Sentenza 21729/2013
Limiti contrattuali della concorrenza – Art. 2596 cc – Clausola di esclusiva inserita in un contratto di somministrazione
La clausola di esclusiva inserita in un contratto di somministrazione, non è soggetta al limite di durata quinquennale previsto dall’art. 2596 cod. civ. per gli accordi limitativi della concorrenza, a meno che non possa qualificarsi come un autonomo patto, nel qual caso però il limite temporale di validità del patto di non concorrenza non si estende alla durata del contratto di somministrazione.
Limiti contrattuali della concorrenza – Art. 2596 cc – Clausola di esclusiva inserita in un contratto di somministrazione – Forma
La clausola di esclusiva inserita in un contratto di somministrazione, in virtù del principio generale di libertà delle forme negoziali, deve avere la medesima forma prevista per il contratto cui accede e non soggiace all’operatività dell’art. 2596 cod. civ. che impone tale forma, “ad probationem”, per il patto che limita la concorrenza.
Ricorso per Cassazione – Documenti attinenti all’ammissibilità del ricorso – Omissione della notificazione
Alla regola secondo cui nel giudizio di legittimità l’elenco dei documenti relativi all’ammissibilità del ricorso, che siano stati prodotti successivamente al deposito di questo, debba essere notificato alle altre parti (art. 372, secondo comma, cod. proc. civ.) si può derogare quando, nonostante l’omissione della notifica, il contraddittorio sia stato comunque garantito. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto rituale la produzione, in allegato alla memoria ex art. 378 cod. proc. civ., della procura conferita da una società al proprio legale rappresentante, quantunque non notificata, in un caso in cui l’avvocato della controparte aveva comunque preso parte alla discussione).
Ricorso per Cassazione – Chiusura del fallimento – Subentro del fallito tornato “in bonis”
Nel giudizio di cassazione, così come è consentito al successore a titolo universale di una delle parti già costituite di proseguire il procedimento (atteso che l’applicazione della disciplina di cui all’art. 110 cod. proc. civ. non è espressamente esclusa per il processo di legittimità, né appare incompatibile con le forme proprie dello stesso), a maggior ragione deve ritenersi possibile la prosecuzione del processo iniziato dal curatore fallimentare da parte dell’imprenditore tornato “in bonis”, visto che la chiusura del fallimento, pur privando il curatore della capacità di stare in giudizio, non comporta una successione nel processo, bensì il mero riacquisto della capacità processuale in capo al soggetto già dichiarato fallito.
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 23 settembre 2013, n. 21729 (CED Cassazione 2013)
Articolo 2596 c.c. annotato con la giurisprudenza
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 1993 il Fallimento della (OMISSIS) S.r.l. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, la (OMISSIS) S.A.., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni (quantificati in lire due miliardi) subiti per la violazione del patto di esclusiva relativo al contratto di somministrazione per la distribuzione in Italia degli elettrodomestici contrassegnati dal marchio “Superser”.
La convenuta si costituiva contestando la domanda.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 6336/2004 del 26 febbraio 2004, condannava la (OMISSIS) S.A. (nuova denominazione della (OMISSIS) S.A.) al pagamento, in favore dell’attore, della somma di euro 1.500.000, oltre interessi decorrenti dalla data della sentenza, nonchè delle spese di lite.
Avverso tale decisione la (OMISSIS) S.A. proponeva appello, cui resisteva il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione.
La Corte di appello di Roma, con sentenza del 31 maggio 2007, riformando la decisione gravata, condannava l’appellante al pagamento, in favore dell’appellata, della somma di euro 350.000,00, oltre interessi decorrenti dalla sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte di merito il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
La (OMISSIS) S.A. ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale articolato in cinque motivi al quale ha resistito con controricorso il ricorrente principale.
In data 3 luglio 2013 è stato depositato dalla (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione – rientrata in bonis a seguito del provvedimento del 27 ottobre 2008 del Tribunale di Roma di chiusura della procedura fallimentare – un atto di intervento, cui risultano allegati alcuni documenti, notificato alla ricorrente controricorrente incidentale.
La (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione e la controricorrente ricorrente incidentale hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi ai sensi dell’articolo 335 cod. proc. civ., in quanto proposti contro la stessa sentenza.
