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Cassazione Civile 20986/2023 – Responsabilità da cosa in custodia ex art. 2051 c.c. del Comune – Circostanza incidente sull’imputabilità eziologica dell’evento – Incertezza – Conseguenze

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Ordinanza 20986/2023

Responsabilità da cosa in custodia ex art. 2051 c.c. del Comune – Circostanza incidente sull’imputabilità eziologica dell’evento – Incertezza – Conseguenze

In tema di responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c., l’incertezza in ordine ad una circostanza incidente sull’imputabilità eziologica dell’evento dannoso impedisce di ritenere integrata la prova – gravante sull’attore – del nesso causale tra la cosa e il danno, con conseguente esclusione della responsabilità del custode. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della corte territoriale che aveva escluso la responsabilità di un Comune per la morte di un uomo, conseguente alla caduta in un fiume in corrispondenza di una recinzione stradale non adeguatamente manutenuta, per esserne rimasta ignota la causa, tenuto conto della astratta plausibilità di una diversa ricostruzione dell’accaduto, nel senso di un atto volontario della vittima o del gesto doloso di un terzo).

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 18/07/2023, n. 20986   (CED Cassazione 2023)

Art. 2051 cc (Danno cagionato da cosa in custodia)

 

 

Rilevato che

(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in
giudizio il Comune di Bistagno chiedendo il risarcimento dei danni
conseguenti alla morte di (OMISSIS), rispettivamente padre della
prima e fratello degli altri;

allegavano che:

– il suddetto loro parente era deceduto a causa di una caduta
in corrispondenza di una staccionata sita a delimitazione
della pubblica via e aggettante sul sottostante fiume, in
quanto seduto ovvero appoggiato sulla stessa che era stata
lesionata probabilmente dal contatto accidentale con mezzi
meccanici che avevano urtato le traverse;

– ne derivava, in questa prospettiva, la responsabilità
custodiale dell’ente locale;

il Tribunale, davanti al quale resisteva il Comune, accoglieva la
domanda, con pronuncia riformata dalla Corte di appello secondo
cui, in particolare:

– era risultato dalla consulenza medico-legale resa in sede
d’indagini penali, nell’ambito del procedimento che aveva
portato all’archiviazione, che il deceduto era in stato di
ebbrezza alcolica;

– era rimasta ignota la dinamica dell’evento e con essa le
reali cause dello stesso;

– la complessiva coincidenza logistica ipotizzata tra la
balaustra divelta e il cadavere sottostante, in parte spostato
dall’acqua, non poteva escludere parimenti plausibili
ricostruzioni alternative, connesse allo stato fisico del
soggetto, in passato risultato autore di gesti
anticonservativi, ovvero al gesto doloso di terzi, rimanendo
congetture quelle formulate dalle parti attrici;

– la causa ignota non poteva riverberare sulla responsabilità
custodiale che, sebbene oggettiva, presupponeva la
dimostrazione del nesso causale con la cosa custodita;
avverso questa sentenza ricorrono gli originari attori sulla base
di sei motivi, corredati da memoria;

resiste con controricorso il Comune di Bistagno;

Rilevato che

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa
applicazione dell’art. 342, cod. civ., poiché la Corte di appello
avrebbe errato rigettando l’eccezione d’inammissibilità del gravame
di merito, risultato generico non confrontandosi, come necessario,
con specificate parti della decisione del Tribunale;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2697, 2051, cod. civ., poiché la Corte di
appello avrebbe errato mancando di considerare che la balaustra
era stata comunque idonea a determinare la caduta, tanto più in
quanto risultata lesionata e non omologata quale barriera per il tipo
di strada, in un contesto di mancanza d’illuminazione, segnalazione
e ulteriore protezione ovvero di marcata incuria, mentre non era
stata provata una condotta abnorme della vittima tale da
interrompere l’individuato nesso eziologico;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 360 n. 5, cod. proc. civ., 2697, cod. civ.,
poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare
che gli accertamenti del Dipartimento di Prevenzione dell’ASL di
Alessandria, intervenuto, avevano attestato in giudizio la
compatibilità della caduta con lo stato dei luoghi, quale sopra
rappresentato, con conseguente necessità di leggere tali risultanze
alla luce del criterio d’imputazione causale probabilistico della
responsabilità civile;

con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 360 n. 5, cod. proc. civ., 2697, 2051, cod.
civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di
considerare che, stante la pericolosità della staccionata in custodia,
e la prevedibilità di condotte come quella del danneggiato, il fatto
ignoto, che atteneva alle modalità della caduta e non all’evento
come tale, non poteva esimere l’ente dalla responsabilità;

con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1227, 2697, 2051, cod. civ., poiché la Corte
di appello avrebbe errato mancando di considerare che
l’antecedenza causale delle negligenze amministrative non poteva
essere obliterata e resa irrilevante dal preteso stato di ebbrezza
della vittima, accertato in sede di perizia medico-legale ma
smentito sul piano fattuale dalle deposizioni assunte e in specie da
quella del titolare del bar dove (OMISSIS) era rimasto fino alla sera
dell’evento;

con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 360 n. 5, cod. proc. civ., 2697, 2051, cod.
civ., 40, 41, cod. pen., poiché la Corte di appello avrebbe errato
mancando di considerare che la riferibilità causale in sede civile era
retta dal criterio del “più probabile che non” e non da quello della
“evidenza oltre ogni ragionevole dubbio” di tipo penalistico, sicché
le pronunce del giudice penale non avrebbero potuto avere nel
giudizio in parola alcun rilievo;

