Sentenza 21218/2022
Assicurazione contro i danni – Surrogazione legale dell’assicuratore – Accordo transattivo intercorso con l’assicurato
Nel giudizio di surrogazione proposto dall’assicuratore nei confronti del terzo responsabile, il primo assume la medesima posizione che, in un giudizio di danno, avrebbe assunto l’attore danneggiato, sicché su di lui incombe l’onere di provare l’esistenza e l’entità del danno, non essendo a tal fine sufficiente l’esibizione di un accordo transattivo raggiunto con l’assicurato, atteso che, da un lato, tale accordo non può produrre effetti “de iure tertii” in danno del responsabile e, dall’altro, la transazione, esigendo reciproche concessioni, è per definizione inidonea a dimostrare l’entità effettiva del pregiudizio.
Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 5-7-2022, n. 21218 (CED Cassazione 2022)
Art. 1965 cc (Transazione) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2007 (OMISSIS), agendo su incarico di (OMISSIS), affidò alla società di trasporti (OMISSIS) s.r.l. (d’ora innanzi, per brevità, la ” (OMISSIS)”) una partita di oggetti di antiquariato, affinchè fossero consegnati ad un destinatario spagnolo, che li aveva acquistati per l’importo di 1.000.000 di Euro.
(OMISSIS) stipulò un’assicurazione con i Lloyd’s of London, a copertura del rischio di perdita della merce durante il trasporto.
Durante il trasporto la merce venne trafugata.
Gli (OMISSIS) of London, che avevano assicurato la merce contro il rischio di perdita, indennizzarono (OMISSIS) con la somma di Euro 750.000, e contestualmente dichiararono di volersi surrogare nei diritti di questi e di (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS).
2. Esponendo i fatti di cui sopra, nel 2013 i Lloyd’s of London convennero dinanzi al Tribunale di Milano la (OMISSIS), chiedendone la condanna alla rifusione dell’indennizzo assicurativo pagato a (OMISSIS), ai sensi dell’art. 1916 c.c..
La (OMISSIS) si costituiva regolarmente eccependo di avere svolto il ruolo di mero spedizioniere; che in ogni caso non era stato comunicato il valore della merce; che comunque il vettore era tenuta a rispondere nei limiti di cui all’art. 1696 c.c.; che una parte della refurtiva era stata comunque recuperata e venduta dal proprietario, con conseguente diminuzione del danno risarcibile.
3. Con sentenza 4 settembre 2018 n. 8716 il Tribunale di Milano rigettò la domanda, sul presupposto che i (OMISSIS) non avessero validamente dimostrato il reale valore della merce andata perduta, e di conseguenza la congruità dell’indennizzo pagato all’assicurato.
La sentenza venne appellata dalla parte soccombente.
4. Con sentenza 24 marzo 2020 n. 793 la Corte d’appello di Milano accolse il gravame e condannò la (OMISSIS) al pagamento in favore dei (OMISSIS) della somma di Euro 750.000, oltre accessori.
La Corte d’appello ritenne che:
a) sulla sussistenza della responsabilità del vettore si fosse formato il giudicato interno, merce la mancata interposizione di appello incidentale da parte della (OMISSIS);
b) la prova del danno risarcibile era rappresentata dalla transazione stipulata tra assicurato ed assicuratore, dalla quale risultava l’esistenza del contratto di assicurazione l’importo dell’indennizzo pagato dal primo al secondo.
5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla (OMISSIS), con ricorso fondato su cinque motivi.
I (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione di sei diverse norme del codice civile.
Nella illustrazione del motivo si sostiene, in buona sostanza, che l’accordo raggiunto tra assicurato ed assicuratore circa la misura dell’indennizzo non poteva costituire prova, nel giudizio fra assicuratore del terzo responsabile, del valore della merce sottratta. A fondamento di questa conclusione la ricorrente deduce che:
-) il contratto di transazione stipulata tra assicurato ed assicuratore è, rispetto al terzo responsabile, res inter alios acta;
-) il terzo responsabile può opporre all’assicuratore surrogante tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al danneggiato surrogato, senza in ciò essere vincolato dall’avvenuta stipula d’una transazione tra assicurato ed assicuratore;
-) in ogni caso mancava nel caso di specie la prova dell’avvenuto pagamento dell’indennizzo da parte dei (OMISSIS) nelle mani dell’assicurato.
1.1. Il motivo è fondato.
Nel giudizio di surrogazione proposto dall’assicuratore nei confronti del terzo responsabile, quest’ultimo può opporre all’assicuratore tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al danneggiato, e per converso l’assicuratore assume la medesima posizione che, in un giudizio di danno, avrebbe assunto l’attore-danneggiato.
Era dunque onere dell’assicuratore provare l’esistenza e l’entità del danno, dimostrazione che non può essere fornita mediante l’esibizione dell’accordo transattivo intercorso tra assicurato ed assicuratore.
Da un lato, infatti, quell’accordo non può produrre effetti de iure tertii in danno del responsabile; dall’altro lato, poichè una transazione esige le reciproche concessioni di cui all’art. 1965 c.c., essa è per definizione inidonea a dimostrare l’entità del danno, in quanto in teoria ciascuna delle parti, per finalità transattive, avrebbe potuto rinunciare a una parte del proprio credito o a un’aliquota delle proprie controdeduzioni.
2. Il secondo motivo, concernente anch’esso il quantum debeatur, resta assorbito.
3. Col terzo motivo la ricorrente deduce, in estrema sintesi, che i (OMISSIS) indennizzarono un sinistro non indennizzabile e non assicurabile, e che di conseguenza avevano “pagato male”, e non potevano esercitare alcun diritto di surrogazione.
A fondamento di questa allegazione deducono che il contraente della polizza ( (OMISSIS)) non era il proprietario della merce, e quindi non aveva interesse a stipulare il contratto di assicurazione; che al vettore venne dichiarato, quale oggetto del trasporto, “ingranaggi meccanici di nessun valore commerciale”; che la polizza copriva soltanto il rischio derivante dal trasporto di pezzi di antiquariato “per mostre e fiere”, e non a scopo di vendita; che parte della refurtiva era stata rinvenuta, e i (OMISSIS) avevano incassato dalla loro vendita Euro 501.000, somma che si sarebbe dovuta portare a diffalco del credito surrogatorio; che in ogni caso l’esportazione di oggetti di antiquariato era avvenuta senza il prescritto “attestato di libera circolazione” di cui all’art. 68, comma 1, del codice dei beni culturali (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42); che, infine, il contratto di assicurazione era stato stipulato soltanto dopo l’avverarsi del sinistro.
3.1. Il motivo, nella parte in cui deduce che l’assicuratore surrogante aveva recuperato e rivenduto parte della refurtiva, e che la Corte d’appello erroneamente ha trascurato questa circostanza, resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.
3.2. Nella parte restante il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c..
La società ricorrente col motivo in esame deduce, in sostanza, che i (OMISSIS) hanno imprudentemente indennizzato un sinistro che avrebbero avuto tutto il diritto di ricusare.
Sostiene che i (OMISSIS) avrebbero potuto rifiutare il pagamento dell’indennizzo per due ordini di ragioni:
a) sia a causa della “nullità” del contratto di trasporto, avente ad oggetto beni di interesse storico la cui esportazione non venne previamente autorizzata dal competente ministero;
b) sia a causa della nullità del contratto di assicurazione, stipulato da soggetto privo di interesse, dopo l’avverarsi del sinistro, sulla base di dichiarazioni inesatte circa il valore della merce trasportata.
3.3. La censura sub (a) è inammissibile in primo luogo perchè risulta nuova: nè dalla sentenza impugnata, infatti, nè dallo svolgimento del processo contenuto nel ricorso, risulta che tale questione sia stata sollevata nel primo grado di giudizio (cfr. p. 7 del ricorso).
In ogni caso la censura è inammissibile in quanto (a prescindere da qualsiasi considerazione circa la configurabilità della nullità di un contratto di trasporto avente ad oggetto cose mobili di interesse storico, esportate senza la prescritta autorizzazione ministeriale) nel caso di specie nè il Tribunale, nè la Corte d’appello, hanno mai accertato che i beni andati perduti rientrassero tra quelli elencati dall’art. 10 del codice dei beni culturali, e che dunque fossero soggetti alla prescritta autorizzazione all’esportazione.