2. Deve ritenersi ammissibile e rituale l’intervento spiegato dalla (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione tornata in bonis, con atto di intervento partecipato alla controparte mediante notificazione, alla luce della recente sentenza di questa Corte del 22 aprile 2013, n. 9692, secondo cui, poichè l’applicazione della disciplina di cui all’articolo 110 c.p.c. non è espressamente esclusa per il processo di legittimità, nè appare incompatibile con le forme proprie dello stesso, il soggetto che ivi intenda proseguire il procedimento, quale successore a titolo universale di una delle parti già costituite, deve allegare e documentare, tramite le produzioni consentite dall’articolo 372 c.p.c., tale sua qualità, attraverso un atto che, assumendo la natura sostanziale di un intervento, sia partecipato alla controparte – per assicurarle il contraddittorio sulla sopravvenuta innovazione soggettiva consistente nella sostituzione della legittimazione della parte originaria – mediante notificazione, non essendone, invece, sufficiente il semplice deposito nella cancelleria della Corte, come per le memorie di cui all’articolo 378 cod. proc. civ., poichè l’attività illustrativa che si compie con queste ultime è priva di carattere innovativo. Tale principio, mutatis mutandis, ben può applicarsi in caso di chiusura del fallimento, che priva il curatore della capacità di stare in giudizio e in cui, peraltro, non si verifica una successione nel processo ma si ha un mero riacquisto della capacità processuale in capo al soggetto tornato in bonis. Ne consegue che deve ritenersi non più condivisibile l’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza del 18 aprile 2006, n. 8959 secondo cui, se è pur vero che la chiusura del fallimento, determinando la cessazione degli organi fallimentari e il rientro del fallito nella disponibilità del suo patrimonio fa venir meno la legittimazione processuale del curatore, determinando il subentrare dello stesso fallito tornato in bonis al curatore nei procedimenti pendenti all’atto della chiusura, tale principio non vale per il giudizio di cassazione, che è caratterizzato dall’impulso d’ufficio ed al quale non sono perciò applicabili le norme di cui agli articoli 299 e 300 c.p.c., sicchè non è consentito il deposito, ai sensi dell’articolo 372 c.p.c., di documenti attestanti la chiusura del fallimento.
3. Il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione ha eccepito, nel controricorso ex articolo 371 c.p.c., comma 4, il “difetto di legittimazione della Società resistente” e il “difetto di rappresentanza sostanziale e processuale, del suo sedicente procuratore”, sostenendo che la controricorrente ricorrente incidentale si sarebbe costituita con una denominazione diversa da quella del secondo grado ed in persona di soggetto autoproclamatosi procuratore della società iberica in virtù di atto notarile, senza far riferimento nè ad una trasformazione nè ad un cambio di denominazione da parte della predetta società.
3.1. Tali eccezioni vanno disattese perchè infondate. Anche l’appello, infatti, risulta proposto dalla (OMISSIS) S.A., e, quindi, dalla medesima società costituitasi in questa sede.
Inoltre, non sussiste l’eccepito difetto di rappresentanza in capo a (OMISSIS), derivando i poteri della stessa, come indicato nella procura a margine del controricorso e ricorso incidentale, dalla procura del 22 settembre 2006 per atto n. (OMISSIS) del notaio (OMISSIS) di (OMISSIS) conferita dal Consigliere delegato della (OMISSIS) S.A. (v., in particolare, lettera A, n. 7).
Tale procura è stata prodotta in allegato alla memoria ex articolo 378 c.p.c. Al riguardo si osserva che nel giudizio di cassazione, l’onere, imposto dall’articolo 372 c.p.c., comma 2, di notificare alle altre parti l’elenco dei documenti relativi all’ammissibilità del ricorso, che siano stati prodotti successivamente al deposito dello stesso, è inteso a garantire il contraddittorio sulla produzione di parte, e deve pertanto ritenersi adempiuto qualora risulti che tale contraddittorio è stato comunque assicurato (Cass. 5 febbraio 2007, n. 2452), come nel caso all’esame, a seguito di richiamo del documento nella memoria e di intervento all’udienza di discussione del difensore della controparte (Cass., sez. un., 19 giugno 2000, n. 450; Cass. 15 gennaio 2003, n. 529).
4. Ai ricorsi in esame si applica il disposto di cui all’articolo 366 bis c.p.c. – inserito nel codice di rito dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 6 ed abrogato dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 47, comma 1, lettera d) – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (31 maggio 2007).
