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Cassazione Civile 23269/2022 – Locazione commerciale – Diniego di rinnovo alla prima scadenza – Sanzioni  per non aver adibito l’immobile all’uso per il quale ne aveva ottenuto la disponibilità – Natura risarcitoria e sanzionatoria

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Ordinanza 23269/2022

 

Locazione commerciale – Diniego di rinnovo alla prima scadenza – Sanzioni  per non aver adibito l’immobile all’uso per il quale ne aveva ottenuto la disponibilità – Natura risarcitoria e sanzionatoria

In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l’obbligo in capo al locatore, che abbia ricevuto la riconsegna dell’immobile e non lo abbia adibito, entro sei mesi, all’uso in vista del quale ne aveva ottenuto la disponibilità, di risarcire il danno al conduttore ha una duplice natura, risarcitoria e sanzionatoria che si riverbera sui criteri di quantificazione: il contemperamento tra il fine sanzionatorio e quello propriamente risarcitorio può ritenersi realizzato mediante la presunzione di sussistenza del danno comunque connesso all’anticipata restituzione dell’immobile che il giudice è chiamato a liquidare equitativamente sulla base delle caratteristiche del caso concreto anche in difetto di prova della sua precisa entità da parte del conduttore e salva la possibilità per il locatore di superare la presunzione suddetta provando l’assenza di conseguenze pregiudizievoli per il conduttore. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di appello che aveva onerato il conduttore di provare che dopo la disdetta del locatore era stato costretto a locare un immobile più ampio, stante il lungo periodo temporale di circa tre anni per cercare un nuovo locale commerciale).

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 26-7-2022, n. 23269   (CED Cassazione 2022)

Art. 31 Legge 392/1978 (Sanzioni) – Giurisprudenza

Art. 29 Legge 392/1978 (Diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata in data 25 novembre 2014, il Tribunale
di Palermo, accogliendo la domanda proposta da
(OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), condannò
quest’ultimo al pagamento, in favore della prima, della somma di
euro 8.000,00, a titolo di sanzione ex art. 31 della legge n.392 del
1978 nonché alle spese di lite.

Avverso tale decisione il (OMISSIS) propose appello, cui resistette
l’appellata.

La Corte di appello di Palermo, con sentenza n. 357 del 20 marzo
2018, ritenne che: a) il rapporto non fosse cessato per iniziativa e
volontà della conduttrice, diversamente da quanto sostenuto
dall’appellante; b) fosse carente la prova che il (OMISSIS) avesse
effettivamente destinato alla propria attività professionale l’immobile
già locato alla (OMISSIS), adibito ad uso diverso da quello di
abitazione, e c) fosse, invece, fondata per quanto di ragione, la
censura rivolta alla pronuncia di liquidazione del danno ex art. 31
della legge n. 392 del 1978, in quanto nortera dimostrato che la
(OMISSIS), a seguito della disdetta del (OMISSIS), fosse stata “costretta” a 7
prendere in locazione un immobile più ampio di quello
precedentemente condotto in locazione, tanto più che la predetta
aveva avuto a disposizione un lungo lasso di tempo per cercare un
nuovo ufficio, sicché doveva, al riguardo, escludersi la sussistenza di
un danno risarcibile, diversamente da quanto era a dirsi in relazione
alle spese di trasloco, non essendo stato contestato che un trasloco vi
fosse stato e risultando, in proposito, congrua la somma riportata a
tale titolo sulla fattura prodotta dalla (OMISSIS).

La Corte di merito, pertanto, in parziale riforma della sentenza
impugnata, condannò il (OMISSIS) al pagamento, in favore dell’appellata,
della somma di euro 960,00, oltre interessi legali dalla data della
domanda al saldo, così riducendo l’importo di euro 8.000,00, oltre
interessi, liquidato dal Tribunale; condannò l’appellata a restituire
all’appellante la somma di euro 16.329,17, oltre gli interessi legali dal
6 febbraio 2015 al saldo, corrisposta in esecuzione della sentenza di
primo grado, e compensò tra le parti le spese relative al giudizio di
appello.

