Sentenza 23250/2023
Condominio – Spese di riparazione del cortile o viale di accesso all’edificio condominiale facente anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino
In tema di condominio, le spese di riparazione del cortile o viale di accesso all’edificio condominiale, facente anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, non vanno ripartite in base ai criteri di cui all’art. 1126 c.c., dovendosi applicare analogicamente l’art. 1125 c.c., che, in virtù del generale principio dettato dall’art. 1123, comma 2, c.c., accolla per intero le spese di manutenzione della parte della struttura complessa, identificantesi con il pavimento del piano superiore, a chi, con l’uso esclusivo della stessa, ne rende necessaria la manutenzione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva posto a carico esclusivo dei condomini le spese di riparazione del cortile di accesso agli edifici condominiali ed utilizzato per il parcheggio dei veicoli, che fungeva anche da copertura di un locale interrato adibito a palestra).
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 31/07/2023, n. 23250 (CED Cassazione 2023)
Art. 1117 cc (Parti comuni dell’edificio)
Art. 1123 cc (Ripartizione delle spese)
Art. 1125 cc (Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai)
Art. 1126 cc (Lastrici solai di uso esclusivo)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 24 giugno 2005 (OMISSIS),
nella qualità di proprietario di un locale interrato sito in Catania, via
(OMISSIS) n. 40, attualmente destinato a palestra, la cui copertura
fungeva da accesso e cortile esterno di due edifici ubicati ai civici
nn. 42/A e 42/B della suddetta via (OMISSIS) – evocava innanzi al
Tribunale di Catania il Condominio di via A. (OMISSIS) n. 42 scala A e il
Condominio di via A. (OMISSIS) n. 42 scala B, esponendo che detto
accesso dal civico 42, con annesso cortile, di uso esclusivo dei
predetti Condominii, aveva – per destinazione del costruttore – la
funzione di dare aria e luce alle abitazioni e di consentire l’accesso
pedonale agli edifici, ciò nonostante, i condomini dei fabbricati nn.
42/A e 42/B utilizzavano detto cortile come area di sosta per i
propri veicoli e mezzi pesanti; aggiungeva che tale improprio uso a
posteggio della suddetta area cortilizia aveva generato, a lungo
andare, danni alla struttura del solaio della sottostante palestra,
culminati, nella notte tra l’1 e il 2 novembre 2004, nel crollo di una
parte dell’intradosso del solaio; tanto premesso chiedeva la
condanna dei Condominii convenuti al risarcimento dei danni.
Il Tribunale adito, per quanto ancora qui di interesse, dopo la fase
cautelare conclusasi con l’adozione di provvedimenti urgenti onde
eliminare la situazione di pericolo e a rispristinare lo stato dei
luoghi, nel merito, condannava i Condominii di via (OMISSIS) n. 42 scala
A e scala B ad eseguire gli opportuni lavori e disponeva la
partecipazione dell’(OMISSIS) alle spese in misura nel 50%, ad
eccezione delle spese di copertura del pavimento, che poneva
esclusivamente a carico dei condominii stessi.
La Corte di appello di Catania, adita con impugnazione interposta
dagli eredi di (OMISSIS), frattanto deceduto, (OMISSIS),
(OMISSIS) e (OMISSIS), confermava la statuizione del Tribunale
(riformando la sentenza di primo grado solo in punto di spese).
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale
evidenziava che le cause dei danni riscontrati nei locali sottostanti
la stradella di accesso ai Condominii erano da riferire non al
passaggio dei veicoli ma al difetto di manutenzione, come
emergeva dall’accertamento dell’ausiliare del giudice. Proseguiva
che le spese di riparazione del solaio che fungeva da copertura
della terrazza e, al contempo, da piano di calpestio del sovrastante
cortile, dovevano essere ripartite secondo il disposto dell’articolo
1125 c.c. e, pertanto, per il 50% a carico dei Condominii a cui
apparteneva l’area cortilizia e per l’altro 50% a carico del
proprietario del fondo sottostante a tale area per essere la
situazione in esame sovrapponibile a quella specificamente regolata
da siffatta norma e non già dagli artt.1123 e 1126 c.c. che
postulavano una ripartizione diffusa della spesa a carico dei
condomini, richiamati dagli appellanti, trattandosi di solaio di
separazione orizzontale tra due piani di un fabbricato condominiale.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Catania proponevano
ricorso per cassazione gli eredi (OMISSIS), sulla scorta di cinque motivi.
