Sentenza 21129/2012
Conflitto tra la facoltà di chiusura del fondo servente e le facoltà del titolare di servitù di passaggio
Il conflitto tra il proprietario del fondo servente, cui è assicurata dall’art. 841 cod. civ. la facoltà di chiusura del fondo, e il titolare della servitù di passaggio è regolato dall’art. 1064, secondo comma, cod. civ., nel senso di garantire a quest’ultimo il libero e comodo esercizio della servitù, in base ad un bilanciamento che tenga conto del contenuto specifico del diritto reale di godimento, delle precedenti modalità del suo esercizio, dello stato e della configurazione dei luoghi. Ne consegue che, con riguardo a domanda proposta da un parroco, quale rappresentante legale di una determinata comunità di fedeli, al fine di ottenere la rimozione di opere di recinzione apposte su di una strada, sulla quale la chiesa, appartenente alla parrocchia, ha diritto di passaggio, il giudice, nel valutare in quale misura le modalità di chiusura del fondo finiscano per compromettere tale diritto, deve considerare come lo stesso passaggio sia funzionale all’esercizio della fondamentale ed inviolabile libertà religiosa dei frequentatori del luogo di culto, che il parroco è legittimato a far valere in giudizio.
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 28-11-2012, n. 21129 (CED Cassazione 2012)
Art. 841 cc (Chiusura del fondo) – Giurisprudenza
RITENUTO IN FATTO
1. – Accogliendo l’azione proposta dal Mons. (OMISSIS), nella qualità di parroco della chiesa di Santa Maria a (OMISSIS) e di rappresentante della comunità dei fedeli della contrada Osservatorio in (OMISSIS), il Tribunale di Napoli ha condannato l’Osservatorio (OMISSIS) ad eliminare le strutture poste in essere in prossimità del Nuovo Osservatorio e della chiesa del Santissimo Salvatore, quest’ultima di proprietà della chiesa di Santa Maria a (OMISSIS), e precisamente la cancellata metallica ed il cancello scorrevole che impediscono e rendono disagevole l’accesso al sagrato e alla chiesa del Santissimo Salvatore, nonchè a restituire in favore della parte attrice l’intera torre campanaria con ogni locale annesso.
2. – La Corte di Napoli, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 25 luglio 2005, ha accolto l’appello dell’Osservatorio (OMISSIS), riformando la pronuncia di primo grado e rigettando la domanda proposta dalla chiesa di Santa Maria e dalla comunità dei fedeli.
La Corte distrettuale – dopo avere preliminarmente riconosciuto che la parrocchia di Santa Maria a (OMISSIS), avente personalità giuridica, è legalmente rappresentata dal Mons. (OMISSIS), che ha sostituito il Mons. (OMISSIS) nelle more del giudizio – ha escluso la legittimazione attiva della comunità dei fedeli, “in quanto essa non ha titolo a sostegno delle ragioni della chiesa di Santa Maria”.
Nel merito, la Corte d’appello ha rilevato:
– che la proprietà dell’Osservatorio (OMISSIS) include il corpo di fabbrica attiguo alla chiesa, composto da due piani fuori terra di vani 6,5, e l’area antistante la chiesa utilizzata come sagrato;
– che la cancellata metallica e il cancello scorrevole, installati dall’Osservatorio (OMISSIS) per ragioni di protezione dei costosi strumenti ivi esistenti da azioni vandaliche, non rendono meno agevole l’accesso all’edificio di culto da parte dei fedeli e dello stesso sacerdote;
– che, quanto alla ed. torre campanaria, non si tratta di un locale destinato ad accogliere una campana per richiamare i fedeli a raccolta, ma di un semplice arco posto alla sommità del muro perimetrale del corpo di fabbrica adiacente alla chiesa, di proprietà dell’Osservatorio (OMISSIS);
– che il vano di accesso al coretto della chiesa, esistente nei tempi passati, era stato demolito durante i lavori legittimamente eseguiti dall’Osservatorio nell’ambito della proprietà acquistata.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il Mons. (OMISSIS), nella duplice qualità, ha proposto ricorso, sulla base di sei motivi.
L’intimato Osservatorio ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato, affidato a quattro motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Preliminarmente, il ricorso principale ed il ricorso incidentale condizionato devono essere riuniti, essendo entrambe le impugnazioni riferite alla stessa sentenza.
2. – Con il primo motivo, il ricorrente in via principale, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, si duole che la Corte territoriale abbia escluso la legittimazione ad agire della comunità dei fedeli della contrada Osservatorio in (OMISSIS), all’uopo rappresentata dal parroco.
2.1. – Il motivo è fondato.
