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Cassazione Civile 20619/2014 – Danni cagionati ad un immobile sottostante a seguito di lavori di pavimentazione di un appartamento – Responsabilità

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Sentenza 20619/2014

Danni cagionati ad un immobile sottostante a seguito di lavori di pavimentazione di un appartamento – Responsabilità ex art. 2051 cc – Caso fortuito – Allegazione del fatto del terzo o dello stesso danneggiato –  Mera difesa

In tema di responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., l’allegazione del fatto del terzo o dello stesso danneggiato, idonea ad integrare l’esimente del caso fortuito, costituisce una mera difesa, che deve essere esaminata e verificata anche d’ufficio dal giudice, attraverso le opportune indagini sull’eventuale incidenza causale del fatto del terzo o del comportamento colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte, purché risultino prospettati gli elementi di fatto sui quali si fonda l’allegazione del fortuito.

 

Nell’ipotesi di danni cagionati ad un immobile sottostante a seguito di lavori di pavimentazione di un appartamento, la responsabilità del custode ex art. 2051 cod. civ. è esclusa solo dal caso fortuito, il quale non attiene ad un comportamento dello stesso custode ma al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, che può consistere anche nel fatto di un terzo. Ne consegue che, in caso di affidamento dei lavori in appalto, non occorre verificare, al fine di escludere la responsabilità del custode committente, se questi sia incorso in una “culpa in eligendo” nell’individuazione dell’appaltatore, del progettista o del direttore dei lavori, ovvero se lo stesso abbia lasciato loro piena autonomia, ma è necessario accertare se l’esecuzione dei lavori commissionati a terzi presenti quei caratteri di eccezionalità, imprevedibilità e autonoma incidenza causale rispetto all’evento dannoso, tali da integrare il caso fortuito.

Cassazione Civile, Sezione 6, Sentenza 30-09-2014, n. 20619   (CED Cassazione 2014)

Art. 2051 cc (Danno cagionato da cosa in custodia)

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. Dopo il positivo esperimento di un ricorso cautelare di urgenza, Pa. Pat. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Firenze, sez. distaccata di Pontassieve, Sa. St. per sentirlo condannare al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., lamentando il crollo di una volta dell’immobile di sua proprietà in Borgo San Lorenzo, a causa di lavori eseguiti dal convenuto al pavimento del piano superiore.
    Il Sa., negata ogni responsabilità, chiedeva e otteneva di chiamare in causa Pr. Se. e l’Impresa F.G. s.n.c. (di seguito, brevemente, Impresa F.) – rispettivamente, il primo, progettista e direttore dei lavori e, l’altra, ditta esecutrice – per sentirsi manlevare dagli stessi in caso di accoglimento della domanda.
    Nel contraddittorio dei terzi chiamati in causa – i quali, dal canto loro, negavano ogni responsabilità – il Tribunale, in esito all’espletata istruttoria, con sentenza n. 99 del 2007, rigettava la domanda, ravvisando gli estremi del caso fortuito, nel fatto dei terzi Pr. e F.; e poiché la Pa. non aveva agito contro costoro, riteneva inutile la pronuncia sulla domanda di garanzia.
    La decisione, impugnata in via principale dalla Pa. e incidentale dall’Impresa F., era confermata dalla Corte di appello di Firenze con sentenza in data 04.10.2012; spese compensate.
  2. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione formulando due motivi, illustrati anche da memoria. Sa. St., Pr. Se. e l’Impresa F. hanno resistito con distinti controricorsi. Gli ultimi due hanno anche depositato memoria.
  3. Con i motivi di ricorso si denuncia: 1) violazione o falsa applicazione di norme di diritto per violazione del principio della domanda e dell’eccezione in relazione agli artt. 99 e 112 cod. proc. civ. e all’art. 2697 cod. civ.; e ciò perché la decisione impugnata
    ha confermato la sentenza di primo grado che sarebbe viziata da ultrapetizione, per non avere il convenuto formulato alcuna eccezione in punto di “caso fortuito”, ne’ tantomeno provato l’esimente; 2) violazione o falsa applicazione di norme di diritto per violazione dell’art. 2051 cod. civ.; e ciò perché quanto accertato dalla CTU cioè la responsabilità del progettista, D.L. e impresa appaltatrice non rappresenta un’ipotesi di caso fortuito, non è un’ipotesi di fatto del terzo.
  4. Va premesso che non è in discussione la qualificazione giuridica dell’azione proposta dalla Pa. nei confronti del Sa. per i danni derivanti dalla pavimentazione dell’immobile di sua proprietà nell’alveo dell’art. 2051 cod. civ.; correlativamente, in fatto, non è in contestazione che l’evento per cui è causa si verificò successivamente all’esecuzione dei lavori di pavimentazione, risultando pacificamente individuato nel Sa. il custode dell’immobile, che ai sensi della norma indicata costituirebbe la fonte immediata dei danni.
    La responsabilità per colpa dell’appaltatore e/o del progettista e direttore dei lavori dei lavori di pavimentazione è stata, invece, dedotta dall’originario convenuto nei confronti dei terzi chiamati in causa, costituendo oggetto della causa di garanzia.

4.1. Ciò posto, si rammenta che la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta norma non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode, offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità. In tale inquadramento della relazione causale si pone l’effetto esimente del fatto del terzo o dello stesso danneggiato, integrante il fortuito, con la conseguenza che, sul piano processuale, tale esimente non rappresenta un’eccezione in senso proprio, ma integra una semplice difesa, che deve essere esaminata anche d’ufficio dal giudice, attraverso le opportune indagini sull’eventuale sussistenza dell’incidenza causale del fatto del terzo o del comportamento colposo del danneggiato, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste della parte, purché risultino prospettati gli elementi di fatto su cui si fonda l’allegazione del fortuito (cfr.: Cass. 22 marzo 2011, n. 6529; Cass. 10 novembre 2009, n. 23734).

