Ordinanza 2047/2018
Risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta – Riduzione ad equità del contratto
Nei contratti a prestazioni corrispettive la parte che subisce l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione può solo agire in giudizio per la risoluzione del contratto, ex art. 1467, comma 1, c.c., purché non abbia già eseguito la propria prestazione, ma non ha diritto di ottenere l’equa rettifica delle condizioni del negozio, la quale può essere invocata soltanto dalla parte convenuta in giudizio con l’azione di risoluzione, ai sensi del comma 3 della medesima norma, in quanto il contraente a carico del quale si verifica l’eccessiva onerosità della prestazione non può pretendere che l’altro contraente accetti l’adempimento a condizioni diverse da quelle pattuite.
Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 26-1-2018, n. 2047 (CED Cassazione 2018)
Art. 1467 cc (Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
1.- La (OMISSIS) spa, in proprio e quale mandataria di un’associazione temporanea d’impresa, convenne in giudizio l’ (OMISSIS), esponendo di avere stipulato nel 2006 un contratto di appalto per l’esecuzione della variante della strada statale (OMISSIS), in relazione al quale aveva apposto alcune riserve a causa dell’aumento dei costi del materiale ferroso e del bitume; di tale aumento aveva informato la committente per l’eccessiva onerosità sopravvenuta del contratto, ricevendo rassicurazioni circa la riconduzione dello stesso ad equità, in relazione ad una nota del 25 luglio 2005 e ad un accordo bonario del 10 maggio 2006. Quindi, chiese di accertare l’avvenuto riconoscimento dell’eccessiva onerosità sopravvenuta da parte della committente e il diritto al pagamento dell’equo compenso; in subordine, di dichiarare la risoluzione del contratto, a norma dell’art. 1467 c.c., con condanna al pagamento del controvalore delle opere eseguite e, in ogni caso, di quanto indebitamente trattenuto in sede di collaudo.
2.- L’Agenzia convenuta si difese, deducendo che la disciplina dell’eccessiva onerosità sopravvenuta era inapplicabile, perchè l’appalto era stato interamente eseguito e non v’era stata alcuna eccessiva onerosità sopravvenuta; inoltre, negò di avere mai riconosciuto alcunchè e precisò di avere trattenuto una parte del dovuto in sede di collaudo a causa di mancanze e difetti nei lavori nell’apposizione della segnaletica orizzontale.
3.- Il Tribunale condannò l’Agenzia a corrispondere quanto richiesto dall’appaltatore con una delle riserve (la n. 7) per i maggiori oneri sostenuti per l’acquisto dei materiali, a norma della L. n. 109 del 1994, art. 26, comma 4 bis, e quanto da essa trattenuto in sede di collaudo; nulla riconobbe per le altre riserve cui si riferivano prove documentali tardive.
4.- La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 12 marzo 2012, ha rigettato il gravame principale della (OMISSIS), che aveva insistito nel valore ricognitivo del comportamento della committente; ha accolto l’appello incidentale con cui l’Agenzia aveva dedotto l’erronea applicazione dei rimedi in tema di eccessiva onerosità sopravvenuta, a norma dell’art. 1467 c.c. e del Decreto Ministeriale 30 giugno 2005 attuativo della L. n. 109 del 1994, art. 26, comma 4 bis, ritenendo che nulla fosse dovuto all’appaltatore per i maggiori costi da incremento dei prezzi dei materiali; ha rigettato il motivo di gravame incidentale concernente il riconoscimento all’appaltatore di quanto trattenuto sul collaudo.
5.- Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) in via principale e l’ (OMISSIS) in via incidentale. Le parti hanno presentato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nel ricorso principale sono enucleabili cinque motivi non numerati.
1.- Con il primo la ricorrente (OMISSIS) imputa alla Corte di merito di avere interpretato la propria domanda come diretta ad un risultato non conseguibile (la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta) sul presupposto che l’atto introduttivo del giudizio era successivo all’ultimazione dei lavori e al collaudo, mentre essa aveva chiesto l’equo indennizzo per l’eccessiva onerosità sopravvenuta del contratto, che aveva eseguito su ordine della committente, dalla quale aveva ottenuto riassicurazioni sulla riconduzione dello stesso ad equità.
