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Cassazione Civile 21924/2015 – Offerta non formale – Requisiti per la validità dell’offerta – Art. 1220 cc

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Sentenza 21924/2015

Offerta non formale – Requisiti per la validità dell’offerta – Art. 1220 cc

Al fine di escludere la mora del debitore, ex art. 1220 c.c., l’offerta non formale della prestazione deve essere reale ed effettiva, occorrendo, cioè, che rivesta i caratteri della serietà, tempestività e completezza e consista nell’effettiva introduzione dell’oggetto della prestazione dovuta nella sfera di disponibilità del creditore, nei luoghi indicati dall’art. 1182 c.c. per l’adempimento dell’obbligazione, sicché quest’ultimo possa aderirvi limitandosi a ricevere la prestazione stessa, senza ulteriori accordi.

Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 28 ottobre 2015, n. 21924   (CED Cassazione 2015)

Art. 1220 cc (Offerta non formale) – Giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 3 ottobre 2008, la società (OMISSIS) s.a.s. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Pesaro, la società (OMISSIS) s.a.s., nonchè (OMISSIS) e (OMISSIS), quali soci illimitatamente responsabili, al fine di sentirli condannare al pagamento della somma euro 115.980,65, oltre rivalutazione ed interessi. A fondamento della proposta domanda l’attrice esponeva che:

– con contratto stipulato il 15 febbraio 2006, aveva concesso in affitto alla società convenuta i complessi aziendali denominati ” (OMISSIS)” ed ” (OMISSIS)”, siti in (OMISSIS);

– stante la morosità dell’affittuaria nel pagamento del canone e in mancanza della consegna, da parte della predetta, delle previste fideiussioni, aveva proposto ricorso dinanzi al Tribunale di Pesaro per sentir dichiarare risolto il contratto di affitto in questione per inadempimento della società (OMISSIS) s.a.s. – cui aveva già comunicato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa di cui ai patti nn. 4 e 16 del contratto – e condannare l’affittuaria alla riconsegna immediata dei detti complessi aziendali e al risarcimento dei danni da liquidarsi in altro giudizio;

– l’affittuaria si era costituita contestando la domanda e chiedendo la risoluzione del contratto per fatto e colpa della società affittante, per averle consegnato un’azienda non idonea all’uso e per la quale non le era stato consentito il subingresso nelle autorizzazioni comunali;

– quel giudizio si era concluso con sentenza della Corte di appello di Ancona n. 365/2007, passata in giudicato, che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva dichiarato risolto ex art. 1546 c.c., per mancato pagamento dei canoni da parte dell’affittuaria, il contratto di affitto in questione, condannato l’affittuaria alla restituzione dei complessi aziendali e dichiarato inammissibile, in quanto formulata in modo del tutto generico, la domanda di risarcimento dei danni;

– la locatrice vantava un credito, nei confronti della società (OMISSIS) s.a.s., di euro 37.000,00, oltre IVA ed interessi, a titolo di canoni di locazione non pagati, nonchè di euro 1.924,77, a titolo di rimborso spese; alla predetta spettavano inoltre euro 35.000,00, a titolo di penale prevista dalla clausola n. 15 del contratto per ogni giorno di ritardo nella riconsegna degli immobili, euro 2.580,64, quale valore locativo per il periodo 1 agosto – 8 agosto 2006 ed andavano altresì riconosciuti, a titolo di risarcimento dei danni, euro 15.000,00 (pari al doppio della caparra versati dal (OMISSIS) in esecuzione del contratto di affittanza stipulato in data 1 settembre 2006) nonchè euro 37.151,00 (per perdita di canoni, non avendo affittato il complesso aziendale fino all’8 febbraio 2007).

I convenuti si costituivano eccependo la preclusione del precedente giudicato e l’infondatezza della domanda.

Il Tribunale di Pesaro, con sentenza del n. 360/2010, accoglieva la domanda e condannava i convenuti, in solido tra loro, al pagamento delle somme richieste in citazione, oltre rivalutazione monetaria e interessi.

Avverso la predetta sentenza, la società (OMISSIS) s.a.s., (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano gravame, cui resisteva l’appellata.

La Corte di Appello di Ancona, con sentenza del 22 luglio 2011, in parziale accoglimento dell’appello, riformava la sentenza di primo grado e condannava gli appellanti al pagamento, a favore dell’appellata, delle sole somme dovute a titolo di canoni di locazione non pagati (euro 37.000,00, oltre IVA) e di rimborso spese (euro 1.927,77), con gli accessori di cui alla sentenza del Tribunale, ritenendo essersi formato il giudicato in relazione agli importi richiesti a titolo di danno, sul rilievo che la declaratoria di inammissibilità di detta domanda andava intesa quale rigetto nel merito, ed affermando, “per debito di ragione”, che le pretese avanzate in relazione alle ulteriori somme erano comunque infondate.