L’azione diretta ad ottenere la rimozione delle opere materiali (nella specie, recinzione con una cancellata metallica apposta su una strada sulla quale la proprietà della chiesa ha il diritto di passaggio) che impediscono o rendono disagevole l’accesso ad un edificio destinato all’esercizio pubblico del culto, attiene alla tutela del diritto costituzionale di libertà religiosa, il quale si esprime anche nel diritto all’uso e alla frequenza degli edifici di culto, tanto collettivamente sul piano comunitario quanto individualmente (art. 19 Cost.).
Si tratta di un’azione che, mirando all’eliminazione degli ostacoli materiali che si frappongono all’esercizio effettivo della libertà di culto, spetta anche a chi abbia la rappresentanza della comunità dei fedeli secondo l’ordinamento proprio di quella confessione.
Là dove, come nella specie, venga in considerazione una comunità di fedeli costituita stabilmente nell’ambito di una chiesa particolare, la rappresentanza dell’aggregazione comunitaria religiosa compete al parroco, ossia all’ecclesiastico preposto all’officiatura dell’edificio destinato all’esercizio pubblico del culto cattolico, come questa Corte ha già altra volta riconosciuto (Sez. Un., 5 dicembre 1973, n. 3316; Sez. 1, 21 dicembre 1984, n. 6652) e come è confermato dal nuovo codice di diritto canonico (v., in particolare, il can. 515, che definisce la parrocchia come “una determinata comunità di fedeli”, e il can. 532, che attribuisce al parroco la rappresentanza legale della parrocchia).
Nè può convenirsi con la difesa del controricorrente, secondo cui, poichè nella specie sarebbe stata esercitata un’azione reale, la negatoria servitutis, la legittimazione processuale attiva spetterebbe esclusivamente all’ente proprietario della chiesa, e quindi al parroco, ma non nella sua veste di rappresentante della comunità dei fedeli.
Il presupposto da cui muove il rilievo della difesa erariale è inesatto.
Infatti – come è possibile desumere dalla semplice lettura dell’atto di citazione, con cui è stato introdotto il giudizio di primo grado innanzi al Tribunale di Napoli – il parroco, lamentando che per effetto delle turbative poste in essere, costituite dall’apposizione della recinzione e dalla cancellata, “la facoltà dei fedeli all’ammissione all’esercizio del culto” soffre “notevole riduzione”, ha agito, prima ancora che a tutela delle ragioni proprietarie della chiesa del Santissimo Salvatore, appartenente alla parrocchia di Santa Maria a (OMISSIS), per difendere l’interesse non patrimoniale della comunità particolare di quel dato territorio che si riconosce nella confessione cattolica, ad accedere alla chiesa senza gli ostacoli materiali che impediscono o rendono disagevole l’esercizio della libertà religiosa.
3. – Il secondo mezzo del medesimo ricorso lamenta, sotto il profilo della violazione di legge (artt. 832 e 841 cod. civ.) e del vizio di motivazione, che la sentenza impugnata non abbia considerato che l’apposizione della recinzione metallica e del cancello preclude l’agevole accesso all’edificio di culto da parte dei fedeli e dello stesso sacerdote, stante la necessità, da parte di costoro, di usare il campanello del citofono esistente e di attendere la risposta dell’addetto all’Osservatorio e l’esame dei motivi per i quali si richiede l’apertura.
3.1. – Il motivo è fondato, nei termini di seguito precisati.
Sono pacifiche in fatto le seguenti circostanze: (a) l’Osservatorio (OMISSIS) ha ottenuto da parte dell’Amministrazione provinciale di Napoli la concessione in uso del tratto di strada provinciale adiacente al complesso immobiliare in cui è compresa anche la chiesa del Santissimo Salvatore; (b) l’Osservatorio ha provveduto a chiudere l’ultimo tratto di strada, apponendovi un cancello elettrico; (c) alla chiesa si accede unicamente dalla strada provinciale attraverso il detto cancello elettrico.
Non è in discussione il diritto del titolare della chiesa, e di coloro che intendono accedervi, di continuare a utilizzare il passaggio sull’ultimo tratto della strada provinciale, regolato dal cancello automatico: un diritto ammesso dalla giurisprudenza di questa Corte, che riconosce il permanere in vita, nonostante la (sde-manializzazione e, a fortiori, la) concessione in uso della strada pubblica, del diritto di passaggio dei frontisti, con il permanere in fatto della situazione precedente (Cass., Sez. 1, 20 aprile 1964, n. 926).
