Sentenza 1757/2016
Indennità sostitutiva delle ferie non – Natura giuridica mista
L’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha natura mista, sia risarcitoria che retributiva, sicché mentre ai fini della verifica della prescrizione va ritenuto prevalente il carattere risarcitorio, volto a compensare il danno derivante dalla perdita del diritto al riposo, cui va assicurata la più ampia tutela applicando il termine ordinario decennale, la natura retributiva, quale corrispettivo dell’attività lavorativa resa in un periodo che avrebbe dovuto essere retribuito ma non lavorato, assume invece rilievo quando ne va valutata l’incidenza sul trattamento di fine rapporto, ai fini del calcolo degli accessori o dell’assoggettamento a contribuzione.
Giudizio di cassazione – Morte della parte
Nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo, nè consente agli eredi di tale parte l’ingresso nel processo.
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza 29 gennaio 2016, n. 1757 (CED Cassazione 2016)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 17/2 – 29/3/2011, la Corte d’appello dell’Aquila ha rigettato l’impugnazione della società (OMISSIS) s.p.a. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Pescara che l’aveva condannata a corrispondere a (OMISSIS) l’indennità sostitutiva di n. 79 giorni di ferie non godute, nonchè alla conseguente differenza economica sul trattamento di fine rapporto scaturente dall’inclusione nel computo di tale trattamento della predetta indennità. Nel contempo la Corte ha accolto l’impugnazione del (OMISSIS) avverso la stessa sentenza in merito alla mancata statuizione sulla spettanza degli accessori di legge ai sensi dell’articolo 429 codice procedura civile e, per l’effetto, ha condannato la (OMISSIS) al pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulla somma di euro 38.938,87 dal 16/7/2007 (data di collocamento a riposo del lavoratore) al 29/7/2009 (data del versamento della predetta somma da parte dell’azienda radiotelevisiva).
Nel pervenire a tale decisione la Corte territoriale ha escluso, anzitutto, che il credito in esame si fosse prescritto, trattandosi di indennità avente natura risarcitoria, come tale soggetta al regime della prescrizione ordinaria; inoltre, ha rilevato che il diritto in questione sorgeva dall’inadempimento dell’obbligazione contrattuale della convenuta, essendo emerso che il mancato godimento delle ferie non poteva imputarsi all’iniziativa del lavoratore, il quale era stato chiamato in servizio per seguire una vicenda giudiziaria particolarmente delicata e a curarne gli sviluppi fino alla data del suo pensionamento.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la (OMISSIS) s.p.a. con quattro motivi. Resiste con controricorso il (OMISSIS). Le parti depositano memoria la sensi dell’articolo 378 codice procedura civile.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva preliminarmente la Corte che l’istanza di interruzione del processo per morte del controricorrente, formulata dal difensore di quest’ultimo e contrastata dalla ricorrente, non può essere accolta, dal momento che l’evento segnalato è intervenuto nel corso del giudizio di legittimità a contraddittorio già instaurato. Si è, infatti, statuito (Cass. Sez. 3, n. 8377 del 9/7/1992) che “al giudizio innanzi alla Corte di Cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo, nè consente agli eredi di tale parte l’ingresso nel processo”.
- Col primo motivo, dedotto per vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 360 codice procedura civile, n. 5, la ricorrente sostiene che in appello si era doluta del fatto che, al momento del collocamento a riposo del (OMISSIS), a quest’ultimo non residuavano settantanove giorni di ferie non godute, ma per lo stesso titolo soltanto n. 11,9 giorni relativamente al 2007, ultimo anno di servizio, e che il medesimo aveva già fruito di 41 giorni di ferie durante l’anno precedente a fronte dei ventinove giorni che gli sarebbero spettati. Senonchè la Corte territoriale aveva omesso ogni pronunzia a tal riguardo, determinando, in tal modo, il vizio di omessa o carente motivazione. Il motivo è inammissibile.
Anzitutto, vi è da rilevare che la ricorrente prospetta la questione, dapprima, come vizio di omessa motivazione per dolersi, poi, anche del vizio di omessa pronunzia, il tutto riferibile alla stessa eccezione della dedotta erroneità del computo delle ferie residue all’atto del collocamento in pensione del dipendente. Al riguardo si è avuto modo di affermare (Cass. sez. 5, n. 7871 del 18/5/2012) che “l’omessa pronunzia da parte del giudice di merito integra un difetto di attività che deve essere fatto valere dinanzi alla Corte di cassazione attraverso la deduzione del relativo “error in procedendo” e della violazione dell’articolo 112 codice procedura civile, non già con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del vizio di motivazione ex articolo 360codice procedura civile, n. 5″. In ogni caso, nessuno dei due vizi è ravvisabile nella fattispecie. Invero, con motivazione adeguata ed esente da vizi di carattere logico-giuridico, la Corte d’appello ha precisato che era risultato provato con documenti che, al momento del suo collocamento a riposo, vale a dire alla data del 16 maggio 2007, il (OMISSIS) vantava un residuo di ferie non godute nel corso degli anni per un ammontare complessivo di settantanove giorni e che per tale ragione aveva rivendicato la relativa indennità sostitutiva, contestando, in tal modo, il minor numero di ferie riferito dalla datrice di lavoro.