Avverso tale sentenza, la (OMISSIS) s.a.s. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi, cui hanno resistito con controricorso la società (OMISSIS) s.a.s., (OMISSIS) e (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Non è fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai controricorrenti per non essere stati formulati i quesiti di diritto, atteso che, essendo stata la sentenza impugnata depositata in data 22 luglio 2011, nel caso all’esame non va applicato, ratione temporis, l’art. 366 bis c.p.c..

2. Con il primo motivo di ricorso, lamentando “violazione e falsa applicazione della norma dell’art. 2909 cod. civ. e dei principi di diritto in tema di elementi costitutivi della cosa giudicata, nonchè vizi attinenti alla motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”, la ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui la Corte di appello, interpretando il giudicato formatosi tra le stesse parti nel precedente ricordato giudizio, ha ritenuto che la pronunzia sulla domanda di risarcimento dei danni fosse di rigetto e non di inammissibilità. Ad avviso della (OMISSIS) s.a.s., nella controversia conclusasi con la sentenza della Corte di appello di Ancona n. 365/2007, la decisione relativa alla domanda di risarcimento dei danni avrebbe natura meramente processuale sicchè sarebbe inidonea a formare un giudicato sostanziale, essendo stata in quel giudizio tale domanda, sia pure limitata all’an debeatur, ritenuta “inammissibile in quanto formulata in modo del tutto generico, senza alcuna specificazione delle ragioni della richiesta”. Secondo la ricorrente, “l’interpretazione del giudicato va operata anzitutto sulla base del tenore letterale del titolo giudiziale, complessivamente considerando dispositivo e motivazione” e potendosi poi prendere in considerazione le domande delle parti, su cui il titolo si è formato, ma solo se persista un’obiettiva incertezza sul contenuto della pronuncia, che nella specie difetterebbe. Nel caso all’esame non sussisterebbe alcuna incertezza sul contenuto della pronuncia di inammissibilità della domanda, avendo il giudice ritenuto evidentemente tale domanda nulla, nè rileverebbe – in ordine alla sussistenza di detta nullità – la mancata concessione di un termine per sanare la stessa.

Sostiene inoltre la (OMISSIS) s.a.s. che la domanda proposta nel giudizio conclusosi nel 2007 non sarebbe coincidente con quella formulata nella presente causa, in cui è stata richiesta anche la liquidazione della penale contrattualmente prevista per il ritardo nella riconsegna delle aziende affittate.

3. Con il secondo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione della norma dell’art. 2909 cod. civ. e dei principi di diritto in tema di elementi costitutivi della cosa giudicata, nonchè violazione o falsa applicazione dell’art. 1220 cod. civ. e vizi attinenti la motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”, la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di merito, “per debito di ragione”, ha ritenuto infondata la domanda di risarcimento dei danni, dovendosi considerare adempiuta, ad opera del conduttore, l’obbligazione di restituzione del bene avuto in godimento mediante l’offerta di restituzione delle chiavi dell’immobile o con l’incondizionata messa a disposizione del medesimo senza la necessità della redazione del relativo verbale, in quanto l’adozione di modalità aventi valore di offerta non formale, pur non essendo sufficiente a costituire in mora il locatore e tuttavia idonea ad evitare la mora del conduttore, affermando che, nella specie, la società (OMISSIS) s.a.s. sin dal 22 maggio 2006, aveva più volte comunicato, anche a mezzo del suo legale, la disponibilità alla consegna delle chiavi sicchè doveva ritenersi che solo l’ingiustificata resistenza del locatore aveva impedito la riconsegna dell’immobile, rappresentando le predette comunicazioni un’offerta non formale, seria e concreta che escludeva la mora del conduttore circa la restituzione dell’immobile.

Ad avviso della società ricorrente la sentenza n. 365/2007 della Corte di appello di Ancona costituirebbe “giudicato in relazione a quanto dedotto in ordine alla messa a disposizione del bene in tempi anteriori rispetto a quanto risulta dal verbale di consegna del 12 luglio 2006” ed inoltre la dedotta offerta delle chiavi sarebbe stata formulata dall’affittuaria non quale intimazione al creditore di ricevere la consegna del complesso aziendale oggetto dell’affittanza cessata in conseguenza del proprio inadempimento, bensì sul presupposto del preteso inadempimento contrattuale della locatrice, sicchè quest’ultima avrebbe avuto un legittimo motivo per trascurare tale offerta e che comunque nella specie l’offerta non formale non avrebbe avuto i caratteri della serietà, tempestività e completezza.

4. I due motivi di ricorso, essendo strettamente connessi, ben possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono solo in parte fondati.