5. Vanno preliminarmente esaminati i primi tre motivi del ricorso incidentale, che non è condizionato, come ritiene il ricorrente principale (controricorso ex articolo 371 c.p.c., comma 4, p. 1).
6. Con il primo motivo, corredato di idoneo ed. quesito di fatto, lamentando insufficiente motivazione sul punto decisivo della prova della commissione e della datazione di condotte contrarie all’accordo, la (OMISSIS) S.A. assume che, in relazione alla commissione di condotte contrarie al patto di esclusiva, segnatamente nell’arco temporale “metà 1983 – metà 1986”, la sentenza impugnata, facendo generico riferimento alla necessità di una considerazione “unitaria” degli argomenti esposti nella sentenza di primo grado, ometterebbe di indicare da quali di tali argomenti dovrebbe trarsi la dimostrazione del predetto fatto controverso e ciò con particolare riguardo alle ammissioni di cui a p. 4 della detta sentenza, attenendo le stesse ad epoca anteriore al già indicato periodo.
6.1. Il motivo – pur prescindendo dal profilo di inammissibilità relativo al difetto di autosufficienza, non avendo la (OMISSIS) S.A. assolto l’onere, posto a suo carico, di riportare il contenuto delle acquisizioni istruttorie del primo grado (documenti e perizia di parte) cui si fa riferimento nel motivo all’esame per lamentane l’omessa valutazione (Cass. 3 luglio 2009, n. 15628; Cass. 9 aprile 2013, n. 8569) – è comunque infondato, tenuto conto che, al fine di adempiere l’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 15 aprile 2011, n. 8767).
La Corte territoriale, infatti, con motivazione stringata ma esauriente, ha adeguatamente motivato sulla sussistenza del patto di esclusiva e della sua violazione, evidenziando (v. p. 4 e 5 della sentenza impugnata) che gli argomenti esposti dal Tribunale vanno considerati unitariamente soprattutto in relazione alle esplicite ammissioni contenute nella comparsa di risposta di primo grado in cui l’attuale controricorrente ricorrente incidentale ha riconosciuto che “l’accordo in forza del quale l’allora (OMISSIS) si era obbligata nei confronti della (OMISSIS) alla somministrazione in esclusiva dei prodotti con il marchio Superser fu concluso in (OMISSIS) durante una visita dei rappresentanti della (OMISSIS) presso la sede della (OMISSIS), come risulta dalla lettera inviata in data 19.5.1978 e dalla successiva corrispondenza intercorsa tra le parti”. La Corte di merito ha altresì evidenziato che la prova che il contratto di cui si discute in causa “fosse iniziato con la garanzia della esclusiva e che fosse ancora così praticato a distanza di dieci anni” – riferendosi a tale riguardo evidentemente anche alle lettere richiamate a p. 3 della sentenza impugnata, l’ultima delle quali è del 7 gennaio 1986 – “giustifica la presunzione che così fosse stato anche nel periodo intermedio, mancando ogni allegazione di quant’altro (se non nel 1975 recte 1978) l’esclusiva esistente nel 1986 sarebbe stata pattuita”.
6.2. Alla luce delle argomentazioni che precedono, il primo motivo all’esame va rigettato.
7. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 2596, 2721, 2724, 2725 e 2729 c.c. nonchè omessa o insufficiente motivazione sul punto decisivo relativo alla sussistenza tra le parti di un patto di esclusiva nel periodo in cui sarebbero intervenute le condotte lesive del patto stesso.
7.1. Con le doglianze formulate in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assistite da idonei quesiti di diritto, la società controricorrente ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto provata l’esistenza di un patto di esclusiva in via presuntiva, evidenziando che tale patto va provato per iscritto e che la lettera del 7 gennaio 1986 della società spagnola poteva essere considerata al più come principio di prova per iscritto, e per aver, altresì, ritenuto valido, per il periodo eccedente il quinquennio, il patto di esclusiva, della durata “pur se esso non costituisca l’unica pattuizione intervenuta tra le parti”.
7.2. Con i denunciati vizi motivazionali, in relazione ai quali viene formulato il momento di sintesi ex articolo 366 bis c.p.c., la controricorrente lamenta l’insufficienza della motivazione nella parte in cui, allo scopo di escludere l’applicazione del termine massimo legale di durata del patto di esclusiva, si limiterebbe ad affermare che il patto in questione non avrebbe costituito un “contratto autonomo ma una modalità di esecuzione del contratto di somministrazione” e ciò anche con riferimento al periodo successivo alla fine del 1980.