1.1.- Il motivo è infondato, essendo nella doglianza di erronea interpretazione della domanda implicita quella di mancata pronuncia sulla domanda di pagamento dell’equo indennizzo, sulla quale invece i giudici di merito hanno pronunciato, rigettandola nel merito per le ragioni di cui si dirà più avanti (al paragrafo 4.1).
2.- Con il secondo e con il quarto motivo si imputa alla Corte d’appello di avere escluso il valore ricognitivo implicito nella nota del 25 luglio 2005 e nell’accordo bonario del 10 maggio 2006, a proposito dell’indennizzo, cioè dell’equo compenso, dovuto all’appaltatore.
2.1.- Entrambi i motivi sono inammissibili, censurando un apprezzamento di fatto motivatamente compiuto dai giudici di merito che impropriamente si chiede a questa Corte di rivalutare.
3.- Il terzo motivo censura l’affermazione secondo la quale la domanda di risoluzione era inammissibile perchè il contratto era stato già eseguito, mentre l’appaltatore aveva più volte segnalato l’eccessiva onerosità sopravvenuta e ricevuto rassicurazioni dal committente circa la riconduzione del contratto ad equità.
3.1.- Il motivo è infondato in entrambi i profili in cui è articolato.
In primo luogo, la sentenza impugnata, laddove ha affermato che l’avvenuto espletamento delle prestazioni contrattuali da parte dell’appaltatore faceva escludere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta non può essere invocata dalla parte che abbia già eseguito la propria prestazione (Cass. n. 5785/1985).
In secondo luogo, deve escludersi l’esistenza di un diritto della parte che subisce l’eccessiva onerosità sopravvenuta di ottenere l’equa rettifica delle condizioni del negozio, la quale può essere invocata soltanto dalla parte convenuta in giudizio con l’azione di risoluzione del negozio medesimo, a norma dell’art. 1467 c.c. (Cass. n. 46/2000). Infatti, il contraente a carico del quale si verifica l’eccessiva onerosità della prestazione può solo agire in giudizio per la risoluzione del contratto, ma non può pretendere che l’altro contraente accetti l’adempimento a condizioni diverse da quelle pattuite, poichè la riduzione ad equità del contratto costituisce solo una facoltà della controparte che può essere esercitata quando essa sia convenuta in giudizio per la risoluzione (Cass. n. 3492/1978).
4.- Il quinto motivo deduce la violazione della L. n. 109 del 1994, art. 29 non avendo i giudici d’appello considerato che i prezzi dell’offerta, sebbene presentata ai primi del 2004, erano quelli del 2003, sicchè erroneamente la sentenza impugnata non aveva riconosciuto l’adeguamento dei prezzi rispetto all’anno 2004.
4.1.- Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha escluso l’applicabilità dell’art. 26, comma 4 bis che riconosce la compensazione in aumento del prezzo quando i materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subiscano variazioni superiori al 10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dovendosi avere riguardo agli incrementi verificatisi rispetto all’anno di presentazione dell’offerta. Come correttamente rilevato dalla Corte d’appello, “il divario dei costi che legittima l’adeguamento, di cadenza necessariamente annuale, presuppone un raffronto tra i costi dei materiali per lavori eseguiti e contabilizzati nel 2004 ed i costi degli stessi materiali rilevati nell’anno precedente in quanto anno di presentazione dell’offerta”, sicchè non era applicabile il Decreto Ministeriale 30 giugno 2005, che aveva rilevato gli incrementi verificatisi nell’anno 2004 per le offerte del 2003, essendo l’offerta stata effettuata il 12 gennaio 2004.
5.- Un ultimo motivo censura inammissibilmente l’errore nella valutazione di due riserve (n. 11 e 15), invocandosi una impropria rivisitazione di apprezzamenti di fatto compiuti dai giudici di merito.
6.- Con un unico motivo di ricorso in via incidentale, inammissibilmente l’Agenzia denuncia (per violazione e falsa applicazione e dell’art. 197, comma 3, del dPR n. 154/1999) l’apprezzamento di fatto compiuto dai giudici di merito circa il disconoscimento della detrazione operata dalla stazione appaltante in sede di collaudo.
7.- In conclusione, il ricorso principale è rigettato e quello incidentale è inammissibile.
8.- Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio, in considerazione della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi; compensa le spese.
Roma, 12 settembre 2017.