato inefficace il contratto medesimo per il mancato avverarsi della condizione apposta dell’eliminazione dei vizi del macchinario ad opera della parte venditrice, con conseguente condanna di quest’ultima a quanto sopra.
1.1. – Si costituivano in giudizio entrambe le convenute, contestando la fondatezza delle domande attoree, delle quali chiedevano la reiezione. Inoltre, sia la (OMISSIS) S.c.a.r.l., che la (OMISSIS) S.p.A. invocavano, in via riconvenzionale, la condanna della (OMISSIS) al pagamento del residuo prezzo ancora dovuto e, la sola (OMISSIS), al pagamento di quella somma derivante dall’inadempimento e dalla risoluzione del leasing.
1.2. – All’esito di istruttoria documentale, nonchè espletati un accertamento tecnico preventivo e una successiva consulenza tecnica finalizzata all’accertamento dei difetti funzionali dell’impianto, il Tribunale di Bologna, con sentenza del 28 agosto 2000, rigettava le domande della (OMISSIS) e, in parziale accoglimento delle riconvenzionali delle convenute, condannava l’attrice a pagare alla (OMISSIS) la somma di lire 136.220.8 63 e alla (OMISSIS) S.p.A. (già (OMISSIS) S.p.A.) quella di lire 282.000.000, oltre al rimborso di due terzi delle spese di lite.
2. – La sentenza veniva gravata da appello principale da parte del curatore del Fallimento (OMISSIS) S.p.A. (società nelle more, per l’appunto, fallita); la (OMISSIS) S.e.a.r.1. proponeva appello incidentale per ottenere la condanna della curatela del Fallimento (OMISSIS) alla restituzione della somma che era stata costretta a corrispondere alla società (OMISSIS) in conseguenza della risoluzione del contratto di locazione finanziaria.
2.1. – Con sentenza resa pubblica il 22 febbraio 2005, la adita Corte di appello di Bologna rigettava l’appello principale e, in accoglimento di quello incidentale, parzialmente riformava la sentenza di primo grado dichiarando che la (OMISSIS) S.c.a.r.l. aveva diritto al credito di euro 258.228,00 nei confronti della fallita (OMISSIS) S.p.A., corrispondente all’importo del regresso dovuto in conseguenza dell’ingiustificata risoluzione del contratto di leasing del (OMISSIS) tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), al netto del valore, equitativamente determinato, dell’impianto restituito; con condanna della (OMISSIS) al pagamento delle spese del grado in favore della (OMISSIS).
2.1.1. – La Corte territoriale negava, anzitutto, che il contratto inter partes del (OMISSIS) potesse essere qualificato, secondo quanto dedotto dalla (OMISSIS), come vendita di cosa futura, inquadrandolo invece “nell’ambito delle vicende funzionali al rapporto contrattuale di compravendita”. La Corte distrettuale giungeva, infatti, al convincimento che l’accordo – il quale, nel (OMISSIS), aveva portato all’acquisto dei macchinari al prezzo ed alle condizioni già previste nel contratto del (OMISSIS) – “si poneva in termini, da un lato antinomici rispetto alle previsioni del predetto contratto condizionato di vendita, dall’altro di acquisto incondizionato dell’impianto, con i vizi conosciuti e conoscibili che la sua utilizzazione per i venti mesi precedenti aveva inequivocabilmente messo in conto”.
In tale prospettiva, la sentenza evidenziava, anzitutto, che il complesso regolamento negoziale non dava luogo ad obbligazioni di risultato nel senso indicato dalla (OMISSIS), trattandosi di impianto sperimentale ed innovativo, necessitante di adeguata messa a punto, il quale, del resto, come emerso all’esito dell’istruttoria, non era da reputarsi irreparabile, nè radicalmente inidoneo allo scopo. Sicchè, la Corte territoriale riteneva che quanto accertato fosse comunque sufficiente “per dare spiegazione al comportamento della (OMISSIS) spa, che, acquistando incondizionatamente l’impianto, credeva su una sua possibile – anche economicamente – messa a punto. Se errò nella previsione, imputet sibi”.
2.1.2. – Quanto, poi, all’appello incidentale della (OMISSIS), la Corte felsinea riteneva che il patto di riacquisto, dei beni dati in leasing alla (OMISSIS) si fondava su impegno scritto, del (OMISSIS), da qualificarsi come fideiussione o garanzia atipica, sia in considerazione del tenore della scrittura, sia in ragione del collegamento di siffatta garanzia con i rapporti intercorrenti tra (OMISSIS) e (OMISSIS). Di qui, pertanto, la fondatezza dell’azione di surrogazione e regresso ex artt. 1949 e 1950 cod. civ. intentata da (OMISSIS).
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono congiuntamente il Curatore del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. e la (OMISSIS) S.p.A., quale assuntore del Concordato fallimentare relativo alla predetta società, omologato con sentenza del Tribunale di Siena del 7 marzo 2006, affidando le sorti dell’impugnazione ad otto motivi di censura.
Resistono con controricorso la (OMISSIS) S.C. (già (OMISSIS) S.c.a.r.l.) e la (OMISSIS) S.p.A.
Tutte le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Occorre esaminare preliminarmente l’eccezione, proposta dalla (OMISSIS) S.C., di difetto di legittimazione dei ricorrenti alla proposizione del ricorso e di indeterminatezza della posizione processuale degli stessi, con conseguente asserita nullità dell’atto di impugnazione per inidoneità al raggiungimento dello scopo e nullità o inesistenza della notificazione per difetto di individuazione del soggetto a richiesta del quale è stata effettuata la notificazione del ricorso. Ciò in quanto – come argomenta la (OMISSIS) – il ricorso per cassazione è stato congiuntamente proposto dal Fallimento (OMISSIS) e dal “Dr. (OMISSIS), in qualità di vice Presidente della (OMISSIS) S.p.A.”, quale assuntore del concordato di detto Fallimento, senza che, però, i “contraddittori dell’unico e congiunto ricorso avversario” abbiano potuto verificare la perdurante legittimazione del curatore del fallimento, nè l’effettiva sussistenza dell’interesse a ricorrere in capo al soggetto presentatosi come assuntore dell’allegato concordato fallimentare.
