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Cassazione Civile 20348/2010 – Locazione – Obbligazioni del conduttore – Pagamento degli oneri condominiali richiesti dal locatore – Contestazione del credito o dell’ammontare da parte del conduttore – Onere della prova

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Sentenza 20348/2010

Locazione – Obbligazioni del conduttore – Pagamento degli oneri condominiali richiesti dal locatore – Contestazione del credito o dell’ammontare da parte del conduttore – Onere della prova

In tema di locazione di immobili urbani, qualora il conduttore, convenuto in giudizio per il mancato pagamento di oneri condominiali, contesti che il locatore abbia effettivamente sopportato le spese di cui chiede il rimborso o ne abbia effettuato una corretta ripartizione, incombe al locatore stesso, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., dare la prova dei fatti costitutivi del proprio diritto, i quali non si esauriscono nell’aver indirizzato la richiesta prevista dall’art. 9 della legge n. 392 del 1978, necessaria per la costituzione in mora del conduttore e per la decorrenza del bimestre ai fini della risoluzione, ma comprendono anche l’esistenza, l’ammontare e i criteri di ripartizione del rimborso richiesto.

Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 28-10-2010, n. 20348   (CED Cassazione 2010)

Art. 2697 cc (Onere della prova) – Giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel settembre e novembre 1998 l’INPDAP intimava alla s.r.l. Ce. Co. Di. di. Na. sfratto per morosità dai locali condotti in locazione dal (OMESSO) e per il cui godimento la conduttrice non aveva pagato il canone da (OMESSO), pari a lire 268.731.016. Il Tribunale di Napoli ordinava il pagamento degli importi non contestati, ma il 25 gennaio 2001 l’INPDAP intimava altro sfratto per morosità per inadempimento all’obbligo di pagare i canoni dal 30 settembre 2000 al 30 maggio 2001 per complessive lire 785.455.478.

Riuniti i procedimenti, la domanda di risoluzione del contratto era respinta ritenendo il Tribunale sostanzialmente pareggiati i rapporti di dare – avere fino a maggio 2001 tra le parti.

Con sentenza del 7 febbraio 2006 la Corte di appello di Napoli riformava la sentenza di primo grado e, risolto per inadempimento del Ce. Co. Ce. Di. di. Na. s.r.l. il contratto di locazione, lo condannava a pagare l’importo non contestato pari ad euro 70.530,28 oltre interessi dalla domanda, sulle seguenti considerazioni:

1) l’eccezione di giudicato della sentenza di primo grado per acquiescenza dell’INPDAP era infondata perchè la dichiarazione dell’ente, resa in un successivo giudizio di sfratto per morosità è riferita alla pronuncia impugnata e non all’ammontare della pretesa creditoria;

2) la rappresentanza dell’INPDAP, ente parastatale e non s.p.a., nei rapporti esterni non è conferita in base alla procura, atto interno dell’ente insindacabile dal giudice ordinario, ma, per i principi di autonomia, autarchia e autotutela della P.A., per immedesimazione organica del funzionario incaricato;

3) con la memoria integrativa del gennaio 2000 l’INPDAP non aveva ampliato l’originaria domanda, concernente la morosità per canoni ed oneri accessori fino al maggio 1998, ma, sulla base del medesimo titolo giuridico, aveva chiesto il pagamento della controprestazione periodica successiva stante il protrarsi dell’inadempimento, ed il giudice di primo grado aveva dato atto dell’omesso versamento dei canoni di cui è causa e tale punto non è stato impugnato;

4) gli oneri condominiali e accessori, ripetutamente richiesti come accertato dal giudice di primo grado, non erano stati pagati nel bimestre successivo, e se il mancato invio di distinte e criteri di riparto esclude la mora debendi, in sede giudiziale il relativo credito può esser dimostrato con gli ordinari mezzi di prova, non necessari peraltro in caso di non contestazione, come nella specie, in cui il conduttore non ha chiesto i documenti giustificativi, neppure ai sensi dell’art. 210 c.p.c.; conseguentemente, eccedendo l’importo non contestato – euro 70.530,28 – le due mensilità di canone e non avendo detto conduttore chiesto termine per sanare la morosità avendo negato di esser obbligato, l’inadempimento era grave e giusta causa di risoluzione del contratto.