I condominii di via (OMISSIS) n. 42 scala A e scala B sono rimasti
intimati.
Il ricorso – previa relazione stilata dal nominato consigliere
delegato – è stato inizialmente avviato per la trattazione in camera
di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380-bis c.p.c., avanti
alla sesta – 2 sezione civile, in vista della quale i ricorrenti
depositavano memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. All’esito
dell’adunanza camerale fissata al 29.04.2022, con ordinanza
interlocutoria n. 270507 del 2022 depositata il 20.09.2022, il
Collegio rilevava l’assenza di evidenza decisoria quanto alla
disciplina da applicare nel caso di specie, trattandosi di locale
sotterraneo la cui copertura fungeva da area di accesso ad edifici
condominiali sebbene lo stesso non facesse parte di entrambi tali
Condominii, per cui disponeva la rimessione del processo alla
pubblica udienza.
Posto nuovamente in discussione il ricorso per la decisione
all’udienza pubblica del 21 febbraio 2023, il sostituto procuratore
generale, dott. Giovanni Battista Nardecchia ha depositato
memoria con la quale ha rassegnato le conclusioni nel senso
dell’accoglimento del terzo motivo di ricorso, rigettati il primo e il
secondo, assorbiti i restanti quattro e cinque.
Sempre in prossimità dell’udienza pubblica parte ricorrente ha
curato il deposito di memoria ex art. 378 c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo si prospetta la falsa applicazione dell’art. 1125
c.c. e la violazione degli artt. 2043 e 2051 c.c. in relazione all’art.
360, comma 1, n. 3, c.p.c. per aver ritenuto la Corte d’Appello
applicabile l’art. 1125 c.c. ed escluso l’applicabilità dell’art. 2051
c.c. all’ipotesi di responsabilità per danni da infiltrazione ad
immobile sottostante ad un cortile di cui i due condominii hanno
l’uso esclusivo e la custodia.
A parere dei ricorrenti, la Corte ha erroneamente individuato la
regola di imputazione della responsabilità nell’art. 1125 c.c.,
riferibile in via esclusiva alla ripartizione degli oneri condominiali fra
i soggetti dei due piani l’uno all’altro sovrastanti. La Corte avrebbe,
invece, dovuto applicare il disposto di cui all’art. 2051 c.c. posto
che il danno al loro immobile era dipeso dalla mancata solerzia dei
condominii nell’apprestare ricostruzioni e riparazioni per evitare il
prodursi di pregiudizio per i locali sottostanti.
Con il secondo motivo i ricorrenti prospettano la nullità della
sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 132, comma
2, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 112 c.p.c. in relazione all’art.
360, comma 1, n. 4, c.p.c. per mancanza di motivazione o
motivazione apparente posto che la Corte territoriale si è
pronunciata con riferimento ad un solo Condominio, mentre i
Condominii sono due e diverso rispetto ad ognuno di loro è il
rapporto con l’immobile dei ricorrenti, che fa parte solo di uno dei
Condominii.
Con il terzo motivo si prospetta la erronea e falsa
applicazione dell’art. 1125 c.c. e la violazione dell’art. 2051 c.c. in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. con riferimento alla
posizione di terzo dei ricorrenti rispetto al condominio in via A. (OMISSIS)
n. 42, scala B posto che l’immobile dei ricorrenti non fa parte del
detto condominio, che ha anch’esso, unitamente al condominio
della scala A, la custodia del cortile.
In particolare, a parere dei ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe
dovuto regolare diversamente il rapporto tra i danneggiati ed il
condominio della scala A e quello tra i danneggiati ed il condominio
della scala B, di cui non fa parte il loro immobile e con riguardo al
quale avrebbe dovuto ritenersi applicabile l’art. 2051 c.c.
Il quarto mezzo denuncia la violazione dell’art. 2043 c.c. e
dell’art. 115 c.p.c. per ciò che concerne i danni nell’immobile dei
ricorrenti ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non
avere la Corte territoriale tenuto conto che i Condomini erano stati
resi edotti già da tempo dei danni che si verificavano nell’immobile
di loro proprietà e ciò nonostante nulla avevano fatto entrambi i
Condomini per evitare il ripetersi dei danni, per cui erroneamente
ha escluso una concorrente responsabilità del Condominio ai sensi
dell’art. 2043 e 2051 c.c. In altri termini, i giudici del merito
avrebbero dovuto, dopo la ripartizione delle spese di rifacimento ai
sensi dell’art. 1125 c.c., applicare i principi generali della
responsabilità aquiliana per quel che riguarda i danni nell’immobile,
ripristinato negli anni dal loro dante causa e dal conduttore, come
le spese per intonaco, decorazione e tinta, già affrontate negli anni.
