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Cassazione Civile 18799/2009 – Legittima difesa – Elementi costitutivi

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Sentenza 18799/2009

Legittima difesa – Elementi costitutivi

La legittima difesa di cui all’art. 2044 cod. civ., idonea ad escludere la responsabilità per fatto illecito, esige il concorso di due elementi: la necessità di difendere un diritto proprio od altrui dal pericolo attuale d’una offesa ingiusta, e la proporzione tra l’offesa e la difesa. Tali elementi debbono ritenersi sussistenti nel caso in cui il creditore impedisca di fatto al debitore, minacciando azioni giudiziarie, la dispersione dei propri beni mobili attraverso l’alienazione a terzi. (In applicazione di questo principio, la Corte ha confermato la sentenza di merito, la quale non aveva ravvisato alcuna responsabilità civile nella condotta del creditore che, dopo avere ottenuto un sequestro conservativo su capi di bestiame del debitore, ma prima che questo potesse essere eseguito, aveva impedito che i beni sequestrati fossero consegnati ad un terzo acquirente, minacciando azioni giudiziarie).

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 28 agosto 2009, n. 18799   (CED Cassazione 2009)

Art. 2044 cc annotato con la giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 10.3.1995 De. Mo. Lu. conveniva davanti al tribunale di Udine Tr. Fr. per sentirlo condannare al risarcimento dei danni materiali e morali, rispettivamente di lire 130 e 20 milioni, subiti a cagione di un reato di violenza privata commesso dal convenuto.

Assumeva l’attore che era titolare di un’azienda agricola e che aveva concluso la vendita di una partita di bestiame per lire 130 milioni con Br. Si. , il quale si era recato presso la sua azienda per caricare il bestiame il (OMESSO); che il Tr. , vantando pretesi crediti nei confronti dell’attore, aveva impedito di proseguire l’operazione, minacciando il Br. di gravi conseguenze, poichè il bestiame era stato sottoposto a sequestro giudiziario.

Il tribunale, con sentenza, accoglieva la domanda e condannava il convenuto al risarcimento del danno richiesto.

La Corte di appello di Trieste adita dal convenuto, con sentenza depositata il 7.12. 2004, rigettava la domanda.

Riteneva la Corte di merito che nella fattispecie non vi era stata alcuna minaccia, poichè alla data del 25.3.1991 già era stato concesso dal Presidente del tribunale di Udine il sequestro conservativo di questi animali in favore del Tr. , per quanto poi detto sequestro fosse divenuto efficace solo in data (OMESSO) e che il Tr. si era limitato far presente al Br. che egli si sarebbe assunto le sue responsabilità, come riferito dallo stesso Br. , mentre non era attendibile la deposizione della moglie del convenuto, secondo cui il Tr. avrebbe usato minacce prospettando “guai giudiziari”.

Riteneva la Corte di merito che nella fattispecie in ogni caso il Tr. aveva detto la verità, riferendo del sequestro conservativo sugli animali; che, in ogni caso, il Tr. aveva agito in presenza dell’esimente dell’autotutela, in quanto aveva impedito che, essendo già stato emesso il provvedimento di sequestro conservativo, il debitore disperdesse i suoi beni; che nessun danno aveva subito l’attore, poichè il Tr. aveva impedito che fossero venduti per lire 130 milioni gli animali che furono poi venduti all’incanto lire 146 milioni.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’attore, che ha presentato anche memoria.

Resiste con controricorso il convenuto.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., n. 3 nonchè l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza.

Lamenta il ricorrente che non sia stata ritenuta attendibile la deposizione della propria moglie, che aveva dichiarato che il Tr. , rivolgendosi al Br. , aveva affermato che lì tutto era sequestrato ed aveva prospettato guai giudiziari; che la deposizione del Br. non contrasta con la deposizione della moglie dell’attore; che il sequestro, per quanto già concesso, non era stato eseguito, in quanto esso fu eseguito a norma dell’articolo 678 c.p.c. solo il giorno successivo ai fatti di causa e cioè il 26.3.1991; che in ogni caso il comportamento del Tr. integrava un esercizio abusivo delle proprie ragioni a norma dell’articolo 393 c.p. e come tale un fatto illecito; che egli subì il danno consistente nel non avere la disponibilità della somma pattuita con il Br. . 2. Il motivo è infondato.

Va preliminarmente osservato che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per Cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne deriva, pertanto, che alla cassazione della sentenza, per vizi della motivazione, si può giungere solo quando tale vizio emerga dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, che si riveli incompleto, incoerente e illogico, e non già quando il giudice del merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte. (Cass. 15/04/2004, n.7201; Cass. S.U. 27/12/1997, n.13045, Cass. 14/02/2003, n.2222; Cass. 25.8.2003, n.12467; Cass. 15.4.2000, n. 4916).

Nella fattispecie non si ravvisa detto vizio motivazionale. Ribadito che il giudizio sull’attendibilità dei testi involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti, non è illogica la motivazione della sentenza impugnata che ritiene di prestare maggiore attendibilità nella fattispecie alle dichiarazioni del soggetto passivo del preteso reato (cioè il Br. ), piuttosto che alla moglie dell’attore.

La Corte di merito ha rilevato che sulla base di tale deposizione nessuna minaccia fu fatta al Br. , il quale ha riferito che il tono del Tr. era solo teso e che gli disse che si sarebbe “assunto le responsabilità”.

In ogni caso, con motivazione congrua, il giudice di appello ha rilevato che effettivamente un provvedimento di sequestro conservativo su quegli animali era stato emesso, anche se esso poi fu eseguito solo il giorno successivo ai fatti di causa.

3. Correttamente la Corte di merito ha escluso l’esistenza non solo del reato di minaccia ma anche di un qualsiasi illecito civile sotto il profilo dell’autotutela del creditore, che impedisca la dispersione dei beni del debitore, oggetto di un provvedimento di sequestro conservativo, per quanto ancora non eseguito. Così operando la Corte di merito ha, in ogni caso, rilevato l’esistenza dell’esimente della legittima difesa di cui all’articolo 2044 c.c..

Osserva questa Corte che l’articolo 2044 c.c. rinvia sostanzialmente, per la nozione di legittima difesa quale situazione idonea ad escludere la responsabilità civile per fatto illecito, all’articolo 52 c.p., che richiede, a tal fine, la sussistenza, nella fattispecie, della necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa (Cass. 24/02/2000, n. 2091).

Nella fattispecie correttamente la Corte di merito ha ritenuto che per il creditore Tr. costituisse offesa ingiusta l’operazione di dispersione dei beni (tramite vendita) da parte del debitore e dell’acquirente (ormai cosciente), se solo si considera che tale posizione creditoria è tutelata dall’articolo 2901 c.c., con l’azione revocatoria; e che il far presente all’acquirente i “guai giudiziari” (in cui si poneva) era proporzionato alla situazione creatasi.

Inoltre tra l’azione perturbatrice della generica responsabilità patrimoniale del debitore e quella contraria del Tr. non si era frapposto alcun lasso di tempo sufficiente per adire il giudice ed ottenere un provvedimento idoneo ad evitare il prodursi di una situazione di danno.

4. Immune da vizi di motivazione, rilevabili in questa sede di legittimità, è anche l’argomentazione della Corte di merito, secondo cui, in ogni caso, l’attore non aveva subito danni dalla mancata vendita del bestiame al Br. per lire 130 milioni, tenuto conto che essi furono poi venduti in sede di incanto per lire 146 milioni.

5. Il ricorso va pertanto rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali sostenute dal resistente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione sostenute dal resistente, liquidate in complessivi euro 3600,00, di cui euro 100,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

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