Quindi, non solo non risponde a verità che la Corte territoriale abbia omesso di pronunziarsi in ordine alla suddetta eccezione, ma la medesima ricorrente non censura in maniera specifica la parte della motivazione dell’impugnata sentenza in cui si richiama l’accertata prova documentale sulla determinazione del residuo delle ferie non godute. In realtà, la difesa dell’azienda si limita a prospettare un diverso computo delle ferie non godute, senza alcun collegamento a dati istruttori idonei a scalfire il convincimento adeguatamente espresso dai giudici di merito su base documentale.
- Col secondo motivo la ricorrente censura l’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 2109 codice civile, del Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66, articolo 10, come modificato dal Decreto Legislativo n. 213 del 2004, articolo 23 del contratto nazionale di lavoro giornalistico relativo al periodo 1/3/2001 – 28/2/2005 e dell’articolo 13 del contratto integrativo aziendale (OMISSIS), nonchè di ogni norma e principio in materia di effettività ed infungibilità del diritto al godimento delle ferie, in relazione all’articolo360codice procedura civile, comma 1, punto 3). La ricorrente si duole, inoltre, dell’omessa od erronea motivazione su questioni decisive e rilevanti ai fini della definizione del giudizio, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, punto 5).
In particolare la ricorrente, dopo aver richiamato il divieto di monetizzazione delle ferie non godute, salvo il caso della risoluzione del rapporto, introdotto dal Decreto Legislativo n. 66 del 2003 che ha dato attuazione alla Direttiva Comunitaria n. 93/104, nonchè la natura sinallagmatica dell’indennità in questione, precisa che, agli effetti dell’applicazione dell’articolo 23 del CNLG, il contratto integrativo (OMISSIS) – (OMISSIS) in vigore alla cessazione dal servizio del (OMISSIS) aveva stabilito che l’Azienda doveva fare in modo che il giornalista fruisse del periodo feriale entro il 30 aprile dell’anno di calendario successivo alla maturazione del diritto e che il periodo di ferie doveva essere fruito e non poteva essere sostituito dal relativo trattamento economico.
Il fatto che ciò era avvenuto era stato provato, secondo la tesi difensiva della ricorrente, con testi e con lettera del 24 febbraio 2005, con la quale il (OMISSIS) era stato invitato, con congruo anticipo rispetto all’esodo, a pianificare i periodi di ferie al fine di fruire di quelle arretrate. Invece, il fatto dedotto dalla controparte a giustificazione della domanda, vale a dire il suo richiamo in servizio per esigenze aziendali, avrebbe riguardato solo il periodo compreso tra il 27 ottobre 2006 e la fine di quello stesso anno e, in ogni caso, alla scadenza di detto periodo il dipendente aveva avuto ancora altri cinque mesi di tempo per distribuire le ferie che non aveva avuto modo di smaltire. Al contrario, dal tabulato prodotto in atti era emerso che nel corso del 2007 il (OMISSIS) si era assentato dal servizio preferendo usufruire di permessi diversi dalle ferie.
- Col terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli1218 e 1176 codice civilee di ogni norma e principio in materia di onere della prova, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, n. 3, nonchè l’omessa e/o carente motivazione della sentenza ai sensi dell’articolo 360 codice procedura civile, n. 5. Si sostiene che le deposizioni di due testi avevano consentito di accertare che il (OMISSIS) aveva usufruito, nel periodo compreso tra l’ottobre del 2006 e la data di collocamento a riposo, di permessi sindacali e di permessi per festività soppresse, per cui era stato smentito l’assunto in base al quale il medesimo si sarebbe trovato nell’impossibilità di assentarsi dal lavoro per eccezionali esigenze di servizio.
- Col quarto motivo, proposto per violazione e falsa applicazione degli articoli2947 e 2948 codice civilein relazione all’articolo 360 codice procedura civile, n. 3, nonchè per vizio di motivazione di cui all’articolo 360 codice procedura civile, n. 5, la ricorrente contesta la prescrizione decennale dell’indennità in esame, come ravvisata dai giudici di merito, assumendo che trattasi di emolumento avente natura retributiva, come tale soggetto a prescrizione quinquennale, per cui ribadisce che nella fattispecie era applicabile tale causa estintiva del credito relativamente all’indennità sostitutiva commisurata alle ferie non godute precedenti al 15 luglio 2002.