Considerato che

il primo motivo di ricorso è in parte inammissibile in parte
infondato;

in primo luogo, parte ricorrente rimanda alla lettura dei
motivi di appello (cfr. pag. 10, ultimo capoverso, del gravame), in
violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., applicabile, quale
norma che regola i generali requisiti di ammissibilità del ricorso,
anche nell’ipotesi di “errores in procedendo” (cfr. Cass.,
06/09/2021, n. 24048, Cass., 29/09/2017, n. 22880);
al contempo, la Corte territoriale ha spiegato (a pag. 6) che
l’appellante si era chiaramente doluto del mancato scrutinio, da
parte del giudice di prime cure, della sussistenza di un presupposto
fattuale dirimente, «costituito dalla partecipazione del manufatto al
determinismo di quanto accaduto e culminato nella morte di (OMISSIS)
Fabio»;

il riferimento della censura qui in scrutinio alla mancata
indicazione specifica delle parti della sentenza contestate, risulta
privo di decisività, qualora, come sottolineato dal Collegio di
seconde cure, siano comunque individuabili l’oggetto e le ragioni
della critica, senza necessità di formule sacramentali, tenuto conto
della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio
di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle
impugnazioni a critica vincolata (Cass., Sez. U., 16/11/2017, n.
27199, e succ. conf.);

né, com’è stato evidenziato in “incipit”, nell’atto di gravame
qui in esame risulta offerta compiuta e specifica dimostrazione
contraria a tale conclusione;

i motivi dal secondo al sesto, da esaminare congiuntamente
per connessione, sono infondati;

la Corte di appello, nell’ambito del suo proprio sindacato di
merito, ha escluso che vi fosse idonea prova anche presuntiva in
ordine alla dinamica del fatto;

in particolare, la Corte territoriale (a pag. 9):
a) ha tenuto in conto delle risultanze della perizia medicolegale da cui era emerso lo stato di ebbrezza della vittima;

b) ha evidenziato che la mera coincidenza logistica, latamente
intesa, tra il punto di ritrovamento del cadavere e la
balaustra, scontava dati incompleti stante in specie lo
spostamento del corpo dovuto all’acqua del fiume, e attesa
la mancanza di una compiuta traccia sulla parete tra la via
e il canale;

c) ha soprattutto spiegato che, come rimarcato anche dal
giudice per le indagini preliminari, non era emerso cosa
fosse successo, «scontando la ricostruzione fattuale plurime
ipotetiche ricostruzioni alternative, e potendo la caduta
addirittura avere una genesi del tutto avulsa dalle anomalie
della recinzione» essendo «magari correlabile causalmente
ad un proposito anticonservativo o ancora al gesto doloso di
terzi»;

quanto al punto sub a) l’evocazione di altri elementi istruttori
palesa l’obiettivo di una rilettura delle risultanze probatorie che
rimane del tutto estranea alla presente sede di legittimità;

quanto ai punti sub b) e c) la distinzione tra modalità
dell’evento ed evento stesso, sostenuta da parte ricorrente, è
artificiosa, posto che le alternative ipotesi modali, nient’affatto
incompatibili logicamente con quella invocata dagli attori, spostano
all’evidenza le conclusioni da trarre;

resta da vagliare la corretta collocazione giuridica del fatto
ignoto;

qualora rimanga ignota una circostanza direttamente incidente
sull’imputabilità eziologica dell’evento dannoso, anche in chiave
probabilistica come corretto in sede di scrutinio della responsabilità
civile, è chiaro, per un motivo prima logico che giuridico, che dovrà
concludersi per la mancata dimostrazione del nesso oggettivo,
primo onere probatorio della parte istante (v. Cass., 01/02/2018,
n. 2480, e succ. conf., in un caso nel quale è stata confermata la
statuizione di merito che aveva escluso la responsabilità in capo
all’ente proprietario e gestore della strada, per i danni patiti dal
superamento del pur regolare “guardrail” da parte del conducente
di un veicolo, che aveva perso per causa ignota il controllo del
mezzo, profilo nell’ipotesi dirimente; cfr., sia pure in distinto
contesto di responsabilità civile, Cass., 11/11/2019, n. 28991, pag.
11, dal rigo 5);

è infatti evidente che, qualora fosse stato, come appunto
parimenti plausibile, un gesto “anticonservativo” o doloso di un
terzo, non potrebbe in alcun modo affermarsi l’imputabilità causale
al custode della staccionata sebbene non manutenuta, emergendo
una condotta del danneggiato che integra una serie causale del
tutto autonoma rispetto alla cosa in custodia, anche a mente dei
generali principî evincibili dagli artt. 40 e 41 cod. pen. (Cass.,
07/07/2022, n. 21563);

quanto appena osservato rivela, nello stesso tempo, la
differenza tra responsabilità inerente all’amministrazione della cosa
pubblica – cui ricondurre la necessità di una manutenzione della via
pubblica e dei manufatti a recinzione della stessa, così come la
relativa segnalazione ovvero illuminazione – e la diversa
responsabilità risarcitoria civile per i danni che uno specifico
soggetto abbia subìto;

spese secondo soccombenza;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla
rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate
in euro 2.500,00 oltre a 200,00 euro per esborsi, 15% di spese
forfettarie e accessori legali.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da
giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte
dei ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11/05/2023.