Avverso la sentenza della Corte di merito

(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Ha resistito con controricorso (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo, rubricato «Violazione o falsa applicazione degli
artt. 27, 31 della I. 27 luglio 1978, n. 392, in relazione agli artt. 1176
e 1218 c.c.», è così sintetizzato dalla parte ricorrente: «La Corte ha
errato nel riformare la sentenza del Tribunale che aveva
correttamente applicato le norme in epigrafe, poiché una volta
accertato l’illecito comportamento del locatore, la liquidazione del
danno ne era necessariamente la consequenziale statuizione. La
Corte di merito è incorsa in un evidente errore di interpretazione,
degli artt. 27 e 31 della t. 27 luglio 1978 n.392, laddove alla pag. 5
della Sentenza impugnata, fa proprie le censure dell’appellante che
sottolinea l’alternatività, tra il rimborso delle spese del trasloco e il
risarcimento danni, mentre l’alternatività, come emerge dal chiaro
testo legislativo, è tra il ripristino del contratto„ unitamente al
rimborso delle spese di trasloco e il risarcimento danni».

1.1. Il motivo è fondato nei termini appresso precisati.

Questa Corte, con la sentenza 28/10/2004, n. 20926 ha già avuto
modo di affermare il principio, che va ribadito n questa sede,
secondo cui, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso
diverso da quello di abitazione, l’obbligo in capo al locatore, che abbia
ricevuto la riconsegna dell’immobile e non lo abbia adibito, entro sei
mesi, all’uso in vista del quale ne aveva ottenuto la disponibilità, di
risarcire il danno al conduttore ha una duplice natura, risarcitoria e
sanzionatoria, che si riverbera sui criteri di quantificazione del danno:
il contemperamento tra il fine sanzionatorio (evocato dalla rubrica
della disposizione in esame, intitolata “Sanzioni”) e quello
propriamente risarcitorio può ritenersi realizzato mediante la
presunzione di sussistenza del danno comunque connesso
all’anticipata restituzione dell’immobile, che il giudice è chiamato a
liquidare equitativamente sulla base delle caratteristiche del caso
concreto in difetto di prova della sua precisa entità da parte del
conduttore e salva la possibilità per il locatore di superare la
presunzione suddetta provando l’assenza di conseguenze
pregiudizievoli per il conduttore.

Come pure precisato nella motivazione della sentenza appena
richiamata, questo Collegio/convenendo pienamente sul punto, non
condivide l’orientamento espresso in precedenza da Cass.
21/11/2000, n. 15037, la quale ha affermato, sulla scorta
dell’esclusivo dato costituito dalla lettera della norma, che la tipologia
del risarcimento di cui all’art. 31 della legge n. 392 del 1978 non
deroga al principio secondo il quale deve essere risarcito soltanto il
danno provato dal conduttore.

La disposizione in esame, nell’imporre al locatore, che entro sei
mesi dalla riconsegna dell’immobile non lo adibisca a ‘l’uso in vista del
quale ne abbia ottenuto la disponibilità ai sensi dell’art. 29 della
legge, l’obbligo di risarcire il danno al conduttore (salvo che questi
preferisca il ripristino del contratto ed il rimborso delle spese di
trasloco e degli altri oneri sopportati) in misura non superiore a
quarantotto mensilità del canone di locazione percepito prima della
risoluzione, trova invero la sua ratio anche nell’esigenza che sia
evitato il diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza
per motivi fittiziamente addotti, con conseguente pregiudizio delle
aspettative del conduttore senza correlativa soddisfazione delle
esigenze del locatore sottese al diniego per una delle ragioni previste
dalla legge.

Tale esigenza, che avrebbe potuto essere realizzata con la
previsione di un’indennità del tutto disancorata dal danno, ovvero con
la fissazione di una misura minima del danno da riconoscersi in ogni
caso (com’è stabilito, per il regime transitorio, dall’analoga
disposizione di cui all’art. 60 della legge n. 392/78, la quale prevede
che il giudice determini il danno “in misura non inferiore a 12 e non
superiore a 48 mensilità”), è dall’art. 31 perseguita mediante il
“classico” meccanismo risarcitorio, che tuttavia si connota per la
specificità dell’obiettivo suddetto, sicché non può negarsi la finalità
anche sanzionatoria della previsione normativa, resa evidente dalla
previsione di un limite massimo del risarcimento possibile, comunque
ancorato ad un multiplo del canone locativo. Il contemperamento tra
il fine sanzionatorio (evocato dalla rubrica della disposizione in
esame, intitolata “Sanzioni”) e quello propriamente risarcitorio può
ritenersi realizzato mediante la presunzione di sussistenza del danno
comunque connesso all’anticipata restituzione dell’immobile, che il
giudice è chiamato a liquidare equitativamente sulla base delle
caratteristiche del caso concreto, in difetto di prova della sua precisa
entità da parte del conduttore e salva la possibilità per il locatore di
superare la presunzione suddetta provando l’assenza di conseguenze
pregiudizievoli per il conduttore (v. anche, in senso conforme, Cass.
23/01/2009, n. 2052).

