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Cassazione Civile 20126/2022 – Condominio negli edifici – Rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato – Vizi della delega scritta

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Ordinanza 20126/2022

 

Condominio negli edifici – Rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato – Vizi della delega scritta o la carenza del potere di rappresentanza – Applicazione delle regole sul mandato

In tema di condominio negli edifici, i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato debbono ritenersi disciplinati, in difetto di norme particolari, dalle regole generali sul mandato, con la conseguenza che solo il condomino delegante e quello che si ritenga falsamente rappresentato sono legittimati a far valere gli eventuali vizi della delega scritta o la carenza del potere di rappresentanza, e non anche gli altri condomini estranei a tale rapporto.

Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 22-6-2022, n. 20126

Art. 67 disp. att. cc (Intervento in assemblea del rappresentante del condomino) – Giurisprudenza

 

FATTI DI CAUSA

1.- Con atto di citazione notificato il 13 settembre 2012, (OMISSIS) conveniva, davanti al Tribunale di Venezia, il Condominio (OMISSIS), in persona del suo amministratore pro – tempore, e all’uopo impugnava la Delib. assembleare 2 luglio 2012, sostenendo, tra l’altro: a) che difettavano le maggioranze prescritte dalla legge per l’approvazione dei lavori su parti comuni dell’edificio, che interessavano anche un magazzino di proprietà esclusiva di alcuni condomini, ove non si fossero conteggiati i voti dei condomini che erano in conflitto di interessi; b) che la delega rilasciata dal condomino (OMISSIS) alla figlia (OMISSIS) era priva di data certa; c) che nulla era dovuto in forza del prospetto riassuntivo della contabilità del Condominio, inviato ai condomini unitamente alla Delib. impugnata, non risultando i titoli in forza dei quali le singole partite erano dovute.

Il Condominio (OMISSIS) resisteva alla domanda.

Il Tribunale adito, con sentenza n. 2659/2014, depositata il 5 dicembre 2014, rigettava la domanda di impugnazione della Delib. condominiale indicata.

2.- Sul gravame interposto da (OMISSIS), con citazione notificata il 1 giugno 2015, la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava: a) che la votazione sia per (OMISSIS), quale nuda proprietaria di un’unità immobiliare, sia per l’usufruttuario, era stata espressa dal delegato (OMISSIS), previa verifica della validità della delega conferita; b) che il paventato conflitto di interessi non ricorreva, poichè i lavori avevano avuto ad oggetto parti comuni dell’edificio, benchè adiacenti alla proprietà del singolo condomino, lavori necessitati dall’esigenza di ovviare a problemi statici dell’edificio, come attestato dalla perizia tecnica precedentemente espletata; c) che detti lavori erano analiticamente indicati nel rendiconto preventivo e consuntivo alla voce “gestione straordinaria – interventi urgenti, piano terra” del 26 giugno 2010, in base all’approvazione assembleare del 26 maggio 2010; d) che la doglianza relativa all’asserita nullità del prospetto allegato alla Delib., per difetto di specifica approvazione, era infondata, poichè si trattava di documento redatto dopo l’assemblea, contenente il riparto aritmetico delle somme dovute secondo quanto deliberato; e) che, quindi, non risultavano addebitate ai condomini somme non dovute.

3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, (OMISSIS). Ha resistito con controricorso il Condominio (OMISSIS).

4.- Il controricorrente ha presentato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 (recte n. 3) e n. 5, la violazione dell’art. 2737 c.c. (recte art. 2373) e art. 2377 c.c. (applicati in via analogica) nonchè dell’art. 1136 c.c., comma 4, e il difetto di motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia.

Sul punto, si deduce che la Corte di merito avrebbe disatteso l’impugnativa della delibera condominiale che aveva disposto i lavori di manutenzione straordinaria, nonostante mancasse il quorum previsto, non dovendo essere conteggiati i voti espressi da (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente proprietario e utilizzatore del magazzino interessato da tali lavori, all’esito della ricorrenza di un conflitto di interessi con il Condominio.

Al riguardo, l’istante osserva che le opere deliberate dal Condominio coincidevano con quelle in ordine alle quali i citati condomini avevano ottenuto un’autorizzazione edilizia per la trasformazione del magazzino in studio, sussistendo dunque un loro interesse personale all’approvazione dei lavori, che avrebbe dovuto indurre ad espungere la votazione da questi espressa, con il conseguente mancato raggiungimento delle maggioranze prescritte.

1.1.- Il motivo è infondato.

Anzitutto è necessario premettere, sul piano sistematico, che le maggioranze necessarie per approvare le delibere condominiali sono inderogabilmente quelle previste dalla legge, in rapporto a tutti i partecipanti e al valore dell’intero edificio, sia ai fini del quorum costitutivo, sia ai fini del quorum deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interessi con il condominio, i quali possono (e non debbono) astenersi dall’esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all’autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 1849 del 25/01/2018; Sez. 6-2, Ordinanza n. 1853 del 25/01/2018; Sez. 2, Sentenza n. 19131 del 28/09/2015; Sez. 2, Sentenza n. 1201 del 30/01/2002).

