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Cassazione Civile 22540/2018 – Circolazione stradale – Sinistro – Modificazioni modificazione della domanda ex art. 183 c.p.c. – Ammissibilità

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Ordinanza 22540/2018

 

Circolazione stradale – Sinistro – Modificazioni modificazione della domanda ex art. 183 c.p.c. – Ammissibilità

La modificazione della domanda ex art. 183 c.p.c. è consentita sempre che rimangano immutate le parti del giudizio nonché la vicenda sostanziale oggetto dello stesso. (Nella specie, in un giudizio per risarcimento danni da sinistro stradale, la S.C. ha ritenuto ammissibile la sostituzione dell’originaria domanda del terzo trasportato, tesa a far valere la responsabilità del proprietario del veicolo fondata sul contratto di trasporto concluso tra le parti, con un’altra basata sulla presunzione di responsabilità del proprietario medesimo, ex art. 2054 c.c.).

Cassazione Civile, Sezione 3 civile, Ordinanza 25 settembre 2018, n. 22540   (CED Cassazione 2018)

 

 

FATTI DI CAUSA

  1. (OMISSIS), sulla base di un unico motivo, ricorre per cassazione avverso la sentenza n. 4972/14 del 15 dicembre 2014 della Corte di Appello di Napoli, che – rigettando il gravame da essa proposto contro la sentenza n. 313/09 dell’11 febbraio 2009, resa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – ha respinto la sua domanda di risarcimento dei danni nei confronti di (OMISSIS) e della società (OMISSIS) (oggi (OMISSIS) S.p.a.).
  2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di aver convenuto in giudizio – sul presupposto di essere stata coinvolta in un sinistro stradale, il (OMISSIS), mentre viaggiava a bordo di una vettura di proprietà di (OMISSIS) e guidata da (OMISSIS) – il predetto (OMISSIS), nonchè la compagnia che assicurava, per la responsabilità civile auto, il veicolo di proprietà dello stesso.

Deduce, altresì, che nella propria iniziale domanda del marzo 2000 essa imputava, tuttavia, la responsabilità del sinistro occorsole (e causa di danni alla sua persona) unicamente al comportamento di (OMISSIS), alla guida di altra autovettura – di proprietà di (OMISSIS) – entrata in collisione con quella a bordo della quale essa (OMISSIS) era trasportata. Sosteneva, infatti, che, mentre (OMISSIS) era impegnato in una manovra di sorpasso dell’automobile condotta dalla (OMISSIS), costei girava a sinistra senza azionare l’apposito indicatore di direzione, di talchè, per effetto dell’inevitabile impatto tra i due veicoli, il mezzo con cui veniva trasportata veniva proiettato contro un muro di cemento armato posto sulla sinistra della carreggiata.

Ciò premesso, la (OMISSIS) – nelle conclusioni del proprio atto di citazione – chiedeva all’adito Tribunale di Santa Maria Capua Vetere di accertare e dichiarare che essa, “indipendentemente dalla responsabilità nella causazione del sinistro”, aveva, quale “terzo trasportato”, diritto “al risarcimento dei danni per le lesioni riportate in base alla normativa vigente”, e per l’effetto condannare (OMISSIS) e il suo assicuratore a rifonderle i danni subiti.

Nella contumacia del (OMISSIS), costituitasi la sola compagnia assicuratrice, che eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, chiedendo pertanto l’immediata fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, il giudice di prime cure assegnava termine ex articolo 183 c.p.c., u.c. (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, articolo 2, comma 3, lettera c-ter, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005, n. 80). Con memoria depositata il 18 novembre 2000 ai sensi della norma suddetta, la (OMISSIS) (secondo quanto dedotto nel presente ricorso), “fermi i fatti e la dinamica” del sinistro come già proposti dell’atto di citazione, prospettava “re melius perpensa una responsabilità concorsuale nella causazione del sinistro”, in particolare ipotizzando “esservi una colpa concorrente” di (OMISSIS) e di (OMISSIS) (il proprietario, come detto, dell’altro veicolo coinvolto nel sinistro), come confermato dal rapporto verbale redatto dai vigili urbani che accorsero sul luogo del sinistro e contravvenzionarono entrambi i conducenti. Su tali basi, dunque, essa concludeva affinchè fosse accertata “la totale e/o parziale responsabilità del (OMISSIS)” e, per l’effetto, condannato in solido con la (OMISSIS) S.p.a. al risarcimento dei danni.

