Ordinanza 19595/2004
Separazione personale dei coniugi – Competenza per territorio
Ai fini dell’individuazione del tribunale competente per territorio sulla domanda di separazione personale dei coniugi alla stregua del criterio del luogo di residenza del convenuto al momento della proposizione della domanda (art. 706 cod. proc. civ.), tale luogo deve essere identificato con la casa familiare, la quale individua presuntivamente il luogo di dimora abituale della coppia, salvo che detta presunzione venga legittimamente superata fornendo la prova, il cui onere grava sul coniuge che contesti una simile circostanza, dello spostamento, da parte del medesimo convenuto, della propria abituale dimora di fatto in un altro luogo, nel qual caso la competenza territoriale spetta al giudice di quest’ultimo luogo. A tal riguardo, le risultanze anagrafiche rivestono mero valore presuntivo e possono essere superate, in quanto tali, da una prova contraria desumibile da qualsiasi fonte di convincimento affidata all’apprezzamento del giudice di merito, onde, allorchè si provi o risulti in concreto che il terzo di buona fede (che può anche essere il coniuge separato di fatto) fosse a conoscenza della mancata corrispondenza tra residenza anagrafica e residenza effettiva, non può operare, rispetto a detto terzo, la più rigorosa disciplina prevista dall’art. 44 cod. civ. in ordine all’opponibilità del trasferimento di residenza.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 29 settembre 2004, n. 19595 (CED Cassazione 2004)
Articolo 43 c.c. annotato con la giurisprudenza
ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza proposto da:
St. Bi., elettivamente domiciliato in Ro., Via Ca. n. 6, presso lo studio dell’Avvocato El. Ri. che lo rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato Or. Gr. del Foro di Napoli, in forza di procura speciale del 29.4.2002, autenticata dal Dott. Lo. Ro. Notaio in Pa., rep. n. 5098;
ricorrente
contro
Ma. Ro. Co., elettivamente domiciliata in Na., Sa. Po. n. 86, presso lo studio dell’Avvocato Gu. Be. che la rappresenta e difende in forza di procura speciale a margine della memoria difensiva del 6.6.2002;
resistente
avverso la sentenza (non definitiva) del Tribunale di Napoli n. 4489/2002 pubblicata il 28.3.2002;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20.4.2004 dal Consigliere Dott. Paolo Giuliani;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. Maurizio Velardi, con le quali si chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, respinga il ricorso e dichiari la competenza del Tribunale di Napoli, con le conseguenze di legge.
Letto il ricorso che precede, con cui St. Bi. ha dedotto come l’impugnata sentenza, in forza della quale il giudice di merito (non definitivamente pronunciando) ha dichiarato la propria competenza territoriale (respingendo la relativa eccezione sollevata in quella sede dal convenuto) nel procedimento per separazione personale dei coniugi introdotto nei riguardi del marito da Ma. Ro. Co., risulti errata vuoi in punto di diritto, dal momento che la pendenza della lite, nei giudizi incardinati mediante ricorso, è determinata dalla notifica del ricorso stesso e non già dal suo semplice deposito, vuoi in punto di fatto, atteso che, comunque, all’epoca di tale deposito, egli aveva già stabilito la propria residenza effettiva in Pa., presso l’abitazione dei genitori.
Rilevato, quanto al primo profilo, che, in tema di separazione personale dei coniugi, il momento determinativo della competenza per territorio del giudice adito va stabilito attribuendo rilevanza esclusiva alla data del deposito del ricorso presso la cancelleria di detto giudice, atteso che già in tale momento deve ritenersi realizzata l’instaurazione del rapporto processuale, ancorché tra due soltanto dei tre soggetti fra i quali il giudizio è destinato a svolgersi, senza che spieghi, all’uopo, alcuna influenza la data della notificazione del medesimo ricorso alla controparte (Cass. 18 aprile 2001, n. 5729), facendosi al riguardo applicazione del principio generale, affermato con riferimento al processo del lavoro nonché ai giudizi di impugnazione da proporre non con citazione, ma con ricorso, secondo cui nei procedimenti che si instaurano in quest’ultima forma (ad eccezione del rito monitorio, per il quale vige la diversa regola contenuta nell’art. 643, ultimo comma, c. p.c.) la pendenza della lite è determinata dalla data di deposito del ricorso stesso in cancelleria, non già dalla successiva notificazione di siffatto ricorso con in calce il decreto di fissazione dell’udienza, in relazione al criterio dettato dal terzo comma dell’art. 39 c. p.c., la cui applicazione comporterebbe la dipendenza dal giudice (ed, in particolare, dalla tempestività o meno dell’emanazione del decreto anzidetto, ex art. 415, secondo comma, c. p.c.) della possibilità per il ricorrente di notificare l’atto introduttivo del giudizio e di determinare la pendenza della lite ai sensi del citato art. 39 c. p.c. (Cass. 16 aprile 1992, n. 4676; Cass. 30 marzo 2001, n. 4686; Cass. 21 maggio 2002, n. 7433).