Osserva la Corte che è opportuno trattare con precedenza il quarto motivo che introduce una questione di carattere preliminare, quale quella dedotta prescrizione dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute.
Orbene, l’orientamento di questa Corte, che si intende qui confermare, è quello per il quale si è in presenza di una indennità avente una duplice valenza, vale a dire sia risarcitoria che retributiva.
Si è, infatti, statuito (Cass. Sez. Lav., n. 20836 dell’11/9/2013) che “l’indennità sostitutiva delle ferie non fruite ha natura mista, avendo non solo carattere risarcitorio, in quanto volta a compensare il danno derivante dalla perdita di un bene determinato (il riposo, con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali), ma anche retributivo, in quanto è connessa al sinallagma contrattuale e costituisce il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sè retribuito avrebbe dovuto essere non lavorato, in quanto destinato al godimento delle ferie annuali. Ne consegue l’inclusione dell’indennità nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto” (Sulla natura mista dell’indennità sostitutiva delle ferie v. in senso conforme v. Cass. Sez. Lav. n. 19303 del 25/9/2004 e n. 11462 del 9/7/2012).
In effetti, il carattere risarcitorio dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute discende dalla considerazione che la stessa è idonea a compensare il danno costituito dalla perdita di un bene (il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l’opportunità di svolgere attività ricreative e simili) al cui soddisfacimento l’istituto delle ferie è destinato, mentre il carattere retributivo deriva dal fatto che la stessa indennità rappresenta il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sè retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perchè destinato al godimento delle ferie annuali.
Tanto premesso, non può non evidenziarsi che ai fini della verifica della prescrizione rileva la necessità che il diritto che l’indennità in esame tende a soddisfare possa essere esercitato in maniera ampia, per cui non può che considerarsi prevalente, a tal fine, la natura risarcitoria della stessa, alla quale è assicurata la durata ordinaria della prescrizione, cioè quella decennale. Diversamente opinando, si perverrebbe alla conclusione che la tutela del bene della vita alla quale l’indennità sostitutiva delle ferie è principalmente finalizzata, cioè quello del ristoro delle energie psico-fisiche, subirebbe in sede di azione di risarcimento per la sua compromissione una inevitabile limitazione riconducibile all’applicazione della prescrizione quinquennale degli emolumenti di carattere retributivo. Invece, quest’ultima funzione, anch’essa assolta dall’indennità in esame, assume importanza allorquando debba valutarsene l’incidenza sul trattamento di fine rapporto o su ogni altro aspetto di natura esclusivamente retributiva, come ad esempio il calcolo degli accessori di legge o sul trattamento contributivo.
Il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione.
Orbene, questa Corte (Cass. Sez. L, n. 20836 dell’11/9/2013) ha già avuto modo di affermare quanto segue: “Va precisato che, in base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte, il diritto alle ferie nel nostro ordinamento gode di una tutela rigorosa, di rilievo costituzionale, visto che l’articolo 36 Cost., comma 3, prevede testualmente che “il lavoratore ha diritto al riposto settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.
All’interno della più ampia categoria dei riposi lavorativi (pause intermedie, riposo giornaliero, settimanale ed annuale) quello feriale riveste una più accentuata dimensione personalistica ed esistenziale in quanto rivolto – più delle altre tipologie di riposo – non solo al recupero delle energie psicofisiche spese dal lavoratore per l’esecuzione della prestazione, ma anche a consentire alla persona di poter coltivare interessi morali e materiali, personali e sociali di natura extralavorativa, fruendo di un periodo tempo libero retribuito.