1.1. – L’eccezione di difetto di legittimazione è fondata solo in riferimento alla posizione dell’assuntore del concordato fallimentare della società (OMISSIS).
1.1.1. – Va difatti osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 1, 21 luglio 2011, n. 16040), la chiusura della procedura di fallimento per effetto del passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato fallimentare, ancorchè essa possa comportare l’assunzione dei relativi obblighi da parte di un terzo e, al contempo, determinare il subentro dell’assuntore stesso nei diritti e nelle azioni spettanti alla curatela (Cass., sez. 1, 30 luglio 1984, n. 4535; Cass., sez. 1, 5 luglio 1982, n. 3989), non priva il curatore della legittimazione processuale, atteso che tale concordato, fino a quando non sia interamente eseguito e salvo il caso in cui preveda l’immediata liberazione del debitore, non determina la decadenza degli organi fallimentari, i quali rimangono in carica per il buon fine del concordato medesimo.
Nella specie, non soltanto è carente di prova la circostanza del passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato fallimentare resa dal Tribunale di Siena il 7 marzo 2006, ma dalla medesima pronuncia (depositata in atti ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ.) si evince anche che non vi è stata liberazione immediata del debitore, nè che si sia addivenuti alla completa esecuzione del concordato, il cui adempimento, anzi, è stato differito al momento in cui la Curatela fallimentare sarebbe rientrata “in possesso dello stabilimento industriale”, quale evento sulla cui verificazione non viene fornita indicazione alcuna da parte del ricorrente assuntore del fallimento.
Di qui, pertanto, l’inammissibilità della impugnazione proposta in questa sede dalla (OMISSIS) S.p.A., in qualità di assuntore del Fallimento (OMISSIS), che non è stata parte nei precedenti giudizi di merito, nè potendo essere riconosciuta (alla luce di quanto sopra rilevato) successore, a titolo universale o particolare, nel diritto controverso, dovendo altresì escludersi la possibilità di intervento di un terzo nel giudizio di Cassazione (tra le altre, Cass., sez. 1, 1 settembre 1995, n. 9227).
1.1.2. – Non residuando, quindi, dubbi sulla permanenza in capo al solo curatore fallimentare della legittimazione e dell’interesse ad impugnare la sentenza pronunciata, nei suoi confronti, dalla Corte di appello di Bologna, quanto alla dedotta nullità della notificazione del ricorso è sufficiente rammentare, nel senso dell’infondatezza dell’eccezione, che – come già enunciato dalla risalente Cass., sez. 1, 20 luglio 1967, n. 1995 – la mancata indicazione della persona a richiesta della quale la notificazione del ricorso per Cassazione viene eseguita importa nullità della notificazione solo quando produce incertezza assoluta su detta persona (circostanza che, nella specie, è da escludere con ogni evidenza) e che, comunque, la nullità è sanata con effetti ex tunc dalla presentazione del controricorso.
2. – Con una prima serie di motivi, la curatela del Fallimento (OMISSIS) si duole della qualificazione del contratto compiuta dal giudice di appello.
2.1. – Il primo mezzo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1472 cod. civ..
La Corte territoriale, pur avendo, in linea di principio, correttamente reputato che, concernendo l’accordo Inter partes del (OMISSIS) un macchinario, la sua capacità produttiva era da valutarsi anche in riferimento ai parametri di consumo energetico e ciò poteva essere utile “all’individuazione dell’oggetto del contratto”, ha poi escluso che tale fattispecie potesse ricondursi a quella della vendita di cosa futura. In altri termini, si è negato in radice che il “Contratto di comodato e compravendita condizionata” perfezionato tra (OMISSIS) e (OMISSIS) potesse qualificarsi vendita di cosa futura, giacchè l’esistenza, quale entità materiale, del macchinario (o comunque l’esistenza delle parti che lo componevano) precludeva qualsiasi richiamo a tale fattispecie giuridica. Così argomentando la Corte territoriale avrebbe violato l’art. 1472 cod. civ., disconoscendo che, nello schema astratto della vendita di cosa futura, l’oggetto del contratto, differentemente dal consenso, non si perfeziona, nè risulta esistente al momento della conclusione dell’accordo, ma può ritenersi in corso di formazione, quale res sperata, e futura. E difatti, nella specie, veniva in rilievo, già dall’accordo del (OMISSIS), un impianto produttivo sperimentale per la produzione di un determinato quantitativo di laterizi (50.000-70.000 al giorno) che doveva operare in condizioni di risparmio energetico con conseguente ottimizzazione dell’offerta di laterizi rispetto alla reale domanda del mercato. Sicchè, l’oggetto contrattuale riguardava, per l’appunto, un impianto “innovativo” unico nel suo genere, mai prima realizzato, in grado di funzionare secondo un regime produttivo ottimizzato, sia quantitativamente che qualitativamente; “un impianto che soltanto allorchè la sua produttività ed economicità fosse stata accertata e fosse risultata conforme ai concordati parametri indicati nel capitolato di collaudo, avrebbe realizzato l’effetto giuridico voluto dai contraenti, vale a dire l’accertamento della venuta ad esistenza dell’oggetto contrattuale con conseguente contestuale trasferimento del diritto di proprietà in capo all’odierna ricorrente”. Sostiene, dunque, la ricorrente che un impianto così “sperato” ed “individuato” non esisteva al momento della conclusione dell’accordo negoziale e non è mai venuto ad esistenza, “a nulla valendo la manifestazione di volontà di acquisto espressa dalla (OMISSIS) in data (OMISSIS) di acquistare il macchinario de qua”, posto che “il processo produttivo di realizzazione del macchinario oggetto del “Contratto di comodato e compravendita condizionata” non poteva certo definirsi completato” al momento della anzidetta dichiarazione di acquisto, come stavano a dimostrare “i ripetuti e sistematici interventi riparatori e di messa a punto posti in essere gratuitamente dalla (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) successivamente alla manifestazione della volontà di acquisto esternata dalla (OMISSIS), benchè risultassero teleologicamente destinati alla venuta ad esistenza dell’impianto così come ideato e voluto dalle parti secondo un “regime” produttivo ed economico ideato e programmato quale “cosa futura” in corso di formazione e perfezionamento”.