Tale orientamento – che discende dal presupposto dell’ammissibilità, nella disciplina delle assemblee di condominio, del ricorso a un’applicazione analogica dell’art. 2373 c.c. – muove dal rilievo secondo cui, nel testo del medesimo art. 2373 c.c., conseguente alla riformulazione avvenuta con il Decreto Legislativo n. 6 del 2003, è venuta meno la disposizione che implicava la distinzione, in caso di conflitto di interessi, tra quorum costitutivo dell’assemblea e quorum deliberativo della stessa, affermandosi unicamente che la deliberazione approvata con il voto determinante dei soci, che abbiano un interesse in conflitto con quello della società, è impugnabile, a norma dell’art. 2377 c.c., qualora possa recarle danno.

Sicchè, in forza della ricostruzione offerta, soltanto se risulti dimostrata una sicura divergenza tra l’interesse istituzionale del condominio e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti – i quali non si siano astenuti ed abbiano perciò concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare – la deliberazione approvata sarà invalida.

L’invalidità della Delib. discende, quindi, non solo dalla verifica del voto determinante dei condomini aventi un interesse in conflitto con quello del condominio (e che perciò abbiano abusato del diritto di voto in assemblea), ma altresì della dannosità, sia pure soltanto potenziale, della stessa deliberazione.

Il vizio della deliberazione approvata con il voto decisivo dei condomini in conflitto ricorre, in particolare, quando la stessa sia diretta al soddisfacimento di interessi extra-condominiali ovvero di esigenze lesive dell’interesse condominiale all’utilizzazione, al godimento e alla gestione delle parti comuni dell’edificio.

Ne consegue che il conflitto di interessi rilevante non si sostanzia nella titolarità, in capo ad un condomino, di un interesse personale in concorso con quello comune, bensì solo nella ricorrenza di un interesse che sia in grado di pregiudicare, se realizzato, l’interesse collettivo, ove sia dimostrata in concreto una sicura divergenza tra le specifiche ragioni personali e un parimenti specifico interesse contrario del condominio (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8774 del 12/05/2020, Sez. 6-2, Ordinanza n. 25680 del 13/11/2020).

In ogni modo, il sindacato del giudice sulle delibere condominiali deve pur sempre limitarsi al riscontro della legittimità di esse e non può estendersi alla valutazione del merito, ovvero dell’opportunità, e al controllo del potere discrezionale che l’assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei partecipanti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10199 del 20/06/2012).

L’impugnazione ex art. 1137 c.c., in esito al rinvio all’art. 1109 c.c., consentito dall’art. 1139 c.c., si amplia, al più, all’ipotesi in cui la Delib. ecceda dai poteri dell’organo assembleare, non potendosi consentire alla maggioranza del collegio, distolta dal perseguimento di interessi particolari, di ledere l’interesse collettivo.

Sulla scorta di tali premesse, si rileva che la sentenza impugnata ha affermato: a) che il paventato conflitto di interessi, relativo ai lavori che hanno avuto ad oggetto parti comuni, ancorchè su area adiacente alla proprietà del singolo condomino, non sussisteva; b) che, infatti, detti lavori erano resi necessari dall’esigenza di ovviare a problemi statici dell’edificio, attestati dalla perizia tecnica precedentemente espletata; c) che detti lavori corrispondevano a quelli analiticamente indicati nel rendiconto preventivo e consuntivo del 26 giugno 2010, alla voce “gestione straordinaria – interventi urgenti, piano terra”, approvati dall’assemblea tenuta il 26 maggio 2010.

Nè attraverso il vizio dedotto, sotto le apparenti vesti della violazione di legge, può essere compiuta una nuova valutazione nel merito sull’integrazione del denunciato conflitto di interessi, già esclusa dalla Corte territoriale.

Siffatto invocato riesame nel merito, a fronte di argomentazioni che rispettano i principi innanzi esposti sulle condizioni affinchè il conflitto di interessi possa inficiare la validità della Delib. impugnata, è precluso in sede di legittimità.

Si richiama, al riguardo, l’insegnamento consolidato secondo cui, ove le censure proposte mirino a sollecitare, attraverso l’apparente deduzione di un vizio di violazione di legge variamente declinato, in relazione alle disposizioni riferibili alla vicenda sostanziale e a quelle che disciplinano la valutazione delle prove, una rivisitazione degli elementi acquisiti agli atti, detta rivalutazione non è consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di

controllare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui sono affidate in via esclusiva l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, la verifica della loro attendibilità e concludenza e la scelta tra le complessive risultanze del processo di quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esso sottesi, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 25338 del 20/09/2021; Sez. 6-1, Ordinanza n. 331 del 13/01/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Sez. 5, Ordinanza n. 19547 del 04/08/2017).