Ciò di cui si controverte è se tale diritto di passaggio soffra limitazioni nel suo contenuto per effetto dell’apposizione del cancello: se cioè – per mutuare il linguaggio adoperato dal codice in materia di servitù (art. 1064, comma 2), al quale le parti ricorrono nei loro atti di ricorso e di controricorso – l’ingresso ed il transito siano, nonostante la chiusura, egualmente liberi e comodi.
La Corte del merito è giunta alla conclusione che “l’esistenza della cancellata metallica e del cancello scorrevole, posti in essere dall’Osservatorio (OMISSIS) per evidenti ragioni di protezione di costosi strumenti ivi esistenti, non rende … meno agevole l’accesso all’edificio di culto da parte dei fedeli e dello stesso sacerdote, in quanto essi liberamente possono raggiungere il luogo di culto attraverso il cancello scorrevole che delimita gli spazi liberi da costruzione, di proprietà dell’Osservatorio (OMISSIS)”.
L’affermazione della Corte di Napoli è insufficientemente motivata in punto di fatto, perchè non da conto del percorso argomentativo che la sostiene, non evidenziando le modalità attraverso le quali in concreto avviene il passaggio, da parte del sacerdote e dei fedeli, attraverso il cancello scorrevole e non precisando se al parroco sia stata consegnata una chiave del cancello. è da rilevare, al riguardo, che, nel pervenire a detta conclusione, il giudice del gravame neppure convalida in fatto la deduzione della difesa dell’Osservatorio, secondo cui in occasione delle funzioni religiose detto cancello sarebbe tenuto costantemente aperto dal personale dell’Osservatorio addetto alla sorveglianza diurna e notturna.
D’altra parte, il giudice del merito non si confronta con l’indagine eseguita dal consulente tecnico d’ufficio, il quale, giungendo all’opposta conclusione di un accesso reso “sicuramente … meno comodo” per effetto delle opere poste in essere dall’Osservatorio, ha rilevato come, per potere accedere alla chiesa, il sacerdote ed i fedeli debbano ogni volta suonare al citofono, annunciarsi al custode spiegando il motivo dell’entrata nell’area recintata ed attendere l’apertura del cancello.
Si tratta di una circostanza obiettiva acquisita alla causa la quale, ove non contraddetta da altre risultanze processuali (su cui la sentenza impugnata tace del tutto), avrebbe dovuto condurre ad una decisione diversa da quella adottata.
Invero, nell’ambiente delle servitù, nel quale l’esperienza giurisprudenziale, sulla scia del codice, traccia le coordinate per la risoluzione dei conflitti prediali nascenti dalla chiusura del fondo, il proprietario del fondo dominante non può dolersi di un minimo disagio che gli derivi da quella chiusura, sicchè non si verifica un aggravamento della servitù quando il proprietario chiuda il fondo servente dotandolo di un cancello, sempre che, trattandosi di un cancello automatico, provveda all’installazione di un citofono o di un altro meccanismo di apertura a distanza (Cass., Sez. 2, 11 novembre 2002, n. 15796; Cass., Sez. 2, 24 novembre 2003, n. 17875), in alternativa alla consegna delle chiavi (Cass., Sez. 2, 27 giugno 2011, n. 14179).
Ma anche in quell’ambiente e in quella logica, è necessario che, chiuso il fondo, i congegni automatici di apertura a distanza, installati dal proprietario del fondo servente, siano direttamente utilizzabili dal proprietario del fondo dominante (Cass., Sez. 2, 5 novembre 1990, n. 10609); occorre, inoltre, tener conto – valutando anche le esigenze abitative che si realizzano nel fondo – dell’accesso dei visitatori (Cass., Sez. 2, 1 giugno 1990, n. 5163), giacchè il libero e comodo accesso va valutato con riguardo ad una “normalità” di relazioni sociali e di rapporti intrattenuti con i terzi dal proprietario del fondo dominante e dai suoi familiari (Cass., Sez. 2, 24 novembre 2003, n. 17875).
Il potenziale conflitto tra il proprietario del fondo servente, al quale è assicurata la facoltà, in qualunque tempo (art. 841 cod. civ.), di modificare la trama del tessuto delle relazioni tra la propria attività e quella degli altri, chiudendo il fondo, e il titolare della servitù di passaggio, è quindi risolto (art. 1064 cod. civ. , comma 2) garantendo a quest’ultimo il libero e comodo esercizio di tale servitù, in base ad un bilanciamento da effettuare – come insegna la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2, 18 dicembre 2001, n. 15977) – tenendo conto del contenuto specifico del diritto reale di godimento, delle precedenti modalità del suo esercizio e dello stato e della configurazione dei luoghi.
