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Cassazione Civile 19250/2021 – Domanda di impugnazione di delibera assembleare introdotta dal singolo condomino – Valore della causa

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Ordinanza 19250/2021

Domanda di impugnazione di delibera assembleare introdotta dal singolo condomino – Valore della causa

La domanda di impugnazione di delibera assembleare introdotta dal singolo condomino, anche ai fini della stima del valore della causa, non può intendersi ristretta all’accertamento della validità del rapporto parziale che lega l’attore al condominio e dunque al solo importo contestato, ma si estende necessariamente alla validità dell’intera deliberazione e dunque all’intero ammontare della spesa, giacché l’effetto caducatorio dell’impugnata deliberazione dell’assemblea condominiale, derivante dalla sentenza con la quale ne viene dichiarata la nullità o l’annullamento, opera nei confronti di tutti i condomini, anche se non abbiano partecipato direttamente al giudizio promosso da uno o da alcuni di loro.

Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 7-7-2021, n. 19250   (CED Cassazione 2021)

Art. 1123 cc (Ripartizione delle spese)

Art. 1137 cc (Impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea)

 

 

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 678 del
2015, pubblicata il 29 gennaio 2015, ha rigettato l’appello
principale proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) – in
proprio e quali eredi di (OMISSIS) – e da
(OMISSIS) e (OMISSIS) avverso sentenza del Tribunale di Roma n.
24365 del 2006, e nei confronti del Condominio di Via (OMISSIS),
ed ha accolto l’appello incidentale del Condominio.

1.1. Il Tribunale, pronunciando nei giudizi riuniti (RG n.
85764/2002 e n. 6147/2003) introdotti dai condomini (OMISSIS),
(OMISSIS) e (OMISSIS) per la declaratoria di nullità o per
l’annullamento di altrettante delibere condominiali, aveva
rigettato la domanda e condannato gli attori alla rifusione delle
spese in favore del Condominio nella misura di complessivi
euro 3.100,00, di cui euro 1750,00 per onorario, 900,00 per
diritti, 450,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

2. La Corte d’appello, dopo avere dato atto che
all’udienza del 10 luglio 2014 la difesa del Condominio aveva
depositato la delibera assembleare di ratifica dell’attività
processuale svolta dall’amministratore, e rigettato di
conseguenza l’eccezione degli appellanti sul punto, ha
riformato la decisione di primo grado in punto spese di lite, in
quanto liquidate in violazione delle tariffe all’epoca vigenti
(D.M. n. 127 del 20) con riferimento alle cause di valore
indeterminabile, e tenuto conto dell’attività svolta.

3. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello
ha proposto ricorso (OMISSIS), sulla base tre motivi ai
quali resiste il Condominio con controricorso. Non hanno svolto
dofese in questa sede gli intimati (OMISSIS),
(OMISSIS) e (OMISSIS). Entrambe le parti hanno depositato
memorie in prossimità della camera di consiglio ex art. 380-
bis./ cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si deve esaminare l’eccezione di
inammissibilità del controricorso, che la ricorrente ha formulato
nella memoria, sul rilievo che l’amministratore del Condominio
di Via (OMISSIS) fosse privo di poteri al momento del
conferimento del mandato ai difensori, e che la successiva
ratifica dell’assemblea condominiale non avrebbe effetti
processuali (è richiamata Cass. Sez U 13/06/2014, n. 13431).

1.1. L’eccezione è priva di fondamento.
In materia di condominio negli edifici la giurisprudenza
consolidata di questa Corte Suprema afferma, a partire dalla
sentenza delle Sezioni Unite 06/08/ 2010, n. 18331, che
l’amministratore può costituirsi in giudizio ove convenuto,
ovvero proporre tempestiva impugnazione ove soccombente
(nel quadro generale di tutela urgente di quell’interesse
comune che è alla base della sua qualifica e della
legittimazione passiva di cui è investito), essendo peraltro
onerato di chiedere all’assemblea, unica titolare del relativo
potere, la ratifica del suo operato. Tale ratifica vale a sanare
retroattivamente la costituzione processuale
dell’amministratore sprovvisto di autorizzazione
dell’assemblea, e perciò vanifica ogni avversa eccezione di
inammissibilità.

Peraltro, la necessità dell’autorizzazione o della ratifica
assembleare per la costituzione in giudizio dell’amministratore
va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni
dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1131, secondo e terzo
comma, cod. civ. L’amministratore, infatti, può resistere
all’impugnazione della delibera assembleare e può gravare la
relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione
o ratifica dell’assemblea, giacché l’esecuzione e la difesa delle
deliberazioni assembleari rientra fra le attribuzioni proprie dello
stesso (ex plurimis, Cass. 21/05/2018, n. 12525; Cass.
25/05/2016, n. 10865; Cass. 23/01/2014, n. 1451).
Nella fattispecie in esame, il cui oggetto è costituito
dall’impugnazione di due delibere assembleari,
l’amministratore condominiale non aveva necessità di
autorizzazione dell’assemblea né di ratifica successiva.
2. Con il primo motivo di ricorso è denunciata violazione
o falsa applicazione degli artt. 2377, ottavo comma, 1105,
terzo comma, 1109 cod. civ., anche in relazione all’art. 66
disp. att. cod. civ., nonché dell’art. 5 DM n. 127 del 2004, che
stabilisce il principio di proporzionalità della liquidazione delle
spese al valore della causa, e dell’art. 92, primo comma, cod.
proc. civ.

