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Cassazione Civile 2130/2017 – Appalto – Recesso unilaterale del committente dal contratto di appalto

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Sentenza 2130/2017

Appalto – Recesso unilaterale del committente dal contratto di appalto – Importanza e gravità dell’inadempimento dell’appaltatore

In tema di appalto, nel caso di recesso del committente – sia per l’ipotesi di recesso legale di cui all’art. 1671 c.c., esercitabile in qualunque momento dopo la conclusione del contratto e che può essere giustificato anche dalla sfiducia verso l’appaltatore per fatti d’inadempimento, sia per l’ipotesi di recesso convenzionale, ex art.1373 c.c. – il contratto si scioglie senza necessità di indagini sull’importanza e gravità dell’inadempimento, le quali sono rilevanti soltanto quando il committente, pretenda dall’appaltatore il risarcimento del danno per inadempimento, nonostante questi abbia esercitato il suo diritto potestativo di recedere dal contratto.

Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 27 gennaio 2017, n. 2130   (CED Cassazione 2017)

Art. 1671 cc (Recesso unilaterale dal contratto di appalto) – Giurisprudenza

Art. 1373 cc (Recesso unilaterale dal contratto) – Giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società (OMISSIS) srl. con atto di citazione del 14 dicembre 2000, premesso chi aver ricevuto in appalto dal (OMISSIS) lo svolgimento del servizio di pulizia presso tutte le filiali di Agenzie di Roma per un prezzo concordato annuo di Lire 528.460.800, successivamente il (OMISSIS) le comunicava il recesso dal contratto; che per l’espletamento dell’incarico aveva dovuto sopportare ingenti spese; convocava, pertanto, il (OMISSIS) in giudizio davanti al Tribunale di Roma chiedendo che parte convenuta fosse condannata al risarcimento del danni subiti a causa dell’unilaterale recesso dal contratto di appalto di servizi quantificati in Lire 308.268.800.

Si costituiva il (OMISSIS) contestando integralmente la domanda attrice data la natura provvisoria e sperimentale dell’incarico; dispiegava domanda riconvenzionale, chiedendo la risoluzione del contratto per grave inadempimento imputabile alla cooperativa ex articolo 1455 c.c., nonchè condannare la stessa al risarcimento dei danni cagionati per l’effetto dell’inadempimento.

Il giudizio veniva interrotto per l’avvenuta fusione del (OMISSIS) nella (OMISSIS) poi divenuta Capitalia e, successivamente riassunto dalla (OMISSIS).

Conclusa la fase istruttoria il Tribunale di Roma con sentenza n. 23427 del 2006 accoglieva la domanda attorea condannava il (OMISSIS) a pagare alla (OMISSIS) la somma di Euro 33.390,99, con rivalutazione ed interessi a partire dalla domanda e fino al soddisfo, nonchè a rifondarle i 2/5 delle spese del giudizio e compensava la restante parte.

La Corte di Appello di Roma, pronunciandosi su appello proposto dal (OMISSIS), e su appello incidentale della (OMISSIS), con sentenza n. 4915 del 2011 accoglieva l’appello e per gli effetti respingeva le domande formulate dalla Cooperativa, accolte in primo grado, condannava la Cooperativa al rimborso in favore di (OMISSIS) dei 3/4 delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio e compensava la restante parte. Secondo la Corte di Roma, il Tribunale avrebbe omesso di verificare la sussistenza dell’inadempimento da parte della Cooperativa delle obbligazioni a suo carico, così come risputerebbe dalle missive in atti: la lettera dell’UGL Credito del 19 settembre 2000 che faceva presente al (OMISSIS) la stato di assoluto degrado in cui versavano i locali del Banco.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla (OMISSIS) con ricorso affidato a due motivi, l’ (OMISSIS) spa ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= La (OMISSIS) lamenta:

