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Cassazione Civile 1749/2016 – Delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario

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Sentenza 1749/2016

Delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario

La delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario contratto da uno dei coniugi per “metus reverentialis”, postula che la corte d’appello verifichi la compatibilità della qualificazione canonistica della suddetta causa di nullità matrimoniale con l’ordine pubblico italiano, valutando in concreto che non si sia trattato di una mera “reverentia” dovuta a persona cui uno degli sposi era legato da particolare rapporto, ma unicamente di situazioni tali da integrare gli estremi della gravità, estrinsecità e decisività ai fini della formazione del consenso.

Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 29 gennaio 2016, n. 1749  (CED Cassazione 2016)

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- (OMISSIS) ha chiesto alla Corte d’appello dell’Aquila che venisse dichiarata l’efficacia nella Repubblica Italiana della sentenza emessa, su domanda della moglie (OMISSIS) in (OMISSIS), dal Tribunale Ecclesiastico Regionale Abruzzese Molisano il 14 dicembre 2011, ratificata dal Tribunale Ecclesiastico d’appello di Benevento il 27 marzo 2013 e resa esecutiva dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica il 25 giugno 2013, che aveva dichiarato nullo il matrimonio concordatario contratto il 27 ottobre 1991, per timore reverenziale della (OMISSIS). Quest’ultima si è opposta alla domanda, evidenziando che il metus reverentialis non giustificherebbe nell’ordinamento italiano una pronuncia di nullità del matrimonio e che i coniugi avevano manifestato la volontà di perseguire, attraverso l’annullamento canonico, soltanto fini morali e religiosi.

  1. – La Corte d’appello, con sentenza 11 febbraio 2014, in accoglimento della domanda, ha dichiarato efficace la sentenza ecclesiastica e ha ordinato all’ufficiale di stato civile di procedere all’annotazione a margine dell’atto di matrimonio, compensando le spese. Ha ritenuto che nel giudizio ecclesiastico fosse stato assicurato il diritto di difesa in modo non difforme dai principi fondamentali dell’ordinamento italiano; che il timore, nella specie incusso nella (OMISSIS) dal padre e assunto dal giudice ecclesiastico come comportante il vizio nella formazione del consenso, non si discostasse sostanzialmente dalle ipotesi di invalidità matrimoniali (violenza e timore di eccezionale gravità) previste dall’articolo 122 codice civile che non vi fosse stata violazione dei principi di ordine pubblico; che, in ragione della diversità di petitum e causa petendi della domanda di nullità del matrimonio rispetto a quella pendente di divorzio, non vi fossero ostacoli alla delibazione della sentenza del giudice ecclesiastico.

3.- La (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui si è opposto il (OMISSIS) con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Il controricorrente (OMISSIS) ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, poichè difetterebbe in capo alla (OMISSIS) l’interesse ex articolo 100 codice procedura civile, ad opporsi al riconoscimento di una sentenza ecclesiastica, di annullamento del matrimonio, emessa su sua domanda in un procedimento nel quale non era stata soccombente.

1.1 – L’eccezione è infondata. L’interesse perseguito dal coniuge che agisce in sede ecclesiastica è di ottenere l’annullamento del matrimonio nell’ordinamento canonico e solo eventualmente anche nell’ordinamento civile mediante il procedimento di delibazione. Pertanto, poichè non è escluso che il suo unico interesse perseguito con l’azione di annullamento in sede ecclesiastica sia di tipo morale o religioso, cioè in facie ecclesiae, non può ritenersi insussistente l’interesse dello stesso coniuge ad opporsi alla delibazione richiesta dall’altro coniuge e, di conseguenza, ad impugnare la sentenza della Corte d’appello che abbia reso esecutiva la pronuncia ecclesiastica nell’ordinamento italiano.

2.- Venendo ai motivi di ricorso, nel primo è denunciata violazione e falsa applicazione della Legge n. 215 del 1985, articolo 64, lettera g) e articolo 8, n. 2 dell’Accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede del 18 febbraio 1984, ratificato con Legge n. 121 del 1985, nonchè dell’articolo 122 codice civile, per avere escluso la contrarietà all’ordine pubblico interno della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio per semplice timore reverenziale, erroneamente assimilando detta ipotesi a quella del timore di eccezionale gravità prevista dall’articolo 122 codice civile, con l’effetto di introdurre un nuovo caso di annullamento del matrimonio non previsto nell’ordinamento interno.

Il secondo motivo denuncia il vizio di omesso esame su un fatto decisivo, cioè sulle ragioni per cui era stata riscontrata la ricorrenza dell’ipotesi di eccezionale gravità di cui all’articolo 122 codice civile, non potendosi ritenere sufficiente l’apodittica affermazione di sostanziale identità con il metus reverentialis previsto dall’ordinamento canonico.

2.1 – I motivi, da esaminare congiuntamente, essendo intrinsecamente connessi, sono fondati nei seguenti termini.