Il quinto motivo lamenta la violazione dell’art. 1125 c.c. in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. I ricorrenti con l’ultima
censura – in via subordinata – lamentano il rigetto del terzo motivo
di appello relativo al mancato riconoscimento del rimborso della
fattura n. 18/2006 trattandosi di lavori relativi ad intonaco e
tintura, per cui spettavano al solo proprietario del locale
sotterraneo perchè lavori effettuati nella parte interna, ai sensi
dell’art. 1125 c.c., di converso, erano i costi comprensivi del
risanamento delle strutture intelaiate in c.a.
Descritti sin qui tutti i motivi di ricorso, vanno unitariamente
trattati i motivi uno e tre involgendo entrambi la questione della
fonte della responsabilità, seppure sotto diversa prospettiva. Essi
sono infondati.
Viene qui in rilievo la questione dell’appartenenza, o meno,
dell’area cortilizia in questione quale proprietà esclusiva ad un
condominio edilizio, ovvero della titolarità comune o individuale di
siffatta porzione agli edifici A e B di via A. (OMISSIS) n. 42, in quanto
accertamento inerente l’esistenza del rapporto di condominialità ex
art. 1117 c.c. e che comporta l’appartenenza di parti comuni al
Condominio A e al Condominio B, quindi anche del condomino
proprietario del locale interrato con accesso in via (OMISSIS) n. 40,
destinato a palestra, in quanto condomino dell’edificio A, come
verificato dal Tribunale di Catania e confermato dalla Corte di
appello di Catania.
La Corte distrettuale ha stabilito che la porzione in contesa
rientrava nella presunzione di condominialità di cui all’art. 1117
c.c., essendo in titolarità comune ai proprietari degli edifici A e B e
in rapporto di accessorietà rispetto ai due edifici, la cui
manutenzione – dalla cui mancata esecuzione erano derivati i danni
lamentati (v. c.t.u. in tal senso) – spettava ad entrambi i
Condomini sulla base dell’art. 1125 c.c.
Torna utile richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale
(formatosi con riguardo a fattispecie cui, come quella in esame,
non era applicabile ratione temporis la disciplina normativa poi
introdotta dalla legge n. 220 del 2012, mediante gli articoli 1117-
bis codice civile e 67, terzo e quarto comma, disposizioni di
attuazione del codice civile), secondo il quale il cosiddetto
supercondominio viene in essere “ipso iure et facto”, ove il titolo
non disponga altrimenti, in presenza di beni o servizi comuni a più
condomìni autonomi, dai quali rimane, tuttavia, distinto.
In presenza di un “supercondominio”, ovvero di più condominii di
unità immobiliari o di edifici che abbiano parti comuni ai sensi
dell’art. 1117 c.c., trovano applicazione le disposizioni di cui al
Libro Terzo, Titolo VII, capo II, del codice civile. Ne consegue che
ciascun condomino è obbligato a contribuire alle spese per la
conservazione e per il godimento delle parti comuni e per la
prestazione dei servizi comuni a più condominii di unità immobiliari
o di edifici in misura proporzionale al valore millesimale della
proprietà del singolo partecipante.
Ciò posto, va condivisa l’affermazione secondo cui è applicabile per
il riparto l’art. 1125 c.c., dovendosi procedere alla riparazione di un
cortile dell’edificio condominiale, che funge anche da copertura per
i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino.
Infatti, come questa Corte ha già più volte precisato, qualora si
debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso
all’edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali
sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, ai fini
della ripartizione delle relative spese si deve procedere ad
un’applicazione analogica dell’art. 1125 c.c., il quale accolla per
intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura
complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi
con l’uso esclusivo della stessa determina la necessità della
inerente manutenzione, in tal senso verificandosi un’applicazione
particolare del principio generale dettato dall’art. 1123, secondo
comma, c.c. (Cass. 29 novembre 2018 n. 30935; Cass. 16 maggio
2017 n. 12177; Cass. 19 luglio 2011 n. 15841; Cass. 5 maggio
2010 n. 10858; Cass. 14 settembre 2005 n. 18194). Del resto il
solaio di copertura di locali interrati in proprietà singola che svolge
anche la funzione di consentire l’accesso all’edificio condominiale,
pur non integrando una utilizzazione particolare da parte di un
condomino rispetto agli altri (come nella diversa fattispecie prevista
dall’art. 1126 c.c.), ma una utilizzazione conforme alla destinazione
tipica (anche se non esclusiva) di tale manufatto da parte di tutti i
condomini, poiché su di esso vengono consentiti il transito o la
sosta degli autoveicoli, è evidente che a ciò è imputabile in maniera
preponderante il degrado della pavimentazione, ed è questa al
fondo la ratio per cui gli arresti giurisprudenziali sopra riportati
hanno ravvisato le condizioni per una applicazione analogica
dell’art. 1125 c.c., il quale stabilisce che le spese per la
manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai
sono sostenute, in via generale, in parti eguali dai proprietari dei
due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del
proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a
carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la
decorazione del soffitto.