In parte qua, pertanto, il terzo motivo di ricorso si fonda su un presupposto di fatto mai accertato dal giudice di merito.
3.4. Anche la censura sub (b) è inammissibile a causa della sua novità.
Nè dalla sentenza impugnata, infatti, nè ed alla esposizione dei fatti di causa contenuta nel ricorso, risulta che in primo od in secondo grado la (OMISSIS) abbia sollevato eccezioni circa la validità del contratto di assicurazione: sia ai sensi dell’art. 1892 c.c., sia ai sensi dell’art. 1904 c.c., sia ai sensi dell’art. 1895 c.c..
Sarebbe stato, dunque, onere della società ricorrente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, chiarire in quali atti ed in quali termini introdusse, nella fase di merito del presente giudizio, la questione della validità della polizza. Nè potrebbe la società ricorrente invocare il principio per cui le nullità contrattuali sono rilevabili anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Ed infatti sia la nullità della polizza per difetto di interesse ex art. 1904 c.c.; sia la nullità della polizza per inesistenza del rischio ex art. 1895 c.c.; sia l’annullabilità della polizza per reticenze dell’assicurato ex art. 1892 c.c., costituiscono eccezioni miste di fatto – diritto, per la cui valutazione sono necessari accertamenti fattuali non svolti dal giudice di merito, e non consentiti nella presente sede di legittimità.
4. Col quarto motivo la società ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe trascurato di rilevare che la polizza stipulata da (OMISSIS) con i (OMISSIS) conteneva una esplicita rinuncia dell’assicuratore alla surrogazione nei confronti del vettore.
Aggiunge che l’assicurato e l’assicuratore, transigendo la controversia, nel contratto di transazione espressamente derogarono a tale previsione, ma che tale deroga doveva ritenersi nulla.
4.1. Il motivo è fondato, nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c..
L’eccezione di rinuncia alla surrogazione da parte dell’assicuratore, infatti, venne prospettata sin dal primo grado di giudizio, ma essa risulta essere stata trascurata dalla Corte d’appello.
Naturalmente, essendo mancata una pronuncia da parte del giudice di merito su questo punto, resta assorbito l’esame delle ulteriori deduzioni svolte da ambo le parti circa la validità della rinuncia alla surroga, la sua revocabilità e la sua opponibilità al terzo responsabile.
5. Col quinto motivo, infine, la (OMISSIS) censura la liquidazione del danno da mora per come effettuata dal giudice d’appello.
Espone come la Corte d’appello abbia condannato la (OMISSIS) al pagamento degli “interessi compensativi al tasso ponderato del 3% dalla data della sottrazione alla sentenza ed interessi legali dalla sentenza al saldo”.
Deduce la ricorrente che gli interessi di mora da essa eventualmente dovuti non potevano decorrere dalla data della “sottrazione della merce”, e cioè da una data anteriore al versamento dell’indennizzo da parte dell’assicuratore, e che comunque i suddetti interessi andavano calcolati al saggio legale e sul capitale rivalutato anno per anno, secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 17.2.1995 n. 1712.
5.1. La censura in esame resta assorbita dall’accoglimento del primo motivo di ricorso, dal momento che il giudice di rinvio dovrà procedere ad una nuova indagine sulla esistenza e sull’ammontare del danno.
Reputa nondimeno doveroso questa Corte ricordare che la surrogazione dell’assicuratore, di cui all’art. 1916 c.c., costituisce una successione a titolo particolare nel diritto dell’assicurato verso il terzo responsabile, e ne mutua la natura: sicchè, così come il credito di quest’ultimo ha natura di obbligazione di valore, la medesima natura avrà il credito surrogatorio dell’assicuratore, e su esso matureranno interessi compensativi, secondo i criteri stabiliti dalla ricordata sentenza 17.2.195 n. 1712, a far data dall’esborso (così già Sez. U, Sentenza n. 2639 del 13/03/1987; nello stesso senso, ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 5594 del 20/03/2015, Rv. 634691 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1336 del 20/01/2009, Rv. 606338 – 01).
6. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
la Corte di cassazione:
(-) accoglie il primo ed il quarto motivo di ricorso; dichiara assorbiti il secondo ed il quinto; dichiara inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 24 marzo 2022.