Ordinanza 23162/2022
Imposta di registro sul decreto ingiuntivo – Revoca del decreto ingiuntivo in seguito al parziale accoglimento dell’opposizione
Il debito per imposta di registro sul decreto ingiuntivo, avendo natura accessoria rispetto alla somma oggetto dell’ingiunzione, prescinde dalle successive vicende del provvedimento monitorio, con la conseguenza che al creditore, in sede di esecuzione del decreto ingiuntivo, spetta, nei confronti del debitore, il rimborso della intera somma pagata per la registrazione, anche qualora il decreto ingiuntivo sia successivamente revocato in seguito al parziale accoglimento dell’opposizione.
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 25-7-2022, n. 23162 (CED Cassazione 2022)
Art. 653 cpc (Efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo opposto) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS), di professione medico veterinario, ottenne un decreto ingiuntivo nei confronti di (OMISSIS) per prestazioni professionali espletata quale veterinario in favore dell’allevamento di cani del suddetto.
A seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo di (OMISSIS) il monitorio venne revocato e il (OMISSIS) era condannato al pagamento di una somma minore, in quanto in suo favore venne riconosciuto il credito, in compensazione, per un cane che la (OMISSIS) aveva prelevato per sè dal canile.
A seguito della notifica del precetto, in forza del suddetto monitorio, da parte della (OMISSIS), il (OMISSIS) propose opposizione dinanzi al Tribunale di Alessandria contestando la spettanza della somma di Euro quattrocento, per spese di registrazione del decreto ingiuntivo.
Il Tribunale di Alessandria, nel contraddittorio con l’opposta (OMISSIS), rigettava l’opposizione e condannava il (OMISSIS) al pagamento delle spese di lite.
Il (OMISSIS) proponeva appello e la Corte territoriale di Torino, ricostituito il contraddittorio, con sentenza n. 568 del 28/03/2019, ha rigettato l’impugnazione, gravando il (OMISSIS) delle spese di lite e condannandolo ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, al pagamento di Euro duemila.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino propone ricorso per cassazione, con atto affidato a quattro motivi, (OMISSIS).
Resiste con controricorso (OMISSIS).
Il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni per l’adunanza camerale del 5/05/2022.
Il solo ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo del ricorso deduce: violazione e falsa applicazione degli artt. 474, 653 e 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: non vi poteva essere regresso per la somma pagata dalla (OMISSIS) a titolo di imposta di registro sul decreto ingiuntivo, perchè questo era stato revocato e la condanna del (OMISSIS) era stata pronunciata per una somma minore di quella portata dal monitorio.
Il motivo è infondato: il debito per imposta di registrazione sul decreto ingiuntivo prescinde dalle successive vicende del monitorio stesso e comunque – e in via dirimente – detto debito permane, quale accessorio del credito in quanto accertato, sia pure provvisoriamente, con il medesimo decreto ingiuntivo, secondo il disposto dell’art. 653 c.p.c., comma 2.
Ne consegue che la (OMISSIS) aveva titolo per agire in regresso. Il motivo è, pertanto, infondato.
Il secondo mezzo reca censura di motivazione omessa o meramente apparente e quindi di violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Il secondo motivo è in realtà una reiterazione del primo; ma la motivazione della Corte d’Appello è stata resa, come risulta dalla pag. 7 e dalla pag. 8 della sentenza; e fa perno sulla già rilevata possibilità di conguaglio all’esito del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo. Vi è da aggiungere, in questa sede, che comunque il credito della (OMISSIS) è da considerarsi, oramai, assistito da giudicato, sebbene in misura minore di quella originaria, in quanto questa Corte – Sez. 2 n. 36484 del 2021 – ha accolto un motivo del ricorso per cassazione di (OMISSIS) avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino sulla sentenza del Tribunale di Alessandria nella causa d’opposizione al decreto ingiuntivo, condannando il (OMISSIS) al pagamento di una somma minore.
Il secondo motivo è, pertanto, anch’esso infondato.
Il terzo motivo è per violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 1299 c.c. in tema di regresso del condebitore e si incentra sulla mancanza di prova dell’effettivo pagamento, da parte della (OMISSIS), dell’importo a titolo di imposta di registro.
Il motivo è inammissibile, in quanto involge l’accertamento dei profili fattuali dell’essere o meno intervenuto il pagamento dell’imposta di registro.
La Corte territoriale afferma che il Tribunale aveva esaminato i documenti e ritenuto che fosse provato documentalmente l’avvenuto esborso della somma, sia pure solamente sopravvenuto al precetto, cosicchè deve ritenersi che la condizione per intimare l’adempimento si era, in ogni caso, verificata al momento della decisione da parte della Corte territoriale.
Il terzo motivo è, pertanto, inammissibile, anche a considerare che tale ulteriore profilo, costituente autonoma ratio decidendi, non è stato ritualmente impugnato in questa sede.
Il quarto – e ultimo – motivo è proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 96, comma 3 cit. codice e dell’art. 24 Cost. e verte sulla condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, al pagamento della somma di Euro duemila, oltre alle spese legali.
La contestazione mossa nel quarto motivo di ricorso non involge questioni di diritto – sebbene la censura sia rubricata dalla difesa del ricorrente quale error in iudicando – ma verte, unicamente, sui presupposti fattuali per l’adozione della misura sanzionatoria: secondo il ricorrente la Corte d’appello non avrebbe spiegato per quale ragione riteneva sussistenti i presupposti per la condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.
Il motivo è infondato, in quanto la sentenza d’appello, alla pag. 9, dal rigo sedici in poi e fino alla fine della pagina, dedica un’ampia parte della motivazione all’illustrazione delle ragioni che rendono, ad avviso della Corte territoriale, sussistenti i presupposti per l’affermazione di responsabilità ai sensi dell’art. 96, comma 3, codice di rito, da ravvisarsi, testualmente, “nell’impiego pretestuoso e strumentale del diritto all’impugnazione, volto a procrastinare la pendenza del giudizio, con indebito aggravamento delle ragioni della controparte, nonostante la lampante evidenza della sussistenza ab origine del credito azionato”. Il motivo all’esame si riduce, pertanto, a una mera contrapposizione dell’opinione del ricorrente circa la sussistenza dei presupposti di applicazione della norma asseritamente violata ed è, pertanto, inammissibile, prima ancora che infondato.
Il ricorso, nel riscontro di ipotesi di inammissibilità e di infondatezza dei motivi nei quali è articolato è, pertanto, infondato e deve essere rigettato.
Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza e, valutata l’attività processuale espletata e il valore della controversia, sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto (Sez. U n. 04315 del 20/02/2020).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 2.300,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione III civile, in data 5 maggio 2022.