4.1. Ed invero l’interpretazione del giudicato esterno – quale rigetto della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni – effettuata dalla Corte di merito resiste alle censure sollevate dalla parte ricorrente, risultando del tutto corretta e supportata da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici, evidenziandosi che la predetta Corte, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, risulta nella specie aver fatto corretta applicazione del principio, già affermato da questa Corte e che va ribadito in questa sede, secondo cui l’interpretazione del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua non soltanto del dispositivo della sentenza, ma anche della sua motivazione; nè può escludersi la correttezza di un’indagine diretta ad attribuire rilevanza integratrice alle stesse domande delle parti, nell’assenza di altri elementi idonei ad escludere un’obiettiva incertezza sul contenuto della pronuncia (Cass., ord., n. 769 del 16/01/2014; Cass. n. 24594 del 23/11/2005).

Nè risulta, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, che la domanda di condanna generica al risarcimento dei danni sia stata, nel giudizio in cui era stata avanzata, ritenuta nulla dal giudice, come argomentatamente evidenziato dalla Corte di merito nella sentenza impugnata in questa sede.

4.2. Il giudicato esterno rilevato dalla Corte di merito si riferisce alla sola domanda risarcitoria, come chiaramente esplicitato nella sentenza impugnata, e, pertanto, la sussistenza di tale giudicato, se assorbe l’esame di ogni altra questione prospettata dalla parte ricorrente in relazione alla predetta domanda, tuttavia, non rileva in ordine alla domanda di condanna al pagamento della penale contrattualmente prevista per il ritardo nella riconsegna delle aziende affittate, essendo quest’ultima domanda del tutto autonoma rispetto a quella di risarcimento del danno (Cass. 24 aprile 2008, n. 10741). Nella specie, e con riferimento a tale ultima domanda, non sembra aver rilievo il non chiaro “giudicato interno su quanto dedotto dai convenuti in ordine alla messa a disposizione del bene in tempi anteriori rispetto a quanto risulta dal predetto verbale di consegna”, cui fa riferimento il Tribunale di Pesaro nella sentenza n. 360/10 conclusiva del primo grado del presente giudizio, invocato dalla ricorrente; peraltro ove si volesse intendere tale riferimento come richiamo al giudicato esterno di cui alla sentenza n. 365 del 2007, come sembra sostenere la ricorrente (v. ricorso p. 26), si osserva che dalla sentenza appena richiamata nulla si evince sulla valenza della detta messa a disposizione del bene prima del verbale di consegna. Risultano, invece, fondate le doglianze sollevate dalla ricorrente in relazione alla idoneità – ritenuta dalla Corte di merito – dell’offerta non formale effettuata dall’affittuaria ad escludere, nella specie, la mora della stessa ai sensi dell’art. 1220 c.c..

Ed invero, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, cui va dato seguito, l’offerta non formale della prestazione esclude la mora del debitore, ai sensi dell’art. 1220 c.c., così preservandolo dalla responsabilità per il ritardo, solo se sia reale ed effettiva, e cioè abbia i caratteri della serietà, tempestività e completezza e consista nell’effettiva introduzione dell’oggetto della prestazione dovuta nella sfera di disponibilità del creditore nei luoghi indicati dall’art. 1182 c.c. per l’adempimento dell’obbligazione, in modo che quest’ultimo possa aderirvi senza ulteriori accordi e limitarsi a ricevere la prestazione stessa (Cass. 13 dicembre 2010, n. 25155; Cass. 21 giugno 2002, n. 9058).

La Corte di merito non risulta aver fatto corretta applicazione di tale principio.

Nella specie, la predetta Corte, ha ritenuto che la comunicazione informale – effettuata dall’affittuaria – di disponibilità alla consegna delle chiavi sin dal 22 luglio 2006 e che le raccomandate a.r. in data 12 luglio 2006 e 28 agosto del 2006, del difensore della medesima con cui lo stesso ebbe a sollecitare la riconsegna, “confermando la disponibilità delle chiavi nel proprio studio a completa disposizione della controparte” (v. sentenza impugnata, p. 8), alla luce delle circostanze di fatto richiamate in sentenza, rappresentassero “un’offerta non formale ma comunque seria e concreta, che, pur non mettendo in mora il locatore, escludeva la mora del conduttore circa la restituzione dell’immobile”.

Tale offerta risulta, invece, carente dei requisiti individuati dalla giurisprudenza e sopra richiamati, solo se si considera che nella specie trattasi non di locazione di immobile ma di affitto di azienda, sicchè l’offerta doveva riferirsi non al solo bene immobile ma anche al complesso dei beni aziendali, nè risulta essere stata accompagnata dall’offerta dei canoni dovuti; inoltre tale offerta risulta essere stata formulata sul presupposto dell’inadempimento dell’attuale ricorrente, laddove, con sentenza passata in giudicato, il contratto in parola è stato dichiarato risolto per inadempimento della società affittuaria e, pertanto, neppure risulta sussistente “l’ingiustificata resistenza del locatore”, ritenuta dalla Corte di merito e, comunque, tale affermazione appare essere non supportata da adeguata motivazione.

5. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto solo in parte e nei limiti sopra precisati.

La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata in relazione alle censure accolte e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, che si atterrà a quanto sopra evidenziato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione e nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione in data 11 giugno 2015.