Ordinanza 20432/2018
Rappresentanza processuale e procura alle liti – Art. 1387 cc
Qualora la procura alle liti conferisca al difensore il potere di nominare altro difensore, deve ritenersi che essa contenga un autonomo mandato “ad negotia” – non vietato dalla legge professionale né dal codice di rito – che abilita il difensore a nominare altri difensori, i quali non hanno veste di sostituti del legale che li ha nominati bensì, al pari di questo, di rappresentanti processuali della parte.
Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 02-08-2018, n. 20432 (CED Cassazione 2018)
Articolo 1387 c.c. annotato con la giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato il 10.7.2014 St. Ni., nella qualità di procuratore ad negotia di Za. Br., riassumeva il giudizio innanzi la Corte di Appello di Perugia a seguito della sentenza della S.C. n.13049/2014, con la quale era stato cassato il decreto della Corte territoriale n.927/2011, che a sua volta aveva respinto una domanda volta ad ottenere l’equa riparazione del danno sofferto a causa della durata irragionevole di una controversia; danno scaturente dall’art.6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata in Italia con Legge n.848/1955.
Con il provvedimento impugnato, la Corte di Appello riteneva l’ammissibilità della domanda di equa riparazione relativa al ritardo maturato su precedente giudizio di equa riparazione (cd. “equa su equa’) ed accoglieva la domanda, determinando la somma dovuta per l’equa riparazione relativamente alla durata del giudizio presupposto e condannando il Ministero alle spese dei vari gradi. Interpone ricorso avverso tale decisione il Ministero della Giustizia affidandosi a un unico motivo.
Resiste con controricorso Za. Br..
Nessuna delle parti ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, il Ministero lamenta la violazione degli artt.112 e 303 c.p.c. in relazione all’art.360 n.4 c.p.c. perché il giudice di merito avrebbe omesso di pronunziarsi sull’eccezione con la quale il dicastero aveva rilevato la mancata allegazione, da parte dello St., della procura ad negotia sulla cui base quegli pretendeva di agire per la riassunzione del giudizio.
Va premesso che la procura ad negotia era stata depositata in atti del giudizio di merito sin dal 7.12.2012, come (tra l’altro) dedotto a pag.4 del controricorso.
Come già rilevato da questa sezione in fattispecie analoghe, decise con le ordinanze n.26744/2017, n.26745/2017, n.26908/2017 e n.26909/2017, questa Corte ha effettivamente affermato il principio secondo cui “Qualora la procura alle liti conferisca al difensore il potere di nominare altro difensore, deve ritenersi che essa contenga un autonomo mandato ad negotia -non vietato dalla legge professionale né dal codice di rito- che abilita il difensore a nominare altri difensori, i quali non hanno veste di sostituti del legale che li ha nominati, bensì, al pari di questo, di rappresentanti processuali della parte” (Cass. Sez. 3, Sentenza n.1756 dell’8/02/2012, Rv.621422; conformi, Cass. Sez. 2, Sentenza n.26365 del 29/12/2010, Rv.615348; Cass. Sez. 2, Sentenza n.16736 del 09/08/2005, Rv. 583927).
Tuttavia, è da escludere che con il mandato speciale allegato in atti del giudizio lo Za. abbia inteso nominare lo St. suo rappresentante “sostanziale” generale e dunque che lo abbia investito in pari tempo del potere di rappresentanza processuale volontaria. Alla stregua della sua letterale e logica formulazione, infatti, il mandato speciale de quo agitur non integra una procura sostanziale avente portata generale e omnicomprensiva. Né può ritenersi che con il predetto mandato il resistente abbia nominato l’avvocato Ni. St. suo rappresentante “sostanziale” speciale ovvero suo rappresentante con specifico riferimento alla pretesa risarcitoria ex lege n.89/2001 correlata all’irragionevole durata del giudizio presupposto. Detto mandato, infatti, contiene soltanto un riferimento, invero assolutamente generico ed indifferenziato, a “tutte le cause civili promosse e da promuovere in qualsiasi grado di giudizio contro l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale e contro il Ministero della Giustizia anche per esperire il ricorso avanti alle Corti di Appello competenti per l’equo indennizzo previsto dalla legge n. 89101″, che evidentemente identifica l’ambito oggettivo del potere rappresentativo conferito dalla parte al procuratore. Di conseguenza, la facoltà di nominare altri avvocati, contenuta nella procura speciale in esame, non può che essere apprezzata con riferimento, appunto, ai limiti oggettivi del mandato, che è idoneo ad esplicare i suoi effetti solo nell’ambito della rappresentanza volontaria processuale.
