Ordinanza 21111/2022
Lodo promosso dal promittente venditore ai sensi dell’art. 2932 cc per l’inadempimento del promittente acquirente
Il lodo, promosso dal promittente venditore ai sensi dell’art. 2932 c.c., per l’inadempimento del promittente acquirente, che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore di quest’ultimo, subordinatamente al pagamento da parte sua del corrispettivo pattuito, è soggetto a imposta in misura fissa, in applicazione dell’art. 27, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986, ove venga accertato che il lodo abbia subordinato l’efficacia del trasferimento alla volontà di una parte che è sempre rimasta inadempiente non avendo mai voluto, né potuto, adempiere l’obbligazione assunta con il contratto preliminare, sicché tale condizione sospensiva non può qualificarsi come meramente potestativa.
Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Ordinanza 4-7-2022, n. 21111 (CED Cassazione 2022)
Art. 2932 cc (Esecuzione specifico dell’obbligo di concludere un contratto) – Giurisprudenza
RITENUTO CHE:
la controversia ha ad oggetto un avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate tassava il lodo arbitrale n. 15/2010, emesso dall’Arbitro unico avv. (OMISSIS) a titolo di imposta di registro, ipotecaria e catastale; con il lodo (OMISSIS) s.r.l. veniva condannata, ai sensi dell’art. 2932 c.c., a pagare in favore di (OMISSIS), odierno controricorrente, l’importo di Euro 600.000,00, quale corrispettivo residuo di un contratto preliminare di vendita di beni immobili, rimasto inadempiuto proprio per il mancato pagamento del prezzo; sul lodo l’Agenzia delle Entrate aveva liquidato l’imposta principale nella misura dell’8% sulla base imponibile costituita dal complessivo prezzo del trasferimento;
la CTP di Genova, adita dal contribuente, aveva accolto il ricorso sul rilievo che: l’efficacia del trasferimento immobiliare doveva ritenersi sottoposta alla condizione sospensiva potestativa del pagamento del corrispettivo, con la conseguenza che il lodo al momento della sua pronuncia non era produttivo di alcun trasferimento di diritti immobiliari;
la C.T.R. della Liguria confermava la pronuncia di primo grado sulla base delle medesime motivazioni e affermava che il trasferimento immobiliare presupposto dei tributi richiesti non si era realizzato;
avverso la sentenza ricorre l’Agenzia delle Entrate proponendo un unico motivo di impugnazione, mentre il contribuente si costituisce con controricorso e deposita memoria difensiva.
CONSIDERATO CHE:
1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 27, comma 3, del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 e 1 della Tariffa ad esso allegata, nonché dell’art. 2932 c.c.; in proposito, evidenzia che: è pacifico che il lodo arbitrale abbia subordinato la sua efficacia al pagamento del prezzo da parte dell’acquirente; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, art. 27, comma 3, non sono considerati sottoposti alla condizione sospensiva, tra l’altro, gli atti sottoposti alla condizione che ne fanno dipendere gli effetti dalla mera volontà dell’acquirente; ne consegue che, ai fini fiscali, la condizione è come se non ci fosse.
2. Nel controricorso il contribuente eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del motivo di impugnazione proposto sotto un duplice profilo: sia perchè l’atto di liquidazione impugnato era privo di qualsiasi riferimento all’apposizione di una condizione o di un termine, sia perchè solo in sede di legittimità l’Agenzia delle Entrate ha introdotto l’eccezione relativa alla natura meramente potestativa della condizione apposta al contratto. Nel merito contesta la fondatezza del ricorso, escludendo che la condizione apposta al lodo possa qualificarsi come meramente potestativa ed evidenziando come la società promissaria acquirente si sia opposta giudizialmente al trasferimento del bene, circostanza incompatibile con tale qualificazione. Ritiene che nella specie l’atto oggetto di imposizione debba essere regolato dall’art. 27, comma 1, del d.p.r. n. 131 del 1986 che prevede il pagamento dell’imposta in misura fissa.