La Corte aquilana ha dichiarato efficace la sentenza ecclesiastica, rilevando che la sentenza da delibare “non contiene disposizioni contrarie all’ordine pubblico italiano, perchè la situazione di “timore” assunta in considerazione dal giudice ecclesiastico, siccome comportante un vizio nella formazione del consenso, non si discosta sostanzialmente dall’ipotesi di invalidità derivante da violenza contemplata dall’articolo 122 codice civile e perchè deve escludersi che le differenze della disciplina codicistica in punto di rilevanza ostativa della coabitazione alla proponibilità dell’azione investano principi di ordine pubblico del nostro ordinamento”.

Questa Corte di legittimità ha avuto più volte occasione di affermare che la Corte d’appello, chiamata a dare esecutività in Italia a una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, non deve accertare la coincidenza degli ordinamenti statale e canonico nella disciplina della controversia, ma deve limitarsi a verificare che la legge applicata, nella sentenza da delibare, non contenga disposizioni contrarie all’ordine pubblico italiano; la medesima Corte ha anche puntualizzato che non può essere esclusa la delibazione della sentenza ecclesiastica che abbia dichiarato la nullità del matrimonio contratto da uno degli sposi per metus reverentialis (ad esempio, nei confronti del genitore), in quanto tale causa di nullità (prevista dall’articolo 1103 cod. canonico nel caso di “violenza o timore grave”) non differisce sostanzialmente dal timore di “eccezionale gravità” determinato da cause esterne allo sposo, previsto come causa di nullità matrimoniale dall’articolo 122 codice civile, trattandosi di semplice difformità del diritto canonico rispetto al diritto italiano che non comportano violazione dei principi di ordine pubblico (v. Cass. n. 3944/1984, n. 4908/1986, 1709/1991).

La Corte aquilana si è limitata a richiamare i suddetti principi in modo del tutto astratto e avulso dalla fattispecie, poichè non ha indicato quali siano stati, in concreto, i comportamenti ritenuti dal giudice ecclesiastico idonei a integrare il metus reverentialis subito dalla (OMISSIS). È una “motivazione apparente”, inidonea a superare il controllo di legittimità, anche a norma del novellato articolo 360 codice procedura civile, n. 5, nell’interpretazione data dalle Sezioni Unite (n. 8053 e 8054/2014).

La valutazione delle cause di invalidità matrimoniale nell’ordinamento canonico è riservata al giudice ecclesiastico e, tuttavia, ai fini della delibazione nell’ordinamento statale, la Corte d’appello è tenuta a verificarne la compatibilità con l’ordine pubblico italiano, ma ciò richiede un’indagine necessariamente concreta delle ragioni che l’hanno determinata, per quanto risulta dalla sentenza del giudice ecclesiastico da delibare. Non si tratta, evidentemente, di sindacare l’operato del giudice ecclesiastico, ma di verificare che la qualificazione canonistica della causa di nullità del matrimonio sia realmente compatibile con l’ordine pubblico interno. La Corte territoriale si è sottratta a questo compito, che avrebbe richiesto un’indagine sulla dinamica con la quale il vizio del consenso si è determinato e manifestato nella fattispecie concreta, ricostruita dal giudice ecclesiastico.

L’affermazione secondo cui la disciplina dell’invalidità matrimoniale di cui all’articolo 122 codice civile, è sostanzialmente analoga alla normativa canonica, con la conseguenza che le residue differenze non costituiscono ostacolo di ordine pubblico all’efficacia in Italia delle sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio concordatario, presuppone che, nel caso del metus reverentialis, non si sia trattato di una mera reverentia dovuta a persona cui uno degli sposi sia legato da un particolare rapporto, ma unicamente di situazioni tali da integrare gli estremi della gravità, estrinsecità e decisività ai fini della formazione del consenso (v. Cass. n. 2351/1984). Solo in tali casi potrebbe dirsi che ci si trovi in presenza di differenze marginali che non incidono sui principi fondamentali dell’ordinamento statale, ma è una valutazione che va fatta in concreto (v., in generale, Cass., sez. un., n. 19809/2008), dovendo il giudice della delibazione esaminare le circostanze di fatto rilevanti, emergenti dalla sentenza ecclesiastica, al fine di poter dire se vi sia un’incompatibilità relativa tra gli ordinamenti e, quindi, superabile in via interpretativa, ovvero un’incompatibilità assoluta (come nel caso di mera reverentia) e, quindi, preclusiva della delibazione. Questa Corte ha anche puntualizzato che il riconoscimento della sentenza ecclesiastica di annullamento del matrimonio per metus non può tradursi nella previsione di una causa di nullità non ammessa dall’ordinamento italiano, nella misura in cui non ricorrano le condizioni secondo le quali il timore è riconosciuto in Italia quale causa di nullità del matrimonio (Cass. n. 15409/2006).

3.- In conclusione, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte aquilana, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la causa nel merito, attenendosi ai principi sopra enunciati, e provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello dell’Aquila, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.