Ricorre per cassazione in via principale la s.r.l. Ce. Co. Ce. Di. di. Na. cui resiste l’INPDAP che ha altresì proposto ricorso incidentale cui resiste la s.r.l. Ce. Co. che ha altresì depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ. i ricorsi vanno riuniti.

1.- Deduce, con il primo motivo, la s.r.l. Ce. Co. Ce. Di. di. Na. :

A) la Corte di appello di Napoli avrebbe dovuto rigettare, in rito, il primo motivo di gravame dell’INPDAP, mentre accogliendolo nel merito ha violato e falsamente applicato l’art. 83 c.p.c. – procura – l’art. 156 c.p.c. – rilevanza della nullità della citazione – art. 99 c.p.c. – estensione della nullità- art. 163 c.p.c. – contenuto della citazione – art. 164 c.p.c. – nullità della citazione – art. 99 c.p.c. – principio della domanda – art. 101 c.p.c. – principio del contraddittorio – art. 112 c.p.c. – corrispondenza tra chiesto e pronunciato – art. 182 c.p.c. difetto di rappresentanza – 447 bis c.p.c. – norme applicabili alle controversie in materia di locazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e ha violato altresì, il n. 5 avendo omesso di motivare su un fatto controverso e decisivo in quanto all’udienza dell’ottobre 1998 il Pretore aveva dichiarato d’ufficio la nullità dell’atto di citazione per convalida di sfratto disponendone, ai sensi dell’art. 164 c.p.c., nn. 3 e 4 l’integrazione, ma la memoria era stata redatta in base alla precedente procura conferita per l’originaria citazione, dichiarata nulla, e quindi per il principio dell’estensione delle nullità era necessario il conferimento di altra procura al difensore, in difetto essendo inesistente la domanda.

La censura è inammissibile perchè l’eventuale nullità del giudizio di primo grado – nella specie sul presupposto della mancanza di autonomia della procura ai difensore rispetto all’atto a cui accede, sì da esser travolta dai vizi che lo inficiano, ancorchè in sè sanati – non fatta valere in appello, non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità poichè preclusa, a norma dell’art. 161 cod. proc. civ., secondo il quale tutti i motivi di nullità della sentenza, compreso quelli per carenza del predetto presupposto processuale (Cass. 4020/2006), si convertono in motivi di impugnazione, e tale censura non risulta proposta in nessuno dei sei motivi dell’appello condizionato della s.r.l. Ce. Co. Ce. Di. di. Na. .

B) Il rigetto dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva processuale dell’INPDAP, con conseguente inammissibilità dell’appello, è erroneo perchè viola “l’art. 75 c.p.c., comma 3, in ordine alla capacità e rappresentanza in giudizio delle persone giuridiche; il Decreto Legislativo n. 479 del 1994, art. 3, comma 3 sulla rappresentanza legale attribuita al Presidente degli Istituti previdenziali; l’art. 83 c.p.c. sulla procura alle liti; l’art. 101 c.p.c. sul principio del contraddittorio; l’art. 112 c.p.c. sulla corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione all’eccezione in esame; l’art. 159 c.p.c. sull’estensione delle nullità; l’art. 183 c.p.c. sull’udienza di prima comparizione e trattazione della causa: verifica della regolarità del contraddittorio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 -nonchè l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio non avendo il Direttore Compartimentale dell’INPDAP prodotto la procura notarile del Presidente dell’Istituto, rappresentante legale dell’ente, nè avendo dedotto di averne ricevuto i poteri rappresentativi e la relativa eccezione era stata disattesa con motivazione illegittima perchè in violazione delle norme sulla rappresentanza legale dell’ente.

La censura è infondata.

La Corte di merito si è conformata al precedente di questa Corte di legittimità, da ribadire, secondo il quale ai dirigenti delle strutture periferiche dell’INPDAP sono attribuite le funzioni di rappresentanza, anche processuale, in relazione agli affari appartenenti alla struttura territoriale dell’ente, senza necessità di delega preventiva da parte del Presidente (Cass. 1899/2007).