La necessità che sia assicurato un accesso senza intralci e senza necessità di preventive domande ed atti di assenso vale tanto più nella presente vicenda, nella quale si è al di fuori di un conflitto tipicamente prediale. A fronte della proprietà dell’Osservatorio (con le sue facoltà di recingere il fondo e di chiudere con un cancello l’ultimo tratto della strada provinciale ad esso concesso in uso dalla competente Amministrazione provinciale), qui stanno, infatti, i titolari del diritto, fondamentale ed inviolabile, all’esercizio della libertà religiosa, che si manifesta con il culto pubblico nei luoghi a ciò deputati, diritto al cui soddisfacimento è funzionale il diritto di transito sulla strada del quale gode la chiesa che si affaccia sulla stessa.
Il bilanciamento che il giudice del merito deve ricercare ai fini della valutazione di un accesso che deve rimanere comunque libero e comodo, va effettuato tenendo conto di tutti gli interessi coinvolti e della loro natura: delle esigenze di sicurezza sottese alla apposizione della recinzione e della cancellata (dettata, come ha messo in luce il giudice a quo, da “evidenti ragioni di protezione” degli strumenti e delle attrezzature contenuti nell’edificio dell’Osservatorio, situato in luogo poco frequentato ed “esposto ad azioni vandaliche”), ma anche dei diritti di libertà della persona che si esprimono con l’accesso alla chiesa, e ciò in un ordinamento, quale il nostro, che declina la laicità dello Stato non come forma di indifferenza e di estraneità dinanzi alle religioni, ma come “garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale” (Corte cost., sentenza n. 203 del 1989), ed in cui lo Stato ha assunto “il compito di garantire le condizioni che favoriscano l’espansione della libertà di tutti e, in questo ambito, della libertà di religione” (Corte cost., sentenza n. 334 del 1996).
Nella specie – se la situazione di fatto è quella descritta dal c.t.u. – questo bilanciamento mancherebbe, perchè la Corte di Napoli, chiamata ad individuare un significato di aggravamento o di ostacolo all’esercizio del diritto di transito adeguato alla fattispecie nella sua pregnanza concreta, avrebbe omesso di attingere, a tal fine, al contenuto di valore dei principi costituzionali coinvolti, non considerando la funzione integrativa che detti principi svolgono sul piano interpretativo, anche nei rapporti disciplinati dal diritto privato.
Nella situazione di fatto risultante dalla c.t.u., la valorizzazione delle virtualità propulsive della Costituzione avrebbe dovuto condurre a ritenere che l’apposizione del citofono per permettere il passaggio attraverso la strada provinciale, chiusa da una cancellata, che conduce alla chiesa, e con apertura gestita direttamente dal fondo che ha avuto in concessione l’uso di quel tratto, non garantisce una equilibrata salvaguardia dell’effettività e della pienezza del diritto di libertà religiosa di coloro che intendono accedere alla chiesa.
Ciò per un triplice ordine di considerazioni.
In primo luogo perchè l’ingresso postula, ogni volta, la collaborazione del personale addetto alla custodia dell’Osservatorio (OMISSIS), che, rispondendo alla chiamata, provveda all’apertura a distanza del cancello, finendosi così con il rimettere all’organizzazione del proprietario di quel fondo l’esercizio in concreto di una libertà costituzionale.
In secondo luogo perchè lo stesso meccanismo di apertura a distanza ed a richiesta, anche quando non implichi una previa identificazione, costringe colui che voglia recarsi, anzichè nei locali dell’Osservatorio, in chiesa, a rivolgere una domanda di ingresso ad un terzo estraneo, e quindi interrompe quella immediatezza del rapporto dell’individuo con la coscienza e con le intime convinzioni che si ha in presenza del compimento, da parte sua, di un atto di significato religioso.
Infine, perchè il meccanismo installato da parte dell’Osservatorio, non essendo accompagnato neppure dalla consegna delle chiavi al parroco, non consente a quest’ultimo di accedere, liberamente e senza l’intermediazione di terzi, alla chiesa per organizzarvi e svolgervi i servizi religiosi nell’interesse di chi si riconosce nella sua confessione.
4. – Con il terzo motivo (erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione) si censura che sia stata trascurata la circostanza, risultante dalla c.t.u. in primo grado e dalle allegate riproduzioni fotografiche, che la torre campanaria costituisce un tutt’uno con il fabbricato della chiesa e quindi rappresenta, ai sensi dell’art. 817 cod. civ., pertinenza di questa. Con il quarto motivo (violazione dell’art. 831 cod. civ.) si sostiene che il sagrato, facendo parte dell’edificio di culto cattolico, non poteva far parte della superficie di terreno trasferita in proprietà all’Osservatorio. Il quinto mezzo (vizio di omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia) censura la totale mancanza di motivazione in ordine al rigetto della domanda finalizzata alla restituzione dell’accesso al coretto e alla torre campanaria, illegittimamente demolito e mai più ricostruito da parte dell’Osservatorio.