2.2. – Con il secondo mezzo è censurata la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., commi 1 e 2.
La sentenza impugnata avrebbe fatto mal governo delle norme di ermeneutica contrattuale nell’interpretare la dichiarazione di acquisto del (OMISSIS), attribuendo ad essa un significato “ben diverso rispetto a quanto letteralmente ricavabile dalla stessa”, là dove si afferma testualmente: “In riferimento al contratto in oggetto, a seguito degli accordi intercorsi, Vi confermiamo la ns. volontà di acquistare i macchinari al prezzo ed alle condizioni già previste nel contratto stesso con l’unica modifica nelle condizioni di pagamento che vi confermiamo essere (….)”.
Nel ritenere che con siffatta dichiarazione la (OMISSIS) abbia incondizionatamente ed “in modo irrettrattabile” accettato la compravendita del macchinario, tanto che la stessa dichiarazione rappresenterebbe un “progresso rispetto all’iniziale regolamento contrattuale del (OMISSIS)”, con rinuncia al collaudo ed accettazione dell’impianto “previo riconoscimento dei vizi dello stesso”, la Corte territoriale avrebbe pretermesso l’effettiva intenzione delle parti, “nella sua genesi e nel successivo sviluppo”, quale si evince dalla documentazione versata in atti e, segnatamente, dal “Progetto (OMISSIS)”; dal “contratto di associazione” tra (OMISSIS) e (OMISSIS) del (OMISSIS); dal “contratto di comodato e compravendita condizionata” del (OMISSIS); dal “Rapporto tecnico finale progetto (OMISSIS) datato (OMISSIS)”. Da tale documentazione, infatti, emergerebbe che l’oggetto degli accordi era inequivocabilmente la sperimentazione e la successiva eventuale cessione di un impianto innovativo per la produzione di laterizi, “in grado di funzionare ad un regime ottimizzato in ordine alla quantità del prodotto finito ed al contenimento dei costi industriali”. Con ciò il giudice del gravame avrebbe dovuto escludere che nella dichiarazione di acquisto del (OMISSIS) si potesse ravvisare “una manifestazione di volontà idonea a superare l’incertezza circa la venuta ad esistenza dell’oggetto”, posto che essa lascia, altresì, “immutato il contenuto del contratto e le condizioni ivi apposte (in particolare con riferimento all’espletamento del collaudo)”. Infatti, con la dichiarazione in esame la ricorrente si obbligava all’acquisto: “…al prezzo ed alle condizioni già previste nel contratto stesso con l’unica modifica nelle condizioni di pagamento che vi confermiamo essere (….)”, facendo cosi palese “che il pagamento del prezzo non integrava uno sviluppo della volontà negoziale, nè tantomeno una rinuncia al collaudo (inteso come momento di verifica della venuta ad esistenza della res sperata…) bensi un’esecuzione anticipata dell’obbligazione contrattuale”.
Sicchè, la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere, in ossequio ai canoni interpretativi legali e tenute presenti le complessive condotte dei contraenti (siccome emergenti anche dall’ulteriore documentazione prodotta in primo grado e non considerata dal giudice del gravame), che “tutte le parti avevano interesse al buon esito del contratto”, con ciò contrastando il giudizio espresso sulla “pretesa assunzione dei rischi connessi alìoperazione da parte della sola (OMISSIS), rinvenuta dalla Corte territoriale nella dichiarazione di acquisto” del (OMISSIS).
2.3. – Con il terzo mezzo è denunciata insufficiente e contraddittoria motivazione sulla qualificazione del contratto.
Sarebbe incongruente ed illogica la motivazione della Corte distrettuale là dove, nell’escludere la ricorrenza della fattispecie di vendita di cosa futura, da rilievo alle previsioni del contratto di associazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), negando la sussistenza di un obbligazione di risultato a carico della seconda in favore della prima, per poi estendere le stesse conclusioni all’obbligazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in forza del contratto di comodato e compravendita del (OMISSIS), trattandosi invero di contratti distinti e non collegati tra loro, intervenuti tra soggetti diversi e riferentesi ad oggetti differenti: il primo diretto alla realizzazione e qualificazione di un sistema innovativo per la produzione di materiale laterizio ed il secondo un impianto che, in condizioni di risparmio energetico ed impatto ambientale ridotto, producesse 50.000 mattoni al giorno.
2.4. – Con il quarto mezzo viene censurata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa motivazione sulla qualificazione dell’accordo intervenuto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) come vendita mista a d appalto.
La curatela fallimentare ricorrente sostiene che la dichiarazione di acquisto del (OMISSIS) potrebbe ben qualificarsi come vendita mista ad appalto, in ragione della supremazia del fa cere sul dare, cosi da ravvisarsi nella messa a punto dell’impianto e l’ottimizzazione dell’intero sistema produttivo un obbligazione di risultato. La Corte territoriale, pur facendo cenno alle ragioni in tal senso dedotte da essa (OMISSIS) appellante, avrebbe, però, omesso ogni valutazione circa siffatta ipotesi qualificatoria.
3. – I motivi, che vanno esaminati congiuntamente in quanto le relative censure sono prospettate in base ad una trama sostanzialmente omogenea, sono in parte infondati e in parte inammissibili.
3.1. – Nella sentenza impugnata, diversamente da quanto dedotto nel ricorso, non si nega che la norma dell’art. 1472 cod. civ. possa applicarsi ad un contratto in cui la capacità produttiva del un macchinario serva da individuatore dell’oggetto del contratto stesso, ma si effettua, in base al potere di accertamento fattuale e di interpretazione negoziale riservato al giudice del merito, una ricostruzione della vicenda di causa e della portata accordi intervenuti inter partes differente rispetto a quanto auspicato dalla società appellante, giungendosi ad una conclusione che non collima con quella che la stessa (OMISSIS) propone.