2.- Con il secondo motivo il Ce. Co. deduce, che la Corte di merito ha erroneamente respinto l’eccezione di giudicato interno della sentenza di primo grado per acquiescenza totale dell’INPDAP in base ad atti incompatibili con la volontà di impugnare, in violazione dell’art. 112 c.p.c. – corrispondenza tra chiesto e pronunciato – art. 324 c.p.c. – cosa giudicata formale – art. 329 c.p.c. – acquiescenza totale o parziale – art. 1324 c.c. norme applicabili agli atti unilaterali art. 1362 c.c. – intenzione dei contraenti – e art. 2909 c.c. – cosa giudicata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, con conseguente nullità della sentenza e del procedimento, nonchè per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, prospettato dalla società consortile e comunque rilevabile di ufficio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto detto Istituto in data 14 luglio 2004 aveva intimato sfratto per morosità deducendo di esser creditore di canoni dal giugno 2001 al marzo 2004 per euro 1.532.859,40, in tal modo prestando acquiescenza alla sentenza n. 853/04 del Triennale di Napoli depositata il 22 gennaio 2004, con cui era stata rigettata la domanda del medesimo di risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice al pagamento dei canoni, richiesti fino a maggio 2001, annuali dunque aveva rinunciato, non avendo fatto riserva di appello. Ed infatti l’INPDAP nella memoria integrativa in appello afferma che: “in virtù della sentenza del Tribunale di Napoli e della interpretazione resa in ordine alla nota INPDAP del dicembre 1999 in ordine alle nuove date di decorrenza dei canoni e del relativo scomputo dell’importo dei lavori gravanti sul conduttore, l’importo da giugno 2001 al 31 gennaio 2002 fosse pari ad euro 99.761,59 ovvero la somma già versata dal conduttore all’indomani della sentenza ed accettata nei termini suindicati dall’INPDAP”. D’altra parte l’intimazione di sfratto del luglio 2004 postula la validità del contratto, diversamente sarebbe stata improponibile una nuova domanda di risoluzione di esso, e l’INPDAP avrebbe dovuto proporre appello immediato alla sentenza di primo grado e perciò il periodo pregresso, fino a maggio 2001, non è più discusso. Quindi, poichè l’intimazione di sfratto dell’INPDAP è del luglio 2004, la proposizione dell’appello dell’ottobre 2004 è con essa incompatibile per atto inequivoco, e perciò erroneamente la Corte di merito l’ha escluso senza motivare sui criteri adottati ai sensi degli artt. 1362 e 1324 c.c..

La censura, che reitera pedissequamente l’eccezione di giudicato già formulata in appello, senza censurare il decisum al riguardo della Corte di merito – punto 1 riassunto in narrativa – secondo cui nell’intimazione dello sfratto per morosità del luglio 2004 l’ammontare dei canoni era indicato da giugno 2001 a marzo 2004 non già volendo rinunciare a quelli maturati fino al maggio 2001, bensì perchè la domanda di risoluzione si fondava su un persistente inadempimento, ma attinente ad un periodo diverso, in mancanza di qualsiasi indicazione di quale canone ermeneutico sia stato violato in tale interpretazione degli atti processuali, è inammissibile.