Respinta dall’adito giudice la richiesta di immediata fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, celebrata l’istruttoria (consistita nel licenziamento di CTU medico-legale), la domanda attorea, tuttavia, veniva rigettata dal Tribunale sammaritano, sul rilievo che, “essendo diversi i fatti a fondamento della domanda inizialmente proposta rispetto a quella introdotta con la memoria deposita il 18 novembre 2000”, quest’ultima non potesse “ritenersi precisazione della prima, ma domanda nuova, come tale inammissibile”.

  1. Benchè oggetto di gravame, siffatta decisione veniva confermata dalla Corte di Appello partenopea, la quale ribadiva che quella proposta nella memoria ex articolo183 c.p.c. doveva ritenersi “domanda nuova”, rispetto a quella prospettata con l’atto di citazione. Difatti, secondo il giudice d’appello, “si ha domanda nuova – inammissibile, per modificazione della causa petendi – quando il diverso titolo giuridico della pretesa, essendo imposto su presupposti di fatto e situazioni giuridiche non prospettate nell’atto di citazione, comporta il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, introducendo nel processo un nuovo tema di indagine”, come, appunto, avvenuto nel caso di specie.
  2. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS), sulla base – come detto – di un solo motivo.

4.1. Si deduce – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), – “nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 183 c.p.c., commi 5 e 6, vecchia formulazione, e dell’articolo 2054 c.c., comma 2, e dell’articolo 2055 c.c.”.

Richiamata la pronuncia delle Sezioni Unite civili di questa Corte, intervenuta sulla vexata quaestio del criterio per il discernimento tra mutatio ed emendatio libelli (si tratta di Cass. Sez. Un., sent. 15 giugno 2015, n. 12310), l’odierna ricorrente deduce che la distinzione tra la domanda “nuova” e quella semplicemente “modificata” riposerebbe sul fatto che la prima si identificherebbe in quella che si aggiunge all’originaria, estendendo così l’oggetto del giudizio, ricorrendo, invece, l’ipotesi della modificazione quando le ulteriori domande “non si aggiungono a quelle iniziali ma le sostituiscono”, ponendosi, pertanto, con esse “in un rapporto di alternatività” e valendo come rinuncia implicita alle stesse.

Respinta, quindi, l’idea che la emendatio possa consistere esclusivamente nella “precisazione” o addirittura nella “mera diversa qualificazione del fatto costitutivo del diritto”, la ricorrente assume che “la modificazione della domanda, ammessa a norma dell’articolo 183 c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi identificativi della medesima sul piano oggettivo (petitum e causa petendi)”, e ciò qualora “tale modifica costituisca la soluzione più adeguata agli interessi della parte in relazione alla vicenda sostanziale dedotta in lite”. Unico limite alla modifica sarebbe solo la necessità “che l’originario elemento identificativo soggettivo delle persone rimanga immutato e che la vicenda sostanziale sia uguale o quantomeno collegata (recte: “connessa a vario titolo”) a quella dedotta in giudizio con l’atto introduttivo”.

Orbene, nella specie, sarebbe “evidente” – secondo la ricorrente “che i fatti posti a fondamento della domanda non sono mutati in quanto ciò che è mutata è la mera qualificazione giuridica” degli stessi. D’altra parte, osserva la (OMISSIS), non senza rilievo sarebbe la circostanza che l’iniziativa da essa assunta con la memoria ex articolo 183 c.p.c. ha costituito conseguenza di un’eccezione sollevata dalla convenuta compagnia assicuratrice (di inammissibilità della domanda dell’attrice, giacchè la medesima, nella qualità di terza trasportata, non avrebbe potuto accampare pretese qualora fosse stata acclarata una responsabilità esclusiva del conducente dell’altra autovettura nella causazione del sinistro). Sicchè, nella prospettiva indicata dal già citato arresto delle Sezioni Unite, l’odierna ricorrente, per reagire a tale eccezione, “avrebbe finanche potuto procedere ad una mutatio della originaria domanda”. Nondimeno, essa (OMISSIS), “immutati gli elementi di fatto e di diritto posti a base della domanda, ha meramente modificato la prospettazione originaria relativa alla qualificazione giuridica dei fatti”, realizzando così un comportamento “pacificamente rientrante nelle proprie facoltà senza alcuna preclusione di diritto”.

