Ordinanza 21867/2013
Fidejussione – Decadenza del creditore dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria – Rinuncia preventiva da parte del fideiussore
La decadenza del creditore dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria, sancita dall’art. 1957 cod. civ. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, può essere preventivamente rinunciata dal fideiussore, trattandosi di pattuizione rimessa alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, per il garante, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore.
Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 24 settembre 2013, n. 21867 (CED Cassazione 2013)
Articolo 1957 c.c. commentato con la giurisprudenza
RITENUTO IN FATTO
– che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, in applicazione dell’articolo 380-bis cod. proc. civ.:
Con atto di citazione notificato in data 27 giugno 1989, il sig. (OMISSIS) conveniva in giudizio la (OMISSIS) per opporsi al decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale di Modena in data 25 maggio 1989 su ricorso presentato dall’istituto di credito per il pagamento di una certa somma dovuta a titolo di obbligazione fideiussoria.
L’opponente citava con il medesimo atto in giudizio i sig.ri (OMISSIS) e (OMISSIS) al fine di essere parzialmente manlevato dalla richiesta di pagamento avanzata dalla convenuta opposta, essendo gli stessi cofideiussori del sig. (OMISSIS).
Il Tribunale di Modena, con sentenza del 10 maggio 2004, rigettava l’opposizione e confermava il decreto opposto, come pure rigettava le domande proposte dal sig. (OMISSIS) nei confronti dei cofideiussori (OMISSIS) e (OMISSIS), condannando il primo al pagamento delle spese processuali in favore dei convenuti.
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 17 febbraio 2011, rigettava l’appello proposto dal sig. (OMISSIS) confermando integralmente la sentenza del giudice di prime cure.
Per la cassazione della sentenza della Corte territoriale, il sig. (OMISSIS) proponeva ricorso, con atto notificato in data 8 settembre 2011, sulla base di due motivi.
Con il primo motivo, il ricorrente denunciava violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1957 c.c. in relazione all’articolo 360c.p.c., comma 1, n. 3.
Ritenendo che la decadenza del creditore dal diritto di escutere la fideiussione ex articolo 1957 c.c. possa formare oggetto di esclusione pattizia, la Corte territoriale avrebbe violato la predetta norma.
Con la seconda doglianza, il ricorrente lamentava omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
La Corte d’appello di Bologna avrebbe erroneamente ritenuto assolto l’onere probatorio gravante sulla Banca circa l’esistenza del credito vantato e l’entità delle somme dovute all’atto della revoca della garanzia da parte dell’odierno ricorrente.
Resisteva con controricorso la (OMISSIS) s.p.a. (a seguito di fusione per incorporazione della (OMISSIS) s.p.a.).
Così riassunti i fatti di causa, il ricorso sembra, prima facie, inammissibile.
Invero, la sentenza impugnata sembra essere conforme al consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui “la decadenza del creditore dal diritto di pretendere dal fideiussore l’adempimento dell’obbligazione principale per mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, ex articolo1957 c.c., ben può essere convenzionalmente esclusa per effetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore, trattandosi di pattuizione affidata alla disponibilità delle parti, la quale non urta contro alcun principio di ordine pubblico comportando soltanto l’assunzione, da parte del fideiussore, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore” (sent. Cass. n. 394 del 2006; v., anche, sentt. Cass. nn. 8839 del 2007 e 13078 del 2008).
Da ciò ne consegue l’inammissibilità del primo motivo di ricorso poichè, nel richiamare esclusivamente alcuni precedenti della giurisprudenza di merito a sostegno delle proprie argomentazioni, la difesa del sig. (OMISSIS) sembra del tutto trascurare il suddetto costante insegnamento di questa Corte.
Anche la seconda doglianza sembra inammissibile poichè compete al giudice di merito stabilire se, in concreto, l’onere della prova gravante sulla parte sia stato o meno assolto.
Nel caso di specie, non sembra possibile ravvisare alcun vizio motivazionale della sentenza impugnata, con cui la Corte d’appello di Bologna ha ritenuto assolto il suddetto onere probatorio gravante sulla Banca, avendo quest’ultima prodotto la documentazione relativa al conto corrente garantito da fideiussione da cui risultava l’esistenza del credito azionato e l’entità delle somme dovute al momento della intervenuta revoca della garanzia fideiussoria (in particolare, come viene evidenziato dalla Corte territoriale nelle pp. 9 e 10 della sentenza impugnata, “gli estratti conti da cui risulta che all’atto del recesso del (OMISSIS) dalla garanzia fideiussoria il conto corrente garantito presentava un saldo debitore di lire 37.694.490 ed i relativi estratti conto erano sempre stati comunicati alla società di cui il (OMISSIS) era all’epoca amministratore e dunque ne era senza dubbio a conoscenza e non avevano formato oggetto di contestazione nè da parte della società nè dei fideiussori”).
Sussistono, dunque, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio.
– che la relazione è stata comunicata al Pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;
– che la parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa;
– che all’udienza in camera di consiglio il P.G. ha chiesto la conferma della relazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il collegio, discussi gli atti delle parti, ha condiviso la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l’accompagnano;
– che la memoria illustrativa non adduce argomenti che inducano ad una diversa decisione;
– che il ricorso dev’essere dunque dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.
P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali, liquidate in complessivi euro 1.600,00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre gli accessori di legge.