7.3. Il motivo è infondato sotto entrambi i profili e va, quindi, rigettato.
La Corte di merito, con motivazione sintetica ma congrua, esente da vizi logici e giuridici, con specifico riferimento ai rilievi della società spagnola circa la necessità della prova scritta per il patto che limita la concorrenza e i limiti di durata dello stesso (cinque anni), ha ritenuto che nel caso all’esame, trattasi non di contratto autonomo, ma di modalità di esecuzione del contratto di somministrazione, evidenziandosi che tale ratio deciderteli non è stata specificamente impugnata e che, comunque, con la decisione sul punto, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione dei principi già affermati da questa Corte, che vanno ribaditi in questa sede e secondo cui: 1) “atteso il principio generale della libertà delle forme, la clausola di esclusiva inserita in contratti di vendita o di somministrazione, per i quali non sia richiesta la forma scritta, resta soggetta alla medesima disciplina formale del contratto nel suo complesso, talchè non soggiace all’operatività dell’articolo 2596 cod. civ. che impone tale forma, ad probationem, per il patto che limita la concorrenza” (Cass. 18 dicembre 1991, n. 13623); 2) “nel contratto di somministrazione, alla clausola di esclusiva, di cui all’articolo 1567 cod. civ., che non assuma una posizione prevalente nell’economia del contratto stesso, sino a staccarsi casualmente da esso e da far emergere un’autonoma funzione regolatrice della concorrenza, non si applica la disposizione dell’articolo 2596 cod. civ., in tema di durata massima del patto di non concorrenza e, pertanto, va escluso che essa sia valida solo per cinque anni se pattuita per un periodo superiore. D’altra parte, se la clausola di esclusiva svolge una funzione autonoma di limitazione della concorrenza, non v’è evidentemente ragione perchè i limiti temporali della sua validità, posti dall’articolo 2596 cod. civ., si riflettano sulla durata del contratto di somministrazione; ove, invece, tale autonomia sia esclusa, alla intervenuta proroga tacita del contratto non può non essere ricollegata, in difetto di una diversa volontà delle parti, la proroga dell’efficacia della clausola di esclusiva per l’intera durata del contratto stesso” (Cass. 4 febbraio 2000, n. 1238). A quanto precede va aggiunto che, comunque, come ammesso nella comparsa di risposta dall’attuale controricorrente ricorrente incidentale e già sopra evidenziato, nel 1978 era stato stipulato un contratto di somministrazione con patto di esclusiva e lo stesso aveva continuato a regolare i rapporti tra le parti anche successivamente come risultava dalle lettere del 1985 e del 1986 aventi anche valore ricognitivo e ben potendo, in ogni caso, farsi ricorso a presunzioni, costituendo tali lettere principio di prova scritta. Inoltre, la Corte di merito ha disatteso espressamente la tesi della (OMISSIS) S.A., secondo cui il patto di esclusiva sarebbe stato limitato al marchio Superser e che non sarebbe stato esteso al prodotto commercializzato, che il concedente sarebbe rimasto libero di rivendere con marchio diverso, tesi, questa, che la società spagnola continua a sostenere in questa sede, nell’illustrazione del motivo all’esame, sia pure con riferimento al periodo febbraio 1980 – fine 1980 e, quindi, al periodo successivo al 1980 e con la precisazione che sarebbe stato previsto il potere della concedente di commercializzare sotto altri marchi modelli simili (v. p. 30 e 31 del controricorso con ricorso incidentale). Si evidenzia che, comunque, nel caso all’esame la Corte di merito ha ritenuto “sostanzialmente ammesso ed indiscutibilmente provato” – senza che tanto sia stato specificamente impugnato – che i prodotti Agni e Corco non era simili ma “addirittura identici, anche nei particolari essenziali”, a quelli Superser.
8. Con il terzo motivo del ricorso incidentale si lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 2569 e 2573 c.c., Decreto Legislativo n. 30 del 2005, articolo 20; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia relativo all’esatta individuazione del contenuto del patto di esclusiva nonchè violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c..