Rilevato che dei principi sopra enunciati ha fatto corretta applicazione il Tribunale, là dove, ai fini dell’individuazione – ex art. 5 c. p.c. – del momento determinativo della competenza per territorio di cui all’art. 706, primo comma, c. p.c., ha dato rilievo (esclusivo) alla data del deposito del ricorso in cancelleria (19.11.1999), significando, con incensurato apprezzamento di fatto, come, a tale data, “St. Bi. risiedeva anagraficamente a Ca.”.
Rilevato, del resto, quanto al secondo profilo sopra indicato, come, del pari correttamente, il medesimo giudice abbia ritenuto comunque non provato “che a quella data (19.11.99) il convenuto avesse già trasferito quantomeno la residenza effettiva a Pa.”.
Rilevato, infatti, che detto giudice, risulta in tal modo avere implicitamente sotteso l’applicazione del principio secondo cui, ai fini dell’individuazione del tribunale competente per territorio sulla domanda di separazione personale dei coniugi alla stregua del criterio del luogo di residenza del convenuto al momento della proposizione della domanda (in forza del combinato disposto dei richiamati artt. 706, primo comma e 5 c. p.c.), tale luogo deve essere identificato con la casa familiare, la quale individua presuntivamente il luogo di dimora abituale della coppia, salvo che detta presunzione venga legittimamente superata fornendo la prova, il cui onere grava sul coniuge che contesti una simile circostanza, dello spostamento, da parte del medesimo convenuto, della propria abituale dimora di fatto in un altro luogo, nel qual caso la competenza territoriale spetta al giudice di quest’ultimo luogo (Cass. 5 maggio 1999, n. 4492; Cass. 24 aprile 2001, n. 6012), laddove, al riguardo, le risultanze anagrafiche rivestono a loro volta mero valore presuntivo circa il luogo di residenza e possono essere superate, in quanto tali, da una prova contraria desumibile da qualsiasi fonte di convincimento affidata all’apprezzamento del giudice di merito, onde, allorché si provi o risulti in concreto che il terzo di buona fede (che può anche essere il coniuge separato di fatto) fosse a conoscenza della mancata corrispondenza tra residenza anagrafica e residenza effettiva, non può operare, rispetto a detto terzo, la più rigorosa disciplina prevista dall’art. 44 c. p.c. in ordine all’opponibilità del trasferimento di residenza (Cass. 22 luglio 1995, n. 8049; Cass. 1 settembre 1998, n. 8681; Cass. 8 agosto 2002, n. 12021; Cass. 25 luglio 2003, n. 11562).
Rilevato, tuttavia, come il giudice a quo, al fine di ritenere che “il mero soggiorno in quel periodo nella città veneta non (sia) di per sé indice di un avvenuto trasferimento effettivo della residenza, ben potendo essere quel soggiorno determinato solo dalla necessità di godere un periodo di ferie o, meglio, di congedo per malattia presso i propri familiari”, abbia ragionevolmente argomentato vuoi dall'”assenza di prove sul contemporaneo trasferimento in quella città dell’attività lavorativa (risultando anzi per tabulas un trasferimento presso gli uffici del Banco di Na. non già di Pa., ma di Bo. e per giunta solo dal febbraio 2000 “al rientro dall’infermità”)”, laddove la domanda di trasferimento rappresenta solo una mera aspettativa, potendo anche essere disattesa dal Banco di Na., vuoi dal “”contenuto della lettera dell’8.11.99 proveniente da Pa. (riportato testualmente dallo stesso ricorrente odierno) perché in detta missiva St. Bi. si limitava a manifestare un mero proposito e cioè l’intenzione di non vivere più a Is., considerato “un posto pieno di ricordi”, ma non diceva assolutamente nulla in ordine ad un suo definitivo e già avvenuto trasferimento in altra località, peraltro neppure precisata””, onde proprio da tale missiva si evince, al contrario, che la rottura coniugale non era affatto ritenuta insanabile dal medesimo ricorrente, il quale, invece, chiedeva altresì notizie ed istruzioni in ordine al rinnovo del contratto di locazione della casa familiare, così dimostrando che egli, all’epoca del deposito del ricorso per separazione personale, confidava ancora nella possibilità di riconciliarsi con la moglie e non poteva avere quindi maturato la decisione di abbandonare definitivamente la casa stessa.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato, essendo competente per territorio il Tribunale di Napoli.
Ritenuto che la sorte delle spese del presente giudizio per regolamento di competenza resti assoggettata al disposto dell’art. 385, primo comma, c. p.c., liquidandosi dette spese in € 100,00 per esborsi ed € 1.500,00 per onorario, oltre il rimborso delle spese generali (nella misura forfetaria del dieci per cento sull’importo dell’onorario medesimo) e gli accessori (IVA e Cassa Previdenza Avvocati) dovuti per legge.
Letto l’art. 375, primo comma, n. 5, c. p.c..
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso essendo competente il Tribunale di Napoli e condanna il ricorrente al rimborso in favore della resistente delle spese del presente giudizio, liquidate in € 100,00 per esborsi ed € 1.500,00 per onorario, oltre il rimborso delle spese generali e gli accessori dovuti per legge.