In particolare per ottenere l’esonero dalla responsabilità, il custode deve provare che il fatto del terzo abbia i requisiti dell’autonomia, dell’eccezionalità, dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità e che sia, quindi, idoneo a produrre l’evento, escludendo fattori causali concorrenti. (Cass. 14 ottobre 2011, n. 21286).

4.2. In punto di fatto si osserva che la decisione impugnata – muovendo dalla premessa che le risultanze della c.t.u., disattendendo la tesi della difesa del Sa., volta ad evidenziare primariamente una responsabilità della stessa Pa. nel determinismo del sinistro, indicano chiaramente nei lavori edili eseguiti nel pavimento del convenuto la causa preponderante della rovina della sottostante volta di proprietà dell’odierna ricorrente – ha, per un verso, ritenuto che il tenore delle allegazioni difensive del Sa. consentissero il rilievo del caso fortuito, quale fatto interruttivo del nesso causale anche a prescindere da una specifica eccezione in tal senso e, per altro verso, ha, senz’altro, equiparato al fortuito il fatto del terzo, così come dedotto e accertato – ergo i lavori mal eseguiti da appaltatore e mal diretti dal direttore dei lavori – sulla premessa dell’autonomia dell’appaltatore e del difetto di allegazione e prova della culpa in eligendo del committente.

4.3. Ciò considerato, sotto il profilo processuale, la decisione impugnata non merita le censure svolte con il primo motivo di ricorso, atteso che, per quanto sopra evidenziato, l’esimente del fatto del terzo, astrattamente ravvisabile anche in caso di responsabilità per cose in custodia, non concreta un’eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa. Mentre, sotto il profilo sostanziale, attinto dal secondo motivo, occorre riconoscere che i giudici di appello, per un verso, hanno totalmente omesso qualsivoglia verifica circa la sussistenza di quei requisiti di autonomia, eccezionalità, imprevedibilità e inevitabilità, solo in presenza dei quali può ritenersi superata la responsabilità del custode e, per altro verso, richiamando principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di danni provocati durante l’esecuzione del contratto di appalto, hanno desunto l’esonero della responsabilità del custode (tale essendo pacificamente il Sa., nel caso di specie, in cui, come evidenziato in premessa, i danni si verificarono dopo l’esecuzione dei lavori in appalto) da profili che attengono alla colpa, piuttosto che al nesso causale tra cosa ed evento, postulato dall’art. 2051 c.c.. In altri termini – posto che, per quanto sopra evidenziato (sub 4.) la danneggiata, pur richiamando il fatto storico dell’esecuzione dei lavori, non ha ritenuto di far valere la responsabilità (per colpa) per i danni derivanti nel corso e/o in dipendenza dei lavori (la quale avrebbe postulato l’accertamento di nesso causale tra i danni lamentati e i lavori: questione rilevante, questa, solo con riguardo all’azione di garanzia esercitata dal committente), bensì ha agito con l’azione di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. per i danni derivanti dalla cosa in custodia – ciò che la parte istante era tenuta a dimostrare era unicamente il collegamento causale tra la cosa e l’evento lamentato, gravando sul custode l’onere della prova del fortuito. E poiché il fortuito (da intendersi, indubbiamente, nel senso più ampio, comprensivo anche del fatto del terzo) è fattore che attiene non già ad un comportamento del custode (che è irrilevante) bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità (cfr. Cass. 09 maggio 2012, n. 7037), la questione da risolvere – una volta accertato che la causa preponderante dei danni lamentati dall’odierna ricorrente era da individuare nei lavori di pavimentazione del sovrastante immobile del Sa. (così ravvisandosi un collegamento immediato tra detto immobile e i danni alla sottostante proprietà Pa.) – non era se il committente avesse lasciato o meno piena autonomia all’appaltatore nell’esecuzione dei lavori ovvero fosse incorso in colpa nella scelta dell’impresa (o del progettista/direttore dei lavori), ma, piuttosto, se, sotto il profilo causale, l’evento fosse riconducibile non già alla cosa che ne costituiva fonte immediata, ma ad un elemento esterno, estraneo alla sfera soggettiva del custode, idoneo ad interrompere quel nesso causale, concretando gli estremi del caso fortuito. Al contrario i giudici del merito, allorché hanno ritenuto acquisita la prova del fortuito e, conseguentemente, eliso l’indicato rapporto causale, hanno in sostanza spostato l’indagine sul versante della responsabilità per colpa, senza chiarire minimamente in quali termini il fatto (la responsabilità) dei terzi (appaltatore e direttore dei lavori/progettista) integrasse gli estremi del fortuito, idoneo a liberare il custode dalla responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ..

  1. In definitiva va rigettato il primo motivo di ricorso, mentre va accolto il secondo motivo.
    La sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione con rinvio alla Corte di appello di Firenze in altra composizione, perché – avuto riguardo al rapporto di custodia con la cosa al momento del fatto e alla relazione di fatto tra il soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla e di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte – si accerti se l’esecuzione di lavori commissionati in appalto a terzi presenti i requisiti di eccezionalità imprevedibilità e autonoma incidenza causale nell’evento di cui trattasi sì da integrare il caso fortuito, degradando la cosa a mera occasione.
    Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo;
cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2014.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2014