3.2. – Difatti, la Corte territoriale ha motivato ampiamente, ed in modo congruo e privo di vizi logici e giuridici, sulla non riconducibilità del programma contrattuale nello schema della vendita di cosa futura.
Il giudice di appello – in forza dell’interpretazione, sollecitata dalla stessa (OMISSIS), dell’effettiva volontà contrattuale tratta anche dal collegamento tra i regolamenti contrattuali del (OMISSIS) e del (OMISSIS) e il contratto di associazione del programma di promozione industriale (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS) – ha formato la propria convinzione che da quest’ultimo documento si evinceva trattarsi “di una sperimentazione da eseguirsi presso una società terza”, della quale erano contemplati i vari esiti, anche negativi circa la commercializzazione dell’impianto. Sicchè, nella sentenza impugnata si è escluso “che nei confronti dell'(OMISSIS) sia stata contratta un’obbligazione di risultato finalizzata al raggiungimento dell’obiettivo, dichiarato nell’all. 1 del Contrat (OMISSIS) (OMISSIS), di realizzare una linea produttiva avente tutte le caratteristiche che ivi (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a. si proponevano, e che rendono del tutto errato e artificioso il richiamo all’art. 1472 cod. civ.”.
Un tale risultato si è ritenuto, da parte della Corte felsinea, non esser stato “previsto come imprescindibile” neppure nel contratto di comodato e di compravendita condizionata del (OMISSIS), tra (OMISSIS) e (OMISSIS), dove l’acquisto della linea di produzione consegnata in comodato e montata dalla (OMISSIS) nello stabilimento della (OMISSIS) era espressamente subordinato al risultato positivo di un collaudo e dove le caratteristiche dell’impianto, espressamente detto “per la produzione di 50.000 mattoni pressati”, erano state esposte in modo dettagliato nell’all. A e ciò in “linea con la possibilità che l’impianto non funzionasse secondo le previsioni gli accordi con (OMISSIS) e (OMISSIS) per la ripresa dei macchinari forniti a (OMISSIS) s.p.a. oppure da questa acquistati in leasing”.
La Corte distrettuale ha dunque osservato che “la costruzione di una linea produttiva già consegnata (anche se a titolo di comodato) e messa in opera, ma non funzionante secondo gli standard ordinariamente auspicati e bisognosa ancora di messe a punto e di adattamenti” – non poteva integrare la fattispecie di cui all’art. 1472 cod. civ., posto che “la cosa in sè è già venuta ad esistenza, ma non funziona secondo le aspettative”.
Sicchè, posta in risalto, all’esito di una articolata e congruente ricostruzione della volontà contrattuale, l’esistenza materiale della cosa oggetto della compravendita già al momento della conclusione dell’accordo, il ragionamento giuridico fatto proprio dal giudice di appello si sottrae definitivamente alla censura del ricorrente, posto che la fattispecie legale del contratto di vendita di cosa futura, ex art. 1472 cod. civ., che da luogo ad un contratto perfetto ah origine con effetti obbligatori e non già ad una fattispecie a formazione progressiva (come si assume nel motivo in esame), richiede in ogni caso la venuta ad esistenza della cosa in un momento successivo a quello del sorgere del vincolo (tra le altre, Cass., sez. 2, 30 settembre 2009, n. 20998).
3.3. – Nè è alla Corte territoriale è imputabile il mal governo delle regole di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 cod. civ., nell’interpretare l’accordo del (OMISSIS).
Nella sentenza impugnata si è affermato che emergeva la “certezza assoluta del rischio industriale, prima ancora che contrattuale, dell’operazione”, con la conseguenza che la decisione di (OMISSIS), in data (OMISSIS), “di acquistare i macchinari al prezzo ed alle condizioni già previste” nel contratto del (OMISSIS), senza “alcun riferimento nè al tormentato funzionamento dell’impianto, nè ai futuri interventi necessari, non fu certo una svista (altrimenti si sarebbe trattato di un contratto annullabile per errore) ma volle segnare certamente un progresso rispetto al regolamento del (OMISSIS)”. Ciò in quanto, rispetto al contratto del (OMISSIS), nel quale il definitivo assetto di interessi era stato affidato al collaudo di una commissione paritetica, l’accordo del (OMISSIS) “si poneva in termini da un lato antinomici rispetto alle previsioni del contratto condizionato di vendita, dall’altro di acquisto incondizionato dell’impianto, con i vizi conosciuti e conoscibili che la sua utilizzazione per i venti mesi precedenti aveva inequivocabilmente messo in conto”.
Sicchè, una volta esclusa la sussistenza di una vendita di cosa futura nell’accordo del (OMISSIS), la Corte di appello ha inquadrato la fattispecie “nell’ambito delle vicende funzionali al rapporto contrattuale di compravendita; nell’ambito, cioè, delle domanda subordinata di risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, collegato ai vizi e alla mancanza delle qualità promesse della cosa venduta” e, dunque, fuori della prospettazione dell’emptio rei speratae.
3.4. – Dunque, un tale approdo esegetico è stato raggiunto dal giudice del gravame non solo in forza di un adeguato e congruente apprezzamento del tenore letterale degli accordi inter partes (e, prima ancora, di quelli intervenuti tra (OMISSIS), (OMISSIS) e Commissione europea), ma anche alla luce della loro complessiva e coordinata portata, cosi da pervenire infine alla convinzione della sussistenza di un contratto di compravendita dell’impianto già esistente (e non, dunque, di cosa futura) non condizionato dalla verifica della resa ottimale dello stesso, essendo la (OMISSIS) pienamente consapevole del relativo stato di operatività per aver utilizzato il macchinario per un rilevante lasso temporale; con ciò escludendosi, pertanto, che nei rapporti contrattuali tra le parti, e tanto più allorchè si perfezionò l’accordo del (OMISSIS), fossero state mai convenute obbligazioni di risultato.