8.1. Con riferimento alle censure proposte in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la (OMISSIS) S.A. formula i seguenti quesiti di diritto:
– Può essere validamente concesso il diritto di acquistare e rivendere in esclusiva su un determinato territorio prodotti di un’impresa fabbricante, contrassegnati da un marchio di titolarità di tale impresa, tale diritto comportando l’obbligo del concedente di non vendere ad altri e consentire ad altri di rivendere prodotti simili contrassegnati da quel marchio, e non anche prodotti simili contrassegnati da marchi diversi, talchè l’esclusiva abbia ad oggetto soltanto il marchio, indipendentemente dal prodotto, in particolar modo quando i prodotti in questione non presentino caratteristiche di novità e originalità, nè sotto il profilo tecnico, nè sotto il profilo estetico?”.
– “Nel caso in cui dal testo di un contratto avente per oggetto la concessione di un diritto esclusivo di importazione e vendita in un determinato territorio di beni prodotti dal concedente, in cui sia espressamente previsto che l’esclusiva si riferisce al marchio (“sobre la marca Superser”), addirittura con l’espressa previsione del potere della concedente di commercializzare sotto altri marchi prodotti simili, è consentito interpretare siffatta previsione nel senso di ricomprendere nell’ambito del predetto diritto esclusivo prodotti simili a quelli contrassegnati da quel marchio, ancorchè contrassegnati da marchi diversi?”.
8.2. Va anzitutto evidenziato che l’articolo 23 (nella rubrica del motivo, forse per lapsus calami si fa riferimento all’articolo 20, ma vedi p. 18 della memoria della società spagnola che richiama correttamente l’articolo 23) del Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 è entrato in vigore in data 19 marzo 2005, quindi successivamente ai fatti di cui si discute in causa, sicchè neppure è configurabile la violazione nel caso di specie di tale norma e, sotto tale profilo, il motivo è infondato.
8.3. Inoltre il motivo risulta pure inammissibile, sotto un duplice profilo.
8.3.1. Ed invero, come più volte affermato da questa Corte, il quesito di diritto non può essere generico e astratto ma deve compendiare la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice e la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. La mancanza – come nel caso all’esame – anche di una sola di tali indicazioni nel quesito di diritto rende inammissibile il motivo cui il quesito così formulato sia riferito (Cass. Cass., ord., 25 settembre 2007, n. 19892 e 17 luglio 2008, n. 19769; Cass. 30 settembre 2008, n. 24339; Cass. 13 marzo 2013, n. 6286, in motivazione).
8.3.2. A tanto deve aggiungersi che i quesiti formulati non sono correlati alla ratio decidendi, in quanto, come pure evidenziato nell’esaminare il precedente motivo, la Corte di merito ha accertato non la similarità ma l’assoluta identità, anche nei particolari inessenziali, dei prodotti Agni e Corco a quelli Superser, sicchè le censure non colgono nel segno.
8.4. Anche il c.d. quesito di fatto relativo ai vizi motivazionali inammissibilmente difetta, allo stesso modo, di correlazione con l’evidenziata ratio decidendi, finendo per prescindere, così, dalla stessa motivazione della sentenza impugnata, stante la seguente sua formulazione: “si denuncia l’errata valutazione di documenti decisivi, laddove tali documenti fanno espresso e specifico riferimento alla concessione di un diritto di esclusiva del marchio “Superser” – addirittura con la espressa specifica previsione del potere dell’impresa spagnola di commercializzare in Italia, con altri marchi, prodotti simili a quelli caratterizzati dal marchio “Superser” – e la Corte di Appello ha invece ravvisato la concessione di analogo diritto riferito anche a prodotti contrassegnati da marchi diversi, se pur simili a quelli contrassegnati di marchio Superser”.
8.5. Il motivo all’esame va, in conclusione, rigettato.
9. Con il primo motivo del ricorso principale, si denuncia “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2598 c.c. e segg., nonchè dell’articolo 2043 c.c. e segg., e delle norme e dei principi in materia di nesso di causalità e di liquidazione del danno (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Insufficiente, in parte qua contraddittoria e in parte qua omessa, motivazione su un punto decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.
9.1. In relazione al motivo all’esame la parte ricorrente propone il seguente quesito di diritto: “Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se il concreto accertamento di una causa di per sè idonea a determinare l’evento dannoso (nel caso di specie la reiterata condotta illecita di violazione del patto di esclusiva contratto con una società, la cui attività dipendeva per oltre il 50% del fatturato dalla fornitura del prodotto oggetto del patto di esclusiva, quale causa del determinarsi della crisi d’impresa e della conseguente messa in liquidazione della società) ed il mancato accertamento di altre concause rilevanti o determinanti, possa condurre il Giudice di merito ad escludere la prova del nesso di causalità tra la condotta lesiva concretamente accertata e l’evento dannoso”.