Di qui, pertanto, il lamentato “errore macroscopico di interpretazione di diritto riguardante l’emendatio libelli” in cui sarebbe incorsa la Corte partenopea, anche avuto riguardo al fatto che, così come proposta la ricostruzione della dinamica del sinistro (in particolare, soprattutto nel riferire la circostanza che, a seguito dell’urto tra le due vetture, quella a bordo della quale viaggiava l’odierna ricorrente venne “proiettata” contro il muro di cemento a sinistra della carreggiata), dalla stessa sarebbe emersa una condotta del (OMISSIS) non conforme ai numeri 1), 2) e 3) dell’articolo 141 C.d.S. e, dunque, una chiara “corresponsabilità dei conducenti delle due vetture nella causazione dell’impatto”.

  1. Ha proposto controricorso (OMISSIS) S.p.a., eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’avversaria impugnazione, ex articolo360-bis c.p.c., per avere la sentenza impugnata deciso questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, senza che la ricorrente abbia addotto argomenti per mutare orientamento.

Nel merito, in ogni caso, ha chiesto dichiararsi l’infondatezza del ricorso.

Rileva, infatti, che è stata la stessa (OMISSIS) “a rappresentare (in maniera non più controvertibile dopo l’adesione dell’assicuratore del vettore) l’esimente di cui all’articolo 1681 c.c., comma 1, ultima parte”, “rispetto al contratto di trasporto gratuito allegato nei confronti del convenuto (OMISSIS)”, ovvero, comunque, “l’esclusione della presunzione di cui all’articolo 2054 c.c.”. Di conseguenza, integrerebbe “un vero e proprio capovolgimento” della impostazione originaria di parte attrice l’evocazione, nella memoria ex articolo 183 c.p.c., di una “responsabilità concorsuale del vettore”, trattandosi di un fatto “assolutamente inconciliabile con il – non modificabile accadimento storico dedotto nella citazione (colpa esclusiva del terzo antagonista) quale fatto costitutivo del suo diritto”, giacchè esso “elideva in radice qualsiasi coinvolgimento del trasportante nel determinismo dell’accadimento”.

Su tali basi, quindi, ha chiesto la conferma della sentenza impugnata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Il ricorso deve essere accolto.

6.1. Come correttamente osserva la ricorrente, va fatta applicazione, nel caso di specie del principio enunciato dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, 15 giugno 2015, n. 12310.

6.1.1. Tale pronuncia, invero, muove dal rilievo secondo cui – per comprendere l’effettiva portata della “modificazione” della domanda, ammissibile ai sensi dell’articolo 183 c.p.c., comma 4, applicabile ratione temporis (nella formulazione introdotta dalla L. n. 353 del 1990 e corrispondente al comma 5 del medesimo articolo, nel testo introdotto dalla L. n. 51 del 2006, per i procedimenti introdotti successivamente alla sua entrata in vigore) – occorre preventivamente “delimitare il reale ambito del divieto di domande “nuove” implicitamente desunto (nel silenzio del legislatore) dalla ammissione espressa di domande costituenti conseguenza della riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto” (non essendo il disposto dell’articolo 183 c.p.c., diversamente da quello dell’articolo 345 c.p.c., caratterizzato, per l’appunto, dall’enunciazione di un divieto espresso).

In tale prospettiva, pertanto, si è sottolineato che la “vera differenza tra le domande “nuove” implicitamente vietate – in relazione alla eccezionale ammissione di alcune di esse – e le domande “modificate” espressamente ammesse” non sta “nel fatto che in queste ultime le “modifiche” non possono incidere sugli elementi identificativi, bensì nel fatto che le domande modificate non possono essere considerate “nuove” nel senso di “ulteriori” o “aggiuntive”, trattandosi pur sempre delle stesse domande iniziali modificate – eventualmente anche in alcuni elementi fondamentali -, o, se si vuole, di domande diverse che però non si aggiungono a quelle iniziali ma le sostituiscono e si pongono pertanto, rispetto a queste, in un rapporto di alternatività”.

A favore di questa interpretazione dell’articolo 183 c.p.c..

che, dunque, identifica la emendatio libelli nella possibilità di formulare domande alternative a quella originarie e destinate, pertanto, a sostituirsi ad essa, in base ad una libera valutazione della parte che attraverso l’esercizio del potere emendativo “mostra chiaramente di ritenere la domanda come modificata più rispondente ai propri interessi e desiderata rispetto alla vicenda sostanziale ed esistenziale dedotta in giudizio” – depongono, secondo il Supremo Collegio diverse ragioni.

