Ordinanza 1778/2016
Impugnazione inammissibile o improcedibile – Operatività del raddoppio del contributo unificato a carico delle Amministrazioni dello Stato
Nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso la sussistenza dei presupposti per il raddoppio, pur avendo dichiarato inammissibile un ricorso del Ministero dell’Interno per l’inapplicabilità dello speciale regime impugnatorio di cui all’art. 11 della l. n. 206 del 2004).
Cassazione Civile, Sezione 6, Ordinanza 29 gennaio 2016, n. 1778 (CED Cassazione 2016)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
- La Corte pronuncia in camera di consiglio ex articolo 375 codice procedura civile, a seguito di relazione a norma dell’articolo 380-bis codice procedura civile, condivisa dal Collegio e non infirmata dalla memoria della parte ricorrente.
- Le attuali parti intimate, rispettivamente vedova e figlia di (OMISSIS), vittima di un attentato terroristico in (OMISSIS) e deceduto il (OMISSIS), adivano il Tribunale di Torino, con ricorso depositato il 1 marzo 2012, per ottenere, in contraddittorio con il Ministero dell’interno, il riconoscimento dell’assegno vitalizio previsto, dalla Legge n. 206 del 2004, articolo 5, comma 3 (legislazione in favore delle vittime del terrorismo e dei loro familiari).
- Il Tribunale adito, in composizione monocratica, con sentenza depositata il 19.6.2013, accoglieva la domanda.
- Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’interno, affidato a tre motivi.
- (OMISSIS) ed altri eredi di (OMISSIS) hanno resistito con controricorso ed eccepito l’inammissibilità, improcedibilità, improponibilità dell’impugnazione proposta avverso sentenza di primo grado, in materia di previdenza e assistenza, con ricorso per cassazione anzichè con l’appello.
- L’eccezione delle parti intimate si appalesa fondata.
- Le Sezioni unite della Corte, con sentenza n. 17078 del 2011, sono intervenute sulle norme procedimentali previste dalla Legge 3 agosto 2004, n. 206, aventi ad oggetto “nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice” e, precisamente, gli articoli 11 e 12.
- Il primo di tali articoli, che individua i presupposti e i termini di ammissibilità dello speciale procedimento giurisdizionale, recita: “Nelle ipotesi in cui in sede giudiziaria, amministrativa o contabile siano già state accertate con atti definitivi la dipendenza dell’invalidità e il suo grado ovvero della morte da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, ivi comprese le perizie giudiziarie penali, le consulenze tecniche o le certificazioni delle aziende sanitarie locali od ospedaliere e degli ospedali militari, è instaurato ad istanza di parte, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un procedimento civile dinanzi al tribunale in composizione monocratica. Tale procedimento deve essere concluso con sentenza soggetta all’impugnazione di cui all’articolo 12, comma 2”.
- Il successivo articolo 12, che detta la schematica disciplina del procedimento, prevede: “1. Il tribunale in composizione monocratica competente in base alla residenza anagrafica della vittima o dei superstiti fissa una o al massimo due udienze, intervallate da un periodo di tempo non superiore a quarantacinque giorni, al termine del quale, esposte le richieste delle parti, prodotte ed esperite le prove e precisate le conclusioni, la causa è assegnata a sentenza e decisa nel termine di quattro mesi. 2. Le sentenze di cui al comma 1, sono ricorribili esclusivamente dinanzi alla Corte di Cassazione per violazione di legge, ivi compresa la manifesta illogicità della motivazione”.
- Così il citato arresto delle Sezioni unite del 2011: “Le disposizioni in esame delineano uno speciale procedimento giurisdizionale avente spiccatissimi caratteri di eccezionalità, come evidenziato non solo dalla sua struttura massimamente semplificata, ma anche dal fatto che è destinato ad operare solo temporaneamente, in sostanza nella fase di prima applicazione della disciplina sui benefici in favore delle vittime del terrorismo così come aggiornata e integrata dalla citataLegge n. 206 del 2004. In sostanza il legislatore, con riferimento alle ipotesi in cui fossero già stati accertati in sede giudiziaria o amministrativa la ricorrenza e il grado di lesività di atti di terrorismo, ha inteso mettere a disposizione degli interessati (probabilmente anche con intenti sperimentali) un procedimento giudiziario della massima rapidità e semplicità inteso ad ovviare a tutte le complicazioni e lungaggini che nella pratica caratterizzavano la fase di effettivo riconoscimento dei benefici economici assicurati dalla legislazione in materia, in considerazione anche della pluralità di autorità amministrative coinvolte e dei procedimenti giurisdizionali di cui era necessaria l’attivazione in caso di mancato riconoscimento dei diritti previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 2994 del 2011). Tenendo presenti tale ratto, gli evidenti carattere di spiccata eccezionalità della norma, e la mancanza di indicazioni in senso contrario, deve ritenersi che il legislatore abbia inteso derogare anche alle norme sulla attribuzione ad autorità giurisdizionali diverse dal giudice ordinario della cognizione su rapporti incisi dalla normativa sostanziale in favore delle vittime del terrorismo” (così Cass. SU n. 17078 cit.).