9.2. Il motivo all’esame, con riferimento alle censure sollevate in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è inammissibile per inidonea formulazione del quesito; al riguardo va ribadito quanto già osservato nel paragrafo 8.3.1., evidenziando, peraltro, che il quesito in parola si risolve nel mero interpello rivolto a questa Corte in ordine alla correttezza o meno dell’operato del giudice del merito.
9.3. In relazione alle censure motivazionali, la parte ricorrente assume che l’aver la Corte di appello di Roma, da un lato, positivamente accertato la reiterata condotta illecita di violazione del patto di esclusiva da parte del (OMISSIS) e, dall’altro e contraddittoriamente, escluso che tale condotta sia stata la causa determinante della messa in liquidazione, sul presupposto che “dai dati dei bilanci depositati in giudizio, risulta che i fatturati aziendali – con l’eccezione del 1985, nel quale pure si erano realizzate le attività concorrenziali in contenzioso – avevano un andamento decrescente dal 1981, e che dal 1983 gli esercizi sociali chiudevano in perdita”, renderebbe la motivazione inidonea a giustificare la decisione sul punto.
9.4. Il motivo è infondato in relazione al profilo all’esame, avendo la Corte di merito, con motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici, escluso che sia stato pienamente provato il nesso di causalità tra la condotta di violazione del patto di esclusiva da parte della (OMISSIS) e la crisi dell’impresa della (OMISSIS), la sua messa in liquidazione e il suo successivo fallimento, evidenziando che la parte ricorrente aveva subito la concorrenza illegittima della controparte da metà 1983 a metà 1986 (v. sentenza impugnata p. 7), che dalle dichiarazioni dell’amministratore nell’assemblea del 31 luglio 1986 e dai dati del bilanci prodotti risultava che i fatturati aziendali della (OMISSIS), con l’eccezione del 1985, avevano un andamento decrescente dal 1981 e dal 1983 chiudevano in perdita e che dal 1985 era pure cessata, per motivi affatto indipendenti, la collaborazione commerciale con la società francese (OMISSIS) e, quindi, l’attività della parte ricorrente si era concentrata sui soli prodotti Superser, privi di rilevante originalità tecnologica e destinati a confrontarsi con la produzione di concorrenti rinomali ed agguerriti.
9.5. Va, inoltre, rilevato che con il motivo all’esame la parte ricorrente tende sostanzialmente ad una rivalutazione del merito preclusa in questa sede.
9.6. Il motivo all’esame va conclusivamente rigettato.
10. Con il secondo motivo, assistito dal c.d. quesito di fatto, dolendosi dell'”insufficiente, in parte qua contraddittoria motivazione e in parte qua omessa motivazione su un punto decisivo della controversia”, la parte ricorrente deduce che la sentenza impugnata ha affermato che la (OMISSIS) fatturava circa due miliardi di lire l’anno, che oltre la metà di quel fatturato era riferibile alla commercializzazione dei prodotti (OMISSIS) e che la (OMISSIS) aveva subito la condotta illecita di violazione del patto di esclusiva da parte della (OMISSIS) per tre anni e sostiene che, conseguentemente, la perdita annua imputabile alla (OMISSIS) era pari a un miliardo all’anno e che, invece, per i tre anni cui fa riferimento, la Corte di merito avrebbe inspiegabilmente concluso affermando che il volume di fatturato complessivo perduto dalla ricorrente, per effetto della predetta condotta, ammonta a due (e non a tre) miliardi. Tale contraddittorietà della motivazione si riverbererebbe, ad avviso della ricorrente, sul calcolo finale dell’ammontare risarcitorio, da calcolarsi nel 15% del fatturato, e che dovrebbe essere pari, perciò, non a lire 300 milioni, come ritenuto dalla Corte di merito, ma a lire 450 milioni.
10.1. Il motivo è infondato, sul rilievo che la perdita di fatturato di circa due miliardi cui ha fatto riferimento la Corte di merito per determinare i liquidati danni è relativo, come risulta dalla stessa motivazione della sentenza impugnata (v. p. 7, primo capoverso), non ad ogni singolo anno del periodo considerato, come assume la parte ricorrente, bensì complessivamente agli anni di riferimento (tre), osservandosi che, come pure evidenziato dalla Corte di merito, nel 1985 il fatturato della (OMISSIS) ha registrato un notevolissimo incremento e che le importazioni di prodotti Superser erano raddoppiate rispetto all’anno precedente (v. prospetto riportato a p. 6 della memoria ex articolo 378 c.p.c. dalla stessa ricorrente), e di tanto evidentemente la Corte ha tenuto conto nella quantificazione del lucro cessante determinato dalla concorrenza indebita; ne consegue che la motivazione della sentenza impugnata è, sul punto, congrua e non contraddittoria.
