Roma, Via Valadier 44 (00193)
o6.6878241
avv.fabiocirulli@libero.it

Cassazione Civile 23275/2010 –  Stato di necessità – Richiesta di risarcimento da fatto illecito

Richiedi un preventivo

Sentenza 23275/2010

 

Stato di necessità – Richiesta di risarcimento da fatto illecito

L’art. 2045 cod. civ., laddove riconosce in favore del danneggiato un’indennità nell’ipotesi in cui chi ha compiuto il fatto dannoso abbia agito in stato di necessità, ha una funzione surrogatoria od integratrice, avendo lo scopo di assicurare al danneggiato un’equa riparazione; ne consegue che non è affetta da violazione di legge la sentenza con cui il giudice d’appello, individuati nel fatto gli estremi dello stato di necessità e corretta in tal senso la motivazione della prima sentenza (che, invece, aveva attribuito al danneggiante la responsabilità risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.), esercitando il proprio giudizio equitativo, liquidi in favore del danneggiato, a titolo di indennità, la stessa somma di danaro che il primo giudice aveva liquidato a titolo risarcitorio.

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 18 novembre 2010, n. 23275

Articolo 2045 c.c. annotato con la giurisprudenza

 

 

RILEVATO IN FATTO

Che:

i congiunti di So.Mo. , ucciso dai colpi esplosi dal carabiniere Lo. nel corso di un’operazione di polizia, citarono in giudizio il Lo. ed il Ministero dell’Interno per il risarcimento del danno;

il Tribunale accolse la domanda, individuando la colpa nel comportamento tenuto dal Lo. , in relazione all’inesistenza dei presupposti per l’applicabilità della scriminante dell’uso legittimo delle armi e, comunque, alla grave imperizia dimostrata nell’uso dell’arma;

la sentenza fu confermata dalla Corte d’appello di Venezia, la quale si limitò a correggere la motivazione della prima sentenza, individuando nel comportamento del carabiniere gli estremi dello stato di necessità di cui all’articolo 2045 c.c. e liquidando a titolo di indennità gli stessi importi che il Tribunale aveva liquidato a titolo risarcitorio;

che propone ricorso per cassazione il Ministero che, attraverso un solo motivo, censura la sentenza (violazione di legge e vizi della motivazione) per avere liquidato a titolo di indennità la stessa somma che il primo giudice aveva liquidato a titolo risarcitorio;

la Go. , vedova della vittima, ha depositato in data 9 luglio 2010 “comparsa di costituzione”, corredata da procura speciale;

il difensore della resistente ha partecipato alla discussione, osserva:

che il ricorso è infondato dovendosi enunciare il principio di diritto in ragione del quale:

“la disposizione di cui all’articolo 2045 c.c. laddove riconosce in favore del danneggiato un’indennità nell’ipotesi in cui chi ha compiuto il fatto dannoso abbia agito in stato di necessità, ha una funzione surrogatoria o integratrice, avendo lo scopo di assicurare al danneggiato un’equa riparazione (cfr. Cass. 3 febbraio 1995, n. 1323). Sicchè, non è affetta da violazione di legge la sentenza attraverso la quale il giudice d’appello, individuati nel fatto gli estremi dello stato di necessità e corretta in tal senso la motivazione della prima sentenza (che aveva, invece, attribuito al danneggiante la responsabilità risarcitoria ex articolo 2043 c.c.), esercitando il proprio giudizio equitativo, liquidi in favore del danneggiato, a titolo di indennità, la stessa somma di danaro che il primo giudice aveva liquidato a titolo risarcitorio”.

Il ricorso deve essere, pertanto, respinto, con condanna del ricorrente a rivalere i resistenti delle spese sostenute nel giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3200,00, di cui euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *