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Cassazione Civile 23422/2016 – Fidejussione per obbligazioni future – Concessione di credito al terzo in precarie condizioni patrimoniali – Liberazione della garanzia prestata

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Sentenza 23422/2016

Fidejussione per obbligazioni future – Concessione di credito al terzo in precarie condizioni patrimoniali – Liberazione della garanzia prestata ai sensi dell’art. 1956 c.c. – Onere probatorio

Il fideiussore che chieda la liberazione della garanzia prestata invocando l’applicazione dell’art. 1956 c.c. ha l’onere di provare, ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’esistenza degli elementi richiesti a tal fine, e cioè che, successivamente alla prestazione della fideiussione per obbligazioni future, il creditore, senza la sua autorizzazione, abbia fatto credito al terzo pur essendo consapevole dell’intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche.

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 17 novembre 2016, n. 23422   (CED Cassazione 2016)

 Art. 1956 cc annotato con la giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 14.02.2005 il Tribunale di Ferrara rigettò la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. volta a ottenere la liberazione dalla fideiussione prestata, in data 11.1.1977 in favore dell’istituto, per l’adempimento di tutte le obbligazioni presenti e future della società (OMISSIS) s.n.c. e per sentir dichiarata la nullità dei contratti di fideiussione, con condanna, in ogni caso, della banca convenuta al risarcimento del danno quantificato in Euro 1.500.000 o nella diversa somma ritenuta congrua. Rigettò altresì il tribunale la domanda riconvenzionale della banca di condanna dell’attore al pagamento del debito garantito, in quanto fondata su decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti di altri fideiussori.

Aveva dedotto l’attore che, revocati gli affidamenti concessi alla società (OMISSIS) s.n.c., la banca aveva ottenuto un decreto ingiuntivo sia nei confronti della società sia nei confronti dei garanti (ad eccezione del (OMISSIS)), con conseguente iscrizione di ipoteca giudiziale. A seguito della missiva del 21.1.1992, con la quale l’attore aveva domandato all’istituto se dovesse ritenersi ancora obbligato in forza della precedente fideiussione, la banca aveva confermato la perdurante sussistenza del debito. Sicchè (OMISSIS) aveva agito per l’accertamento dell’inesistenza della sua obbligazione.

La sentenza del tribunale di Ferrara, appellata da entrambe le parti, fu confermata dalla Corte di appello di Bologna con sentenza del 18 marzo 2011.

Rilevarono i giudici del merito che, sebbene la previsione di invalidità della preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione ai sensi dell’articolo 1956 c.c., comma 2, sia stata introdotta in epoca successiva ai fatti di causa, nondimeno la clausola di dispensa dall’onere di conseguire la specifica autorizzazione non esonerava certo l’istituto dal rispetto dei doveri di buona fede e correttezza. E tuttavia nel caso in esame non era stato fornito alcun elemento di prova idoneo a dimostrare che l’istituto avesse concesso credito alla società garantita pur conoscendo la precarietà delle sue condizioni patrimoniali.

Avverso tale sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. La (OMISSIS) s.r.l., nella qualità di cessionaria del credito, e per essa la (OMISSIS) s.p.a., quale mandataria, ha proposto ricorso incidentale. (OMISSIS) ha depositato controricorso per resistere al ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1- Con il primo motivo il ricorrente principale deduce la falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’articolo 1956 c.c. e all’articolo 11 preleggi circa la conseguenzialità temporale della norma (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), sostenendo in primo luogo che la corte territoriale avrebbe omesso di considerare l’applicabilità della L. n. 154 del 1992 anche ai contratti in corso di esecuzione; e in secondo luogo che, essendo stata dichiarata la definitiva risoluzione del rapporto con la (OMISSIS) al momento della novella legislativa del 1992, la corte avrebbe omesso di pronunciare sulla non ultrattività delle statuizioni negoziali pregresse incompatibili con lo ius superveniens.

Con il secondo motivo il ricorrente principale lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia concernente l’inderogabilità del dovere di correttezza e buona fede per volontà privata (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non avendo la corte territoriale statuito sulla nullità della clausola contenuta alla lettera “e” del contratto che, obbligando il fideiussore a tenersi al corrente delle condizioni economiche della garantita e dispensando l’istituto dal richiedere l’autorizzazione ex articolo 1956 c.c., derogava palesemente il dovere di correttezza e buona fede.

Con il terzo mezzo il ricorrente principale si duole della violazione o falsa applicazione di norme di diritto sotto il profilo degli articoli 1375, 1956 e 2697 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), evidenziando che la corte di appello avrebbe trascurato che, in base al principio di vicinanza della prova, mentre per il fideiussore, che intenda avvalersi dell’inefficacia della garanzia, è sufficiente allegare il peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore garantito, compete alla banca la dimostrazione che le singole concessioni di credito sono state eseguite allorchè le condizioni economiche del debitore non manifestavano dissesti o peggioramenti e dunque di aver osservato il principio di buona fede e correttezza.

1.2- I tre motivi del ricorso principale, affrontando questioni connesse, vanno esaminati congiuntamente e sono infondati.