Le ferie rappresentano, perciò, un diritto che va correlato alla persona del lavoratore e vanno riguardate più in funzione della qualità della vita che del rispetto di equilibri contrattuali. La duplicità delle funzioni rivestite dal periodo feriale è stata riaffermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 543/1990 secondo la quale: “Non vi è dubbio che la disposizione contenuta nell’articolo 36 Cost., comma 3 garantisce la soddisfazione di primarie esigenze del lavoratore, dalla reintegrazione delle sue energie psico-fisiche allo svolgimento di attività ricreative e culturali, che una società evoluta apprezza come meritevoli di considerazione”. In base all’articolo 2109 codice civile, comma 2, l’esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente all’imprenditore quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa; al lavoratore compete soltanto la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche nell’ipotesi in cui un accordo sindacale o una prassi aziendale stabilisca – al solo fine di una corretta distribuzione dei periodi feriali – i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda. Peraltro, allorchè il lavoratore non goda delle ferie nel periodo stabilito dal turno aziendale e non chieda di goderne in altro periodo dell’anno non può desumersi alcuna rinuncia – che, comunque, sarebbe nulla per contrasto con norme imperative (articolo 36 Cost. e articolo 2109 codice civile) – e quindi il datore di lavoro è tenuto a corrispondergli la relativa indennità sostitutiva delle ferie non godute (cfr. Cass. 12 giugno 2001, n. 7951; id. 18 giugno 1988, n. 4198; 2 ottobre 1998, n. 9797). È stato anche ritenuto (così Cass. 9 luglio 2012, n. 11462), propendendosi per la natura mista dell’indennità in questione, che, in relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito dall’articolo 36 Cost. – ed ulteriormente sancito dall’ari 7 della direttiva 2003/88/CE (v. la sentenza 20 gennaio 2009 nei procedimenti riuniti c-350/06 e c-520/06 della Corte di giustizia dell’Unione europea) -, ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l’indennità sostitutiva.
Tanto premesso, si rileva che il fatto dedotto dalla ricorrente, secondo la quale il (OMISSIS), una volta cessato l’anno al quale era riferibile il mancato godimento delle ferie, aveva ancora cinque mesi di servizio da svolgere, prima del suo collocamento a riposo, non esclude l’accertata inadempienza della datrice di lavoro che lo aveva richiamato in servizio nel periodo utile in cui avrebbe potuto usufruire delle ferie nei termini previsti.
Nè l’azienda radiotelevisiva poteva pretendere dal lavoratore il godimento cumulativo delle ferie in prossimità del pensionamento, avendo colpevolmente creato i presupposti di tale situazione, come adeguatamente accertato dalla Corte di merito, ed essendo l’istituto delle ferie preordinato al recupero delle energie psico-fisiche nel corso del rapporto di lavoro e non alla fine dello stesso. Si è, infatti, affermato (Cass. Sez. Lav. n. 13980 del 24/10/2000) che “in relazione alla funzione di recupero delle energie fisiche e psichiche da parte del lavoratore, le ferie annuali devono essere godute entro l’anno di lavoro e non successivamente; una volta decorso l’anno di competenza, il datore di lavoro non può imporre al lavoratore di godere effettivamente delle ferie nè può stabilire il periodo nel quale deve goderle ma è tenuto al risarcimento del danno”. Si è, altresì, precisato (Cass. Sez. Lav. n. 19303 del 25/9/2004) che “fermo il carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall’articolo 36 Cost., ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l’indennità sostitutiva che ha, per un verso, carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita di un bene (il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l’opportunità di svolgere attività ricreative e simili) al cui soddisfacimento l’istituto delle ferie è destinato e, per altro verso, costituisce erogazione di indubbia natura retributiva, perchè non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma più specificamente rappresenta il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sè retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perchè destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse”.
Nè può aver rilievo il richiamo operato dalla ricorrente al fatto che nel corso dell’anno precedente al pensionamento il (OMISSIS) aveva goduto di permessi sindacali e del recupero delle festività soppresse, in quanto le finalità di tali istituti sono diverse da quella assolta dal godimento delle ferie ordinarie annuali. Inoltre, la Corte territoriale ha correttamente evidenziato che, a fronte della deduzione del lavoratore – creditore circa il mancato adempimento dell’obbligo datoriale di fargli godere il periodo feriale, spettava al datore di lavoro – debitore dimostrare, ai sensi dell’articolo 1218 codice civile, che l’inadempimento o il ritardo era stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
D’altra parte, con giudizio di fatto adeguatamente motivato ed esente da rilievi di legittimità, la Corte di merito ha posto ben in rilievo che dalle risultanze processuali raccolte in primo grado era emerso che il mancato godimento delle ferie da parte del (OMISSIS) non poteva imputarsi ad una iniziativa unilaterale del lavoratore, il quale, a fronte del piano ferie concordato con l’azienda per recuperare quelle non godute, era stato richiamato in servizio dal caporedattore per seguire una vicenda giudiziaria particolarmente delicata, con invito a curarne gli sviluppi sino alla data del pensionamento.
Quanto alle censure dirette a porre in discussione la valutazione del materiale istruttorio si osserva che questa Corte ha già avuto occasione di ribadire (Cass. Sez. Lav. n. 7394 del 26/3/2010) che “è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 360 codice procedura civile, n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione” (in senso conf. v. Cass. sez. lav. n. 6064 del 6.3.2008) In definitiva, il secondo ed il terzo motivo di censura sono infondati.
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di euro 3000,00 per compensi professionali e di euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 15 ottobre 2015