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Cassazione Civile 21225/2022 – Contratto di conto corrente assistito da apertura di credito – Azione di ripetizione dell’indebito del correntista – Eccezione di prescrizione

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Ordinanza 21225/2022

Contratto di conto corrente assistito da apertura di credito – Azione di ripetizione dell’indebito del correntista – Eccezione di prescrizione

Nel contratto di conto corrente assistito da apertura di credito, ove il cliente agisca per la ripetizione degli importi indebitamente versati, la banca che sollevi l’eccezione di prescrizione può limitarsi ad affermare l’inerzia del titolare del diritto, dichiarando di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte; al contrario il correntista, attore nell’azione di ripetizione, ha l’onere di produrre in giudizio gli estratti conto dai quali emerge la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti, di modo che ove non assolva a tale onere la domanda attrice deve essere respinta, senza necessità di esaminare l’eccezione di prescrizione.

Cassazione Civile, Sezione 6-1, Ordinanza 5-7-2022, n. 21225   (CED Cassazione 2022)

Art. 2033 cc (Indebito oggettivo) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza pubblicata il 5 settembre 2019 la Corte di appello di Reggio Calabria ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza pronunciata nei confronti della stessa e di (OMISSIS) dal Tribunale del capoluogo calabro. (OMISSIS) aveva domandato l’accertamento della nullità di alcune clausole del contratto di conto corrente da lui intrattenuto con la banca e la condanna di quest’ultima alla restituzione delle somme indebitamente appostate sul conto stesso. Il Tribunale aveva condannato (OMISSIS) al pagamento della somma complessiva di Euro 43.033,83, oltre interessi legali.

La Corte reggina, per quanto qui rileva, ha osservato che solo in appello la banca aveva allegato l’esistenza di versamenti di natura solutoria in conto corrente “idonei a costituire dies a quo ai fini della prescrizione” e reputato che, sotto tale specifico profilo, l’eccezione così come proposta, doveva “ritenersi tardiva, oltre che non provata, per non aver costituito oggetto di accertamento tecnico contabile dinanzi al giudice di prime cure”; ha poi osservato che la stessa banca non aveva mai contestato, nel giudizio di primo grado, che il correntista fosse titolare di un conto corrente con apertura di credito (evenienza, questa, evidentemente rilevante ai fini della configurabilità, in concreto, di rimesse sul conto che potessero qualificarsi ripristinatorie).

2. – La sentenza di appello è stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) con un ricorso articolato in due motivi. (OMISSIS) non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Si lamenta che il giudice di appello abbia da un lato riconosciuto che l’eccezione di prescrizione dovesse ritenersi correttamente formulata, pur se non circostanziata con l’indicazione delle rimesse solutorie, e poi contraddittoriamente affermato che con l’allegazione, in appello, dell’esistenza di rimesse solutorie, era stato introdotto un tema di indagine che nel giudizio di gravame doveva ritenersi precluso.

Il secondo mezzo oppone la violazione e falsa applicazione degli artt. 2033, 2697 e 2935 c.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c.. L’istante lamenta erronea applicazione del principio espresso da Cass. Sez. U. 13 giugno 2019, n. 15895: si deduce che, alla stregua di tale pronuncia, nel giudizio avente ad oggetto la ripetizione di somme indebitamente corrisposte dal correntista l’eccezione di prescrizione sollevata dall’istituto di credito non debba essere corredata dell’indicazione circa le specifiche rimesse solutorie su cui la prescrizione stessa venga ad incidere. L’istante si duole, inoltre, di quanto affermato nella sentenza impugnata quanto alla mancata specifica contestazione dell’apertura di credito in conto corrente: viene evidenziato che attraverso la valorizzazione di tale condotta processuale la Corte di merito avrebbe “generato una sorta di inaccettabile automatismo tra affidamento in conto e necessaria insussistenza di versamenti solutori”; il giudice del gravame, infatti, non si sarebbe preoccupato di accertare eventuali scoperti del conto. Infine è dedotto che, a fronte della produzione di tutti gli estratti conto, la Corte di appello avrebbe dovuto procedere alla qualificazione delle rimesse: ciò che non era avvenuto.

2. – I due motivi possono esaminarsi congiuntamente: l’aporia motivazionale denunciata col primo motivo altro non è, infatti, che il riflesso di una erronea applicazione della disciplina che interessa gli oneri di allegazione della banca che, convenuta in ripetizione dal correntista, sollevi l’eccezione di prescrizione.

Come è noto, tale onere è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte (Cass. Sez. U. 13 giugno 2019, n. 15895 cit.). Ha errato, dunque, la Corte distrettuale, nel conferire rilievo alla circostanza per cui solo in grado di appello la banca aveva allegato l’esistenza di rimesse in conto di natura solutoria (sul punto cfr. Cass. 14 luglio 2020, n. 14958, secondo cui ove il cliente agisca per la ripetizione di importi relativi ad interessi non dovuti e la banca sollevi l’eccezione di prescrizione, la questione della natura solutoria o ripristinatoria delle rimesse, rilevante ai fini della decorrenza della prescrizione decennale dell’azione, può essere sollevata per la prima volta in appello, in quanto è la stessa proposizione dell’eccezione di prescrizione ad imporre di prendere in esame tale profilo, essendo l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito soddisfatto semplicemente con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unitamente alla dichiarazione di volerne profittare).

La Corte di merito ha tratto, poi, conclusioni improprie, sul piano del diritto, dal dato processuale rappresentato dalla mancata contestazione, da parte della banca, dell’apertura di credito. La stessa ha finito col ritenere che, in presenza di tale apertura di credito, un problema di prescrizione non si ponesse. Come spiegato da Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418, il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione si configura quando sia intervenuto un atto giuridico, definibile come pagamento, che l’attore pretende essere indebito, perchè prima di quel momento non è configurabile alcun diritto di ripetizione: in conseguenza, se il correntista, nel corso del rapporto, abbia effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Questo accadrà ove si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’affidamento (sent. cit., in motivazione). Per escludere la prescrizione, in presenza della richiamata apertura di credito, era dunque necessario accertare l’inesistenza di versamenti di tale natura: ma di una indagine in tal senso la Corte di appello non risulta essersi fatta carico.

Nè può farsi questione di mancata prova dell’eccezione di prescrizione. A fronte della comprovata esistenza di un contratto di conto corrente assistito da apertura di credito, la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti emerge dagli estratti conto che il correntista, attore nell’azione di ripetizione, ha l’onere di produrre in giudizio. La prova degli elementi utili ai fini dell’applicazione dell’eccepita prescrizione è, dunque, nella disponibilità del giudice che deve decidere la questione: perlomeno lo è ove il correntista assolva al proprio onere probatorio; se ciò non accada il problema non dovrebbe nemmeno porsi, visto che mancherebbe la prova del fatto costitutivo del diritto azionato, onde la domanda attrice andrebbe respinta senza necessità di prendere in esame l’eccezione di prescrizione (così Cass. 22 febbraio 2018, n. 4372 e Cass. 26 luglio 2017, n. 18581, non massimate in CED).

3. – L’impugnata sentenza è cassata. La causa è rinviata alla Corte di appello di Reggio Calabria che, in diversa composizione, statuirà pure sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 Sezione Civile, in data 3 febbraio 2022.