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Cassazione Civile 19226/2016 – Diritto di prelazione – Contenuto della denuntiatio – Previsione di un compenso in favore del mediatore incaricato della vendita 

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Sentenza 19226/2016

Diritto di prelazione – Contenuto della denuntiatio – Previsione di un compenso in favore del mediatore incaricato della vendita 

In tema di prelazione di immobili locati ad uso diverso da quello abitativo, l’art. 38 della l. n. 392 del 1978, nel disciplinare l’esercizio del diritto di prelazione da parte del conduttore, limita l’autonomia negoziale del proprietario-venditore solo in relazione alla scelta del compratore, mentre non impone alcun limite alla determinazione del prezzo, né delle altre condizioni di vendita, quale, tra le altre, la previsione del versamento, ad opera del compratore, di un compenso in favore del mediatore incaricato alla vendita del bene.

Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 28-9-2016, n. 19226

Art. 38 Legge 392/1978 (Diritto di prelazione) – Giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 15 luglio 2005 la società (OMISSIS) srl conveniva davanti al tribunale di Torino la società (OMISSIS) snc per sentirla condannare al pagamento della provvigione di intermediazione (pari al 3% sul prezzo di vendita, oltre IVA) relativa all’acquisto, da parte della (OMISSIS), dell’unità immobiliare da quest’ultima condotta in locazione, di proprietà della (OMISSIS) spa.

La (OMISSIS), costituendosi in giudizio, contestava il diritto dell’attrice alla provvigione sulla scorta delle due seguenti ragioni:

in primo luogo la convenuta negava qualunque apporto causale della (OMISSIS) alla conclusione dell’affare, avendo essa acquistato l’immobile aderendo alle condizioni di vendita comunicatele dalla proprietaria ai sensi dell’articolo 38 della legge 392/1978;

in secondo luogo la convenuta negava che la (OMISSIS) possedesse le caratteristiche di imparzialità e indipendenza rispetto alla (OMISSIS) necessarie per poter qualificare come attività di mediazione quella da lei svolta.

Il tribunale di Torino accoglieva la domanda rilevando, per un verso, che fini della maturazione del diritto alla provvigione era sufficiente l’inserimento dell’attività del mediatore nella serie di fattori causali che avevano condotto alla conclusione dell’affare e, per altro verso, che non vi erano ragioni per negare che l’attività svolta dall’attrice fosse qualificabile come attività di mediazione.

La corte di appello di Torino, adita dalla (OMISSIS), confermava la sentenza di primo grado, ma con diversa motivazione. Secondo la corte distrettuale, infatti, doveva escludersi che la (OMISSIS) avesse offerto un contributo causale all’acquisto dell’immobile da parte della (OMISSIS) (non potendosi, secondo il giudice di secondo grado, ravvisare detto contributo causale nel precedente reperimento, da parte della (OMISSIS), di un aspirante acquirente dell’immobile) e, per altro verso, era corretto dubitare del requisito, indispensabile per la configurazione di un rapporto di mediazione, della indipendenza e terzietà del mediatore. Tuttavia la corte torinese faceva discendere l’obbligo della (OMISSIS) di pagare alla (OMISSIS) la provvigione dal rilievo che essa (OMISSIS) aveva integralmente accettato le condizioni di vendita proposte dalla (OMISSIS) e che tra tali condizioni era previsto (con una clausola che la corte distrettuale qualificava come patto a favore di terzo) l’obbligo dell’acquirente di corrispondere alla (OMISSIS) una somma pari al 3% sul prezzo di vendita, oltre IVA, quale compenso di mediazione.

Avverso la sentenza di appello la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi; la (OMISSIS) ha resistito con controricorso, proponendo altresi’ ricorso incidentale, con due motivi, al quale la ricorrente ha a propria volta resistito con contro ricorso a ricorso incidentale

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 24.6.16, per la quale entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ex articolo 378 c.p.c. e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, riferito promiscuamente ai n. 3 (in relazione all’articolo 112 c.p.c. e articoli 24 e 111 Cost.) e n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., si denuncia il vizio di ultra petizione e il vizio di motivazione in cui la corte territoriale sarebbe incorsa condannando la convenuta a pagare all’attrice una somma di denaro in base ad una causa petendi (contratto a favore di terzo) diversa da quella (rapporto di mediazione) dedotta in giudizio dall’attrice stessa.