4.1. – I motivi – i quali involgono l’aspetto reale della tutela azionata dal parroco non anche nella sua veste di rappresentante della comunità dei fedeli – sono infondati.
La Corte territoriale, all’esito del motivato apprezzamento delle risultanze probatorie, tenendo conto della documentazione prodotta e della relazione del consulente tecnico, è giunta alle seguenti conclusioni: (a) non ci si trova di fronte ad una vera e propria torre campanaria, ma ad una struttura bidimensionale priva di spazio interno e non avente un proprio autonomo ingresso: infatti, i locali sottostanti che ospitano il vano scala del fabbricato adiacente la chiesa non consentono di accedere direttamente alla campana; (b) con l’atto per notar (OMISSIS) del (OMISSIS) l’Osservatorio (OMISSIS) ha acquistato anche tali locali; (c) il coretto non è stato incorporato nel fabbricato dell’Osservatorio (OMISSIS) (nè avrebbe potuto esserlo, essendo una struttura interna alla chiesa, un tempo ubicato sulla controfacciata della stessa); (d) l’area antistante la chiesa, di fatto utilizzata come sagrato dell’edificio di culto, risulta, in base al citato atto notarile, di proprietà dell’Osservatorio (OMISSIS).
I motivi di ricorso finiscono con il prospettare ed il richiedere un apprezzamento dei fatti diverso da quello operato dalla Corte d’appello, peraltro sulla scorta delle risultanze della c.t.u. espletata in primo grado e del titolo di proprietà prodotto in giudizio dall’Osservatorio.
5. – Il sesto motivo è proposto per il caso in cui l’affermazione testuale “nel caso di specie l’azione era improponibile sotto il citato art. 949 cod. civ., trattandosi di semplice molestia, come veniva evidenziato dall’attrice con l’atto introduttivo”, contenga l’espressione di una pronuncia di inammissibilità anzichè l’esposizione riassuntiva della tesi prospettata dall’appellante.
5.1. – La censura è inammissibile, perchè non investe alcuna statuizione decisoria contenuta nella sentenza impugnata, ma una semplice affermazione riferita dalla sentenza alla difesa dell’appellante Osservatorio.
6. – Atteso l’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, occorre esaminare il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato. Con il primo mezzo (violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.), l’Osservatorio lamenta l’omessa pronuncia sul motivo di gravame con il quale si denunciava l’erroneità della sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’actio nega tori a ex art. 949 cod. civ.. Il secondo motivo, proposto in via alternativa (per il caso in cui si ritenga che la Corte d’appello abbia implicitamente pronunziato sull’eccezione, rigettandola), denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 949 cod. civ., comma 2, giacchè l’actio negatoria, non soccorre il proprietario del bene nell’ipotesi in cui, ancorchè si verifichi una molestia o un turbamento del possesso o del godimento del bene, la turbativa non si sostanzi in una pretesa di diritto sulla cosa, essendo apprestati in tal caso a favore del proprietario altri rimedi di carattere essenzialmente personale.
6.1. – L’uno e l’altro motivo sono infondati, giacchè dall’esame diretto dell’atto di citazione risulta per tabulas che, al di là del nomen “negatoria” adoperato, il parroco ha agito in giudizio chiedendo la riduzione in pristino dello stato dei luoghi e l’adozione di provvedimenti volti ad assicurare, a difesa degli interessi religiosi della comunità dei fedeli, l’agevole accesso alla chiesa, di proprietà della parrocchia, destinata al culto pubblico.
7. – Per effetto del rigetto del terzo, del quarto e del quinto motivo del ricorso principale resta assorbito l’esame degli altri motivi del ricorso incidentale dell’Osservatorio: del terzo (violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.), con cui lamenta che la Corte d’appello abbia omesso di pronunciare sul motivo con il quale si deduceva che, nella specie, non sono in contestazione l’area ed i beni di proprietà dell’Osservatorio; e del quarto (violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ.), con cui si duole che la Corte d’appello abbia rigettato nel merito le domande e di natura petitoria aventi ad oggetto la torre campanaria, anzichè annullare la sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato.
3. – La sentenza è cassata in relazione alle censure accolte.
La causa va di conseguenza rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.
Il giudice del rinvio provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il terzo, il quarto ed il quinto motivo e dichiara inammissibile il sesto; rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 ottobre 2012.