3. Il Collegio ritiene preliminarmente infondate le eccezioni di inammissibilità. Con riguardo alla prima, relativa al mancato riferimento nell’avviso di liquidazione all’esistenza di una condizione sospensiva cui era sottoposto il trasferimento immobiliare, si rileva che l’atto oggetto dell’imposizione è un lodo arbitrale richiesto proprio dal contribuente, in qualità di promittente venditore, per ottenere, ai sensi dell’art. 2932 c.c., la condanna della società promittente acquirente al pagamento del prezzo. In proposito il Collegio condivide l’orientamento di legittimità, secondo cui: “l’avviso di liquidazione emesso ex art. 54, comma 5, del d.P.R. n. 131 del 1986, in relazione a un atto giudiziario deve contenere l’indicazione dell’imponibile, l’aliquota applicata e l’imposta liquidata, ma non deve necessariamente recare, in allegato, la sentenza o il suo contenuto essenziale rispondendo l’obbligo di motivazione di cui allo St. contr., art. 7, all’esigenza di garantire il pieno e immediato esercizio delle facoltà difensive del contribuente, senza costringerlo ad attività di ricerca, e non riguardando perciò atti o documenti da lui conosciuti o conoscibili, sempre che il contenuto delle informazioni fornite garantisca la conoscenza dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa fiscale e si tratti di informazioni facilmente intellegibili” (da ultimo v. Sez. 5, n. 239/2021, Rv. 660232 – 01, Sez. 6 – 5, n. 30084/2021, Rv. 662820 – 01). Si osserva che nella specie il contribuente non ha chiarito come tale omissione riguardante l’esistenza della condizione sospensiva abbia inficiato negativamente sulla propria difesa, incentrata principalmente su tale aspetto e spiegata molto compiutamente da quanto emerge dagli atti. Ne consegue il rigetto dell’eccezione.
4. Analogamente va respinta la seconda eccezione di inammissibilità sollevata dal contribuente controricorrente, vertente sull’introduzione solo in sede di legittimità da parte dell’Agenzia delle Entrate dell’eccezione relativa alla natura meramente potestativa della condizione apposta al contratto, laddove, invece nei due gradi del merito aveva spiegato le proprie difese sostenendo che al contratto fosse stato apposto un termine. Ritiene il Collegio che la difesa, incentrata sulla natura della condizione apposta, sia derivata necessariamente dagli esiti conformi dei giudizi di merito nel senso dell’esistenza, all’interno del lodo arbitrale, di un elemento accidentale sospensivo degli effetti del negozio traslativo. Il Collegio, in linea con un consolidato indirizzo di legittimità, ritiene che in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi di violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui all’art. 1362 e ss. c.c..
Ne consegue che il ricorrente per cassazione deve, non solo, fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali (Sez. 3, n. 1547/2019, Rv. 652472 – 01, Sez. 1, n. 27136/2017, Rv. 646063 – 01, Sez. L, n. 17168/2012, Rv. 624345 – 01). Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate si è attenuta a tali principi, in quanto nel ricorso per cassazione ha affermato che la condizione apposta fosse da qualificare come meramente potestativa, fornendo, non solo, la propria interpretazione giuridica, ma indicando gli elementi desumibili dagli atti su cui ha basato la propria interpretazione. Non si tratta, dunque, di fatti nuovi o censure introdotti per la prima volta in sede di legittimità. Va rigettata, pertanto, anche tale eccezione preliminare sollevata dal controricorrente.
5. Il motivo di ricorso è infondato. Nella disciplina dell’imposta di registro vige il principio generale per cui l’assenza di effetto traslativo definitivo non impedisce la tassazione che, comunque, deve essere effettuata in ragione del contenuto economico dell’atto surrogato dalla sentenza, come si ricava dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, artt. 27 e 37. Ai sensi del citato art. 27, gli “atti sottoposti a condizione sospensiva sono registrati con il pagamento dell’imposta in misura fissa” (art. 27, comma 1), salvo pagamento della differenza nel momento in cui si verifica la condizione (art. 27, comma 2); tuttavia, “Non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva… gli atti sottoposti a condizione che ne fanno dipendere gli effetti dalla mera volontà dell’acquirente” (art. 27, comma 3). Diversamente, ove l’avverarsi della condizione dipenda dalla mera volontà dell’alienante (art. 27, comma 4), l’imposta è pagata in misura fissa in ragione della nullità di una condizione rimessa al mero arbitrio di una delle parti.
Nel caso in esame, a seguito dell’inadempimento della società promittente acquirente al pagamento del prezzo, il promittente venditore, odierno controricorrente, ha ottenuto un lodo arbitrale che ha disposto: la condanna della società a pagare il resto del corrispettivo (pari ad Euro 600.000,00); il trasferimento della piena proprietà dal contribuente alla società. Il lodo ha, poi, subordinato gli effetti della pronuncia, resa ai sensi dell’art. 2932 c.c., al pagamento del prezzo.