3.5. – Quanto testè posto in rilievo rende evidente, anzitutto, l’inconsistenza della censura avanzata con il quarto motivo di ricorso, posto che l’aver il giudice di appello positivamente qualificato il contratto inter partes in termini di vendita tout court esclude di per sè l’omessa motivazione sulla qualificazione in termini di vendita mista ad appalto, alternativamente auspicata dalla ricorrente.
3.6. – Ma rende, altresi, evidente che con gli ulteriori motivi di ricorso il Fallimento (OMISSIS), incentrando le proprie doglianze sulla ritenuta sussumibilità degli accordi intercorsi nello schema negoziale della vendita di cosa futura, manca di penetrare il ragionamento sviluppato dalla Corte di appello e di farne emergere gli eventuali vizi ad esso intrinseci; ragionamento in base al quale, come visto, si è invece motivatamente esclusa la sussistenza del tipo contrattuale anzidetto, operando una diversa qualificazione dello stesso.
Sicchè, sotto tale profilo, le censure mosse alla sentenza impugnata e così congegnate si palesano inammissibili, giacchè con esse si richiede in realtà di ricostruire la volontà delle parti, là dove il sindacato di legittimità deve esclusivamente limitarsi all’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare, per l’appunto, se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (Cass. , sez. 3, 31 marzo 2006, n. 7597; v. anche Cass., sez. 3, 15 febbraio 2007, n. 3468; Cass., sez. 3, 15 marzo 2005, n. 5624). Pertanto, onde sfuggire al sindacato di questa Corte, giudice della legittimità, l’interpretazione fornita dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; con la conseguenza che, allorquando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (così Cass., sez. 3, 20 novembre 2009, n. 24539). E di tanto invece si duole, per l’appunto, la ricorrente curatela fallimentare.
4. – Il quinto mezzo è incentrato sulle qualità essenziali del macchinario compravenduto e con esso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 1497 cod. civ., con conseguente vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia.
La Corte di appello ha escluso che il carattere innovativo dell’impianto si configurasse come qualità essenziale dello stesso; di qui, la violazione dell’art. 1497 citato, disconoscendosi “che ogni tipo di cosa venduta presenta determinate qualità essenziali indispensabili per l’uso cui il bene deve essere adibito”. Inoltre, il giudice del gravame sarebbe incorso in una falsa applicazione della stessa norma, mancando di valorizzare adeguatamente “il comune volere delle parti, in virtù del quale alle predette qualità della res vendita, (capacità produttiva nella misura di 50.000-70.000 mattoni al giorno unitamente all’ottimizzazione dei costi energetici) fu attribuita netta rilevanza dapprima per conseguire il consenso alla conclusione del contratto di comodato e compravendita condizionata e quindi con riferimento alla successiva dichiarazione di acquisto espressa” da (OMISSIS).
Dal canto suo, la Corte felsinea, al fine di esentare la venditrice dagli obblighi contrattuali, avrebbe invece tenuto conto di dati esterni al contratto di acquisto (come i rapporti tra (OMISSIS), (OMISSIS) e Commissione europea, la necessità della messa a punto dell’impianto sperimentale, i finanziamenti ricevuti dalla (OMISSIS)), così “dimenticando il dato testuale ed il contenuto della dichiarazione di acquisto rilasciata” da (OMISSIS). In altri termini, seppure detta dichiarazione avesse costituito un’evoluzione contrattuale rispetto al contratto di comodato e compravendita condizionata, “pur rimanendo invariate le originarie condizioni contrattuali (ad eccezione del pagamento)”, il giudice d’appello avrebbe dovuto concludere nel senso della sussistenza delle obbligazioni del venditore di alienare un macchinario con una produttività minima di 50.000 mattoni al giorno e con caratteristiche di risparmio energetico, che “divennero per il venditore qualità essenziali e promesse del bene”.
La sentenza impugnata sarebbe poi viziata per illogicità della motivazione per aver considerato circostanze avulse dalla dichiarazione di acquisto (OMISSIS) (tra cui il documento del (OMISSIS) indicato dalla Corte di appello come “definitiva esecuzione del regolamento negoziale”), traendo dalla documentazione esaminata “conseguenze univoche pur trattandosi di pattuizioni e di condotte che – quantomeno – si prestavano a diverse letture”, sottovalutando, poi, ulteriore dati probatori (come l’accettazione della (OMISSIS) di alienare il macchinario alle medesime condizioni contrattuali e le emergenze della c.t.u.), così da tralasciare “di illustrare compiutamente quale rapporto vi sarebbe tra una supposta idoneità (rectius, potenzialità) dell’impianto al funzionamento e le qualità essenziali di cui esso doveva essere necessariamente provvisto”. La contraddittorieta delle decisione si coglierebbe, inoltre, nel fatto che la ritenuta possibilità di riparare l’impianto e di renderlo idoneo per le esigenze dei contraenti confermerebbe che la stessa Corte territoriale avrebbe “riscontrato che l’impianto non presentava quelle specifiche caratteristiche essenziali in termini di quantità e qualità dei laterizi prodotti”. Ulteriore aspetto di contraddittorietà di coglierebbe nel rilievo secondo cui “i manufatti e i prodotti lavorati si sono rivelati rispondenti ai requisiti qualitativi previsti dalla norma UNI 8942/3, espressamente richiamata nel capitolato di collaudo del contratto di comodato tra (OMISSIS) S.p.a. e (OMISSIS)”, mentre lo stesso consulente tecnico avrebbe riconosciuto che: “gli stessi non sono elemento probante della qualità dei laterizi prodotti con riferimento alla produzione degli anni 93-95, ma semplicemente attestato di qualità dei soli campioni sottoposti a prova che, tra l’altro, non sono riconducibili ad un preciso periodo di produzione”.
4.1. – Le censure avanzate con il motivo anzidetto sono prive di pregio.