3.- Con il terzo motivo la ricorrente principale deduce che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che non sono stati contestati gli oneri accessoria condannando la società a pagare Ero 70.530,28 in violazione degli artt. 112 c.p.c. – corrispondenza tra chiesto e pronunciato art. 324 c.p.c. – cosa giudicata formale – art. 342 c.p.c. (forma dell’appello) – art. 345 c.p.c. (domande ed eccezioni nuove); art. 346 c.p.c. (decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte); art. 9 (oneri accessori per spese dei servizi condominiali di portineria) richiamato dalla Legge n. 392 del 1978, art. 41; art. 1123 c.c. (ripartizione spese condominiali); art. 1455 c.c. (importanza dell’inadempimento); art. 2697 c.c. (onere della prova) in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonchè per motivazione insufficiente e contraddittoria su un fatto decisivo della controversia prospettato dalle parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per aver la Corte di merito pronunciato oltre i limiti dell’appello, perchè l’INPDAP aveva domandato il riconoscimento degli effetti della mora debendi decorsi due mesi dalla richiesta degli oneri condominiali ritenendosi esonerata dall’invio delle distinte decorso tale termine invece la sentenza di primo grado, non appellata sul punto, aveva ritenuto che gli oneri condominiali erano stati contestati in quanto non giustificati e documentati – e quindi non vi era neppure onere di contestazione – e che quelli accessori erano stati integralmente contestati, e perciò contraddittoriamente la sentenza impugnata ha ritenuto che vi fosse inadempimento senza prioritariamente accertare se il credito del locatore era dimostrato, in violazione del principio sull’onere della prova. Peraltro l’INPDAP ha precisato che gli oneri erano consortili e cioè reali perchè dovuti al consorzio del Ce. Di. GE.SE.CE.DI. e perciò la disciplina applicabile non erano la Legge n. 392 del 1978, art. 9 e art. 1123 c.c. poichè il relativo costo, salva previsione diversa, è a carico del locatore proprietario e devono esser provati i servizi resi, non essendo sufficienti i preventivi e rendiconti consuntivi annuali approvati dall’assemblea condominiale. A ciò si aggiunge che nella nota del dicembre 1999 il direttore dell’INPDAP aveva affermato che era necessaria la quantificazione degli oneri condominiali e quindi nel 1998 non poteva esser domandata la risoluzione per inadempimento al relativo pagamento, e se prima dell’energenizzazione degli immobili non erano dovuti i canoni,, non erano neppure gli oneri accessori, mancando anche il godimento degli immobili. In ogni caso la giurisprudenza è pacifica nell’affermare che il locatore deve provare anche l’ammontare e i criteri di ripartizione degli oneri di cui chiede il rimborso onde consentire al conduttore e verifiche dei rendiconti.

La censura è fondata.

Ed infatti, premesso che la Corte di merito ha riconosciuto la mora debendi a favore dell’INPDAP sugli oneri accessori dovuti dalla società Consortile dalla domanda giudiziale e perciò la ricorrente non ha interesse a sollevare la questione sulla decorrenza della mora da data anteriore, va ribadito il principio secondo il quale se il conduttore, convenuto in giudizio per il mancato pagamento di oneri condominiali, contesti che il locatore abbia effettivamente sopportato le spese di cui chiede il rimborso o ne abbia effettuato una corretta ripartizione, incombe al locatore stesso, ai sensi dell’art. 2697 c.c., dare la prova dei fatti costitutivi del proprio diritto, i quali non si esauriscono nell’aver indirizzato “a richiesta prevista dalla Legge n. 392 del 1978, art. 9 necessaria per la costituzione in mora del conduttore e per la decorrenza del bimestre ai fini della risoluzione, ma comprendono anche l’esistenza, l’ammontare e i criteri di ripartizione del rimborso richiesto (Cass. 6403/2004).

E, poichè risulta dall’esame degli atti, consentilo a questa Corte per la natura del vizio denunciato, che pagg. 3, 4 e 9 della sentenza – il Ce. Co. , mentre per il pagamento dei canoni ha chiesto termine, “Di converso contestava decisamente la richiesta di pagamento degli oneri accessori…” ribadendo tale integrale contestazione sia nella memoria di replica perchè “al riguardo senza alcuna giustificazione” sia all’udienza del 24 maggio 1999, e che il rilievo è stato reiterato nell’appello incidentale condizionato, aggiungendo il Contro Commerciale che l’INPDAP aveva riconosciuto una decorrenza successiva per il pagamento del canone degli immobili non ultimati o comunque non fruibili, sì che neppure gli oneri accessori erano dovuti, la relevatio ab onere probandi affermata dai giudici di appello al riguardo è erronea ed il motivo va accolto.