Deve osservarsi in proposito, infatti, che la corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio, più volte affermato da questa corte, secondo cui “in materia di fideiussione, secondo la disciplina anteriore alla L. 17 febbraio 1992, n. 154, (il cui articolo 10 ha modificato senza previsione di retroattività gli articolo 1938 e 1956 c.c.), la clausola con la quale il fideiussore, in deroga all’articolo 1956 cit., dispensava la banca creditrice dall’onere di conseguire una specifica autorizzazione per nuove concessioni di credito in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore garantito (disciplina la cui illegittimità costituzionale è stata esclusa dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 204 del 1997) non esonerava la banca medesima dall’osservanza nell’esecuzione del rapporto dei normali canoni di correttezza e buona fede, incombendo tuttavia alla parte che ne deduceva la violazione l’onere di provare le circostanze evidenzianti la contrarietà a buona fede della condotta mantenuta dalla Banca che si avvaleva della fideiussione omnibus” (ex multis, Cass. n. 611 del 2003).

Come correttamente osservato in tale precedente, la novellazione dell’articolo 1956 c.c., aggiungendo un secondo comma che recita “non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione”, ha carattere innovativo e irretroattivo, sicchè, posto che i debiti garantiti sono sorti anteriormente alla riforma del 1992, nemmeno possono venire in considerazione le indicazioni orientative della Corte costituzionale nella sentenza del 27 giugno 1997 n. 204, secondo cui la nuova disciplina, avendo carattere imperativo (perchè riguarda l’ordine pubblico economico) ed eterointegrativo, si applica alle fideiussioni in cui le garanzie prestate concernono posizioni debitorie successive al 7 luglio 1992.

Sotto altro profilo va osservato che, se è vero che la Banca, nel far credito a terzi, è tenuta a informare il garante dell’aggravamento delle condizioni economiche del garantito, va soggiunto che il testo originario della norma non prevedeva la nullità della clausola di rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione.

Inoltre la sentenza impugnata ha correttamente evidenziato come la violazione dell’obbligo (ricollegabile al principio di buona fede nell’esecuzione del rapporto) presupponga l’onere per il fideiussore di dimostrare che la Banca conoscesse tale peggioramento e che lo abbia occultato al garante, reputando altresì tale onere non assolto, con un giudizio di fatto non sindacabile in questa sede.

Questa considerazione, infatti, appare del tutto in linea con il principio secondo cui “il fideiussore che chiede la liberazione della prestata garanzia, invocando l’applicazione dell’articolo 1956 c.c., ha l’onere di provare, ai sensi dell’articolo 2697 c.c., l’esistenza degli elementi richiesti a tal fine, e cioè che successivamente alla prestazione della fideiussione per obbligazioni future, il creditore, senza la sua autorizzazione, abbia fatto credito al terzo pur essendo consapevole dell’intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche” (Cass. n. 2524 del 2006), onere della prova che, secondo i giudici di merito, non è stato assolto nel caso in esame.

2.1- Con l’unico motivo di ricorso incidentale la (OMISSIS) s.p.a. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1306 c.c. e dell’articolo 115 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo la corte territoriale omesso di considerare che il decreto ingiuntivo, riguardante il credito che la banca in questa sede pretende di far valere nei confronti del ricorrente, è stato confermato anche in sede di opposizione con sentenza n. 404/00, pronunciata dal tribunale di Ferrara nei confronti dei condebitori solidali del ricorrente. Tale sentenza, dunque, ancorchè pronunciata esclusivamente nei confronti dei condebitori solidali, dovrebbe considerarsi pienamente idonea a documentare l’esistenza e la consistenza del credito anche nei confronti di (OMISSIS).

2.2- Il motivo è infondato.

Come già in precedenza affermato da questa corte, “il principio secondo cui la sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in solido non ha effetto contro gli altri debitori è applicabile anche all’obbligazione solidale fideiussoria, tanto più che nella solidarietà fideiussoria l’interesse passivo non è collettivo, come nell’ordinaria solidarietà, ma è individuale di ciascuno dei coobbligati ed eterogeneo, sicchè appare di maggiore evidenza l’autonomia della posizione del fideiussore rispetto al rapporto fra creditore e debitore principale, cui il giudicato si riferisce” (Cass. n. 4292 del 1976).

Tale principio è stato affermato anche da Cass. n. 971 del 1974 che ha giustamente escluso che in tema di fideiussione, essendo autonome le azioni esperibili contro i coobbligati, ricorra una delle ipotesi di litisconsorzio necessario, proprio sul rilievo che “a norma dell’articolo 1306 c.c., il creditore può utilmente ed efficacemente agire contro uno solo dei coobbligati per sentirlo condannare alla prestazione dovuta, e la relativa sentenza non ha effetto contro gli altri debitori che non hanno partecipato al giudizio”.

Di tale principio, che va in questa sede ribadito, la corte territoriale ha fatto corretta applicazione, laddove, prima ancora di statuire circa l’insufficienza della produzione documentale proveniente dall’appellante incidentale a dimostrare l’esistenza e l’ammontare del credito vantato, ha avuto modo di evidenziare che l’ingiunzione di pagamento aveva riguardato soggetti diversi dall’attuale ricorrente, senza trascurare l’ulteriore rilievo, correttamente ritenuto non decisivo, che il decreto ingiuntivo era divenuto definitivo per rigetto dell’opposizione.

Le considerazioni che precedono impongono dunque il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.

Le spese processuali sostenute per il giudizio di legittimità vanno interamente compensate in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e compensa le spese.

Roma, 4 ottobre 2016

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