11. Con il quarto motivo del ricorso incidentale, assistito dal c.d. quesito di fatto, si censura la sentenza impugnata per insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della determinazione del quantum della condanna, sotto il profilo del maggior danno legato all’opportunità di investimento della somma individuata a titolo di risarcimento.
In particolare lamenta la controricorrente ricorrente incidentale che la Corte di merito, nel riconoscere una modesta maggiorazione della somma, pari a lire 300 milioni, liquidata a titolo di risarcimento dei danni, tenuto conto delle opportunità di investimento della medesima somma, sia pervenuta – “verosimilmente a causa di una svista legata al cambio della valuta avente corso legale in Italia” – ad un incremento del predetto importo pari al 126% (euro 350.000).
12. Il motivo è infondato, evidenziandosi che la Corte di appello, senza che risulti sia incorsa in alcuna svista a causa delle diverse valute cui ha fatto riferimento (lire ed euro) nell’operare la quantificazione dei danni, ha determinato l’importo relativo a questi ultimi, come espressamente indicato in motivazione, maggiorando l’importo di lire 300 milioni dell’epoca (i fatti risalgono, come prima evidenziato, agli anni 80), tenuto conto della possibilità di investire sul mercato il predetto importo, e quantificandolo, quindi, in valuta corrente alla data della sentenza di primo grado (depositata il 26 febbraio 2004) in euro 350.000.
13. Con il quinto motivo del ricorso incidentale, in relazione al quale risulta formulato il c.d. quesito di fatto, si censura la sentenza impugnata per insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia relativo alla determinazione del lucro cessante da risarcire.
Assume la (OMISSIS) S.A. che, a prescindere dall’errore evidenziato nel quarto motivo, sarebbe errata la stessa base di calcolo della detta maggiorazione, avendo la Corte di merito, con motivazione incongrua, nel determinare il mancato guadagno dell’impresa beneficiaria dell’esclusiva violata, preso in considerazione, raffrontandoli tra loro, il fatturato medio realizzato da tale impresa e quello dell’impresa spagnola concedente.
13.1. Il motivo è infondato.
13.2. Va evidenziato che il vizio di contraddittorietà della motivazione – al quale pure si fa espresso riferimento nella rubrica del motivo in esame – ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi che sorregge il decisum adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria allorchè, dalla lettura della sentenza, non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice (Cass., sez. un., 22 dicembre 2010, n. 25984). E nel caso all’esame tale volontà emerge con assoluta chiarezza.
13.3. Neppure la motivazione della sentenza impugnata risulta insufficiente sul punto in questione, avendo la Corte di merito congruamente motivato al riguardo. La predetta Corte ha, infatti, evidenziato che correttamente il Tribunale, tenuto conto degli elementi emersi dall’istruttoria ed in particolare dalla consulenza tecnico contabile, aveva fatto ricorso al criterio equitativo; ha, inoltre, precisato che il fatturato realizzato dalle società concorrenti non poteva essere conosciuto e che la convenuta, che quel fatturato conosceva, non aveva prodotto o allegato documenti che ne avrebbero potuto dimostrane la scarsa consistenza e ha ritenuto, in base alle risultanze istruttorie precisate nella motivazione impugnata, che “gli interessi in gioco sul versante dei competitori fossero per essa esportatrice quanto meno paragonabili”. Sulla base di tali argomentazioni e tenuto, altresì, conto del fatturato medio della (OMISSIS) negli anni di riferimento – come già evidenziato nell’esaminare il secondo motivo del ricorso principale e il quarto motivo del ricorso incidentale – la Corte di merito poi determinato la perdita di fatturato dell’attuale ricorrente, sulla base del presunto fatturato realizzato dalla società spagnola con le concorrenti cui cedeva i marchi Agni e Corco.
14. Alla luce delle motivazioni che precedono il ricorso principale e il ricorso incidentale vanno rigettati.
15. Tenuto conto della reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio di cassazione vanno interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.