Ordinanza 21675/2023
Responsabilità ex art. 2051 cc – Concorso di colpa del danneggiato ex art 1227 cc – Presupposti
In tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., la condotta imprudente del danneggiato è suscettibile di escludere il nesso causale tra la cosa e l’evento, pur in presenza di un contegno soggettivamente colposo del gestore, che non ne abbia neutralizzato o contenuto la pericolosità intrinseca. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, sul rilievo dell’agevole prevedibilità e percepibilità della situazione di pericolo da parte della vittima, aveva escluso la responsabilità della società gestrice di una piscina per la caduta occorsa a una donna mentre camminava a piedi nudi sul bordo della stessa, nonostante la prospettata violazione, da parte del custode, delle norme di sicurezza regionali).
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 20/07/2023, n. 21675 (CED Cassazione 2023)
Art 2051 cc (Danno cagionato da cosa in custodia)
Art. 1227 cc (Concorso di colpa)
Rilevato che
(OMISSIS) ricorre, sulla base di un unico motivo,
corredato da memoria, per la cassazione della sentenza n. 2846 del
2018 della Corte di appello di Bologna esponendo che aveva
convenuto in giudizio la s.p.a. (OMISSIS) per ottenere il
risarcimento dei danni, alla persona e patrimoniali, indicati come
conseguenti a una caduta a terra, occorsa mentre stava
camminando lungo il bordo della piscina situata all’interno dello
stabilimento termale gestito dalla suddetta società;
il Tribunale aveva rigettato la domanda, con pronuncia
confermata dalla Corte di appello secondo cui, per quanto qui
ancora importa, la deducente, percorrendo a piedi nudi il bordo
della piscina, prevedibilmente e normalmente scivoloso, tanto più
in quanto all’aperto, era stata imprudente in misura tale da
escludere il nesso causale astrattamente riferibile alla convenuta;
non ha svolto difese la s.p.a. rimasta così intimata;
Rilevato che
con l’unico motivo si prospetta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2043, 2051, cod. civ., 115, cod. proc. civ.,
14, primo comma, d.m. 18 marzo 1996, e della delibera della
Giunta Regionale Emilia Romagna n. 1092 del 2005, poiché la
Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la
deducente aveva invocato la violazione delle norme di sicurezza per
la tenuta degli impianti come quello in parola, che erano indice
della colpa in cui era versata la convenuta, e che confermavano la
legittimità della camminata senza calzature, laddove il Collegio di
merito avrebbe al contempo errato nell’omettere il bilanciamento
tra obbligo di cautela della vittima e colposa pericolosità della cosa
gestita e custodita;
Considerato che
il motivo di ricorso è in parte inammissibile, in parte
infondato;
come chiarito da questa Corte (cfr., in tema di responsabilità
ex art. 2051, cod. civ., Cass., 01/02/2018, n. 2482, Cass., Sez. U.,
30/06/2022, n. 20943), quando il comportamento del danneggiato
sia apprezzabile come ragionevolmente incauto, lo stabilire se il
danno sia stato cagionato dalla cosa, gestita così come custodita, o
dal comportamento della stessa vittima o se vi sia stato concorso
causale tra i due fattori, costituisce valutazione di merito da
compiere sul piano del nesso eziologico, sottendendo un
bilanciamento con i doveri di precauzione e cautela;
dunque, ove la condotta del danneggiato assurga, per
l’intensità del rapporto con la produzione dell’evento, al rango di
causa autonomamente sopravvenuta dell’evento del quale la cosa
abbia infine costituito, in questo senso, una mera occasione, viene
meno il nesso eziologico con la “res”, anche se la condotta del
danneggiato possa ritenersi astrattamente prevedibile, ma debba
essere esclusa come evenienza ragionevole o accettabile secondo
un criterio probabilistico di regolarità causale da verificare dunque
secondo uno “standard” oggettivo;
in altri termini, la condotta del danneggiato che entri in
interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del
grado d’incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione –
anche ufficiosa – dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., e
dev’essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di
ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso
dall’art. 2 Cost.;
a questo fine non è necessario che si tratti di condotta
abnorme, dunque, bensì colposamente incidente nella misura
apprezzata;
quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di
essere prevista e superata attraverso l’adozione, da parte dello
stesso danneggiato, delle cautele normalmente attese e prevedibili
in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi
l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo
nel dinamismo del danno, fino a rendere possibile, nei termini
appena specificati, che detto comportamento superi il nesso
eziologico astrattamente individuabile tra fatto ed evento dannoso;
mancando la prova del nesso non può sussumersi la
fattispecie concreta nel paradigma della responsabilità civile, né
custodiale né generale;
la violazione delle norme di sicurezza dettate per
regolamentare le autorizzazioni amministrative, e certamente indici
di una possibile colpa soggettivamente imputabile al gestore (art.
2043 cod. civ.), così come al custode (art. 2051 cod. civ.), non
possono spostare la conclusione poiché non giustificano la condotta
incauta che sia giudicata tale in modo decisivo e assorbente ai fini
ricostruttivi del nesso oggettivo;
a tale riguardo non può dirsi che il giudice di merito non
abbia proceduto al richiamato bilanciamento tra pericolosità della
cosa e obblighi di cautela, avendo apprezzato la sussistenza della
prima ma, parimenti, l’agevole prevedibilità e percepibilità della
stessa, trattandosi di piscina all’aperto, in uno alla scelta di non
premunirsi degli accorgimenti minimi per evitare di subirne gli
effetti, camminando la vittima a piedi nudi;
il fatto che le norme in materia di sicurezza prevedano
accorgimenti proprio assumendo l’ipotesi di simili passi, non
significa che, potendosi verificare e percepire la marcata e in tesi
anche mal gestita scivolosità del terreno, l’utente possa esimersi
dalle ovvie cautele per evitarne le conseguenze, non predisponendo
le quali può innescare, secondo un giudizio fattuale proprio della
sede giudicante di merito, una serie causale autonoma dal punto di
vista della responsabilità civile risarcitoria;
a fronte di ciò, la censura, pur formalmente riferita a
prescrizioni normative primarie e secondarie ovvero anche, e
inammissibilmente, a prescrizioni di provvedimenti amministrativi,
finisce per sottendere una parimenti inammissibile richiesta di
rivalutazione istruttoria;
non deve disporsi sulle spese non essendovi state difese di
parte intimata;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 11/05/2023.