Roma, Via Valadier 44 (00193)
o6.6878241
avv.fabiocirulli@libero.it

Cassazione Civile 22179/2014 – Condominio – Fossa settica posta nel sottosuolo dell’edificio

Richiedi un preventivo

Sentenza 22179/2014

Condominio – Fossa settica posta nel sottosuolo dell’edificio

In tema di condominio, la fossa settica posta nel sottosuolo dell’edificio, nella quale confluiscono i liquami provenienti dagli scarichi dei sovrastanti appartamenti, rientra tra le parti comuni, in forza della presunzione di condominialità di cui all’art. 1117, n. 1, cod. civ., salvo che il contrario non risulti da un titolo, con la conseguenza che i singoli condomini che utilizzano l’impianto devono contribuire alle relative spese di utilizzazione e manutenzione, e sono tenuti, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., al risarcimento dei danni da esso eventualmente causati agli altri condomini o a terzi.

Cassazione Civile, Sezione2, Sentenza 20-10-2014, n. 22179   (CED Cassazione 2014)

Art. 2051 cc (Danno cagionato da cosa in custodia)

Art. 2043 cc (Risarcimento per fatto illecito)

Art. 1117 cc (Parti comuni dell’edificio)

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato, la soc. St. snc in persona del legale rappresentante FI. Da., conveniva in giudizio, avanti al tribunale di Pistoia, PA. Ro., ZO. Ca., ZO. Pi., quali condomini dell’edificio condominiale sito in Pistoia, nonché Pr. Ma., quale legale rappr.te dell’I.G. snc. chiedendo che fosse accertata la comproprietà dell’impianto fognario del Condominio di via (OMISSIS), con la condanna dei convenuti al rimborso delle spese da lei sostenute per la riparazione e la manutenzione della fossa settica del predetto impianto, nonché al risarcimento dei danni indicati in L. 94.000.000 ex artt. 11232043 e 2051 c.c.. Precisava l’attrice che nel febbraio del 1992 si erano verificati nell’immobile, da lei condotto in locazione, di proprietà della soc. I.G., sito al piano terra del predetto stabile ed adibito ad esercizio commerciale, copiose infiltrazioni di acque nere e bianche, provenienti dal pavimento sotto il quale era stata a suo tempo allocata una fossa settica (non ispezionabile e non più collegata alla rete fognaria), nella quale erano convogliate le acque nere e bianche degli appartamenti sovrastanti di proprietà dei condomini convenuti. Precisava infatti l’attrice che aveva dovuto procedere, per eliminare tali gravi inconvenienti, ad urgenti lavori di risanamento e riparazione dell’intero sistema fognario in questione, con conseguente necessaria sospensione dell’attività commerciale del negozio, per tutto il tempo necessario per consentire l’esecuzione dei lavori stessi, ciò che aveva comportato per lei ulteriori danni. Si costituivano in giudizio tutti i convenuti ad eccezione della Soc. I.G. che rimaneva contumace.
La convenuta Li. chiedeva di essere estromessa dal giudizio in quanto la propria unità immobiliare era collegata ad una diversa rete fognaria rispetto a quella oggetto di causa; gli altri convenuti invece contestavano la domanda dicendo di non essere proprietari della cloaca e del sistema fognario in esame, essendo però titolari di una servitù passiva sullo stesso; chiedevano quindi il rigetto della domanda ed in via di riconvenzione la condanna della società attrice alla rimessione in pristino dei luoghi nonché al risarcimento dei danni.
Espletata la CTU, l’adito tribunale di Pistoia, con sentenza n. 396 del 30.03.04 dichiarava la carenza di legittimazione passiva di Li. Ca. e respingeva la domanda attorea nei confronti degli altri convenuti, condannando la società attrice, in accoglimento della proposta riconvenzionale, al risarcimento dei danni in favore dei convenuti Zo. e PA..
Avverso la sentenza proponeva appello la società St. insistendo – previa affermazione che i convenuti fossero comproprietari della fossa settica in parola – per la loro condanna al risarcimento dei danni in conseguenza della fuoriuscita dei liquami e per la temporanea sospensione dell’attività commerciale nel suo negozio in conseguenza dell’esecuzione dei necessari lavori di riparazione.
Si costituivano gli appellanti (ad eccezione della I.G. snc che rimaneva contumace) contestando l’avversa impugnazione. L’adita Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 112/2008 depos. in data 22.1.2008 rigettava l’appello proposto dalla ST. snc, riformando però la sentenza impugnata in ordine alla statuizione sui danni riconosciuti da primo giudice ai convenuti in accoglimento della loro domanda riconvenzionale. Riteneva la Corte che ai sensi dell’art. 1117 c.c., punto n. 3 – secondo cui le fognature sono di proprietà comune dei condomini fino al punto di diramazione degli impianti locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini – la fognatura interessata ai lavori era allocata pacificamente all’interno dei locali di proprietà esclusiva della società I.G., beatrice dei locali commerciali condotti dalla soc. appellante, e dunque doveva anch’essa ritenersi di proprietà esclusiva dello stessa locatrice. D’altra parte i convenuti Zo. e PA. usufruivano della fossa asettica su cui esercitavano però solo una servitù di mero fatto, in mancanza di un valido titolo contrattuale o giurisdizionale per la sua costituzione. Tuttavia, solo dal momento della costituzione di siffatta servitù, sarebbero potuto sorgere obblighi e diritti per le parti del rapporto giuridico de quo, per cui, nella fattispecie, in carenza di un titolo legittimante la servitù stessa, la domanda attorea di risarcimento danno nei confronti dei condomini non poteva ritenersi fondata, con conseguente reiezione dell’appello.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre la ST. snc di Fi. Da. sulla base di n. 4 mezzi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.; gli intimati non hanno svolto difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo l’esponente eccepisce il vizio di motivazione della sentenza nel punto in cui la Corte distrettuale ha ritenuto che la fosse settica fosse collocata all’interno dei locali dell’attrice, anziché posta nel sottosuolo dell’edificio condominiale, sotto il pavimento de locale in questione, chiusa e completamente inaccessibile dall’esterno. Quindi la fossa settica non poteva ritenersi un bene di proprietà esclusiva del proprietario del negozio, ex art. 1117 c.c., n. 3), bensì bene di proprietà comune di tutti i proprietari delle unità immobiliari soprastanti, i cui scarichi e liquami venivano convogliati in tale fossa (art. 1117 c.c., n. 1).