La ricostruzione è coerente con il dettato dell’art.77 c.p.c., posto che ‘Il potere di rappresentanza processuale, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori, può essere conferito soltanto a colui che sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, talché neppure il rappresentante legale di una società di capitali può conferire ad un terzo una rappresentanza limitata soltanto agli atti del processo” (Cass. Sez. U, Sentenza n.8681 dell’08/08/1995, Rv.493600; conf. Cass. Sez. U, Sentenza n.5655 del 09/06/1998, Rv.516214; Cass. Sez. 1, Sentenza n.19528 del 29/09/2004, Rv.577412; Cass. Sez. L, Sentenza n.13054 del 01/06/2006, Rv.589865; Cass. Sez. 1, Sentenza n.43 del 03/01/2017, Rv.643016; ed anche Cass. Sez. 1, Sentenza n.1578 del 14/02/1995, Rv.490425, secondo cui `1..a rappresentanza processuale, intesa come potere di agire o resistere in giudizio per il dominus e, in tale quadro, di conferire, in suo nome, la procura al difensore (rappresentanza a cui si riferisce l’art.77 cod. proc. civ.) può essere attribuita ad un terzo solo insieme alla rappresentanza sostanziale in ordine al rapporto poi dedotto in giudizio. La rappresentanza che, in viola ione di tale principio, sia stata attribuita con solo riferimento alla sfera processuale è invalida e comporta l’invalidità della procura alle liti sulla sua base conferita, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio’).
L’inosservanza dell’art.77 c.p.c. comporta il difetto della legitimatio ad processum in capo al rappresentante esclusivamente processuale (Cass. Sez. 3, Sentenza n.16274 del 31/07/2015, Rv.636619; conf. Cass. Sez. U, Sentenza n.24179 del 16/11/2009, Rv.610170) e quindi la nullità della procura alle liti da costui rilasciata a terzi (Cass. Sez.1, Sentenza n.1578 del 14/02/1995, Rv.490425; conf. Cass. Sez. L, Sentenza n.821 del 27/01/1998, Rv.511987) ed il difetto di ius postulandi in capo all’abogado Sa. Ma. ed all’avvocato An. Be., officiati dallo St. ai fini della riassunzione del giudizio. Ciò comporta l’invalidità della costituzione, in sede di riassunzione, del rapporto processuale.
L’accertamento relativo alla legitimatio ad processum del rappresentante, attenendo alla verifica della regolare costituzione del rapporto processuale, può essere effettuato anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità, con il solo limite del giudicato sul punto.
In conseguenza di quanto esposto, il ricorso va accolto, la decisione va cassata senza rinvio e il giudizio dichiarato estinto a fronte della mancata tempestiva riassunzione nel termine di legge.
Le spese del giudizio vanno poste a carico del resistente, posto il principio per cui “In tema di spese giudiziali, ove l’insorta controversia in ordine alla estinzione de/processo venga decisa con sentenza, non trova applicazione la regola di cui all’art. 310, ultimo comma c.p.c., ma riprendono vigore i principi sanciti dagli artt. 91 e 92 c.p.c., e, quindi, il criterio della soccombenza, sebbene limitatamente alle .Tese causate dalla trattazione della questione relativa all’estinzione” (Cass. Sez. 6, Sentenza n.533 del 14/01/2016, Rv. 638488 e Cass. Sez. 2, Sentenza n.1513 del 26/01/2006, Rv.587106).
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la decisione impugnata e condanna il resistente alle spese del giudizio, che liquida in € 800 per il giudizio di merito in € 900 per il presente grado, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, in data 22 marzo 2018.