Resta da osservare quanto alla dedotta estraneità del condomino
alla causazione dei danni, che il ricorso degli (OMISSIS) – (OMISSIS) non
considera che l’accertamento della responsabilità risarcitoria della
compagine condominiale per i danni cagionati dall’omessa
manutenzione delle parti comuni alla porzione di proprietà
esclusiva di uno dei condomini non esclude affatto che lo stesso
condomino danneggiato rimanga a sua volta gravato pro quota nei
confronti del condominio dell’obbligo di contribuzione alla correlata
spesa, che trova la sua fonte nella comproprietà delle parti comuni
dell’edificio e non nella specifica condotta illecita ad esso
attribuibile (cfr. Cass. 14 febbraio 1987 n. 1618; Cass. 2 aprile
2001 n. 4797; Cass. 18 maggio 2001 n. 6849; Cass. 8 novembre
2007 n. 23308).
Del pari è privo di pregio il secondo motivo con il quale si
lamenta una sorta di travisamento delle posizioni delle parti.
Occorre innanzitutto precisare che, nonostante la mancata e
precisa menzione dei singoli condominii da parte della Corte
d’Appello nella sentenza, è chiaro che il termine “condominio” al
singolare sia stato utilizzato per genericamente riferirsi all’istituto
del condominio ed individuarne la responsabilità all’interno della
fattispecie concreta. Se è pur vero, quindi, che nel dispositivo della
sentenza impugnata non vi sia l’indicazione dei due distinti
condominii, condominio via A. (OMISSIS) n. 42, scala A, e condominio via
A. (OMISSIS) n. 42, scala B, tuttavia tale indicazione è presente
nell’intestazione della sentenza. Inoltre, il giudice del gravame,
nella ripartizione delle spese, condanna la parte appellante al
pagamento di una somma in favore di ciascuno degli “appellati”,
citando in tal modo espressamente entrambi Condomini.
Sulla base delle considerazioni sopraesposte, è di tutta evidenza
come dal contesto della decisione risulti con sufficiente chiarezza
l’identificazione dei due Condomini, essendo, pertanto, idonea la
sentenza a raggiungere, nei confronti di tutte le parti, i fini a cui
essa tende (cfr. Cass. 28 settembre 2012 n. 16535; Cass. 11
novembre 2011 n. 23670).
Giova inoltre precisare che è principio ribadito dalla giurisprudenza
della Corte che la sentenza è nulla perché affetta da error in
procedendo, quando la motivazione è solo apparente, quando,
anche se graficamente esistente, essa non renda percepibile il
fondamento della decisione, perché recante argomentazioni
obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito
dal giudice per la formazione del proprio convincimento (cfr. Cass.
30 giugno 2020 n. 13248; Cass. 1° agosto 2018 n. 20414, n.
20413 e n. 20411; Cass. 14 dicembre 2017 n. 30104; Cass., Sez.
Un., 3 novembre 2016 n. 22232; Cass. 25 febbraio 2014 n. 4448).
Il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre
allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge,
costituzionalmente imposto, (art. 111, comma 6, Cost.) e cioè
dell’art. 132, comma 2 n. 4, c.p.c. omette di esporre concisamente
i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le
ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e
cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e
sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria
determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se
abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata (cfr. Cass.
19 gennaio 2018 n. 1461).
Nel caso di specie la contestata motivazione della Corte d’Appello
risulta perfettamente aderente ai principi sopraenunciati. Il giudice
del gravame ha infatti esposto, con dovizia di particolari, la
differenza tra i criteri di cui agli artt. 1123 e 1126 c.c. e quello di
cui all’art. 1125 c.c. rilevando, con precisione, che mentre i primi
postulano una ripartizione diffusa della spesa a carico dei
condomini, il secondo riguarda l’ipotesi, come nel caso di specie, di
due proprietà immobiliari sovrapposte e suddivise orizzontalmente
da un’unica struttura.