In tale prospettiva deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha ribadito, anzitutto, di non potersi ravvisare nel complesso regolamento negoziale “l’obbligazione di (OMISSIS) (e di (OMISSIS)) di realizzare un macchinario avente le caratteristiche che si prefigurava e che nè nei rapporti con l’ENEA nè nei rapporti con la Commissione europea si davano per scontate”, avendo la stessa (OMISSIS) ammesso che “l’impianto, del tutto innovativo e sperimentale, avrebbe richiesto un lungo periodo di adattamento e di messa a punto”: ciò che segnava anche i “limiti delle obbligazioni di (OMISSIS) e di (OMISSIS) verso alla definitiva esecuzione del regolamento negoziale assunto con (OMISSIS) s.p.a., specificati nell’impegno del (OMISSIS)”. Inoltre, la Corte distrettuale ha rilevato che, “nè in sede di accertamento tecnico preventivo, nè in sede di consulenza tecnica d’ufficio, l’impianto nel suo complesso è stato giudicato irreparabile”, ma semmai bisognoso di accorgimenti idonei a renderlo pienamente funzionale alla produzione dei mattoni, con interventi “costosi, ma non certamente impossibili”. Peraltro, il giudice del gravame ha ritenuto doversi escludere la radicale inidoneità dell’impianto anche alla luce non solo del fatto che “i manufatti e i prodotti lavorati si sono rivelati rispondenti ai requisiti qualitativi previsti dalla norma UNI 8942/3, espressamente richiamata nel capitolato di collaudo del contratto di comodato” tra (OMISSIS) e (OMISSIS), ma anche della circostanza per cui la (OMISSIS) non era “stata in grado di fornire al consulente tecnico d’ufficio, pur essendo l’impianto totalmente computerizzato, attendibili informazioni sulla produzione giornaliera che, se – secondo i calcoli che il C.T.U. ha potuto fare – è stata sempre inferiore alle cinquantamila unità, tuttavia in alcuni casi non ne è stata inferiore del 10%, che è la produzione ottimale che l’impianto è in grado di effettuare senza essere portato al regime massimo di funzionamento e quindi senza usura”. Un ulteriore elemento – si è osservato ancora in sentenza – era dato dal valore dell’impianto, da apprezzarsi in lire 1.859.000.000.
Sicchè, la Corte territoriale, pur asserendo che sarebbe stato possibile ottenere una “risposta compiuta” da un approfondimento della consulenza (per la quale però “nessuna delle parti – e tanto meno l’appellante principale, oggi fallita – si è dichiarata disposta ad approntare la somma di circa un miliardo e trecento milioni di lire”, necessaria “per far ripartire l’impianto e tenerlo in funzione per un mese”), ha reputato che quanto accertato fosse comunque sufficiente “per dare spiegazione al comportamento della (OMISSIS) Laterizi spa, che, acquistando incondizionatamente l’impianto, credeva su una sua possibile – anche economicamente – messa a punto”. Con la conclusione, da parte del medesimo giudice del gravame, che dell’errore previsionale non poteva che dolersi la stessa società (OMISSIS) (“unputet sibi”).
4.2. – In definitiva, la Corte felsinea, in base a motivazione adeguata e priva di emende logiche e giuridiche, ha escluso, anzitutto e decisivamente, la sussistenza di obbligazioni di risultato in capo alle contraenti e che, quindi, fossero state promesse quelle qualità del bene che la ricorrente assume invece essere parte del programma contrattuale.
Di qui, per l’appunto la corretta inferenza, all’esito di una compiuta ed attenta delibazione dei rapporti contrattuali intercorsi tra le parti, sulla non applicabilità alla singolare fattispecie oggetto di cognizione della disciplina recata dall’art. 1497 cod. civ. e non già in linea astratta ed assoluta – come intende acclarare il motivo di ricorso in esame – ma in stretta correlazione a quanto divisato proprio dalla società acquirente e cioè rispetto a quelle (e non altre) determinate e specifiche qualità del bene che l’avrebbero indotta al suo acquisto.
Ed è proprio in siffatta prospettiva che il ragionamento della Corte territoriale è corroborato altresì dal richiamo a plausibili ragioni del comportamento tenuto dalla (OMISSIS), nell’addivenire alla stipula della compravendita dell’impianto, ponendosi in rilievo che il macchinario, utilizzato per ben venti mesi dalla stessa società già comodataria, non si presentava del tutto inidoneo allo scopo e che, pertanto, nonostante i presunti vizi fossero conosciuti dalla stessa (OMISSIS), essa ha comunque provveduto ad acquistare il macchinario confidando evidentemente nelle sue potenzialità.
4.3. – A fronte dell’articolato percorso argomentativo esplicitato nella sentenza impugnata, la ricorrente insiste, dunque, nel ricostruire diversamente il quadro fattuale e la sostanza degli accordi, siccome interpretati dallo stesso giudice di merito, privilegiando la propria lettura del contesto negoziale e probatorio, oltretutto intendendo deprivare di significato proprio quei patti che invece la Corte di appello ha valorizzato e ciò anche senza che ne siano richiamati in ricorso in modo esaustivo i pertinenti contenuti.
Sicchè, anche in questo caso, per le ragioni già in precedenza evidenziate (Considerato in diritto, punto 3.6.), le censure, per tale profilo, sono inammissibili.
4.3. – Sotto altro verso, occorre considerare che la Corte territoriale ha espressamente enucleato e posto in rilievo taluni elementi particolarmente significativi, la cui reciproca connessione, ove adeguatamente valorizzata (come anche ritenuto dal pubblico ministero nella sua esposizione orale in udienza pubblica), consente comunque di giungere a conclusioni giuridiche ulteriori rispetto a quelle recate dalla sentenza impugnata, ma coerenti con il relativo esito decisorio, così da poterne, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., integrare, in parte, la motivazione.