  1. a) Con il primo motivo di ricorso la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 1671 c.c.. Secondo la ricorrente la Corte distrettuale nel ritenere che la domanda riconvenzionale di accertamento della risoluzione del contratto per inadempimento potesse essere delibata automaticamente ed accolta non avrebbe tenuto conto che era intervenuto il recesso ai sensi dell’articolo 1671 c.c. e l’intervenuto recesso precludeva la domanda di risoluzione posto che il contratto aveva cessato di spiegare i propri effetti.
  2. b) Con il secondo motivo: omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione agli articoli 1671 e 2697 c.c.. La ricorrente ritiene che la Corte distrettuale non avrebbe chiarito quale iter logico abbia seguito per giungere alla conclusione che la domanda di risoluzione successiva al recesso per un verso venga esplicitamente definita inammissibile e contemporaneamente possa assurgere automaticamente. E, tuttavia, non solo la domanda di risoluzione sarebbe stata proposta quando il contratto aveva già cessato di spiegare la propria efficacia, ma la Corte avrebbe pronunciato la risoluzione per grave inadempimento sulla base delle sole scritture provenienti dal terzo o dalla parte in assenza di altri dati probatori acquisiti al processo e, quindi, sulla base di mere deduzioni di parte.

1.1. = I motivi che vanno esaminati congiuntamente per l’innegabile connessione che esiste tra gli stessi sono fondati.

È principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, che nel contratto d’appalto il recesso, quale facoltà della parte di sciogliere unilateralmente il contratto, prescinde in sè da eventuali inadempienze dell’altro contraente alle obbligazioni assunte, tanto nell’ipotesi di recesso legale di cui all’articolo 1671 c.c., quanto nell’ipotesi del recesso convenzionale di cui all’art 1373 c.c., fatta salva una diversa volontà delle parti. Inoltre, il recesso del committente dal contratto d’appalto secondo la previsione dell’articolo 1671 c.c., può essere esercitato in qualunque momento posteriore alla conclusione del contratto ed essere giustificato anche dalla sfiducia verso l’appaltatore per fatti d’inadempimento. Ne consegue che, in caso di recesso, il contratto si scioglie per l’iniziativa unilaterale del committente senza necessità di indagini sull’importanza e gravità dell’inadempimento (ex multis Cass. n. 17294 del 31/7/2006; n. 6814 del 13/7/1998).

Va, altresì, evidenziato che la normativa di cui all’articolo 1671 c.c., pur ammettendo che una delle parti (il committente) abbia diritto a sottrarsi unilateralmente al vincolo contrattuale, vuole che all’esercizio di tale diritto corrisponda una riparazione pecuniaria a favore dell’altra parte (dell’appaltatore). L’obbligo di questa riparazione vale a temperare l’esercizio del diritto di recesso. La riparazione pecuniaria di cui si dice è effetto immediato del recesso, indipendentemente che lo stesso recesso sia stato determinato da un eventuale inadempimento dell’appaltatore.

1.1.a) Piuttosto, l’eventuale valutazione dell’importanza e della gravità dell’inadempimento dell’appaltatore può essere effettuata, nell’ipotesi in cui il committente, pretenda dall’appaltatore il risarcimento del danno per l’inadempimento di questi, nonostante, abbia esercitato il suo diritto potestativo di recedere dal contratto. In altri termini, mentre il recesso è svincolato dall’eventuale inadempimento, anche se grave e rilevante, dell’appaltatore, il committente può sempre far valere l’eventuale inadempimento dell’appaltatore, nonostante abbia esercitato il suo diritto potestativo di recesso, nell’ipotesi in cui chiede il risarcimento del danno conseguente all’eventuale inadempimento dell’appaltatore (in tal senso Cass. n. 10400 del 2008, richiamata anche dal ricorrente, seppure, in termini diversi e contrariamente a quanto, correttamente, affermato dalla stessa sentenza).

Ora la Corte distrettuale non ha tenuto conto di questi principi ed ha, erroneamente, escluso il ristoro dei danni all’appaltatore conseguenti al recesso del committente, sull’errato presupposto che il recesso era stato determinato dall’inadempimento dell’appaltatore, trascurando che l’eventuale inadempimento dell’appaltatore avrebbe dovuto essere collegato ad una eventuale domanda di risarcimento del danno avanzata dal committente, che nel caso in esame non sussisteva.

In definitiva, il ricorso va accolto la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Roma anche per il regolamento delle spese relative al presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione il 13 dicembre 2016.