- La spiccata eccezionalità della quale hanno dato atto le Sezioni unite della Corte, suffragata dalla previsione di un termine di decadenza per la proposizione del giudizio (entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge), comporta la specialità del peculiare regime impugnatorio (direttamente in Cassazione saltando l’appello), derogatorio delle regole generali fissate dal codice di rito negli articoli 341, 433 e 442 codice procedura civile e la limitata validità temporale della speciale regola impugnatoria creata.
- Nè, come rilevato dagli intimati, la difesa erariale, in considerazione del ricorso proposto in primo grado nel 2012 a seguito del decesso del (OMISSIS) nel (OMISSIS), ha eccepito il decorso di un periodo ultraquinquennale dalla scadenza del termine semestrale fissato dalla legge, mostrando di considerare l’azione svolta dagli eredi proposta ai sensi degli articoli 442 codice procedura civile e segg., e non già ai sensi della Legge n. 206 del 2004, articolo 11.
- Per completezza va aggiunto che l’articolo 360 codice procedura civile, comma 2, ammette il ricorso per cassazione, con omissione dell’appello, solo “se le parti sono d’accordo” (cfr., ex plurimis, Cass., SU, n. 16993/2005) e, nella specie, non risulta che un accordo in tal senso, neppure dedotto in ricorso, si a intervenuto.
- L’impugnazione proposta ad un giudice diverso da quello individuato nelle citate norme del codice di rito ha consumato, pertanto, il potere d’impugnazione dell’attuale parte ricorrente conseguendone l’irretrattabilità della sentenza del Tribunale di Torino e l’inammissibilità del ricorso proposto, restando con ciò preclusa la disamina delle doglianze svolte.
- In definitiva il ricorso deve dichiararsi inammissibile.
- Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
- Inoltre, come ritenuto dalle Sezioni Unite della Corte, con sentenza n. 9938 del 2014, “a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 115, nel processo in cui, come nella specie, è parte l’amministrazione pubblica – intendendosi per tale ai sensi dello stesso Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 3lettera q), l’amministrazione dello Stato o altra amministrazione pubblica – “sono prenotati a debito, se a carico dell’amministrazione: (a) il contributo unificato nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo tributario”, non può trovare applicazione nell’ipotesi d’impugnazione, anche incidentale, della amministrazione pubblica, la disposizione, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, secondo cui “quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile la parte che l’ha proposta è tenuta a versare, un ulteriore importo pari a quello dovuto a titolo di contributo unificato per la stessa impugnazione principale o incidentale”.
- La prenotazione a debito, infatti, concretandosi, del citatoDecreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, ex articolo 3, lettera s) “nell’annotazione a futura memoria di una voce di spesa, per la quale non vi è pagamento, ai fini dell’eventuale successivo recupero”, rende evidente che l’amministrazione pubblica non è tenuta a corrispondere effettivamente gli importi delle imposte e delle tasse che gravano sul processo.
- È, invero, principio generale dell’assetto tributario che lo Stato e le altre Amministrazioni parificate non sono tenute a versare imposte o tasse che gravano sul processo per la evidente ragione che lo Stato verrebbe ad essere al tempo stesso debitore e creditore di se stesso con la conseguenza che l’obbligazione non sorge.
- Si tratta, quindi, sostanzialmente di una esenzione fiscale, ma che vale esclusivamente nei confronti dell’amministrazione pubblica.
- Difatti nella ipotesi cui la controparte è soccombente relativamente alle spese, la stessa è tenuta al pagamento in favore dell’erario delle spese prenotate a debito analogamente a quanto sarebbe avvenuto nei confronti di qualsiasi altra parte vittoriosa.
- L’istituto della prenotazione a debito, pertanto, se per un verso esenta la pubblica amministrazione dal pagamento degli importi delle imposte e delle tasse – ivi compresi quelli afferenti al contributo unificato – che gravano sul processo, assolve, altresì, alla funzione, sotto il profilo amministrativo contabile, di evitare che di detta esenzione possa giovarsi la controparte in caso di soccombenza e di sua condanna alle spese.
- Nè può sottacersi che il contributo unificato, come precisato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 9840 del 5 maggio 2011 sulla scia di quanto già stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 73 del 2005, ha natura tributaria e tale natura conserva anche relativamente al raddoppio, previsto dal citato art.1, comma 17, della Legge n.228 del 2012 che ha introdotto il comma 1-quater all’tr. 13 del DPR n. 115 del 2002, atteso che la finalità deflattiva e sanzionatoria della nuova norma non vale a certamente modificarne la sostanziale natura di tributo.
- Stante, pertanto, la non debenza della amministrazione pubblica ricorrente del versamento del contributo unificato darsi atto della insussistenza dei presupposti di cui al primo periodo dell’art. 13, comma 1-quater, del DPR 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dal comma 17 dell’art. 1 della Legge 24 dicembre 201, n. 228, ai fini del raddoppio del contributo per i casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile» (così Cass., SU, 9938/2014 cit.).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfettario delle spese legali. Non sussistono i presupposti, ex art.13,comma 1-quater, d.P.R.115/2002, per il versamento, a carico della parte ricorrente soccombente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2015