Si tratta, segnatamente, della ritenuta esistenza di un rischio (non solo economico ma anche) contrattuale dell’operazione de qua, avente ad oggetto un impianto innovativo e sperimentale, della (più volte ribadita) insussistenza, nel programma contrattuale, di obbligazioni di risultato e dell’acquisto incondizionato dell’impianto da parte della (OMISSIS) nel (OMISSIS), nonostante essa ne conoscesse i vizi. Ciò inducendo a riconoscere come voluta dalle parti contrattuali l’alea della vendita di un macchinario che avrebbe soltanto potuto raggiungere determinati risultati, non essendo tuttavia certo che ciò sarebbe accaduto.
In tale ottica, segnata dagli accertamenti di fatto e dalla stessa delibazione ermeneutica compiuta dal giudice del merito, può, dunque, aversi riguardo al principio per cui “anche per i contratti cosiddetti commutativi le parti, nel loro potere di autonomia negoziale, ben possono prefigurarsi la possibilità di sopravvenienze, che incidono o possono incidere sull’equilibrio delle prestazioni, ed assumerne, reciprocamente o unilateralmente, il rischio, modificando in tal modo lo schema tipico del contratto commutativo e rendendolo per tale aspetto aleatorio, con l’effetto di escludere, nel caso di verificazione di tali sopravvenienze, la applicabilità dei meccanismi riequilibratori previsti nell’ordinaria disciplina del contratto (art. 1467 e 1664 c.c.); l’assunzione del suddetto rischio supplementare può formare oggetto di una espressa pattuizione, ma può anche risultare per implicito dal regolamento convenzionale che le parti hanno dato al rapporto e dal modo in cui hanno strutturato le loro obbligazioni” (Cass., sez. I, 26 gennaio 1993, n. 948, in riferimento ad un contratto di appalto; ma per la configurabilità di un contratto di compravendita nel quale le parti introducano l’alea in forza di specifico patto: Cass., sez. 1, 4 gennaio 1993, n. 10).
Con l’ulteriore conseguenza che la peculiare pattuizione anzidetta, connotante di parziale aleatoria il contratto di vendita inter partes, porta ad escludere, nella fattispecie, l’applicabilità stessa dell’art. 1497 cod. civ., non potendo dirsi promesse tra le parti, ma solo prefigurate come possibile rischio futuro, determinate qualità della cosa venduta e cioè, segnatamente, la resa ottimale dell’impianto.
5. – Con il sesto mezzo si deduce l’omessa motivazione su questione decisiva dedotta nell’atto di appello e relativa alla “pretesa assenza di giustificazione causale”.
La Corte distrettuale avrebbe, infatti, omesso “qualsivoglia motivazione in ordine alla causa giuridica degli accordi intervenuti sotto le date del (OMISSIS) e del (OMISSIS)”, là dove essa (OMISSIS) aveva fatto presente che, “se l’oggetto delle pattuizioni fosse coinciso con il bene effettivamente traslato, si sarebbe trattato di un bene la cui utilità ed innovatività erano prive di senso economico” e gli accordi sarebbero stati privi di causa, “nel senso di interesse – apprezzabile e giuridicamente rilevante – che l’azione contrattuale è diretta a soddisfare”.
5.1. – Il motivo, alla luce delle considerazioni innanzi svolte (punto 4.3., che precede), è infondato, posto che la natura parzialmente aleatoria del contratto di compravendita del macchinario elide in radice la supposta assenza di causa (commutativa) dedotta dalla ricorrente.
E ciò anche a prescindere dal fatto che, contrariamente a quanto asserito con la doglianza in esame, la Corte territoriale – come posto in rilievo nell’esame del motivo precedente – ha comunque fornito una adeguata e plausibile motivazione sulla parziale idoneità del macchinario e sull’interesse della società (OMISSIS) al suo acquisto.
6. – Con il settimo mezzo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ..
La Corte di appello ha ritenuto che essa (OMISSIS) “non è stata in grado di fornire al consulente tecnico d’ufficio, pur essendo l’impianto totalmente computerizzato, attendibili informazioni sulla produzione giornaliera che, se – secondo i calcoli che il C.T.U. ha potuto fare – è sempre stata inferiore alle cinquantamila unità, tuttavia in alcuni casi non ne è stata inferiore del 10%, che è la produzione ottimale che l’impianto è in grado di effettuare senza essere portato ai regime massimo di funzionamento e quindi senza usura”; aggiungendo che : “una risposta compiuta sarebbe potuta venire da un approfondimento della consulenza tecnica d’ufficio, ma nessuna delle parti – e tanto meno l’appellante principale, oggi fallita – si è dichiarata disposta ad approntare la somma, di circa un miliardo e trecento milioni di lire, calcolata dall’ing. (OMISSIS) per far ripartire l’impianto e tenerlo in funzione per un mese”.
Con ciò il giudice del gravame – mancando altresì di accogliere le istanze istruttorie (prova testimoniale e rinnovazione o integrazione della c.t.u.) formulate con l’atto di citazione in appello (che la ricorrente ha integralmente trascritto nel ricorso) – ha “posto integralmente a carico” di essa (OMISSIS) “ogni e qualsiasi onere probatorio circa l’imputabilità dell’inadempimento di (OMISSIS) ed (OMISSIS) S.p.A. alle obbligazioni da queste società assunte e consistenti nella vendita, messa a punto ed ottimizzazione di un impianto per la produzione di 50.000-70.000 mattoni al giorno, ed ha di fatto esonerato (OMISSIS) ed (OMISSIS) dall’onere di dimostrare la fondatezza delle eccezioni”.
6.1. – Anche tale censura è infondata, posto che la curatela fallimentare ricorrente muove dal presupposto che l’obbligazione contrattuale fosse quella di risultato da essa auspicata, il quale però – come visto – è destituito in ogni caso di fondamento, sia che si abbia riguardo alla ravvisata aleatoria (parziale) del contratto, sia che si tenga soltanto conto di quanto ritenuto dallo stesso giudice di appello in ordine all’insussistenza di obbligazioni di risultato tra le parti e, quindi, delle presunte qualità promesse dell’impianto compravenduto.