In primo luogo, la constatazione per cui, se le modificazioni consentite fossero quelle “incidenti solo su aspetti marginali della domanda iniziale ovvero sulla mera qualificazione giuridica del fatto costitutivo inizialmente dedotto, non sarebbe giustificata la previsione di un termine di trenta giorni per il deposito di memorie in relazione a precisazioni e modificazioni di domande, eccezioni e conclusioni, di un ulteriore termine di trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate, proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni suddette ed indicare i mezzi di prova e le produzioni documentali, nonchè ancora un termine di ulteriori venti giorni per le indicazioni di prova contraria”.

In secondo luogo, il rilievo che la possibilità di sostituire la domanda originaria, con altra destinata a porsi con la prima in rapporto di alternatività, si pone, “nella complessa architettura della norma in esame”, soprattutto “dopo l’esplicazione dei poteri (non solo di direzione ma anche) di “indirizzo” processuale attribuiti al giudice pure attraverso la previsione, nella medesima norma, della richiesta di chiarimenti alle parti e dell’indicazione delle questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione, quindi in un momento in cui, all’esito di una udienza potenzialmente “chiarificatrice”, può risultare assai più evidente alle parti, in relazione alla situazione sostanziale dedotta in causa, la soluzione effettivamente rispondente ai rispettivi interessi e intendimenti”. Si è inteso, in questo modo, consentire alle parti “di massimizzare la portata dell’intervento giurisdizionale richiesto così da risolvere in maniera tendenzialmente definitiva i problemi che hanno portato le parti dinanzi al giudice, evitando che esse tornino nuovamente in causa in relazione alla medesima vicenda sostanziale”.

Del resto, diversamente opinando, osservano le Sezioni Unite, “si finirebbe per imprigionare la ratio che presiede alla organizzazione dell’articolo 183 c.p.c. nell’ambito di una logica deontica fine a se stessa, intesa ad inquadrare e regolamentare permessi, obblighi e divieti con l’unica preoccupazione che siano certi i confini tra quel che si può, quel che si deve e quel che è vietato fare, anche a discapito della funzionalità dell’intero processo e dei suoi valori fondanti”.

Di conseguenza, ridurre “la modificazione ammessa ad una sorta di precisazione o addirittura di mera diversa qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto” significherebbe, “contro la lettera e la logica della norma, costringere la parte che abbia meglio messo a fuoco il proprio interesse e i propri intendimenti in relazione ad una determinata vicenda sostanziale” a “rinunciare alla domanda già proposta per proporne una nuova in un altro processo, in contrasto con i principi di conservazione degli atti e di economia processuale, ovvero a continuare il processo perseguendo un risultato non perfettamente rispondente ai propri desideri ed interessi, per poi eventualmente proporre una nuova domanda (con indubbio spreco di attività e risorse) dinanzi ad un altro giudice”.

L’unico limite, conclusivamente, alla consentita sostituzione della domanda rispetto alla domanda originaria” consiste nella necessità che – “immutato l’elemento identificativo soggettivo delle personae” la domanda modificata debba “pur sempre riguardare la medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio con l’atto introduttivo o comunque essere a questa collegata, regola sicuramente ricavabile da tutte le indicazioni contenute nel codice in relazione alle ipotesi di connessione a vario titolo, ma soprattutto se si considera in particolare che, come sopra evidenziato, la domanda modificata si presenta certamente connessa a quella originaria quanto meno per “alternatività””.

7.1.2. Orbene, facendo applicazione di tali principi al caso di specie, deve ritenersi che – immutate le parti del giudizio, nonchè la vicenda sostanziale oggetto dello stesso (il sinistro stradale in cui rimase danneggiata (OMISSIS) il (OMISSIS), mentre era a bordo della vettura di proprietà di (OMISSIS) e guidata da (OMISSIS)), nulla impediva alla stessa di modificare la domanda proposta nei confronti del proprietario dell’autoveicolo sui cui viaggiava e della compagnia che assicurava il mezzo.

Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie, avendo parte attrice sostituito alla domanda originaria, tesa a far valere una responsabilità fondata sul contratto di trasporto concluso con il (OMISSIS), un’altra basata, invece, sull’applicazione dell’articolo 2054 c.c., comma 1, e, dunque, su una sua responsabilità solidale nella causazione del sinistro (ex multis,Cass. Sez. 3, sent. 29 maggio 2015, n. 11179, Rv. 635566-01).

Il ricorso, pertanto, va accolto, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, affinchè decida la causa nel merito alla luce dei principi di diritto innanzi richiamati. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, a liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e per l’effetto cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

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