A.- Con il quarto motivo la società consortile deduce che erroneamente è stato respinto il motivo di appello condizionato con cui era stata richiesta la concessione di un termine per la sanatoria della morosità anche per i canoni accessori, facoltà contemplata all’art. 5 dei contratto, come accertato dal giudice di primo grado senza impugnazione sul punto, in violazione della Legge n. 392 del 1978, artt. 5 e 55; art. 112 c.p.c., artt. 1322, 1453, 1362 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonchè per insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 e per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 in quanto in comparsa di risposta in primo grado il termine era stato richiesto.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento del motivo che precede essendo stata formulata la corrispondente doglianza in appello in subordine al rigetto del motivo di contestazione degli oneri accessori – la cui domanda di adempimento va riesaminata secondo il principio dell’onere della prova innanzi richiamato (come evidenziato anche nella memoria della società Consortile Ce. Co. ) e dall’accoglimento del ricorso incidentale sulla validità dello slittamento dei termini di adempimento degli obblighi del conduttore, concesso dall’INPDAP nel dicembre 1999 (di cui infra).

5. – Con il ricorso incidentale – ammissibile perchè la procura al difensore è conferita a margine dell’atto che specifica sia la sentenza da impugnare sia il ricorso principale a cui resiste (notificato il 10 maggio 2007) e perchè il lamentato vizio di nullità della notifica di esso, avvenuta il 15 giugno 2007, come dichiarato dalla società Consortile Ce. Co. nel controricorso per resistere al ricorso incidentale è sanato da detto atto con efficacia “ex tunc” per raggiungimento dello scopo (Cass. 15530/2004, 908 e 15190/2005) – l’INPDAP denuncia violazione dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 nonchè per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per aver la Corte di merito erroneamente dichiarato inammissibile il motivo di gravame affermando il difetto di collegamento con le argomentazioni del Tribunale per il rigetto della domanda di risoluzione del contratto, basate sui sostanziale equilibrio tra prestazioni del conduttore e locatore sulla base di una lettera del dicembre 1999 del dirigente pro – tempore della sede provinciale di Napoli che accordava al Ce. Co. – che lo aveva chiesto nel novembre 1999 – in via provvisoria, in attesa dell’esito del giudizio e senza rinunciare agli esiti dello stesso, lo slittamento di due anni per l’adempimento degli obblighi contrattuali, benchè l’INPDAP avesse denunciato la consequenziale illegittima modifica del contenuto del contratto del (OMESSO) in violazione delle norme che ne prescrivono la forma scritta ad substantiam, la provenienza dall’organo munito di poteri di rappresentanza dell’Ente e l’osservanza delle procedure di evidenza pubblica di cui ai Regio Decreto n. 2440 del 1923 e Regio Decreto n. 827 del 1924.

Il motivo è fondato.

Ed infatti, avuto riguardo alla statuizione della sentenza di primo grado – pag. 10 (trascritta anche nel controricorso della società Consortile), che per il procedimento n. 579/01 di convalida di sfratto per morosità, indicata dall’INPDAP in euro 185.021,05, ha escluso l’inadempimento in base alla lettera del dicembre 1999 perchè detto Istituto “concordava con i motivi illustrati dalla conduttrice circa la necessità di rifissare i termini di decorrenza del pagamento dei canoni e in merito alla circostanza che il quarto lotto non ora stato nella sostanza ancora consegnato” – in tal modo attribuendo natura negoziale all’accordo, ancorchè non transattivo, perchè modificativo del termine di adempimento inizialmente stabilito – è per tabulas la pertinenza e la specificità del motivo di appello dell’INPDAP innanzi richiamato che pertanto è ammissibile e che perciò la Corte di merito deve esaminare.

6.- Concludendo la sentenza va cassata in relazione all’accoglimento del ricorso principale – terzo motivo – e del ricorso incidentale e la causa va rinviata per un nuovo esame di merito. Il giudice del rinvio provvederà altresì a liquidare le spese, anche del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE

riunisce i ricorsi; accoglie il terzo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il quarto e dichiara inammissibili i primi tre motivi del medesimo: Accoglie il ricorso incidentale, cassa in relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata e rinvia, anche per le speso del giudizio di Cassazione alla Corte di Appello di Napoli, altra Sezione.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2010.