In tale ottica, risulta anche deprivato di consistenza il profilo di doglianza relativo alla mancata ammissione di istanze istruttorie, senza considerare, peraltro, che esso è dedotto in assenza di adeguata dimostrazione sia del nesso eziologico tra l’omesso accoglimento della richiesta istruttoria avanzata e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (Cass., sez. 1, 22 febbraio 2007, n. 4178).
7. – Con l’ottavo ed ultimo motivo è dedotta la violazione dell’art. 1950 cod. civ. e la falsa applicazione “delle norme e dei principi in tema di leasing e patto di riacquisto”.
La Corte d’Appello ha accolto l’appello incidentale della (OMISSIS) ritenendo che il patto di riacquisto in data (OMISSIS) avesse natura fideiussoria o di garanzia atipica, “perchè in esso il prezzo del riacquisto è determinato in base non già al valore residuo del bene ma in base ad un piano di ammortamento finanziario che prescinde non solo da detto valore residuo, ma anche dalla effettiva disponibilità del bene in capo al riacquirente”. Di qui la ritenuta applicabilità della disciplina della surrogazione e del regresso prevista dall’art. 1949 c.c. e segg.. Inoltre, lo stesso giudice ha comunque affermato che una siffatta “conclusione non cambia se la garanzia prestata da (OMISSIS) è valutata in collegamento con i rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS), all’interno dei quali l’obbligazione di riacquisto da parte della (OMISSIS) dei macchinari presi in leasing dalla (OMISSIS) costituiva altresì una garanzia offerta a (OMISSIS) non solo in ordine alla liberazione dall’obbligazione del pagamento dei canoni scaduti e da scadere, ma anche in ordine alla materiale ripresa dell’impianto, la quale, una volta avvenuta – come non è contestato – si pone, nel complesso collegamento dei rapporti contrattuali, come attuativa della loro compiuta risoluzione”.
Con ciò si sarebbe violato l’art. 1950 cod. civ., ritenuto “applicabile a materia sottratta alla disciplina della fideiussione, e cioè al patto di riacquisto, in tema di leasing, con il quale il fornitore si sia obbligato a riacquistare dal concedente il bene oggetto della locazione finanziaria in caso di risoluzione anticipata del contratto”.
La Corte territoriale sarebbe, altresì, incorsa nella falsa applicazione della disciplina del patto di riacquisto in quanto avrebbe omesso di valutare compiutamente, ai sensi dell’art. 1362 c.c., la comune volontà dei contraenti, mancando di valorizzare l’accordo del (OMISSIS), nella parte in cui (OMISSIS) si impegnava a riacquistare “immediatamente” i beni oggetto del contratto in ipotesi di risoluzione anticipata dello stesso “per qualsiasi motivo”; espressioni, queste, che consentirebbero di individuare nel patto anzidetto “financo la causa propria di un contratto di vendita e non quella di un contratto di garanzia, con conseguente esclusione dell’applicabilità delle norme in tema di fideiussione”.
La ricorrente conclude osservando che, una volta ritenuti fondati i motivi di ricorso sull’inadempimento di (OMISSIS) ed (OMISSIS), dovrà essere cassata anche quella parte della sentenza impugnata con cui la Corte distrettuale ha accolto l’appello incidentale proposto da (OMISSIS).
7.1. – Il motivo è privo di consistenza.
In primo luogo, con esso – che, peraltro, si sviluppa senza fornire adeguata specificazione del testo del patto contrattuale rispetto alla cui interpretazione, resa dalla Corte territoriale, si fanno valere le doglianze – si censura soltanto una delle rationes decidendo. che sorreggono la decisione impugnata, dovendo così trovare applicazione nella specie il principio, consolidato (v., di recente, Cass., 6-L, 3 novembre 2011, n. 22753), per cui “ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza”.
La doglianza della curatela fallimentare della società (OMISSIS) si concentra, infatti, sulla ritenuta natura di garanzia fideiussoria o atipica del patto di riacquisto stipulato tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) nel (OMISSIS) siccome in stretta correlazione al contratto di leasing tra la prima e la società (OMISSIS), trascurando, però, l’ulteriore affermazione resa in sentenza e relativa alla sussistenza di un rapporto di garanzia collegato unicamente ai legami intercorsi tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS), sul quale assunto decisorio – nonostante esso venga trascritto nel motivo di ricorso – non si svolgono congruenti censure.
In ogni caso, la dedotta violazione di legge non trova ragione d’essere neppure a fronte dell’altra ratio decidendi adottata dal giudice del merito in ordine alla ritenuta applicabilità nella fattispecie della disciplina della surrogazione e del regresso di cui agli artt. 1949 e 1950 cod. civ., in base, essenzialmente, alla natura fideiussoria del patto derivante dall’assenza di una predeterminazione del prezzo di riacquisto collegato al valore residuo del bene ed alla disponibilità dello stesso in capo al riacquirente. Una plausibile opzione ermeneutica, questa, da ricondursi nell’alveo dei poteri di interpretazione del contratto spettanti dal giudice di merito (cui la parte non può contrapporre, come già in precedenza rilevato, la propria diversa ed alternativa esegesi), esercitati senza incorrere in vizi logici e giuridici, posto che non si dubita della possibilità di qualificare in termini di contratto di garanzia il patto di riacquisto in ipotesi di risoluzione anticipata del contratto di leasing per inadempimento del locatario (Cass., sez. 3, 19 luglio 2005, n. 15199).
8. – Il ricorso proposto dalla curatela fallimentare va, dunque, rigettato.
9. – Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza di entrambi i ricorrenti.
P.Q.M.
LA CORTE
dichiara inammissibile il ricorso proposto dalla (OMISSIS) S.p.A., quale assuntore del Concordato fallimentare della fallita (OMISSIS) S.r.l.;
rigetta il ricorso proposto dal Fallimento (OMISSIS) S.r.l.;
condanna i predetti ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento in favore di ciascuno dei controricorrenti – (OMISSIS) S.C. ed (OMISSIS) S.p.A. – delle spese del grado, che liquida in complessivi euro 15.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 15 giugno 2012.