5.1. La qualificazione della condizione del pagamento del prezzo da parte dell’acquirente in termini di condizione potestativa semplice o meramente potestativa impone una verifica della situazione concreta in cui è stata apposta ed anche di tenere conto che la condizione non è stata concordata dalle parti, ma posta all’esito di un lodo arbitrale. In fatto, ora, è pacifico che il promittente venditore ha chiesto l’esecuzione forzata in forma specifica, in quanto la società promittente acquirente è risultata inadempiente ad un’ingiunzione di pagamento (decreto ingiuntivo, verbali da cui risulta che la società acquirente non ha beni e che risulta cancellata dal registro delle imprese, pag. 13 del controricorso). è da ritenere, quindi, che il trasferimento del bene, sia stato nel lodo arbitrale subordinato al pagamento del prezzo proprio alla luce dell’inadempienza dell’acquirente, al fine di evitare che il trasferimento coattivo, disposto ai sensi dell’art. 2932 c.c., chiesto dal venditore si traducesse in un suo danno.
5.2. Ritiene il Collegio di dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale, secondo cui: “La condizione è “meramente potestativa” quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l’assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto, mentre si qualifica “potestativa” quando l’evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato” (Sez. 5, n. 30143/2019, Rv. 655927 – 01, Sez. 3, n. 18239/2014, Rv. 632069 – 01, Sez. 2, n. 11774/2007, Rv. 597374 – 01).
Il mancato pagamento del prezzo, nella specie, è dipeso da seri e apprezzabili motivi, consistenti nell’incapienza del patrimonio della società promittente acquirente. Tale incapienza attiene, dunque, ad una condizione della società che prescinde dalla volontà o meno della stessa di adempiere e che sussisteva in epoca anteriore all’emissione del lodo. Non vi sono elementi, pertanto, per ritenere che la condizione sospensiva, come accertata dai giudici del merito fosse meramente potestativa e, quindi, da considerare, ai fini tributari, come non apposta per effetto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, art. 27, comma 3.
Non si ritiene che colgano nel segno i richiami giurisprudenziali (Sez. 5, n. 8544/2014, Rv. 630115 – 01, Sez. 5, n. 4627/2003 Rv. 561527 – 01) effettuati dall’Agenzia delle Entrate, i quali non possono neanche ritenersi difformi rispetto a quanto sopra affermato. Le pronunce sono state rese, infatti, nella diversa ipotesi in cui il promissario acquirente abbia richiesto e ottenuto, ex art. 2932 c.c., una sentenza produttiva degli effetti del contratto, non concluso, di trasferimento oneroso della proprietà di un immobile. Esse coerentemente affermano che in tali ipotesi “le ragioni di convenienza o meno ad effettuare il detto pagamento sono già state oggetto di valutazione prima dell’iniziativa giudiziaria (n.d.r. da parte del promittente acquirente) e sono pertanto divenute irrilevanti, con la conseguenza che il versamento del prezzo è ormai assimilabile ad una condizione meramente potestativa, come tale ininfluente ai fini fiscali, ai sensi del citato Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, art. 27, comma 3”. Nel caso in esame, invece, come già ripetuto, si tratta di un lodo ottenuto dal promittente venditore, sempre ai sensi dell’art. 2932 c.c., per il persistente inadempimento dell’acquirente per le ragioni sopra esposte.
Come anche affermato dalla Cass., Sez. 5, n. 8544 del 2014, Rv. 630115 – 01, richiamata dall’Agenzia delle Entrate, la condizione è meramente potestativa quando una delle parti può decidere direttamente in ordine alla sorte del contratto, ipotesi che, tuttavia, come chiarito non ricorre nel caso in esame, stante la pacifica incapienza patrimoniale della società promittente acquirente.
Può, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto: “Il lodo, promosso dal promittente venditore ai sensi dell’art. 2932 c.c., per l’inadempimento del promittente acquirente, che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore di quest’ultimo, subordinatamente al pagamento da parte sua del corrispettivo pattuito, è soggetto a imposta in misura fissa, in applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, art. 27, comma 1. Non può, infatti, qualificarsi come meramente sospensiva tale condizione potestativa, ove venga accertato che il lodo abbia subordinato l’efficacia del trasferimento alla volontà di una parte che è sempre rimasta inadempiente non avendo mai voluto, nè potuto adempiere l’obbligazione assunta con il contratto preliminare”. Segue il rigetto del ricorso e la conferma della sentenza impugnata.
6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
1) rigetta il ricorso;
2) condanna l’Agenzia delle Entrate a pagare a (OMISSIS) le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo complessivo di Euro 4000,00, per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario e accessori di legge.
Così deciso in Roma, 26 aprile 2022