Sull’assunto che le cause di impugnazione di delibere
assembleari sono, di regola, di modesto valore, la ricorrente
lamenta l’erronea individuazione del valore della controversia,
evidenziando che la prima causa – di innpugnazione della
delibera 19 dicembre 2002 – era di valore pari ad euro
5.100,00 «così determinato in relazione alle somme non
contestate, ma impugnate», e che sulla stessa doveva ritenersi
cessata la materia del contendere, mentre la seconda causa
era di valore pari ad euro 944,90.

3. Con il secondo motivo è denunciata violazione ed
errata applicazione del DM n. 585 del 1994, del DM n. 127 del
2004 e degli artt. 90, 91 e 92 cod. proc. civ., e si contesta la
liquidazione delle spese del primo grado – cui la Corte d’appello
ha proceduto in accoglimento dell’appello incidentale – sotto il
duplice profilo, della erronea individuazione del valore della
causa come indeternninabile, e dell’applicazione della tariffa
forense. Sotto il secondo profilo, la ricorrente evidenzia che
avrebbe dovuto essere applicata la tariffa di cui al DM n. 585
del 1994 fino al 10giugno 2004, e la tariffa di cui al DM n. 127
del 2004 per la frazione di processo successiva al 2 giugno
2004.

4. Con il terzo motivo è denunciata violazione o falsa
applicazione del DM n. 55 del 2014 e degli artt. 90, 91 e 92
cod. proc. civ., e si contesta la liquidazione delle spese del
giudizio di appello, avuto riguardo al valore della causa,
ritenuto erroneamente indeterminabile.

5. I motivi, che possono essere esaminati
congiuntamente per l’evidente connessione, sono in parte
infondati ed in parte inammissibili.

5.1. Sono inammissibili le censure di violazione di legge
riferite alle norme che disciplinano l’amministrazione delle cose
comuni nell’ambito della comunione (artt. 1105 e 1009 cod.
civ.), evidentemente non pertinenti al tema della impugnazione
delle delibere condominiali.

Quanto alla mancata declaratoria di cessazione della
materia del contendere, che avrebbe dovuto comportare
l’applicazione del criterio della soccombenza virtuale, si tratta
di censura di significato oscuro. Nella sentenza impugnata il
tema non è stato esaminato, e la Corte d’appello si è limitata
ad osservare, in via del tutto ipotetica, che il primo motivo del
gravame principale, già ritenuto infondato, sarebbe stato «in
ogni caso» superato dagli eventi successivi, e che pertanto,
rispetto «a tale presunto motivo», sarebbe in ogni caso cessata
la materia del contendere.

6. Sono infondate le censure concernenti la liquidazione
delle spese di lite, sia con riferimento alla individuazione del
valore della causa, sia all’applicazione delle tariffe forensi, nello
sviluppo diacronico.

6.1. Quanto al primo profilo, si deve confermare la
valutazione espressa dalla Corte d’appello, sul valore
indeterminabile della controversia.

L’interpretazione secondo cui nella controversia tra un
condomino ed il condominio avente ad oggetto il criterio di
ripartizione di una parte soltanto della complessiva spesa
deliberata dall’assemblea, il valore della causa dovrebbe
determinarsi in base all’importo contestato e non all’intero
ammontare di esso, non tiene conto che la sentenza che
dichiari la nullità o pronunci l’annullamento della impugnata
deliberazione dell’assemblea condominiale produce un effetto
caducatorio unitario, che opera, e non potrebbe essere
diversamente, nei confronti di tutti i condomini, anche se non
abbiano partecipato direttamente al giudizio di impugnativa
promosso da uno o da alcuni di loro.

La domanda di impugnazione del singolo non può
intendersi, perciò, ristretta all’accertamento della validità del
rapporto parziale che lega l’attore al condominio, estendendosi,
piuttosto, alla validità dell’intera deliberazione (Cass.
25/11/1991, n. 12633).

Ciò è tanto più vero nei casi in cui il condomino,
impugnando una delibera assembleare, denunci una pluralità di
vizi che ne possono determinarne l’invalidità, e quindi
proponga contestualmente una pluralità di domande giudiziali,
che hanno in comune il petitum (la declaratoria di nullità e/o la
pronuncia di annullamento della deliberazione assembleare)
ma con distinte causae petendi, corrispondenti a ciascuno dei
vizi dedotti, e l’oggetto dell’accertamento non sia suscettibile di
stima economica. In questi casi, evidentemente, la causa ha
valore indeterminabile (Cass. 20/07/2020, n. 15434, in sede di
regolamento di competenza in materia di impugnazione di
delibera condominiale; Cass. 20/07/2020, n. 15434, in materia
di impugnazione di delibera di assemblea societaria).

6.2. Quanto al secondo profilo, la Corte d’appello
correttamente ha liquidato le spese del giudizio di primo grado
sulla base della tariffa vigente al momento della decisione del
Tribunale, e quindi facendo riferimento al DM n. 127 del 2004,
e le spese del giudizio di appello sulla base delle tariffe vigenti
al momento della relativa decisione, e quindi facendo
riferimento al DM n. 55 del 2014 (così, tra le altre, Cass.
04/07/2018, n. 17577).

7. Al rigetto del ricorso segue la condanna della parte
ricorrente alle spese, nella misura liquidata in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo
unificato.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla
rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
complessivi euro 2.000,00, di cui euro 200,00 per esborsi,
oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115
del 2002, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto
per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se
dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in
data 22 gennaio 2021.