Con il 2 motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., nn. 1 e 3: la fossa settica non rientrava nella nozione di fognatura di cui all’art. 1117 c.c., n. 3, bensì in quella di parte dell’edificio necessaria all’uso comune di cui all’art. 1117 c.c., n. 1, con conseguente obbligo dei condomini di procedere alle riparazioni e manutenzione ed a risarcire gli danni derivanti dalla cosa comune.
Il motivo si conclude con il seguente quesito:
“… enunci il principio di diritto nell’interesse della legge secondo cui, posto che una fossa settica o vasca o cisterna di raccolta di liquami degli appartamenti e dei locali soprastanti non rientri nell’accezione di fognature e canali di scarico di cui al n. 3, bensì in quella di parte dell’edificio necessario all’uso comune di cui al citato art. 1117 c.c., n. 1, e posto che la destinazione dei beni al comune godimento delle unità immobiliari di proprietà esclusiva è condizione perché operi la disposizione dell’art. 1117 c.c., e che qualifica detti beni come di proprietà comune, una fossa settica a perdere, come nella fattispecie, allocata nel sottosuolo di un edificio condominiale, nello spazio sottostante al pavimento dei locali commerciali posti al piano terra, ma completamente chiusa e non accessibile ne’ dall’esterno, ne’ dall’interno dei locali stessi, è oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani che ivi scaricano in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva a uno dei condomini, di talché il condominio o i singoli condomini, in caso di mancata costituzione del condominio, quali custodi, hanno l’obbligo di riparazione e manutenzione e, in caso di danno derivante dalla cosa comune, ne sono responsabili ai fini risarcitori”.

Con il 4 motivo l’esponente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 2043 e 2051 c.c.: doveva essere riconosciuta la responsabilità dei condomini ai sensi dell’art. 2051 c.c., in quanto custodi delle parti comuni dell’edificio: essi dunque dovevano rispondere dei danni derivati al singolo condomino ed anche a terzi. A conclusione del mezzo viene posto il seguente quesito:
“Accerti e dichiari…. Il vizio della sentenza impugnata per violazione ed errata applicazione dell’art. 2051 c.c., in materia di responsabilità del condominio e/o, in mancanza della costituzione di un condominio, la responsabilità dei proprietari delle singole unità abitative e non, quale/i custode/i delle parti comuni dell’edificio, ed enunci il principio di diritto nell’interesse della legge, secondo cui il condominio o i singoli proprietari in solido tra loro, quale/i custode/i ex art. 2051 c.c., risponde o rispondono dei danni derivati al singolo condominio o a terzi per difetto di manutenzione o mancanza di riparazioni dei beni di proprietà comune”.
Le suesposte doglianze possono essere esaminate congiuntamente in quanto connesse; le stesse sono fondate, attesa la pacifica situazione di fatto in ordine all’impianto fognante in esame, con particolare riferimento alla fossa settica posta sotto i locali commerciali in questione, nella quale confluiscono i liquami provenienti dai sovrastanti appartamenti dei convenuti. Tale vasca o fossa settica poiché serve all’uso comune del condominio non può che avere natura condominiale ai sensi dell’art. 1117 c.c., comma 1: essa infatti funge da collettore degli scarichi dell’intero edificio, essendo posta nel sottosuolo dello stesso” completamente chiusa e separata dal piano terra, ripresentando un manufatto antico divenuto nel tempo “fossa a perdere” cioè raccolta delle acque nere e bianche, poste a contatto con il terreno nel quale via via si erano disperse”. La vasca dunque non può essere di proprietà esclusiva del proprietario de negozio sovrastante, per cui è sicuramente errato ed inconferente il richiamo all’art. 1117 c.c., n. 3, operato dal giudice distrettuale: trova dunque applicazione l’art. 1117 c.c., n. 1, circa la presunzione di cui dominialità del manufatto, atteso che non vi è un titolo che diversamente stabilisca. Ulteriore conseguenza è che i singoli condomini che utilizzano la fogna, ai sensi dell’art. 2051 c.c., devono contribuire alle spese di utilizzazione e manutenzione dell’impianto e sono inoltre tenuti al risarcimento dei danni eventualmente causati dall’impianto fognante in esame sia agli altri condomini che a terzi (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15096 del 17/06/2013). L’accoglimento dei motivi di cui sopra comporta l’assorbimento del 3 motivo de ricorso (vizio di motivazione della sentenza in relazione al fatto che la Corte ha ritenuto l’esistenza di una servitù di fatto in favore dei condomini, in carenza di un titolo giuridico).

Il ricorso dev’essere dunque accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata; la causa dev’essere rinviata, anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze, che deciderà secondo i principi sopra richiamati.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze.
Così deciso in Roma, il 22 settembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2014