Si aggiunge che non ricorre un omesso esame di un fatto storico decisivo oggetto di discussione, avendo il giudice affrontato specificamente il tema, vizio che comunque non avrebbe potuto essere dedotto nella fattispecie, alla stregua dei limiti impugnatori che conseguono alla pronuncia doppia conforme nel merito, di cui all’art. 348-ter c.p.c., u.c..

2.- Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 (recte n. 3) e n. 5, la violazione dell’art. 2704 c.c. e il difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte.

In particolare, secondo il ricorrente, l’approvazione del consuntivo con il voto favorevole di (OMISSIS) avrebbe inficiato la validità della Delib. impugnata, poichè quest’ultima, siccome nuda proprietaria, avrebbe potuto esprimere il voto solo a favore di delibere di straordinaria amministrazione, ai sensi dell’art. 1004 c.c. e art. 67 disp. att. c.c..

L’istante aggiunge che, quanto alla delega conferita dall’usufruttuario (OMISSIS), in favore di (OMISSIS), essa sarebbe stata priva di data certa, profilo nient’affatto esaminato dai giudici di merito.

2.1.- Anche tale doglianza è infondata.

Segnatamente, la pronuncia della Corte di merito ha accertato la validità della delega conferita da (OMISSIS) – nuda proprietaria – e (OMISSIS) – usufruttuario – verso (OMISSIS).

Nè, all’uopo, era richiesta la data certa della delega, essendo sufficiente che essa fosse stata rilasciata per iscritto e che, all’esito, il presidente dell’assemblea, previa verifica dell’effettiva ricorrenza della delega scritta, ne avesse dato atto a verbale.

Tanto più che, in tema di condominio e nella ipotesi di assemblea, i rapporti fra il rappresentante intervenuto ed il condomino rappresentato debbono ritenersi disciplinati dalle regole generali sul mandato, con la conseguenza che solo il condomino delegante deve ritenersi legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega scritta o la carenza del potere rappresentativo, e non anche gli altri condomini estranei a tale rapporto (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 16673 del 25/06/2018; Sez. 2, Sentenza n. 1234 del 25/01/2016; Sez. 2, Sentenza n. 2218 del 30/01/2013; Sez. 2, Sentenza n. 12466 del 07/07/2004; Sez. 2, Sentenza n. 8116 del 27/07/1999).

Al contempo, la critica sollevata non può risolversi nella richiesta di una mera rivalutazione nel merito della sussistenza della delega, preclusa in questa sede, a fronte di un apprezzamento giuridicamente e logicamente esente da censure, compiuto sul punto dal giudice di merito.

Quanto, invece, al difetto di legittimazione della nuda proprietaria a partecipare alla votazione in ordine all’approvazione del consuntivo, vi è difetto di interesse, poichè la delega è stata conferita anche dall’usufruttuario.

Sul punto, si rileva che il motivo è inammissibile per difetto di interesse quando non investe specifiche statuizioni della sentenza impugnata, nè attinge la ratio decidendi della stessa, introducendo una questione meramente ipotetica (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2612 del 04/02/2021; Sez. L, Sentenza n. 7394 del 19/03/2008).

3.- Attraverso la terza critica è lamentata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 (recte n. 4) e n. 5, la violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè il difetto di motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia.

In ordine a questo mezzo, si obietta che le “sentenze impugnate” non si sarebbero pronunciate, in spregio al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sulla domanda di accertamento negativo della debenza delle somme riportate nel promemoria allegato alla Delib. condominiale 2 luglio 2012, privo di alcun riferimento ai titoli in forza dei quali le somme indicate erano pretese.

Successivamente il ricorrente specifica che, seppure con motivazioni diverse, entrambe le sentenze di merito avrebbero frainteso le ragioni della domanda.

3.1.- Anche siffatta censura è infondata.

Relativamente a detta questione, la sentenza della Corte d’appello di Venezia ha affermato che il prospetto non avrebbe dovuto essere oggetto di specifica approvazione, trattandosi di documento redatto dopo la Delib. assembleare e privo di contenuto innovativo. Esso si è limitato, sempre secondo la pronuncia, ad effettuare il riparto aritmetico delle somme dovute in base al contenuto della Delib..

La Corte territoriale ha altresì accertato che, attraverso il contestato promemoria, non sono state addebitate ai condomini somme non dovute o dovute in base agli esiti delle liti giudiziarie indicate, attenendo le uniche spese legali approvate ad altre controversie, specificamente emarginate.

Resta fermo, anche in questo caso, che tale critica non può tradursi, nella sostanza, nell’auspicato riesame delle ragioni di merito che hanno indotto la Corte d’appello a disattendere la domanda di accertamento negativo, apprezzamenti, questi, che non sono sindacabili in sede di legittimità per le argomentazioni innanzi esposte e che qui si intendono ribadite.

4.- In definitiva, i motivi di ricorso devono essere disattesi.

Le spese e i compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione, in favore del controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 5.450,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 29 aprile 2022.