Il motivo non può trovare accoglimento.

La sentenza gravata (pag. 7, ultimi due capoversi) afferma che l’atto introduttivo del primo grado del giudizio sarebbe fondato sulla intervenuta accettazione, da parte della (OMISSIS), delle condizioni di vendite relative all’immobile di cui trattasi, “posto che la società attrice in primo grado ha posto in evidenza il fatto che la controparte, dichiarando di voler esercitare il diritto di prelazione stabilito dalla legge a favore del conduttore alle stesse condizioni contenute nella comunicazione ricevuta L. n. 392 del 1978, ex articolo 38 aveva dato la propria adesione a voler corrispondere alla (OMISSIS) il compenso della mediazione, pari al 3%, oltre IVA sul prezzo di vendita.” La corte territoriale, nell’esercizio del proprio potere di interpretazione della domanda giudiziale, ha dunque motivatamente ritenuto che la stessa trovasse titolo nel vincolo contrattuale sorto in capo alla (OMISSIS) per effetto dell’accettazione delle condizioni di vendita dell’immobile fissate dalla proprietaria della (OMISSIS) spa e, cosi’ interpretata la domanda, la ha accolta. Nel motivo di ricorso in esame la ricorrente non muove censure specifiche al percorso argomentativo che ha condotto la corte d’appello alla suddetta interpretazione della domanda giudiziale, ma si limita ad affermare che tale domanda sarebbe fondata su una causa petendi (lo svolgimento di una attività di mediazione) diversa da quella individuata dalla corte d’appello (il contratto di trasferimento dell’immobile). Il motivo risulta dunque inammissibile perchè, come questa Corte ha piu’ volte ribadito (sentt. nn. 17451/06, 7049/07, 1545/16) l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, la cui statuizione, ancorchè erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione dovesse ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato la erroneità di quella motivazione, sicchè, in tal caso, il dedotto errore non si configura come error in procedendo, ma attiene al momento logico dell’accertamento in concreto della volontà della parte.

Con il secondo motivo, riferito promiscuamente ai numeri 3 (in relazione agli articoli 1325, 1411, 1418, 1754 e 1755 c.c.) e dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 si denuncia l’errore in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa non considerando che la comunicazione inviata dalla (OMISSIS) spa alla (OMISSIS) ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 38, comma 1 non poteva prevedere, tra le condizioni della vendita, l’assunzione da parte del compratore di un obbligazione di pagamento di una provvigione per un’attività di mediazione non svolta.

Il motivo è infondato. L’art. 38 , co. 2, l. 392/1978, recita: “Nella comunicazione devono essere indicati il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l’invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione”; nella specie, la previsione del versamento di una determinata somma al terzo (OMISSIS) a titolo di provvigione fa parte delle condizioni della vendita fissate dal venditore; la causa dell’obbligo della compratrice di effettuare tale versamento non risiede in una attività di mediazione svolta dalla (OMISSIS) in favore della (OMISSIS), ma nell’obbligazione assunta dalla (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) aderendo alla condizioni di vendita dell’immobile fissate dalla (OMISSIS) ed esposte nella comunicazione da quest’ultima inviatale ai sensi del primo comma dell’articolo 38 l. 392/1978, articolo 38, comma 1.