La Corte territoriale, nella motivazione espressa sulla questione
all’esame alle pagine 5 e 6, tradisce in iure l’esegesi della norma in
parola, in quanto non tiene conto della natura anche sanzionatoria
che connota il meccanismo risarcitorio dalla stessa previsto, resa
evidente espressamente dalla rubrica “Sanzioni”.

Pertanto, se è pur vero che deve sussistere un danno, tuttavia la
regola di giudizio per verificarne la sussistenza che determina la
sanzione non impone al conduttore di dimostrare di non averlo potuto
evitare; ne consegue che l’imposizione di un onere come quello
ravvisato dalla Corte palermitana in ordine alla scelta di un immobile
più ampio – la dimostrazione cioè di essere stata “costretta” a tale
scelta – nonostante la conduttrice avesse avuto a disposizione un
lungo lasso di tempo (tre anni) non risponde alla stessa logica
sanzionatoria che connota la norma in parola.

1.2. Le doglianze sulla compensazione delle spese operata nei due
gradi di merito (recte nel solo grado di appello, vedi ricorso p. 11 e 4,
nonché sentenza impugnata p.1 e 7) sollevate nell’ultima parte del
motivo in esame dall’accoglimento restano assorbite
dall’accoglimento del predetto mezzo.

2. Con il secondo motivo, denunciando «Omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le
parti», la ricorrente propone doglianze così riportate in sintesi dalla
medesima: «La Corte nel suo percorso motivazionale è stata
influenzata, nella decisione del giudizio, dall’erronea convinzione
causata dall’appellante, che il contratto di locazione concluso dalla
Sig. (OMISSIS), per rimediare al recesso anticipato dei Prof. (OMISSIS), non
fosse registrato.

Invero il contratto cui la Corte di Appello si riferisce a pag.5 della
sua decisione è stato registrato e reca data certa … quindi fa piena
prova delle spese in eccesso sostenute dalla ricorrente la cui causa è
stata il recesso anticipato del Prof. (OMISSIS).

È, quindi, giocoforza concludere che le differenze tra quanto è
stato versato con il secondo canone di locazione rispetto al primo
vadano conteggiate nella posta risarcitoria, rimanendo ben saldo
quanto affermato nel primo motivo di ricorso».

2.1. Il secondo motivo è inammissibile in quanto la Corte
territoriale non ha fondato la sua decisione sul difetto o meno della
registrazione del contratto, sicché il mezzo all’esame censura una
ratio decidendi inesistente, atteso che la predetta Corte si è limitata a
riportare a p. 5 della sentenza la censura proposta dal (OMISSIS) e, pur
avendo affermato genericamente di condividere le ragioni
dell’appellante, in realtà ha aderito alle stesse solo con riferimento
all’ampiezza dell’immobile e ne ha enunciata una motu proprio (v.
sentenza impugnata p. 6).

2.2. Peraltro, quello denunciato sarebbe eventualmente un vizio
revocatorio, la cui censura è inammissibile in questa sede.

3. Conclusivamente va accolto il primo motivo nei termini sopra
precisati, dichiarato inammissibile il secondo; la sentenza impugnata
va cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata, anche
per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello
di Palermo, in diversa composizione.

4. Stante l’accoglimento del ricorso, va cato atto della
insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte
della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30
maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, in misura pari a quello eventualmente dovuto per
il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo nei termini precisati in
motivazione, dichiara inammissibile il secondo motivo; cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa,
anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di
appello di Palermo, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza

Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 marzo 2022.