Inoltre, la Corte d’Appello ha, con riferimento agli artt. 1125 e
2051 c.c., accuratamente evidenziato la differente ratio che anima
le due norme. In particolare, l’art. 1125 c.c. si fonda sulla
presunzione assoluta di comunione tra i proprietari del bene
oggetto di controversia, mentre l’art. 2051 c.c. è volto a tutelare i
terzi danneggiati dalle cose che altri hanno in custodia, non
essendoci tra loro comunisti.
Nel caso di specie, pertanto, il vizio denunziato non sussiste, atteso
che la Corte territoriale ha esposto in maniera chiara le ragioni del
proprio convincimento, richiamando gli elementi fattuali a cui ha
attribuito rilevanza al fine di pervenire alla conclusione accolta.
Infine la decisione impugnata oltre ad avere evidentemente
considerato la esistenza di due Condomini, edifici A e B, ha tenuto
conto della circostanza che i ricorrenti sono condomini della
palazzina A, ma proprio l’applicazione della previsione dell’art. 1125
c.c., per quanto sopra esposto, comporta il concorso nelle spese di
riparazione degli stessi nella duplice veste di proprietari esclusivi
della palestra, ossia del bene sottostante, e in quando
comproprietari pro quota dell’area cortilizia, vale a dire del bene
sovrastante, quali condomini dello stabile A.
Di qui la correttezza della pronuncia nel pieno rispetto degli arresti
giurisprudenziali contrastati dagli odierni ricorrenti.
Neppure è fondata la quarta censura con la quale si insiste
sulla posizione di terzietà dei ricorrenti rispetto ai danni lamentati.
Invero, la Corte d’appello ha escluso che nella specie potesse
trovare applicazione l’art. 2043 c.c. proprio in ragione degli artt.
1123 e 1125 c.c. che postulano una ripartizione diffusa della spesa
a carico dei Condomini e dei condomini, trattandosi di solaio di
separazione orizzontale tra due livelli, di proprietà condominiale
quella sovrastante, ed esclusiva quella sottostante, con la
conseguenza della corresponsabilità in solido degli stessi ricorrenti
ai sensi dell’art. 2051 c.c.
Alla luce di siffatte argomentazioni risulta superata la doglianza da
quanto testè enunciato con riferimento a quanto meglio esposto ai
motivi primo, secondo e terzo.
Infine è da ritenere inammissibile il quinto motivo relativo
alla richiesta di rimborso delle spese di cui alla fattura n. 18 del
02.05.2006. La Corte d’appello ha richiamato – con accertamento
di merito che rientra nei poteri discrezionali del Giudice del merito,
non sindacabile in sede di legittimità – la natura delle stesse, quali
costi dei lavori riguardanti la parte interna del solaio, quella che
funge da tetto del cantinato, come tale a carico del relativo
proprietario ai sensi dell’art. 1125 c.c.
Si tratta, dunque, di censura volta ad una rivalutazione delle
risultanze di merito, inaccessibile in questa sede, oltre a proporre
un sindacato sulla motivazione in termini non ammissibili per
questa Corte. Come è noto, il sindacato sulla motivazione è stato
profondamente modificato dall’art. 54 comma 1, lett. b) del D.L.
22/06/2012 n. 83 convertito nella L. 07/08/2012 n. 134, che ha
ridotto il sindacato della Corte al “minimo costituzionale” della
motivazione, consentendo di censurare, in sostanza, il solo vizio di
omessa motivazione o di motivazione apparente. Nel caso di specie
non può ritenersi che la sentenza abbia omesso di motivare su
quale fossero le spese da attribuire al soggetto responsabile per il
risarcimento del danno in quanto essa ha confermato la statuizione
del giudice di primo grado secondo la quale i costi di ripristino dello
stato dei luoghi erano da ripartirsi ai sensi dell’art. 1125 e 2051
c.c.
Sicchè l’ultimo motivo deve essere dichiarato inammissibile.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nessuna pronuncia sulle spese per essere i Condomini rimasti
intimati nel presente grado di giudizio.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio
2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi
dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-
quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002,
n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per la stessa impugnazione integralmente rigettata,
se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito
dall’art. 1 comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda
sezione civile della Corte di Cassazione, il 21 febbraio 2023.