In proposito va sottolineato che tale articolo non contiene alcuna prescrizione in ordine alle condizioni di vendita dell’immobile locato, limitando l’autonomia negoziale del proprietario-venditore solo in relazione alla scelta del compratore. La disposizione in esame, in altri termini, impone al proprietario che voglia vender l’immobile locato ad uso commerciale di concludere la compravendita con il conduttore che intenda avvalersi del diritto di prelazione, ma non impone alcun limite nè alla determinazione del prezzo nè alla determinazione di “altre condizioni”, tra le quali non vi è quindi ragione di escludere la previsione di un versamento a favore di un terzo estraneo al contratto. Il meccanismo della tutela apprestata al conduttore dalla L. n. 392 del 1978, articoli 38 e 39 si esaurisce nel riconoscimento al conduttore che non abbia esercitato il diritto di prelazione del diritto di riscattare l’immobile dal terzo che lo abbia acquistato a condizioni diverse da quelle indicate nella denuntiatio, o che lo abbia acquistato senza che il venditore abbia effettuato la denuntiatio (cfr. Cass. 7947/91: “La tutela concessa dal legislatore al conduttore di un immobile destinato ad uso non abitativo, al quale il proprietario abbia impedito concretamente di avvalersi del diritto di prelazione previsto dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 38 consiste fondamentalmente nell’esercizio del diritto di riscatto siccome disciplinato dal successivo articolo 39, mentre le altre azioni (di nullità, dichiarazione di inefficacia, simulazione) sono dal conduttore esperibili in quanto funzionalmente collegate ad un contemporaneo esercizio dell’azione dei riscatto”); ma detto meccanismo non incide sulla libertà del proprietario di definire le condizioni della vendita, in relazione alle quali, come questa Corte ha già precisato con la sentenza n. 20671/09, mentre la valutazione in ordine alla convenienza dell’acquisto dell’immobile locato spetta esclusivamente al conduttore, il giudice – qualora il conduttore non abbia esercitato il diritto di prelazione e pretenda di esercitare il diritto di riscatto – deve limitarsi a verificare la coincidenza delle indicazioni della denuntiatio con quanto contenuto nel contratto di vendita a terzi.

Nè risulta concludente il richiamo della ricorrente al precedente di questa Corte n. 6639/01, ove si afferma che “il conduttore è tenuto a rispettare le condizioni comunicategli nella denuntiatio, pena la perdita del diritto di prelazione, anche se diverse da quelle previste dallo schema legale di cui alla L. n. 392 del 1978, articolo 38 ove le stesse non pongano il conduttore stesso in una situazione piu’ gravosa (come nel caso di specie, ove nel termine legale dovevano essere corrisposti solo acconti)”. Tale affermazione, al contrario di quanto argomentato nel mezzo di gravame, conferma che il conduttore è tenuto a rispettare le condizioni comunicategli nella denuntiatio, anche se diverse da quelle previste dallo schema legale di cui alla L. n. 392 del 1978, articolo 38 e indica quale unica eccezione a tale principio il caso che le condizioni indicate nella denuntiatio differiscano (in pejus per il conduttore) da quelle indicate nello stesso articolo 38 (nel caso all’esame della sentenza n. 6639/01 si trattava delle condizioni relative al tempo del pagamento, espressamente disciplinato dal quarto comma dello stesso articolo). Tale caso nella specie non ricorre, giacchè nessuna disposizione della L. n. 392 del 1978, articolo 38 esclude il diritto del proprietario dell’immobile locato di prevedere, tra le clausole della vendita, che il compratore si assuma l’obbligo del versamento di una somma a favore di un terzo.

Con il terzo motivo, riferito promiscuamente ai n. 3 (in relazione all’articolo 91 c.p.c.) e n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., si denuncia l’errore in cui la corte territoriale sarebbe incorsa condannando la (OMISSIS) a rifondere alla (OMISSIS) le spese del giudizio di secondo grado, ancorchè lo stesso giudice d’appello avesse riconosciuto l’erroneità della motivazione della sentenza del tribunale.

Il motivo è infondato perchè la corte territoriale, pur correggendo le motivazioni della sentenza di prime cure, ha comunque rigettato l’appello della (OMISSIS) e quindi, condannando quest’ultima alle spese del giudizio di secondo grado, si è attenuta al principio della soccombenza fissato dall’articolo 91 c.p.c..

Quanto al ricorso incidentale della (OMISSIS) srl – articolato in due motivi, entrambi promiscuamente riferiti al vizio di violazione di legge (con riferimento agli articoli 1754 e 1755 c.c.) ed al vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e con i quali si censura, rispettivamente, la statuizione che ha escluso il contributo causale della (OMISSIS) nella conclusione della compravendita per cui è causa e la statuizione che ha escluso la sussistenza del requisito dell’imparzialità della mediatrice (OMISSIS) – il collegio osserva che tale contro ricorso deve considerarsi condizionato, pur in difetto di espressa qualificazione in tal senso, giacchè l’interesse del controricorrente all’esame delle sue doglianze risulta interamente eliso dal rigetto del ricorso principale e dalla conseguente passaggio in giudicato della sentenza di secondo grado che, confermando quella di primo grado, ha accolto la domanda dell’odierna contro ricorrente.

Il controricorso incidentale deve quindi dichiararsi assorbito.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale.

Condanna la ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida, in Euro 2.500, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma il 24 giugno 2016.